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Home » Politica » Votare sì, ma dove? Mondo della scuola e volontariato si ribellano ai seggi nelle aule, ma anche quest’anno non si cambia

Votare sì, ma dove? Mondo della scuola e volontariato si ribellano ai seggi nelle aule, ma anche quest’anno non si cambia

Una settimana senza lezioni fra primo turno e ballottaggi fra il 3 e il 19 ottobre: una mazzata per l'insegnamento, appena ripreso dopo le vacanze e sul quale incomberà nuovamente la dad. Una legge stanzia fondi per i comuni che indichino sedi alternative, ma pochi le hanno segnalate. Cittadinanza attiva in campo perché si voti altrove

Ettore Maria Colombo
31 Luglio 2021
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Stessa scuola, stessa modalità di voto… Anche quest’anno, alle elezioni amministrative (la data ufficiale ancora non c’è, manca il decreto del cdm, ma dal Viminale si capisce che il primo turno si svolgerà il 3/4 ottobre e gli eventuali ballottaggi 15 giorni dopo, il 17/18 ottobre), si voterà nelle scuole italiane di ogni ordine e grado. Il Viminale ha provato a chiedere ai Comuni ‘sedi alternative’ agli edifici scolastici: il termine per le risposte scadeva il 20 luglio, ma poche centinaia di comuni, su oltre 5 mila, hanno aderito, indicando luoghi extrascolastici idonei. Eppure, c’è anche un piccolo fondo ad hoc di due milioni di euro, varato con il decreto Sostegni, per fornire contributi in tal senso, ma sindaci e Anci hanno fatto per lo più orecchie da mercante.

Corsico elezioni al ballottaggio in una scuola  foto Spf/Ansa

Un calendario ‘da brivido’ e la campagna ‘anti-seggi’

Resta un ‘calendario’, quello scolastico, da brividi: per la gioia degli studenti ‘fannulloni’, appena si riaprirà l’anno scolastico, a metà settembre, ecco che, ai primi di ottobre, quasi una settimana sarà bruciata dalle operazioni di voto in 1300 comuni (tra cui sei capoluoghi di regione e 15 di provincia), una Regione (la Calabria) e seggi uninominali per suppletive (Siena e Roma). Adriana Bizzarri, coordinatrice nazionale scuola di Cittadinanzattiva, ha lanciato – inascoltata – una campagna contro i seggi nelle scuole, subito raccolta dal mensile e magazine del non profit, Vita.it: “La scuola è un servizio pubblico ed è assurdo sospendere un servizio di pubblica utilità quando è possibile trovare sedi alternative. Ancor di più in questa situazione di pandemia”. “Bisogna far capire – continua Bizzarri – che cambiare si può: votare nelle scuole è una tradizione quasi solo italiana, probabilmente comoda, ma certamente non è inevitabile. è utile cominciare a sperimentare alternative, per farsi trovare pronti per le prossime elezioni politiche”.

 

La risposta (parziale) del Parlamento

Sulla questione «stop seggi nelle scuole» stanno lavorando da diversi mesi Giuseppe Brescia, presidente della commissione Affari Costituzionali della Camera, e Vittoria Casa, presidente della commissione Cultura, entrambi M5S. È loro l’emendamento al dl Sostegni che istituisce il fondo da 2 milioni di euro (ne erano stati chiesti di più) per dare contributi ai Comuni che, entro il 15 luglio 2021, hanno individuato sedi alternative da destinare a seggio elettorale, poi nel Sostegni bis.

Ma perché, in Italia, si vota nelle scuole?

La risposta, ovviamente, è banale: perché sono considerate le strutture architettoniche più adatte con grandi aule e lunghi corridoi per l’attesa del voto, per controllare meglio le file ai seggi e ‘piantonare’ i seggi stessi. Per legge, inoltre, non si può votare nelle caserme né nelle sedi dei partiti, né in alcun luogo che appartenga a privati. Eppure, per allestire i seggi, si potrebbero usare altre strutture: i municipi, le anagrafi, gli uffici regionali, i molti edifici amministrativi pubblici che di solito restano chiusi nel weekend. Eppure, finora non è stato fatto, sacrificando le scuole.

Gorgonzola, referendum del 20 settembre 2020: i seggi furono allestiti nella palestra del centro sportivo, alleviando il carico sulle scuole

Le possibili alternative ai seggi

Certo, in Italia, dicono i dati del ministero dell’Interno, ci sono ben 51.041 sedi scolastiche. Ecco, perché, da decenni, i due terzi delle scuole ospitano elezioni di tutti i generi e referendum. Dei circa 62 mila seggi elettorali italiani, quasi 55 mila (l’88%) sono edifici scolastici e, in particolare, sono edifici destinati alla didattica il 75% dei fabbricati che ospitano uno o più seggi. Il risultato è, dunque, che 5 milioni di studenti, anche quest’anno – senza dire dell’anno scorso, di fatto perso, Dad o meno, a causa della pandemia – perderanno una settimana intera di scuola: due per il primo turno, e due per i ballottaggi, uno di preparazione dei seggi, uno per gli scrutini, uno per le relative operazioni di sanificazione, Totale, sette giorni. Una settimana di scuola in fumo.

L’esempio di Bergamo e Pordenone

Nel 2020, a pandemia appena scoppiata, si era cercato di introdurre qualche – timida – miglioria. Il ministero dell’Interno aveva avviato un apposito gruppo di lavoro per incentivare i Comuni a rinvenire sedi elettorali idonee al di fuori delle scuole, ma, stando ai dati, solo 471 comuni (il 9% del totale di città al voto nel 2020, 5143), su un totale dei comuni italiani che è 7093, sono riusciti nell’impresa di trovare sedi diverse, spostando 1.464 sezioni (il 2%). A Pordenone hanno allestito i seggi nei padiglioni fieristici e, a Bergamo, città fra le più funestate dalla pandemia, più di 4 mila elettori (circa la metà degli aventi diritto) hanno votato non a scuola, ma nel municipio o in altre piccole strutture comunali, come i circoli di ritrovo per la terza età. Piccoli rimedi a un male che resta molto grande

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Instagram

  • Numerosi attori e musicisti di alto profilo si sono recati in Ucraina da quando è scoppiata la guerra con la Russia nel febbraio 2022. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’attore britannico Orlando Bloom, che ieri ha visitato un centro per bambini e ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev.

“Non mi sarei mai aspettato che la guerra si sarebbe intensificata in tutto il Paese da quando sono stato lì”, ha detto Bloom su Instagram, “Ma oggi ho avuto la fortuna di ascoltare le risate dei bambini in un centro del programma Spilno sostenuto dall’Unicef, uno spazio sicuro, caldo e accogliente dove i bambini possono giocare, imparare e ricevere supporto psicosociale”.

Bloom è un ambasciatore di buona volontà per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef). Il centro di Splino, che è uno dei tanti in Ucraina, offre sostegno ai bambini sfollati e alle loro famiglie, con più di mezzo milione di bambini che ne hanno visitato uno nell’ultimo anno.

La star hollywoodiana ha poi incontrato il presidente Zelensky, con cui ha trattato temi tra cui il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, la creazione di rifugi antiatomici negli istituti scolastici e il supporto tecnico per l’apprendimento a distanza nelle aree in cui è impossibile studiare offline a causa della guerra. L’attore britannico aveva scritto ieri su Instagram, al suo arrivo a Kiev, che i «bambini in Ucraina hanno bisogno di riavere la loro infanzia».

#lucelanazione #lucenews #zelensky #orlandobloom
  • “La vita che stavo conducendo mi rendeva particolarmente infelice e se all’inizio ero entrata in terapia perché volevo accettare il fatto che mi dovessi nascondere, ho avuto poi un’evoluzione e questo percorso è diventato di accettazione di me stessa."

✨Un sorriso contagioso, la spensieratezza dei vent’anni e la bellezza di chi si piace e non può che riflettere quella luce anche al di fuori. La si potrebbe definire una Mulan nostrana Carlotta Bertotti, 23 anni, una ragazza torinese come tante, salvo che ha qualcosa di speciale. E non stiamo parlano del Nevo di Ota che occupa metà del suo volto. Ecco però spiegato un primo punto di contatto con Mulan: l’Oriente, dove è più diffusa (insieme all’Africa) quell’alterazione di natura benigna della pigmentazione della cute intorno alla zona degli occhi (spesso anche la sclera si presenta scura). Quella che appare come una chiazza grigio-bluastra su un lato del volto (rarissimi i casi bilaterali), colpisce prevalentemente persone di sesso femminile e le etnie asiatiche (1 su 200 persone in Giappone), può essere presente alla nascita o apparire durante la pubertà. E come la principessa Disney “fin da piccola ho sempre sentito la pressione di dover salvare tutto, ma forse in realtà dovevo solo salvare me stessa. Però non mi piace stare troppo alle regole, sono ribelle come lei”.

🗣Cosa diresti a una ragazza che ha una macchia come la tua e ti chiede come riuscire a conviverci?�
“Che sono profondamente fiera della persona che vedo riflessa allo specchio tutto i giorni e sono arrivata a questa fierezza dopo che ho scoperto e ho accettato tutti i miei lati, sia positivi che negativi. È molto autoreferenziale, quindi invece se dovessi dare un consiglio è quello che alla fine della fiera il giudizio altrui è momentaneo e tutto passa. L’unica persona che resta e con cui devi convivere tutta la vita sei tu, quindi le vere battaglie sono quelle con te stessa, quelle che vale la pena combattere”.

L’intervista a cura di Marianna Grazi �✍ 𝘓𝘪𝘯𝘬 𝘪𝘯 𝘣𝘪𝘰

#lucenews #lucelanazione #carlottabertotti #nevodiota
  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

#lucenews #lucelanazione #millepare #alessialanza #podcast
  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia
Stessa scuola, stessa modalità di voto… Anche quest’anno, alle elezioni amministrative (la data ufficiale ancora non c’è, manca il decreto del cdm, ma dal Viminale si capisce che il primo turno si svolgerà il 3/4 ottobre e gli eventuali ballottaggi 15 giorni dopo, il 17/18 ottobre), si voterà nelle scuole italiane di ogni ordine e grado. Il Viminale ha provato a chiedere ai Comuni ‘sedi alternative’ agli edifici scolastici: il termine per le risposte scadeva il 20 luglio, ma poche centinaia di comuni, su oltre 5 mila, hanno aderito, indicando luoghi extrascolastici idonei. Eppure, c’è anche un piccolo fondo ad hoc di due milioni di euro, varato con il decreto Sostegni, per fornire contributi in tal senso, ma sindaci e Anci hanno fatto per lo più orecchie da mercante.
Corsico elezioni al ballottaggio in una scuola  foto Spf/Ansa

Un calendario ‘da brivido’ e la campagna ‘anti-seggi’

Resta un ‘calendario’, quello scolastico, da brividi: per la gioia degli studenti ‘fannulloni’, appena si riaprirà l’anno scolastico, a metà settembre, ecco che, ai primi di ottobre, quasi una settimana sarà bruciata dalle operazioni di voto in 1300 comuni (tra cui sei capoluoghi di regione e 15 di provincia), una Regione (la Calabria) e seggi uninominali per suppletive (Siena e Roma). Adriana Bizzarri, coordinatrice nazionale scuola di Cittadinanzattiva, ha lanciato – inascoltata - una campagna contro i seggi nelle scuole, subito raccolta dal mensile e magazine del non profit, Vita.it: "La scuola è un servizio pubblico ed è assurdo sospendere un servizio di pubblica utilità quando è possibile trovare sedi alternative. Ancor di più in questa situazione di pandemia". "Bisogna far capire – continua Bizzarri - che cambiare si può: votare nelle scuole è una tradizione quasi solo italiana, probabilmente comoda, ma certamente non è inevitabile. è utile cominciare a sperimentare alternative, per farsi trovare pronti per le prossime elezioni politiche".  

La risposta (parziale) del Parlamento

Sulla questione «stop seggi nelle scuole» stanno lavorando da diversi mesi Giuseppe Brescia, presidente della commissione Affari Costituzionali della Camera, e Vittoria Casa, presidente della commissione Cultura, entrambi M5S. È loro l’emendamento al dl Sostegni che istituisce il fondo da 2 milioni di euro (ne erano stati chiesti di più) per dare contributi ai Comuni che, entro il 15 luglio 2021, hanno individuato sedi alternative da destinare a seggio elettorale, poi nel Sostegni bis.

Ma perché, in Italia, si vota nelle scuole?

La risposta, ovviamente, è banale: perché sono considerate le strutture architettoniche più adatte con grandi aule e lunghi corridoi per l’attesa del voto, per controllare meglio le file ai seggi e ‘piantonare’ i seggi stessi. Per legge, inoltre, non si può votare nelle caserme né nelle sedi dei partiti, né in alcun luogo che appartenga a privati. Eppure, per allestire i seggi, si potrebbero usare altre strutture: i municipi, le anagrafi, gli uffici regionali, i molti edifici amministrativi pubblici che di solito restano chiusi nel weekend. Eppure, finora non è stato fatto, sacrificando le scuole.
Gorgonzola, referendum del 20 settembre 2020: i seggi furono allestiti nella palestra del centro sportivo, alleviando il carico sulle scuole

Le possibili alternative ai seggi

Certo, in Italia, dicono i dati del ministero dell’Interno, ci sono ben 51.041 sedi scolastiche. Ecco, perché, da decenni, i due terzi delle scuole ospitano elezioni di tutti i generi e referendum. Dei circa 62 mila seggi elettorali italiani, quasi 55 mila (l’88%) sono edifici scolastici e, in particolare, sono edifici destinati alla didattica il 75% dei fabbricati che ospitano uno o più seggi. Il risultato è, dunque, che 5 milioni di studenti, anche quest’anno - senza dire dell’anno scorso, di fatto perso, Dad o meno, a causa della pandemia - perderanno una settimana intera di scuola: due per il primo turno, e due per i ballottaggi, uno di preparazione dei seggi, uno per gli scrutini, uno per le relative operazioni di sanificazione, Totale, sette giorni. Una settimana di scuola in fumo.

L'esempio di Bergamo e Pordenone

Nel 2020, a pandemia appena scoppiata, si era cercato di introdurre qualche – timida – miglioria. Il ministero dell’Interno aveva avviato un apposito gruppo di lavoro per incentivare i Comuni a rinvenire sedi elettorali idonee al di fuori delle scuole, ma, stando ai dati, solo 471 comuni (il 9% del totale di città al voto nel 2020, 5143), su un totale dei comuni italiani che è 7093, sono riusciti nell’impresa di trovare sedi diverse, spostando 1.464 sezioni (il 2%). A Pordenone hanno allestito i seggi nei padiglioni fieristici e, a Bergamo, città fra le più funestate dalla pandemia, più di 4 mila elettori (circa la metà degli aventi diritto) hanno votato non a scuola, ma nel municipio o in altre piccole strutture comunali, come i circoli di ritrovo per la terza età. Piccoli rimedi a un male che resta molto grande
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