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Home » HP Blocco Grande » Album di famigliə: il centro della vita affettiva cambia nell’immaginario degli italiani ma non per la legge

Album di famigliə: il centro della vita affettiva cambia nell’immaginario degli italiani ma non per la legge

Il comitato scientifico di Luce! ha esaminato il tema famiglia nel Paese. Il 63% degli italiani, secondo Ipsos, equipara le famiglie tradizionali a quelle tra persone dello stesso sesso. Nel 2019 la pensava così il 54% e nel 2013 la minoranza dei cittadini (48%). Il mutamento di costumi e opinioni contrasta con l'immobilismo dello Stato: la legge Cirinnà legalizza le relazioni omosessuali, ma le definisce "formazioni sociali" e non famiglie. Il traguardo è che sia "famiglia" tutto ciò che rende felici. È così difficile raggiungerlo?

Sofia Francioni
18 Ottobre 2021
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Nucleo primigenio della società, luogo delle certezze e delle profonde ostilità, la famiglia tende da sempre a sfuggire l’etichetta, ma rispetto al passato oggi si mostra cambiata. Stando alla realtà dei fatti e mettendo da parte le ideologie, le famiglie che vivono in suolo italiano sono – ma non possono essere – di tanti tipi: tradizionali, omoparentali (genitori dello stesso sesso + figlio/i) monoparentali (un solo genitore), ricostruite, in seguito a divorzi e nuovi matrimoni, composte o allargate da soli nonni o da zii. Ma anche famiglie senza figli, se la coppia decide di non averne o di non adottarne. E ancora: unipersonali, se per chi la compone “la mia famiglia sono io” o “d’elezione” per quelle persone che ci includono anche i coinquilini dell’università o il gatto di casa. E l’elenco potrebbe continuare perché come diceva la sociologa Claudia Saraceno: “Famiglia anagrafica e famiglia delle relazioni non sempre coincidono”. 

Sabato 16 ottobre, al terzo incontro del comitato scientifico di LUCE! dedicato a “Famiglia e Affettività”, la direttrice de La Nazione Agnese Pini apre il dibattito con una domanda larga: “Cos’è famiglia oggi? Fino a qualche anno fa si discuteva di famiglia rispetto al tema del divorzio. Oggi siamo in un passaggio successivo: la famiglia è un concetto fluido. Che cos’è?”

 

Album di famigliƏ

“Se ci concentriamo sulle famiglie omosessuali notiamo che il Paese è molto più avanti rispetto alle istituzioni o alle rappresentazioni”. Nando Pagnoncelli, presidente di Ipsos, fornisce il quadro statistico, guardando alla maggioranza relativa: “Dai dati della ricerca Ipsos del 2019 emerge che per il 54% degli intervistati l’unione tra due persone dello stesso sesso, conviventi e con un legame affettivo, dovrebbe avere gli stessi diritti di una nata fra due persone di sesso diverso”. Una percentuale che a distanza di due anni cresce: “Quest’anno, continua Pagnoncelli, è il 63% degli italiani a pensare che le coppie delle stesso sesso dovrebbero avere il diritto di sposarsi legalmente. Un numero che nel 2013 si attestava al 48%”. Riguardo invece a alla possibilità per le coppie omosessuali di adottare: “Nel 2021 il 59% degli italiani si dichiara favorevole a questa possibilità (nel 2013 era il 42% ndr), contrapposto però a un 36% che si dichiara contrario”. 

Sempre più diffuse e sempre più accettate, le famiglie con genitori dello stesso sesso per lo Stato italiano però continuano a non esistere. Alle coppie gay infatti non solo non viene riconosciuto il diritto di adottare un figlio, ma neanche quello alla co-genitorialità: solo i genitori adottivi o biologici, magari a seguito di una fecondazione eterologa, sono riconosciuti come genitori legali, mentre i loro coniugi no. “I genitori gay non possono adottare neanche il figlio naturale del partner”, commenta il regista Ivan Cotroneo, “un vuoto normativo che chiama, anzi quasi costringe i magistrati a fare giurisprudenza, soprattutto per tutelare i minori, che sono le prime vittime”. In effetti, se da una parte la legge Cirinnà del 2016 ha avuto il merito di rendere legali le unioni civili tra persone omosessuali, dall’altra parte ha anche scritto nero su bianco che queste unioni non danno vita a famiglie ma a “formazione sociali” che godono della tutela dei “diritti e doveri nascenti dall’unione civile”, in cui però non rientra il diritto di essere genitori. 

Secondo l’imprenditrice e talent advisor Luisa Bagnoli bisognerebbe smettere di parlare di famiglie in termini giuridici, politici e organizzativi e dirsi semplicemente che: “Ogni famiglia che rende un bambino adulto e felice è la famiglia giusta”. Anche perché, incalza la direttrice della transizione al digitale e dell’innovazione di Editoriale Nazionale Michela Colamussi: “Ci portiamo dietro un modello ideale di famiglia tradizionale che non esiste. I nuclei familiari di una volta erano spesso delle gabbie e avevano poco a che fare con la vera felicità, mentre oggi nelle famiglie c’è molta più libertà”.

 

Elettorato cattolico come la casalinga di Voghera: perché l’Italia è in ritardo 

In Italia manca il matrimonio egualitario, che in Germania è già realtà dal 2017. La politica all’appuntamento di una nuova norma contro la lesbo-bi-transfobia, il Ddl Zan, si si è divisa, abbandonandola di nuovo nel cimitero dei disegni legge. Perché? Secondo la direttrice Pini: “Da parte della politica non credo incida la corsa al consenso elettorale, le grandi battaglie sui diritti civili e sociali non hanno mai intaccato il consenso. Penso piuttosto che si tratti di battaglie di retroguardia che strizzano l’occhio ad alcuni status quo di potere, che hanno un peso specifico anche rispetto al Vaticano”. Per Pagnoncelli, invece, la politica è molto in ritardo perché è abituata ad agire sulla ricerca del consenso, basandosi però su stereotipi: “Alcuni partiti vogliono inseguire l’elettorato cattolico perché pensano che abbia un orientamento di voto omogeneo. Ma le ricerche ci dicono che questo elettorato è volatile tanto quanto quello non cattolico: i cittadini non si muovono per linee rette e non inseguono quello che è l’orientamento di un partito. La mia impressione è che la politica sul piano dei diritti faccia davvero fatica perché è mossa dal consenso immediato e poco abituata ad approfondire le questioni più complicate con uno sguardo limpido, il che comporta una coazione a ripetere”. Secondo Colamussi, più che l’elettorato cattolico, “la politica insegue i social, che costituiscono una cassa di risonanza enorme di minoranze che sono molto rumorose e che garantiscono un grande livello di visibilità per i nostri politici. La politica ha come obiettivo quello di serrare le fila e comunicare poco e bene ma, al tempo dei social, chi fa fatica nella comunicazione cerca di calvare le minoranze rumorose, che – come i no green pass – scatenano onde social con una potenza di detonazione molto maggiore rispetto alla maggioranza silenziosa”. La presidente del Global Thinking Claudia Segre chiude il cerchio, analizzando la questione da un punto di vista internazionale: “In Italia non dovrebbe esistere il ministero della Famiglia, ma delle Famiglie. Il Paese dovrebbe guardare alla Francia: quei cinque ministeri senza portafoglio, dalla disabilità alle Pari Opportunità, dovrebbero essere con portafoglio e unificati”. 

 

Due secoli di rivoluzioni

La famiglia è stata attraversata da grandi rivoluzioni negli ultimi due secoli: lo scardinamento della patria potestà, la secolarizzazione della famiglia con l’introduzione del matrimonio civile (con il codice civile dell’Italia Unita 1865), il divorzio, l’emancipazione femminile, il riconoscimento della parità tra coniugi (con la riforma della famiglia del 1975). Ma anche dall’irruzione della felicità. Come mostra Pagnoncelli: “L’80% dei cittadini che intervistiamo si dichiarano felici. E le persone – dicono tutte le nostre ricerche – lo sono soprattutto se sono soddisfatte dei loro legami affettivi e familiari. Ciò significa che la famiglia per la maggioranza delle persone è il luogo della felicità, dove rispetto al passato si è ridotta fortemente la conflittualità a favore degli affetti, ma è anche una struttura che rappresenta il welfare privato degli individui. Per questi motivi – continua Pagnoncelli – alla famiglia bisogna prestare attenzione. Se due ragazzi su tre tra i 18 e i 35 anni vivono ancora nella famiglia d’origine e sentono di essere sostenuti dalla propria famiglia significa che la stessa rappresenta soprattutto un guscio protettivo. Ma questo guscio non deve isolare: le famiglie devono essere delle cellule della società e non delle monadi. Per questo, dobbiamo fare in modo di favorire i processi di autonomia dei ragazzi”. 

 

Ognuno a suo modo

Tanti, quindi, i cambiamenti che hanno modificato le sembianze della “famiglia” e l’hanno resa il mosaico di affetti che conosciamo oggi. Tanto che forse provare a definirla non serve più, perché come dice la direttrice Pini ribaltando l’incipit di Tolstoj e simbolicamente la tradizione: “Tutte le famiglie infelici si somigliano, ma ogni famiglia è felice a modo suo”.

 

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  • Era il 1° febbraio 1945, quando la lotta per la conquista di questo diritto, partita tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, sulla scorta dei movimenti degli altri Paesi europei, raggiunse il suo obiettivo. Con un decreto legislativo, il Consiglio dei Ministri presieduto da Ivanoe Bonomi riconobbe il voto alle donne, su proposta di Palmiro Togliatti e Alcide De Gasperi. 

Durante la prima guerra mondiale le donne avevano sostituito al lavoro gli uomini che erano al fronte. La consapevolezza di aver assunto un ruolo ancora più centrale all’interno società oltre che della famiglia, crebbe e con essa la volontà di rivendicare i propri diritti. Già nel 1922 un deputato socialista, Emanuele Modigliani aveva presentato una proposta di legge per il diritto di voto femminile, che però non arrivò a essere discussa, per la Marcia su Roma. Mussolini ammise le donne al voto amministrativo nel 1924, ma per pura propaganda, poiché in seguito all’emanazione delle cosiddette “leggi fascistissime” tra il 1925 ed il 1926, le elezioni comunali vennero, di fatto, soppresse. Bisognerà aspettare la fine della guerra perché l’Italia affronti concretamente la questione.

Costituito il governo di liberazione nazionale, le donne si attivarono per entrare a far parte del corpo elettorale: la prima richiesta dell’ottobre 1944, venne avanzata dalla Commissione per il voto alle donne dell’Unione Donne Italiane (Udi), che si mobilitò per ottenere anche il diritto di eleggibilità (sancito da un successivo decreto datato 10 marzo 1946). Si arrivò così, dopo anni di battaglie per il suffragio universale, al primo febbraio 1945, data storica per l’Italia. Il decreto prevedeva la compilazione di liste elettorali femminili distinte da quelle maschili, ed escludeva però dal diritto le prostitute schedate che esercitavano “il meretricio fuori dei locali autorizzati”.

Le elezioni dell’esordio furono le amministrative tra marzo e aprile del 1946 e l’affluenza femminile superò l’89%. 

#lucenews #lucelanazione #dirittodivoto #womenrights #1febbraio1945
  • La regina del pulito Marie Kondo ha dichiarato di aver “un po’ rinunciato” a riordinare casa dopo la nascita del suo terzo figlio. La 38enne giapponese, considerata una "Dea dell’ordine", con i suoi best seller sull’economia domestica negli ultimi anni ha incitato e sostenuto gli sforzi dei comuni mortali di rimettere in sesto case e armadi all’insegna del cosa “provoca dentro una scintilla di gioia”. Ma l’esperta di decluttering, famosa in tutto il mondo, ha ammesso che con tre figli da accudire, la sua casa è oggi “disordinata”, ma ora il riordino non è più una priorità. 

Da quando è diventata madre di tre bambini, ha dichiarato che il suo stile di vita è cambiato e che la sua attenzione si è spostata dall’organizzazione alla ricerca di modi semplici per rendere felici le abitudini di tutti i giorni: "Fino a oggi sono stata una organizzatrice di professione e ho dunque fatto il mio meglio per tenere in ordine la mia casa tutto il tempo”, e anche se adesso “ci ho rinunciato, il modo in cui trascorro il mio tempo è quello giusto per me in questo momento, in questa fase della mia vita”.

✍ Marianna Grazi 

#lucenews #lucelanazione #mariekondo
  • La second hand, ossia l’oggetto di seconda mano, è una moda che negli ultimi anni sta diventando sempre più un’abitudine dei consumatori. Accumulare roba negli armadi, nei cassetti, in cantina, non è più un disagio che riguarda soltanto chi soffre di disposofobia, ossia di chi è affetto da sindrome dell’accumulatore compulsivo. Se l’acquisto è l’unica azione che rende felice l’uomo moderno, non riuscire a liberarsene è la condanna di molti.

Secondo quanto emerge dall’Osservatorio Second-hand Economy 2021, realizzato da BVA Doxa per Subito.it, sono 23 milioni gli italiani che, nel 2021, hanno fatto ricorso alla compravendita di oggetti usati grazie alle piattaforme online. Il 52% degli italiani ha comprato e/o venduto oggetti usati, tra questi il 15% lo ha fatto per la prima volta. L’esperienza di compravendita online di second hand è quella preferita, quasi il 50% degli affari si conclude online anche perché il sistema di vendita è simile a un comune eCommerce: internet è il canale più veloce per quasi la metà dei rispondenti (49%), inoltre offre una scelta più ampia (43%) e si può gestire comodamente da casa (41%). Comprare second hand diventa una sana abitudine che attrae ogni anno nuove persone, è al terzo posto tra i comportamenti sostenibili più messi in atto dagli italiani (52%) – preceduto sempre dalla raccolta differenziata (94%) e l’acquisto di lampadine a LED (71%) –, con picchi ancora più alti di adozione nel 2021 da parte dei laureati (68%), di chi appartiene alla generazione Z (66%), di chi ha 35-44 anni (70%) e delle famiglie con bambini (68%). 

Ma perché concretamente si acquista l’usato? Nel 2021 le prime tre motivazioni che inducono a comprare beni usati sono: il risparmio (56%, in crescita di 6 punti percentuali rispetto al 2020), l’essere contrari agli sprechi e credere nel riuso (49%) e la convinzione che la second hand sia un modo intelligente di fare economia e che rende molti oggetti più accessibili (43%). 

✍E tu? Hai mai comprato accessori oppure oggetti di seconda mano? Cosa ne pensi?

#lucenews #lucelanazione #secondhand #vintage
  • È iniziata come una sorta di sfida personale, come spesso accade tra i ragazzi della sua età, per testare le proprie capacità e resistenza in modo divertente. Poi però, per Isaac Ortman, adolescente del Minnesota, dormire nel cortile della sua casa è diventata una missione. 

“Non credo che la cosa finisca presto, potrei anche continuare fino all’università – ha detto il 14enne di Duluth -. È molto divertente e non sono pronto a smettere”. 

Tanto che ormai ha trascorso oltre 1.000 notti sotto le stelle. Il giovane, che fa il boy scout, come una specie di moderno Barone Rampante ha scoperto per caso il piacere di trascorrere le ore di sonno fuori dalle mura di casa, persino quando la temperatura è scesa a quadi 40 gradi sotto lo zero. Tutto è iniziato circa tre anni fa, nella baita della sua famiglia a 30 miglia da casa, diventando ben presto una routine notturna. Il giovane Ortman ricorda bene il giorno in cui ha abbandonato la sua camera da letto per un’amaca e un sacco a pelo, il 17 aprile 2020, quando era appena in prima media: “Stavo dormendo fuori dalla nostra baita e ho pensato: ‘Wow, potrei provare a dormire all’aperto per una settimana’. Così ho fatto e ho deciso di continuare”. 

“Non si stanca mai: ogni notte è una nuova avventura“, ha detto il padre Andrew Ortman, 48 anni e capo del suo gruppo scout. 

Sua mamma Melissa era un po’ preoccupata quella notte, lei e il padre gli hanno permesso di continuare la sua routine. “Sa che deve entrare in casa se qualcosa non va bene. Dopo 1.000 notti, ha la nostra fiducia. Da quando ha iniziato a farlo, è cresciuto sotto molti aspetti, e non solo in termini di statura”, dice orgogliosa. 

“Non lo sto facendo per nessun record o per una causa, mi sto solo divertendo. Ma con il ragazzo che dorme in Inghilterra, credo si possa dire che si tratta di una gara non ufficiale”, ha detto Isaac riferendosi all’adolescente inglese Max Woosey, che ha iniziato la sua maratona di sonno all’aperto il 29 marzo 2020, con l’obiettivo di raccogliere fondi per un ospedale che cura un suo anziano amico.

#lucenews #isaacortman #minnesota #boyscout
Nucleo primigenio della società, luogo delle certezze e delle profonde ostilità, la famiglia tende da sempre a sfuggire l’etichetta, ma rispetto al passato oggi si mostra cambiata. Stando alla realtà dei fatti e mettendo da parte le ideologie, le famiglie che vivono in suolo italiano sono - ma non possono essere - di tanti tipi: tradizionali, omoparentali (genitori dello stesso sesso + figlio/i) monoparentali (un solo genitore), ricostruite, in seguito a divorzi e nuovi matrimoni, composte o allargate da soli nonni o da zii. Ma anche famiglie senza figli, se la coppia decide di non averne o di non adottarne. E ancora: unipersonali, se per chi la compone “la mia famiglia sono io” o “d’elezione” per quelle persone che ci includono anche i coinquilini dell’università o il gatto di casa. E l’elenco potrebbe continuare perché come diceva la sociologa Claudia Saraceno: “Famiglia anagrafica e famiglia delle relazioni non sempre coincidono”.  Sabato 16 ottobre, al terzo incontro del comitato scientifico di LUCE! dedicato a “Famiglia e Affettività”, la direttrice de La Nazione Agnese Pini apre il dibattito con una domanda larga: “Cos’è famiglia oggi? Fino a qualche anno fa si discuteva di famiglia rispetto al tema del divorzio. Oggi siamo in un passaggio successivo: la famiglia è un concetto fluido. Che cos’è?”  

Album di famigliƏ

“Se ci concentriamo sulle famiglie omosessuali notiamo che il Paese è molto più avanti rispetto alle istituzioni o alle rappresentazioni”. Nando Pagnoncelli, presidente di Ipsos, fornisce il quadro statistico, guardando alla maggioranza relativa: “Dai dati della ricerca Ipsos del 2019 emerge che per il 54% degli intervistati l’unione tra due persone dello stesso sesso, conviventi e con un legame affettivo, dovrebbe avere gli stessi diritti di una nata fra due persone di sesso diverso”. Una percentuale che a distanza di due anni cresce: “Quest’anno, continua Pagnoncelli, è il 63% degli italiani a pensare che le coppie delle stesso sesso dovrebbero avere il diritto di sposarsi legalmente. Un numero che nel 2013 si attestava al 48%”. Riguardo invece a alla possibilità per le coppie omosessuali di adottare: “Nel 2021 il 59% degli italiani si dichiara favorevole a questa possibilità (nel 2013 era il 42% ndr), contrapposto però a un 36% che si dichiara contrario”.  Sempre più diffuse e sempre più accettate, le famiglie con genitori dello stesso sesso per lo Stato italiano però continuano a non esistere. Alle coppie gay infatti non solo non viene riconosciuto il diritto di adottare un figlio, ma neanche quello alla co-genitorialità: solo i genitori adottivi o biologici, magari a seguito di una fecondazione eterologa, sono riconosciuti come genitori legali, mentre i loro coniugi no. “I genitori gay non possono adottare neanche il figlio naturale del partner”, commenta il regista Ivan Cotroneo, “un vuoto normativo che chiama, anzi quasi costringe i magistrati a fare giurisprudenza, soprattutto per tutelare i minori, che sono le prime vittime”. In effetti, se da una parte la legge Cirinnà del 2016 ha avuto il merito di rendere legali le unioni civili tra persone omosessuali, dall’altra parte ha anche scritto nero su bianco che queste unioni non danno vita a famiglie ma a “formazione sociali” che godono della tutela dei “diritti e doveri nascenti dall’unione civile”, in cui però non rientra il diritto di essere genitori.  Secondo l’imprenditrice e talent advisor Luisa Bagnoli bisognerebbe smettere di parlare di famiglie in termini giuridici, politici e organizzativi e dirsi semplicemente che: “Ogni famiglia che rende un bambino adulto e felice è la famiglia giusta”. Anche perché, incalza la direttrice della transizione al digitale e dell’innovazione di Editoriale Nazionale Michela Colamussi: “Ci portiamo dietro un modello ideale di famiglia tradizionale che non esiste. I nuclei familiari di una volta erano spesso delle gabbie e avevano poco a che fare con la vera felicità, mentre oggi nelle famiglie c’è molta più libertà”.  

Elettorato cattolico come la casalinga di Voghera: perché l’Italia è in ritardo 

In Italia manca il matrimonio egualitario, che in Germania è già realtà dal 2017. La politica all’appuntamento di una nuova norma contro la lesbo-bi-transfobia, il Ddl Zan, si si è divisa, abbandonandola di nuovo nel cimitero dei disegni legge. Perché? Secondo la direttrice Pini: “Da parte della politica non credo incida la corsa al consenso elettorale, le grandi battaglie sui diritti civili e sociali non hanno mai intaccato il consenso. Penso piuttosto che si tratti di battaglie di retroguardia che strizzano l’occhio ad alcuni status quo di potere, che hanno un peso specifico anche rispetto al Vaticano”. Per Pagnoncelli, invece, la politica è molto in ritardo perché è abituata ad agire sulla ricerca del consenso, basandosi però su stereotipi: “Alcuni partiti vogliono inseguire l’elettorato cattolico perché pensano che abbia un orientamento di voto omogeneo. Ma le ricerche ci dicono che questo elettorato è volatile tanto quanto quello non cattolico: i cittadini non si muovono per linee rette e non inseguono quello che è l’orientamento di un partito. La mia impressione è che la politica sul piano dei diritti faccia davvero fatica perché è mossa dal consenso immediato e poco abituata ad approfondire le questioni più complicate con uno sguardo limpido, il che comporta una coazione a ripetere”. Secondo Colamussi, più che l’elettorato cattolico, “la politica insegue i social, che costituiscono una cassa di risonanza enorme di minoranze che sono molto rumorose e che garantiscono un grande livello di visibilità per i nostri politici. La politica ha come obiettivo quello di serrare le fila e comunicare poco e bene ma, al tempo dei social, chi fa fatica nella comunicazione cerca di calvare le minoranze rumorose, che – come i no green pass - scatenano onde social con una potenza di detonazione molto maggiore rispetto alla maggioranza silenziosa”. La presidente del Global Thinking Claudia Segre chiude il cerchio, analizzando la questione da un punto di vista internazionale: “In Italia non dovrebbe esistere il ministero della Famiglia, ma delle Famiglie. Il Paese dovrebbe guardare alla Francia: quei cinque ministeri senza portafoglio, dalla disabilità alle Pari Opportunità, dovrebbero essere con portafoglio e unificati”.   

Due secoli di rivoluzioni

La famiglia è stata attraversata da grandi rivoluzioni negli ultimi due secoli: lo scardinamento della patria potestà, la secolarizzazione della famiglia con l’introduzione del matrimonio civile (con il codice civile dell’Italia Unita 1865), il divorzio, l’emancipazione femminile, il riconoscimento della parità tra coniugi (con la riforma della famiglia del 1975). Ma anche dall’irruzione della felicità. Come mostra Pagnoncelli: “L’80% dei cittadini che intervistiamo si dichiarano felici. E le persone - dicono tutte le nostre ricerche – lo sono soprattutto se sono soddisfatte dei loro legami affettivi e familiari. Ciò significa che la famiglia per la maggioranza delle persone è il luogo della felicità, dove rispetto al passato si è ridotta fortemente la conflittualità a favore degli affetti, ma è anche una struttura che rappresenta il welfare privato degli individui. Per questi motivi – continua Pagnoncelli – alla famiglia bisogna prestare attenzione. Se due ragazzi su tre tra i 18 e i 35 anni vivono ancora nella famiglia d’origine e sentono di essere sostenuti dalla propria famiglia significa che la stessa rappresenta soprattutto un guscio protettivo. Ma questo guscio non deve isolare: le famiglie devono essere delle cellule della società e non delle monadi. Per questo, dobbiamo fare in modo di favorire i processi di autonomia dei ragazzi”.   

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