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Home » 8 marzo » 8 marzo Festa delle donne. Non più “sesso inutile” ma il problema è lo stesso: “Il fatto di essere donne”

8 marzo Festa delle donne. Non più “sesso inutile” ma il problema è lo stesso: “Il fatto di essere donne”

Tra passi avanti e salti indietro nel godimento dei diritti umani, nell'istruzione, nella parità di genere, nell'occupazione come nelle libertà, ecco come sta il genere femminile nella festa che le celebra in tutto il mondo

Geraldina Fiechter
8 Marzo 2022
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Gender Gap in Europa

Ci vorranno almeno 60 anni per raggiungere la completa parità di genere in Europa. È la stima che risulta dall’indice sull’uguaglianza di genere dell’EIGE (European Institute for Gender Equality), pubblicato ogni anno dal 2013. Con un punteggio di 67,9 su 100, l’indice mostra che i progressi si muovono ancora molto lentamente, con un miglioramento medio di appena mezzo punto ogni anno.
Il Gender Equality indaga 6 ambiti principali: il lavoro, il salario, l’istruzione, il tempo, le posizioni di potere e il benessere, più 2 ambiti aggiuntivi: la violenza contro le donne e altre disuguaglianze (prendendo in considerazione anche altri fattori come la famiglia di provenienza, il livello di istruzione, il paese di nascita, l’età ed eventuali disabilità). Il punteggio tiene conto di 31 indicatori e prende in esame ben 28 paesi dell’Unione Europea, tra cui l’Italia.
Dal 2013 questo indice permette di monitorare e rilevare i progressi raggiunti e i punti deboli su cui l’Unione Europea dovrebbe intervenire. L’Italia, con un punteggio di 63.5 su 100, quest’anno sale in quattordicesima posizione, mantenendo il trend di crescita e un aumento di 10.2 punti dal 2010. Il nostro Paese sta progredendo verso l’uguaglianza di genere a un ritmo più rapido rispetto agli altri Stati membri dell’Ue, tanto che la sua posizione in classifica è migliorata di otto posizioni dal 2010. Nonostante questo, come vedremo, ci sono ancora diversi punti su cui lavorare per raggiungere ulteriori risultati.
Gender equality Index 2020: a che punto siamo? (EIGE)

Com’è la vita in Italia se sei una donna?

– La tua aspettativa di vita è superiore di 4.4 anni rispetto agli uomini.
– In Parlamento il 33.3% dei decision-makers sono donne.
– Hai il 15.9% di opportunità di laurearti rispetto al 13.4% degli uomini.
– Durante la tua vita, lavorerai 9.4 anni in meno rispetto ad un uomo.
– In media guadagni 1.991€ al mese contro lo stipendio medio di 2.610€ degli uomini.
– Spendi quattro volte in più del tuo tempo a fare i lavori domestici e cucinare rispetto al tuo compagno.
– Vivi in un Paese in cui il 51% delle donne ha subito molestie sessuali.

Cosa ci dicono questi numeri? 

Ci raccontano un’Italia ancora predominata dalle disparità e disuguaglianze di genere, rappresentanza in politica e nella società, nel mondo del lavoro e nella vita privata. Abbiamo quindi ancora diversi punti da guadagnare per risalire la classifica.

Le donne nel mondo – Seconda puntata

“I problemi fondamentali degli uomini nascono da questioni economiche, razziali, sociali, mentre i problemi fondamentali delle donne nascono anche e soprattutto da questo: il fatto di essere donne. Non alludo solo a un certa differenze anatomica. Alludo ai tabù che accompagnano quella differenza anatomica e condizionano la vita delle donne nel mondo”.
Oriana Fallaci, “Il sesso inutile”, 1960
Cinquecentoventi milioni di donne non potrebbero leggere questo articolo, neanche se glielo traducessimo nella loro lingua. Prima ancora dei molti dati sullo stato delle donne nel mondo, questo è forse uno dei più importanti, quello da cui partire per uno dei viaggi nel pianeta femminile al giro di boa dell’8 marzo 2022. Direte: l’analfabetismo riguarda anche gli uomini. Certo, ma in misura molto inferiore: le donne sono due terzi dei circa 720 milioni di analfabeti, e se tirando le somme una su sei, nel mondo, non è in grado di leggere e scrivere, come può rivendicare i suoi diritti? Come può uscire dalla bolla in cui le è capitata di vivere? Le ultime ricerche dell’Onu stabiliscono che le donne hanno il 75 per cento dei diritti in meno rispetto a quelli di cui godono gli uomini. Si va dal diritto di accedere ai vertici del potere (un problema tutto occidentale) a quello di non subire mutilazioni genitali, violenze, limitazioni della libertà di movimento, di matrimonio, forme di schiavitù più o meno gravi. Il Covid ha peggiorato la situazione, come le guerre. E sarebbe un errore pensare che le ferite della parte più sfortunata del mondo non ci riguardino. Se non sono già fra noi, queste donne, queste altre culture, lo saranno presto.
Percentuale di donne adulte alfabetizzate nel mondo

Gli anni di scolarizzazione sono quindi alla base di qualunque ragionamento sul benessere delle donne. Certo, nel mondo occidentale quasi tutte hanno fatto almeno le elementari e le medie. Ma l’indicatore sugli anni di scuola serve a capire le differenze non solo fra paesi ricchi e paesi più arretrati, ma anche nel nostro fortunato spicchio di mondo. Esempio: i Paesi del Nord Europa, che sono sempre in cima alla classifica sul benessere/libertà femminile, sono quelli in cui le donne si istruiscono di più.

In Nord Europa le donne accumulano oltre 13 anni di istruzione prima di accedere al mondo del lavoro, in Italia invece appena 10

È un caso? Qui sono oltre 13 gli anni di istruzione che in media ogni donna accumula prima di entrare nel mondo del lavoro (andando verso oriente solo il Giappone eguaglia il nord Europa, la Cina si ferma a 7,7, l’India a 5,4, mentre a occidente gli Stati Uniti raggiungono i 13,5). In Italia, invece, ci fermiamo a 10 anni di istruzione (con grandi distanze fra nord e sud), una media che ci allinea a Spagna, Iran, Albania, Arabia saudita, Egitto. Dieci anni di scuola significa non aver superato neanche il diploma di scuola secondaria. Quindi a fronte di tante laureate (il 23% delle donne in Italia) ce ne sono altrettante che hanno solo la terza media. Già questo dato è sufficiente a spiegare perché nella classifica generale sul gender gap l’Italia è ben lontana dal nord Europa.

Studentesse afghane
Studentesse afghane

Un dato choc è quello dell’Afghanistan, come era prevedibile dopo il ritorno dei talebani: gli anni di istruzione per le donne sono in media 1,9. A loro non è più permesso andare a scuola. Russia e Ucraina, invece, ci superano alla grande sfiorando i 12 anni di scolarizzazione in media. Qui la forbice fra analfabete e laureate è molto ampia, ma in una situazione di guerra e di limitazione dei diritti pagano tutte un grande prezzo.

Poi tutto sembra più chiaro: donne costrette a sposarsi in tenera età, a non usare i contraccettivi, a pagare con la vita le proprie scelte di libertà, a subire violenze senza essere difese né dai parenti né dalle leggi, a non muoversi dall’orbita familiare, a non guidare un’automobile, a non possedere una casa o un’azienda: qualunque violazione grave della vita delle donne va sempre di pari passo con una società che ne limita prima di tutto l’istruzione. Studiare, capire, leggere, confrontarsi con il mondo, è il primo passo verso la libertà.
L’8 marzo si celebra la Festa della Donna in tutto il mondo, ma i passi avanti per chiudere il divario di genere sono ancora troppi
Ogni anno ci chiediamo la stessa cosa: perché le donne fanno ancora così paura? Perché una parte così grande di mondo ha bisogno di limitare le libertà femminili rinunciando, di fatto, al progresso economico e sociale anche degli uomini?
Era molto scettica, Oriana Fallaci, quando sessant’anni fa le fu chiesto di andare a vedere come stavano le donne nella parte meno conosciuta del mondo. A lei interessava il genere umano, non le piaceva limitarsi alle donne come fossero “una fauna speciale” – scrisse – come se “vivessero su un altro pianeta”. Poi accettò di fare quel lungo viaggio e, oltre agli articoli, pubblicò un libro, “Il sesso inutile”. E racconta:  “Come un tale che non si ricorda di avere le orecchie perché ogni mattina se le ritrova al suo posto e solo quando gli viene l’otite si accorge che esistono –  ammette la Fallaci nella prefazione – ho capito che i problemi fondamentali degli uomini nascono da questioni economiche, razziali, sociali, mentre i problemi fondamentali delle donne nascono anche e soprattutto da questo: il fatto di essere donne”. E ancora: “Non alludo solo a un certa differenze anatomica. Alludo ai tabù che accompagnano quella differenza anatomica e condizionano la vita delle donne nel mondo”.
Cara Oriana, molte cose sono cambiate in questi decenni. Ma non questa verità.

La prima puntata

Dopo avervi dato i punti cardinali della condizione delle donne nel mondo, nella prima puntata (LEGGI QUI) e avervi indicato quali sono le percentuali di divario di genere (in vari ambiti) e alfabetizzazione femminile, nelle prossime puntate entreremo nelle case, nelle famiglie e nelle società in cui vivono. Utilizzeremo le lenti (indicatori) studiati dagli organismi internazionali per capire meglio possibile Paese per Paese, comunità per comunità. E sapete perché perfino la Banca mondiale tiene sotto osservazione il mondo delle donne, fornendo dati aggiornatissimi? Perché su un fatto concordano tutti: le società progrediscono solo se le donne stanno bene e hanno pari diritti. Raggiungere questo obiettivo, dunque, deve essere una priorità per tutti.

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  • "Ora dobbiamo fare di meno, per il futuro".

Torna anche quest’anno l
  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere

Gender Gap in Europa

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Dal 2013 questo indice permette di monitorare e rilevare i progressi raggiunti e i punti deboli su cui l’Unione Europea dovrebbe intervenire. L’Italia, con un punteggio di 63.5 su 100, quest’anno sale in quattordicesima posizione, mantenendo il trend di crescita e un aumento di 10.2 punti dal 2010. Il nostro Paese sta progredendo verso l’uguaglianza di genere a un ritmo più rapido rispetto agli altri Stati membri dell’Ue, tanto che la sua posizione in classifica è migliorata di otto posizioni dal 2010. Nonostante questo, come vedremo, ci sono ancora diversi punti su cui lavorare per raggiungere ulteriori risultati.
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Com’è la vita in Italia se sei una donna?

- La tua aspettativa di vita è superiore di 4.4 anni rispetto agli uomini.
- In Parlamento il 33.3% dei decision-makers sono donne.
- Hai il 15.9% di opportunità di laurearti rispetto al 13.4% degli uomini.
- Durante la tua vita, lavorerai 9.4 anni in meno rispetto ad un uomo.
- In media guadagni 1.991€ al mese contro lo stipendio medio di 2.610€ degli uomini.
- Spendi quattro volte in più del tuo tempo a fare i lavori domestici e cucinare rispetto al tuo compagno.
- Vivi in un Paese in cui il 51% delle donne ha subito molestie sessuali.

Cosa ci dicono questi numeri? 

Ci raccontano un’Italia ancora predominata dalle disparità e disuguaglianze di genere, rappresentanza in politica e nella società, nel mondo del lavoro e nella vita privata. Abbiamo quindi ancora diversi punti da guadagnare per risalire la classifica.

Le donne nel mondo - Seconda puntata

"I problemi fondamentali degli uomini nascono da questioni economiche, razziali, sociali, mentre i problemi fondamentali delle donne nascono anche e soprattutto da questo: il fatto di essere donne. Non alludo solo a un certa differenze anatomica. Alludo ai tabù che accompagnano quella differenza anatomica e condizionano la vita delle donne nel mondo". Oriana Fallaci, “Il sesso inutile”, 1960
Cinquecentoventi milioni di donne non potrebbero leggere questo articolo, neanche se glielo traducessimo nella loro lingua. Prima ancora dei molti dati sullo stato delle donne nel mondo, questo è forse uno dei più importanti, quello da cui partire per uno dei viaggi nel pianeta femminile al giro di boa dell’8 marzo 2022. Direte: l’analfabetismo riguarda anche gli uomini. Certo, ma in misura molto inferiore: le donne sono due terzi dei circa 720 milioni di analfabeti, e se tirando le somme una su sei, nel mondo, non è in grado di leggere e scrivere, come può rivendicare i suoi diritti? Come può uscire dalla bolla in cui le è capitata di vivere? Le ultime ricerche dell’Onu stabiliscono che le donne hanno il 75 per cento dei diritti in meno rispetto a quelli di cui godono gli uomini. Si va dal diritto di accedere ai vertici del potere (un problema tutto occidentale) a quello di non subire mutilazioni genitali, violenze, limitazioni della libertà di movimento, di matrimonio, forme di schiavitù più o meno gravi. Il Covid ha peggiorato la situazione, come le guerre. E sarebbe un errore pensare che le ferite della parte più sfortunata del mondo non ci riguardino. Se non sono già fra noi, queste donne, queste altre culture, lo saranno presto.
Percentuale di donne adulte alfabetizzate nel mondo
Gli anni di scolarizzazione sono quindi alla base di qualunque ragionamento sul benessere delle donne. Certo, nel mondo occidentale quasi tutte hanno fatto almeno le elementari e le medie. Ma l’indicatore sugli anni di scuola serve a capire le differenze non solo fra paesi ricchi e paesi più arretrati, ma anche nel nostro fortunato spicchio di mondo. Esempio: i Paesi del Nord Europa, che sono sempre in cima alla classifica sul benessere/libertà femminile, sono quelli in cui le donne si istruiscono di più.
In Nord Europa le donne accumulano oltre 13 anni di istruzione prima di accedere al mondo del lavoro, in Italia invece appena 10
È un caso? Qui sono oltre 13 gli anni di istruzione che in media ogni donna accumula prima di entrare nel mondo del lavoro (andando verso oriente solo il Giappone eguaglia il nord Europa, la Cina si ferma a 7,7, l’India a 5,4, mentre a occidente gli Stati Uniti raggiungono i 13,5). In Italia, invece, ci fermiamo a 10 anni di istruzione (con grandi distanze fra nord e sud), una media che ci allinea a Spagna, Iran, Albania, Arabia saudita, Egitto. Dieci anni di scuola significa non aver superato neanche il diploma di scuola secondaria. Quindi a fronte di tante laureate (il 23% delle donne in Italia) ce ne sono altrettante che hanno solo la terza media. Già questo dato è sufficiente a spiegare perché nella classifica generale sul gender gap l’Italia è ben lontana dal nord Europa.
Studentesse afghane
Studentesse afghane
Un dato choc è quello dell’Afghanistan, come era prevedibile dopo il ritorno dei talebani: gli anni di istruzione per le donne sono in media 1,9. A loro non è più permesso andare a scuola. Russia e Ucraina, invece, ci superano alla grande sfiorando i 12 anni di scolarizzazione in media. Qui la forbice fra analfabete e laureate è molto ampia, ma in una situazione di guerra e di limitazione dei diritti pagano tutte un grande prezzo.
Poi tutto sembra più chiaro: donne costrette a sposarsi in tenera età, a non usare i contraccettivi, a pagare con la vita le proprie scelte di libertà, a subire violenze senza essere difese né dai parenti né dalle leggi, a non muoversi dall’orbita familiare, a non guidare un’automobile, a non possedere una casa o un’azienda: qualunque violazione grave della vita delle donne va sempre di pari passo con una società che ne limita prima di tutto l’istruzione. Studiare, capire, leggere, confrontarsi con il mondo, è il primo passo verso la libertà.
L'8 marzo si celebra la Festa della Donna in tutto il mondo, ma i passi avanti per chiudere il divario di genere sono ancora troppi
Ogni anno ci chiediamo la stessa cosa: perché le donne fanno ancora così paura? Perché una parte così grande di mondo ha bisogno di limitare le libertà femminili rinunciando, di fatto, al progresso economico e sociale anche degli uomini? Era molto scettica, Oriana Fallaci, quando sessant’anni fa le fu chiesto di andare a vedere come stavano le donne nella parte meno conosciuta del mondo. A lei interessava il genere umano, non le piaceva limitarsi alle donne come fossero “una fauna speciale” - scrisse - come se “vivessero su un altro pianeta”. Poi accettò di fare quel lungo viaggio e, oltre agli articoli, pubblicò un libro, “Il sesso inutile”. E racconta:  “Come un tale che non si ricorda di avere le orecchie perché ogni mattina se le ritrova al suo posto e solo quando gli viene l’otite si accorge che esistono –  ammette la Fallaci nella prefazione – ho capito che i problemi fondamentali degli uomini nascono da questioni economiche, razziali, sociali, mentre i problemi fondamentali delle donne nascono anche e soprattutto da questo: il fatto di essere donne”. E ancora: “Non alludo solo a un certa differenze anatomica. Alludo ai tabù che accompagnano quella differenza anatomica e condizionano la vita delle donne nel mondo”. Cara Oriana, molte cose sono cambiate in questi decenni. Ma non questa verità.

La prima puntata

Dopo avervi dato i punti cardinali della condizione delle donne nel mondo, nella prima puntata (LEGGI QUI) e avervi indicato quali sono le percentuali di divario di genere (in vari ambiti) e alfabetizzazione femminile, nelle prossime puntate entreremo nelle case, nelle famiglie e nelle società in cui vivono. Utilizzeremo le lenti (indicatori) studiati dagli organismi internazionali per capire meglio possibile Paese per Paese, comunità per comunità. E sapete perché perfino la Banca mondiale tiene sotto osservazione il mondo delle donne, fornendo dati aggiornatissimi? Perché su un fatto concordano tutti: le società progrediscono solo se le donne stanno bene e hanno pari diritti. Raggiungere questo obiettivo, dunque, deve essere una priorità per tutti.
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