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Home » HP Blocco Grande » Guida al divorzio senza conflitto, Maria Luisa Missiaggia: “Finché accordo non vi separi. E non in tribunale. Per i figli, i costi e i tempi, ma anche per i coniugi stessi”

Guida al divorzio senza conflitto, Maria Luisa Missiaggia: “Finché accordo non vi separi. E non in tribunale. Per i figli, i costi e i tempi, ma anche per i coniugi stessi”

"Accordo invece di processo". Questo il consiglio dell'avvocata matrimonialista che porta avanti la sua battaglia per favorire divorzi basati su un accordo tra le parti. In studio, con il libro "Separarsi con amore si può" e con un podcast in collaborazione con QN. Fondatrice nel 2017 di Studiodonne onlus, si batte anche contro la violenza sulle donne e per la parità di genere

Sofia Francioni
12 Luglio 2021
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Per l’avvocata Maria Luisa Missiaggia separarsi con amore non solo è possibile, ma è quasi un atto dovuto: per i figli, i costi, i tempi, ma anche per i coniugi stessi “che non devono litigare come bambini, ma riprendere in mano le loro vite il prima possibile, dopo un matrimonio finito”. Legale matrimonialista e della Famiglia con un’esperienza trentennale nel foro di Roma, Missiaggia manda questo messaggio dal 2010, anno in cui ha scritto il suo libro “Separarsi con amore”, che alla sua seconda edizione è diventato: “Separarsi con amore si può”. In anticipo sui tempi e le tendenze rispetto a oggi, dove è la stessa ministra della Giustizia Marta Cartabia a spingere la giurisprudenza in direzione degli accordi, in modo da alleggerire i conteziosi giudiziari nel civile e nel penale, dichiara al telefono: “I tribunali sono pieni di cause spesso inutili. Una volta per i coniugi scegliere la via dell’accordo era ‘da perdenti’ e per gli avvocati essere cool significava vincere in giudizio. Oggi invece la tendenza si è invertita”.

Fondatrice nel 2017 di Studiodonne onlus, che sostiene le donne vittime di violenza e avvia percorsi di recupero per l’uomo violento, tra le casistiche che da avvocata tratta ci sono anche la tutela dei minori, lo stalking e i diritti civili. Per informare e rendere consapevoli le persone, Missaggia dal 7 luglio è anche uscita dalle aule dei Tribunali per approdare online con un podcast: “Finché accordo non vi separi”, realizzato in collaborazione con QN. Disponibile in streaming sul sito di Quotidiano Nazionale e sulle piattaforme Spotify, Google Podcast e Apple Podcast, il podcast ripercorre in pillole i casi giudiziari di alcune delle separazioni, più o meno felici, che sono state protagoniste della cronaca degli ultimi anni, sensibilizzando l’ascoltatore sulla scelta – in caso lo necessiti – di un accordo invece che di un processo.

 

Avvocata, la prima puntata di questo nuovo podcast è dedicata al divorzio tra Silvio Berlusconi e Veronica Lario. Perché questa separazione è stata storica?

“Sinteticamente, perché non voglio fare spoiler, il caso Berlusconi è stato apripista alla modifica degli assegni divorzili: la Corte di Cassazione ha infatti scardinato i criteri per la sua determinazione, eliminando il tenore di vita nel matrimonio quale parametro per l’assegno divorzile, inserendo invece per la sua quantificazione la contribuzione alla vita familiare o la rinuncia alla carriera da parte del coniuge più debole”.

Lei ha un’esperienza trentennale sull’argomento: come sono cambiati i divorzi in Italia?

“Intanto, dalla legge sul divorzio del ’75, i cambiamenti sociali sono stati tanti: le donne sono partite da una posizione assistenzialista nei confronti dell’uomo, perché non lavoravano e pensavano all’educazione dei figli, fino ad arrivare con gli anni a una posizione paritaria, diventando delle lavoratrici. Nonostante la legge non sia mai cambiata, la giurisprudenza ha tenuto conto dei cambiamenti negli equilibri familiari e oggi i magistrati tendono a considerare i genitori come due figure che condividono compiti e che sono equidistanti rispetto ai bambini. Per questo la giurisprudenza è incline sia alla parità di frequentazione dei figli da parte di entrambi i genitori, sia all’abolizione dell’assegno divorzile. Anche se, per quanto riguarda la parità di frequentazione, alcuni tribunali, come quello di Brindisi, la applicano, mentre quelli di Roma e Milano sono contrari allo spostamento dei figli da un genitore all’altro”.

In quali casi alla donna non viene riconosciuto l’assegno divorzile?

“Non le viene riconosciuto se è autonoma, economicamente autosufficiente, e se c’è parità di reddito tra i coniugi. Le viene invece riconosciuto se ha rinunciato alla carriera e al lavoro per la famiglia o se i redditi dei coniugi sono molto squilibrati fra loro. C’è comunque da fare una distinzione: un conto è il mantenimento nella separazione, dove c’è il vincolo di solidarietà; un altro il mantenimento divorzile,
dove il vincolo è sciolto, per cui l’assegno viene elargito solo se ci sono state delle rinunce alla carriera e al lavoro da parte del coniuge economicamente più debole”.

Il coniuge economicamente più debole è sempre la donna o ha incontrato dei casi in cui è stata l’ex moglie a dover mantenere l’ex marito?

“Certo che sì, anche se la percentuale è del 10%. Una donna che lavora deve poter essere indipendente anche nel divorzio. E dunque ancorarsi al vecchio schema patriarcale dell’uomo che mantiene la donna è schizofrenico. Sono dell’idea che avremo un’’evoluzione e una parità tra i sessi, quando – anche nei divorzi o nelle separazioni – inizieremo a parlare di persone e non di uomini e donne”.

Lei è una sostenitrice degli accordi al posto dei processi. Come ci si arriva?

“Il ruolo del legale è importantissimo: l’avvocato matrimonialista dev’essere specializzato e competente nell’ambito della famiglia, deve avere un rapporto di empatia e di disponibilità quasi totalizzante nei confronti del suo cliente, deve conoscere i tribunali, i loro tempi e costi e tenere presente che, se ci sono dei minori, quei minori crescono ed è quindi inutile arrivare a una conclusione del processo quando quei
bambini sono diventati maggiorenni”.

Quanto può durare un processo per un divorzio?

“Ragionevolmente, tenendo conto dei vari gradi di giudizio, quasi 18 anni”.

E i tempi degli accordi quali sono?

“La tempistica dev’essere veloce: l’accordo ha un suo plus se si chiude subito. Oltre ai tempi, i vantaggi sono tantissimi: pensiamo solo agli sgravi fiscali. Con gli accordi si possono infatti fare trasferimenti immobiliari, trust, cessioni patrimoniali senza tassazioni. I pro sono così tanti che non scegliere questa via significa non avere un quadro d’insieme. Inoltre, con gli accordi, si evita ai figli di sostare per anni
dentro i Tribunali”.

Quali sono le ricadute di un lungo divorzio sui minori ?

“Tante: lo sviluppo di ludopatie, di dipendenze dalle tecnologie e dalle droghe. Lo ripeto: l’accordo deve diventare un trend”.

Gli accordi possono essere stipulati in tutti i casi?

“No, non si possono stringere accordi nei casi di violenza, di abuso, di manipolazione e di alienazione parentale. Quest’ultima, anche se la Cassazione non la riconosce più, esiste ancora, perché sono diversi i casi in cui i figli vengono strumentalizzati da un genitore ai danni dell’altro”.

Avvocata, lei tratta casi anche di diritti civili, cosa ne pensa del Ddl Zan?

“Dev’essere approvato. L’ho letto e non ho trovato nulla di preoccupante negli articoli di cui si polemizza tanto: sono soltanto giochi politici. Il Ddl Zan è un passaggio necessario per affermare la necessità della non discriminazione e per punire chi ha dei comportamenti omofobi nei confronti di persone che non fanno male a nessuno”.

E riguardo alle famiglie omogenitoriali?

“Sono favorevole laddove le persone, sia etero sia omosessuali, siano capaci di essere genitori. E questo non dipende dalla sessualità, ma da come sei. La convinzione per cui gli eterosessuali sono dei buoni genitori, mentre gli omosessuali no, la trovo non solo riduttiva, ma anche veramente ignorante. E parlo anche per esperienza”.

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  • Passa anche da un semplice tasto la possibilità per una donna, vittima di stalking, di salvarsi da chi vuole farle del male. Il tasto di uno smartwatch che, una volta premuto, lancia un’immediata richiesta di aiuto alle forze di polizia. E grazie a questo orologio, Marta (il nome è di fantasia) potrà ora vedere la sua vita cambiata in meglio. La donna aveva smesso di vivere, a causa della relazione asfissiante e malata con il suo ex marito violento che aveva promesso di sfregiarla con l’acido e poi ucciderla e seppelire il suo corpo in un terreno. Ma venerdì scorso a Marta è stato consegnato il primo di 45 smartwatch che saranno distribuiti ad altrettante vittime. L’orologio è collegato con la centrale operativa del comando provinciale dei carabinieri di Napoli: appena arriva l’Sos, la vittima viene geolocalizzata e arrivano i soccorsi.

E così Marta ha ripreso la sua vita interrotta per paura dell’ex e delle sue minacce. «Posso uscire più serena e tranquilla dopo mesi e mesi trascorsi rintanata in casa. Grazie a questo orologio mi sento protetta. È vero, devo rinunciare alla mia privacy, ma è un prezzo che sono disposta a pagare.»

Lo scorso 30 novembre i carabinieri del Comando provinciale di Napoli, la sezione fasce deboli della Procura partenopea coordinata dal procuratore aggiunto Raffaello Falcone, la Fondazione Vodafone Italia e la Soroptimist international club Napoli hanno annunciato l’avvio del progetto pilota "Mobile Angel", che prevede, appunto, la consegna di questo orologio salvavita alle vittime di maltrattamenti. Il progetto è stato esteso anche alle città di Milano e Torino. Lo smartwatch affidato a Marta è il primo nel Sud Italia. Il mobile angel, spiegano i Carabinieri, rientra in un progetto ad ampio respiro che ha come punto focale le vittime di violenza. Un contesto di tutela all’interno del quale è stata istituita anche la "stanza tutta per sé", un ambiente dove chi ha subìto vessazioni può sentirsi a suo agio nel raccontare il proprio vissuto. 

#lucenews #lucelanazione #mobileangel #napoli
  • Se nei giorni scorsi l’assessore al Welfare del Comune di Napoli, papà single di Alba, bambina affetta da Sindrome di Down, aveva ri-scritto pubblicamente alla premier Giorgia Meloni per avere un confronto sull’idea di famiglia e sul tema delle adozioni, stavolta commenta quanto sta accadendo in Italia in relazione ai diritti dei figli delle famiglie arcobaleno. 

Ricordiamo, infatti, che lo scorso 12 marzo il Governo ha ordinato, in merito ad una richiesta pervenuta al Comune di Milano di una coppia dello stesso sesso, lo stop a procedere alla registrazione del loro figlio appena nato e impedendo, di fatto, la creazione di una famiglia omogenitoriale. Il veto della destra compatta boccia il certificato europeo di filiazione che propone agli Stati membri di garantire ai genitori residenti in Unione Europea il diritto ad essere riconosciuti come madri e padri dei propri figli nello stesso modo in tutti i Paesi Ue.

“In tutta Europa i figli di coppie gay avranno il riconoscimento degli stessi diritti degli altri bambini. In Italia il Senato, trascinato da Fratelli d’Italia, fortemente contrario, ha appena bocciato la proposta – dice Trapanese in un lungo post sulla sua pagina Instagram -. Quindi, i figli delle coppie omosessuali non sono, per il nostro Paese, figli come gli altri. Questo hanno deciso e detto chiaramente”. Così facendo, “resteranno bambini privi di tutele complete, i cui genitori dovranno affrontare battaglie giudiziarie, sfiniti da tempi lunghissimi, solo perché il loro bimbo venga considerato semplicemente un figlio”. 

Trapanese attacca chiaramente questa decisione: “L’Italia è l’unico paese europeo con un governo che lavora per togliere diritti invece che per aggiungerli. Se la prende con bambini che esistono e vivono la loro quotidianità serenamente in famiglie piene d’amore, desiderati sopra ogni cosa, ma considerati in Italia figli di un dio minore”. Per Trapanese “stiamo continuando a parlare di ciò che dovrebbe essere semplicemente attuato. I diritti non si discutono, si riconoscono e basta. Ma come fate a non rendervene conto?”.

#lucenews #diritti #coppieomogenitoriali
  • Il nuovo progetto presentato dal governatore Viktor Laiskodat a Kupang, in Indonesia, prevede l’entrata degli alunni a scuola alle 5.30 del mattino. Secondo l’alto funzionario il provvedimento servirebbe per rafforzare la disciplina dei bambini.

Solitamente nelle scuole del Paese le lezioni iniziavano tra le 7 e le 8 del mattino: anticipando l’orario d’ingresso i bambini sono apparsi esausti quando tornano a casa. La madre di una 16enne, infatti, è molto preoccupata da questa nuova iniziativa: “È estremamente difficile, ora devono uscire di casa mentre è ancora buio pesto. Non posso accettarlo. La loro sicurezza non è garantita quando è ancora notte. Inoltre mia figlia, ogni volta che arriva a casa, è esausta e si addormenta immediatamente.”

Sulla vicenda è intervenuto anche Marsel Robot, esperto di istruzione dell’Università di Nusa Cendana, che ha spiegato come a lungo termine la privazione del sonno potrebbe mettere in pericolo la salute degli studenti e causare un cambiamento nei loro comportamenti: “Non c’è alcuna correlazione con lo sforzo per migliorare la qualità dell’istruzione. Gli studenti dormiranno solo per poche ore e questo è un grave rischio per la loro salute. Inoltre, questo causerà loro stress e sfogheranno la loro tensione in attività magari incontrollabili”. Anche il Ministero per l’emancipazione delle donne e la Commissione indonesiana per la protezione dei minori hanno espresso richieste di revisione della politica. Il cambiamento delle regole di Kupang è stato anche contestato dai legislatori locali, che hanno chiesto al governo di annullare quella che hanno definito una politica infondata.

Tuttavia il governo centrale ha mantenuto il suo esperimento rincarando la dose ed estendendolo anche all’agenzia di istruzione locale, dove anche i dipendenti pubblici ora inizieranno la loro giornata alle 5.30 del mattino.

#lucenews #lucelanazione #indonesia #scuola
  • Quante ore dormi? È difficile addormentarsi? Ti svegli al minimo rumore o al mattino rimandi tutte le sveglie per dormire un po’ di più? Soffri d’insonnia?

Sono circa 13,4 milioni gli italiani che soffrono di insonnia, secondo le ultime rilevazioni di Aims - l
Per l’avvocata Maria Luisa Missiaggia separarsi con amore non solo è possibile, ma è quasi un atto dovuto: per i figli, i costi, i tempi, ma anche per i coniugi stessi "che non devono litigare come bambini, ma riprendere in mano le loro vite il prima possibile, dopo un matrimonio finito". Legale matrimonialista e della Famiglia con un'esperienza trentennale nel foro di Roma, Missiaggia manda questo messaggio dal 2010, anno in cui ha scritto il suo libro "Separarsi con amore", che alla sua seconda edizione è diventato: "Separarsi con amore si può". In anticipo sui tempi e le tendenze rispetto a oggi, dove è la stessa ministra della Giustizia Marta Cartabia a spingere la giurisprudenza in direzione degli accordi, in modo da alleggerire i conteziosi giudiziari nel civile e nel penale, dichiara al telefono: "I tribunali sono pieni di cause spesso inutili. Una volta per i coniugi scegliere la via dell'accordo era 'da perdenti' e per gli avvocati essere cool significava vincere in giudizio. Oggi invece la tendenza si è invertita". Fondatrice nel 2017 di Studiodonne onlus, che sostiene le donne vittime di violenza e avvia percorsi di recupero per l'uomo violento, tra le casistiche che da avvocata tratta ci sono anche la tutela dei minori, lo stalking e i diritti civili. Per informare e rendere consapevoli le persone, Missaggia dal 7 luglio è anche uscita dalle aule dei Tribunali per approdare online con un podcast: "Finché accordo non vi separi", realizzato in collaborazione con QN. Disponibile in streaming sul sito di Quotidiano Nazionale e sulle piattaforme Spotify, Google Podcast e Apple Podcast, il podcast ripercorre in pillole i casi giudiziari di alcune delle separazioni, più o meno felici, che sono state protagoniste della cronaca degli ultimi anni, sensibilizzando l'ascoltatore sulla scelta - in caso lo necessiti - di un accordo invece che di un processo.   Avvocata, la prima puntata di questo nuovo podcast è dedicata al divorzio tra Silvio Berlusconi e Veronica Lario. Perché questa separazione è stata storica? "Sinteticamente, perché non voglio fare spoiler, il caso Berlusconi è stato apripista alla modifica degli assegni divorzili: la Corte di Cassazione ha infatti scardinato i criteri per la sua determinazione, eliminando il tenore di vita nel matrimonio quale parametro per l’assegno divorzile, inserendo invece per la sua quantificazione la contribuzione alla vita familiare o la rinuncia alla carriera da parte del coniuge più debole". Lei ha un'esperienza trentennale sull’argomento: come sono cambiati i divorzi in Italia? "Intanto, dalla legge sul divorzio del '75, i cambiamenti sociali sono stati tanti: le donne sono partite da una posizione assistenzialista nei confronti dell'uomo, perché non lavoravano e pensavano all'educazione dei figli, fino ad arrivare con gli anni a una posizione paritaria, diventando delle lavoratrici. Nonostante la legge non sia mai cambiata, la giurisprudenza ha tenuto conto dei cambiamenti negli equilibri familiari e oggi i magistrati tendono a considerare i genitori come due figure che condividono compiti e che sono equidistanti rispetto ai bambini. Per questo la giurisprudenza è incline sia alla parità di frequentazione dei figli da parte di entrambi i genitori, sia all’abolizione dell’assegno divorzile. Anche se, per quanto riguarda la parità di frequentazione, alcuni tribunali, come quello di Brindisi, la applicano, mentre quelli di Roma e Milano sono contrari allo spostamento dei figli da un genitore all’altro". In quali casi alla donna non viene riconosciuto l'assegno divorzile? "Non le viene riconosciuto se è autonoma, economicamente autosufficiente, e se c'è parità di reddito tra i coniugi. Le viene invece riconosciuto se ha rinunciato alla carriera e al lavoro per la famiglia o se i redditi dei coniugi sono molto squilibrati fra loro. C’è comunque da fare una distinzione: un conto è il mantenimento nella separazione, dove c'è il vincolo di solidarietà; un altro il mantenimento divorzile, dove il vincolo è sciolto, per cui l'assegno viene elargito solo se ci sono state delle rinunce alla carriera e al lavoro da parte del coniuge economicamente più debole". Il coniuge economicamente più debole è sempre la donna o ha incontrato dei casi in cui è stata l’ex moglie a dover mantenere l’ex marito? "Certo che sì, anche se la percentuale è del 10%. Una donna che lavora deve poter essere indipendente anche nel divorzio. E dunque ancorarsi al vecchio schema patriarcale dell’uomo che mantiene la donna è schizofrenico. Sono dell’idea che avremo un'’evoluzione e una parità tra i sessi, quando – anche nei divorzi o nelle separazioni - inizieremo a parlare di persone e non di uomini e donne". Lei è una sostenitrice degli accordi al posto dei processi. Come ci si arriva? "Il ruolo del legale è importantissimo: l’avvocato matrimonialista dev'essere specializzato e competente nell’ambito della famiglia, deve avere un rapporto di empatia e di disponibilità quasi totalizzante nei confronti del suo cliente, deve conoscere i tribunali, i loro tempi e costi e tenere presente che, se ci sono dei minori, quei minori crescono ed è quindi inutile arrivare a una conclusione del processo quando quei bambini sono diventati maggiorenni". Quanto può durare un processo per un divorzio? "Ragionevolmente, tenendo conto dei vari gradi di giudizio, quasi 18 anni". E i tempi degli accordi quali sono? "La tempistica dev’essere veloce: l'accordo ha un suo plus se si chiude subito. Oltre ai tempi, i vantaggi sono tantissimi: pensiamo solo agli sgravi fiscali. Con gli accordi si possono infatti fare trasferimenti immobiliari, trust, cessioni patrimoniali senza tassazioni. I pro sono così tanti che non scegliere questa via significa non avere un quadro d’insieme. Inoltre, con gli accordi, si evita ai figli di sostare per anni dentro i Tribunali". Quali sono le ricadute di un lungo divorzio sui minori ? "Tante: lo sviluppo di ludopatie, di dipendenze dalle tecnologie e dalle droghe. Lo ripeto: l’accordo deve diventare un trend". Gli accordi possono essere stipulati in tutti i casi? "No, non si possono stringere accordi nei casi di violenza, di abuso, di manipolazione e di alienazione parentale. Quest’ultima, anche se la Cassazione non la riconosce più, esiste ancora, perché sono diversi i casi in cui i figli vengono strumentalizzati da un genitore ai danni dell’altro". Avvocata, lei tratta casi anche di diritti civili, cosa ne pensa del Ddl Zan? "Dev'essere approvato. L’ho letto e non ho trovato nulla di preoccupante negli articoli di cui si polemizza tanto: sono soltanto giochi politici. Il Ddl Zan è un passaggio necessario per affermare la necessità della non discriminazione e per punire chi ha dei comportamenti omofobi nei confronti di persone che non fanno male a nessuno". E riguardo alle famiglie omogenitoriali? "Sono favorevole laddove le persone, sia etero sia omosessuali, siano capaci di essere genitori. E questo non dipende dalla sessualità, ma da come sei. La convinzione per cui gli eterosessuali sono dei buoni genitori, mentre gli omosessuali no, la trovo non solo riduttiva, ma anche veramente ignorante. E parlo anche per esperienza".
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