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Home » Attualità » Mamma, lavoratrice e casalinga, la storia di Anna: “se prima era difficile, adesso è bestiale”

Mamma, lavoratrice e casalinga, la storia di Anna: “se prima era difficile, adesso è bestiale”

"Ieri a mia mamma ho detto: Oggigiorno non so se rifarei dei figli. Mi sono sorpresa a pensarlo, ma è la verità. Essere delle mamme è faticoso e a volte è un vero casino"

Sofia Francioni
18 Gennaio 2022
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Aspirando le “c” al telefono tradisce un accento fiorentino, ma Anna è in realtà polacca, è sposata da 17 anni con un uomo italiano, ha due figli e senza edulcorazioni racconta a Luce! (chiedendoci di non identificarla ulteriormente) cosa significa essere una mamma in Italia al tempo del Covid-19: “Ho due figli: quella più grande ha 16 anni e quello più piccolo 13. Faccio le pulizie nelle case degli altri, la mamma, la casalinga nella mia e corro sempre: anche per rilassarmi”.

Anna, ce lo dica chiaramente: chi fa il bucato in casa? 

“(ride) Ovviamente io, aveva dubbi?”.

Suo marito non le dà mai una mano con le faccende? 
“No, lui va a lavoro, magari a fare la spesa, ma della casa me ne devo occupare io”.

La serie Motherhood Illustrations di Nathalie Jomard
La serie Motherhood Illustrations di Nathalie Jomard

Anche lei lavora però…

“Sì, faccio le pulizie a Firenze perché con un unico stipendio non potremmo andare avanti. Ma il mio lavoro è sia in casa che fuori: oltre alle pulizie a domicilio, sono una mamma e una casalinga a tempo pieno. Insomma, diciamo che per lo più corro. Corro sempre”.

Ci racconti una sua giornata tipo 

“Mi alzo e faccio alzare i ragazzi. In tempi normali la più grande prende l’autobus presto, alle 6:55, perché per arrivare a scuola ne deve prendere tre. Una volta che lei è uscita, faccio colazione al più piccolo, gli faccio prendere le medicine e poi lo accompagno a scuola in auto. A quel punto vado a lavoro. Poi, verso mezzogiorno e mezzo torno verso casa: faccio la spesa, i letti, do l’aspirapolvere, mi occupo delle faccende basilari per tenere più o meno a posto la casa. Poi preparo il pranzo, vado a prenderlo a scuola e alle 15 esco di nuovo per andare a lavoro e rientro anche verso le 19:30. Preparo la cena, mangiamo e…”

…e?

“E basta. Alle dieci e mezzo la sera sono già cotta e dopo tutto questo correre finalmente mi fermo: almeno fisicamente”.

L’Italia ha un problema di denatalità: ogni tot qualcuno tira su un’ipotesi: i giovani non fanno più figli perché sono individualisti oppure nichilisti, perché economicamente instabili, perché il Paese non offre reali sostegni: tante teorie, ma di misure ben poche. Secondo lei qual è il motivo? 

“Non lo so. Ieri a mia mamma ho detto: ‘Oggigiorno non so se rifarei dei figli’. Mi sono sorpresa a pensarlo, ma è la verità e va detta. Non biasimo i giovani: essere genitori è davvero difficile. Ed essere mamme ancora di più, perché non c’è nessuno disposto a darti una mano. Gli asili nido costano tantissimo, mancano sostegni, appoggi. Io sono fortunata perché con il mio lavoro posso permettermi degli orari flessibili: in alternativa, non saprei davvero come fare”.

Dalla serie "Motherhood Illustrations" di Nathalie Jomard
Dalla serie Motherhood Illustrations di Nathalie Jomard

I suoi figli non sono ancora del tutto automoni 

“No, soprattutto il più piccolo perché ha un’epilessia e ha la 104. Non prende l’autobus da solo, è ancora un po’ indietro rispetto ai ragazzi della sua età. Ammetto di essere molto apprensiva, ho tanta paura: è stato bullizzato nei tre anni delle medie e adesso è seguito da uno psicologo. Anche questo è un dramma per me: non riuscire mai ad avere la mente libera, a staccare, perché in continuazione mi si accavallano problemi, incertezze, paure per il suo bene e il suo futuro”.

La situazione con il Covid-19 è peggiorata? 

“È diventata bestiale. Mio figlio per i compiti dev’essere seguito da persone esterne, che devono essere pagate, perché con noi non sarebbe altrettanto produttivo. Con il Covid tutto questo è diventato un casino. Lui sta in Dad fino alle 14 e poi inizia a fare i compiti a distanza. Conclusione? Sta sempre al telefonino. Ed è davvero faticoso”

Perché? 

“Devo aiutarlo io: una volta a mandare una foto, un’altra a cercare di risolvere problemi tecnici, di connessione, di coordinamento con scuola o con la ragazza che lo aiuta. Non ho neanche le competenze per aiutarlo, ma alla fine sono io che devo seguirlo e, come tutte le mamme, ho imparato a farlo, ad arrangiarmi per sopravvivere”.

I suoi figli sono entrambi in Dad?

“Sì, perché tutti noi, tranne mio marito, siamo positivi e – ripeto – la situazione in casa è bestiale. Uno dei miei figli è chiuso nella sua camera, l’altra sta nel salotto e io non posso muovermi finché loro non hanno finito con le lezioni a scuola. Non posso fare niente: in cucina non posso andare perché ne disturbo uno, le camere non posso sistemarle perché ne disturbo un altro. La casa è piccola e io sto chiusa in una stanza e aspetto che finiscano per iniziare a pulire”.

Come avete gestito il contagio in casa? 

“Sono stata in quarantena preventiva per tre-quattro giorni, chiusa in camera mia, poi sono uscita perché in casa eravamo tutti positivi, tranne mio marito che fortunatamente non lo ha preso”.

E mentre lei era chiusa in camera chi si occupava di fare la cena e delle faccende? 

“Mio marito, che qualcosina ha fatto anche perché anche lui i primi giorni era in casa, in quarantena preventiva. Adesso invece è tornato a lavoro e io e i miei figli siamo sempre chiusi qui, in attesa di un tampone negativo”.

Quindi, seppur positiva al Covid, le faccende toccano di nuovo a lei

“È proprio così: contro le faccende di casa non ci sono sintomi, reclusioni o indicazioni del medico che tengano. Oltre che della casa, mi devo occupare dei miei figli che, anche se sono grandi, rimangono sempre dei ragazzi. E non mi aiutano un granché”.

La serie Motherhood Illustrations di Nathalie Jomard
La serie Motherhood Illustrations di Nathalie Jomard

Neanche quella più grande? Non gliela chiede una mano oppure si rifiutano di aiutarla?

“Se chiedo qualcosa la fanno, ma non volentieri. Adesso che mi fa male la schiena, un po’ mi aiutano, ma altrimenti quasi mai. E non esagero”.

Una mamma a lungo andare rischia di lasciare da parte il suo essere donna? 

“(ride) questo è sicuro”

Anna riesce a ritagliarsi degli spazi solo per lei nella frenesia della routine quotidiana? 

“Farà ridere, ma è quando corro..non sulle giornate, ma sul mio tapis roulant“.

Mamme di tutto il mondo, scriveteci!

Con la sua voce ferma e pacata di chi sa che per essere mamma ciò che più conta è l’organizzazione, e non il cuore e basta come vorrebbe qualcuno, Anna – contro la retorica delle eroine a tutti i costi – ci ha raccontato che essere mamma non è il massimo, ma molto più spesso è “bestiale, faticoso, un casino“. Alle donne che come lei “tengono insieme tutto” senza farne un vanto, ma denunciando, non possiamo che dire grazie. Alle altre, invece, ci raccomandiamo: scriveteci a redazione@luce.news.it. Basta un vocale, qualche riga, una foto per raccontare che cosa significa essere mamma oggi.

 

 

 

 

 

 

 

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  • Sono tre, per il momento, gli istituti superiori che si sono candidati ad accogliere Nina Rosa Sorrentino, la studentessa disabile di 19 anni che non può sostenere la maturità al liceo Sabin di Bologna (indirizzo Scienze umane) e che i genitori hanno per questo motivo ritirato da scuola.

La storia è nota: la studentessa ha cominciato il suo percorso di studi nel liceo di via Matteotti seguendo il programma differenziato. Già al terzo anno i genitori avevano chiesto di passare al programma degli obiettivi minimi che si può concludere con l’Esame di Stato, mentre quello differenziato ha solo la "certificazione delle competenze".

Il Consiglio di classe aveva respinto la richiesta della famiglia, anche perché passare agli obiettivi minimi avrebbe implicato esami integrativi. Da qui la decisione della famiglia, avvenuta giusto una settimana fa, di ritirare Nina da scuola – esattamente un giorno prima che i giorni di frequenza potessero essere tali da farle comunque ottenere la "certificazione delle competenze" – in modo tale che possa provare a sostenere la Maturità in un altro istituto del capoluogo emiliano.

Sulla storia di Nina, ieri, è tornata anche la ministra per la Disabilità, Alessandra Locatelli, che alla Camera ha risposto, durante il question time, a una domanda sulle iniziative volte a garantire l’inclusione sociale e lavorativa delle persone con sindrome di Down presentata dal capogruppo di FdI, Tommaso Foti.

"C’è ancora un po’ di strada da fare se una ragazza con la sindrome di Down non viene ammessa all’esame di maturità – ha detto la ministra –. Se non si è stati in grado di usare tutte le strategie possibili e l’accomodamento ragionevole, come previsto dalla Convenzione Onu per i diritti delle persone disabili che in Italia è legge; se non si è stati in grado di valorizzare i punti di forza dei ragazzi che non chiedono di essere promossi automaticamente ma di avere un’occasione e un’opportunità."

#lucenews #lucelanazione #ninasorentino #disabilityinclusion #bologna
  • “Ho fatto la storia”. Con queste parole Alex Roca Campillo ha postato sul suo account Twitter il video degli ultimi, emozionanti, metri della maratona di Barcellona.

Ed effettivamente un record Alex l’ha scritto: è la prima persona al mondo con una disabilità al 76 per cento a riuscire a percorrere la distanza di 42 km e 195 metri.
Alex ha concluso la sua gara in 5 ore 50 minuti e 51 secondi, ma il cronometro in questa situazione è passato decisamente in secondo piano. “tutto questo è stato possibile grazie alle mia squadra. Grazie a tutti quelli che dal bordo della strada mi hanno spinto fino al traguardo. Non ho parole”.

#lucenews #alexrocacampillo #maratonadibarcellona #barcellona
  • In Uganda dirsi gay potrà costare l’ergastolo. Il Parlamento dell’Uganda ha appena approvato una legge che propone nuove e severe sanzioni per le relazioni tra persone dello stesso sesso. Al termine di una sessione molto movimentata e caotica, la speaker del Parlamento Annet Anita Among, dopo il voto finale ha detto: “È stata approvata a tempo record”. La legge, che passa ora nelle mani del presidente Yoweri Museveni, che potrà scegliere se porre il veto o firmarla, propone nuove e molto dure sanzioni per le relazioni omosessuali in un Paese in cui l’omosessualità è già illegale.

La versione finale non è ancora stata pubblicata ufficialmente, ma gli elementi discussi in Parlamento includono che una persona condannata per adescamento o traffico di bambini allo scopo di coinvolgerli in attività omosessuali, rischia l’ergastolo; individui o istituzioni che sostengono o finanziano attività o organizzazioni per i diritti Lgbt, oppure pubblicano, trasmettono e distribuiscono materiale mediatico e testuale a favore degli omosessuali, rischiano di essere perseguiti e incarcerati. 

“Questa proposta di legge – ha detto Asuman Basalirwa, membro del Parlamento che l’ha presentata – è stata concepita per proteggere la nostra cultura, i valori legali, religiosi e familiari tradizionali degli ugandesi e gli atti che possono promuovere la promiscuità sessuale in questo Paese”. Il parlamentare ha poi aggiunto: “Mira anche a proteggere i nostri bambini e giovani che sono resi vulnerabili agli abusi sessuali attraverso l’omosessualità e gli atti correlati”.

Secondo la legge amici, familiari e membri della comunità avrebbero il dovere di denunciare alle autorità le persone omosessuali. Nello stesso disegno di legge, tra l’altro, si introduce la pena di morte per chi abusa dei bambini o delle persone vulnerabili. 

#lucenews #lucelanazione #uganda #lgbtrights
  • Un’altra pagina di storia del calcio femminile è stata scritta. Non tanto per il risultato della partita ma per il record di spettatori presenti. All’Olimpico di Roma andava in scena il match di andata dei quarti di finale di Champions League tra Roma e Barcellona quando si è stabilito un nuovo record: sono state 39.454 infatti le persone che hanno incoraggiato le ragazze fin dal primo minuto superando il precedente di 39.027 stabilito in Juventus-Fiorentina del 24 marzo 2019.

Era l’andata dei quarti di finale che la Roma ha raggiunto alla sua prima partecipazione alla Champions League, ottenuta grazie al secondo posto nell’ultimo campionato. Il Barcellona, campione di Spagna e d’Europa due anni fa, era favorito e in campo lo ha dimostrato, soprattutto nel primo tempo, riuscendo a vincere 1-0. La squadra di casa è stata tenuta a galla dalle parate di Ceasar, migliore in campo, ma ha provato a impensierire la corazzata spagnola nella ripresa dove più a volte ha sfiorato la rete con le conclusioni di Haavi, Giacinti e Giugliano, il primo “numero 10” a giocare all’Olimpico per la Roma dopo il ritiro di Francesco Totti.

✍ Edoardo Martini

#lucenews #lucelanazione #calciofemminile #championsleague
Aspirando le "c" al telefono tradisce un accento fiorentino, ma Anna è in realtà polacca, è sposata da 17 anni con un uomo italiano, ha due figli e senza edulcorazioni racconta a Luce! (chiedendoci di non identificarla ulteriormente) cosa significa essere una mamma in Italia al tempo del Covid-19: "Ho due figli: quella più grande ha 16 anni e quello più piccolo 13. Faccio le pulizie nelle case degli altri, la mamma, la casalinga nella mia e corro sempre: anche per rilassarmi". Anna, ce lo dica chiaramente: chi fa il bucato in casa?  "(ride) Ovviamente io, aveva dubbi?". Suo marito non le dà mai una mano con le faccende?  "No, lui va a lavoro, magari a fare la spesa, ma della casa me ne devo occupare io".
La serie Motherhood Illustrations di Nathalie Jomard
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Anche lei lavora però... "Sì, faccio le pulizie a Firenze perché con un unico stipendio non potremmo andare avanti. Ma il mio lavoro è sia in casa che fuori: oltre alle pulizie a domicilio, sono una mamma e una casalinga a tempo pieno. Insomma, diciamo che per lo più corro. Corro sempre". Ci racconti una sua giornata tipo  "Mi alzo e faccio alzare i ragazzi. In tempi normali la più grande prende l'autobus presto, alle 6:55, perché per arrivare a scuola ne deve prendere tre. Una volta che lei è uscita, faccio colazione al più piccolo, gli faccio prendere le medicine e poi lo accompagno a scuola in auto. A quel punto vado a lavoro. Poi, verso mezzogiorno e mezzo torno verso casa: faccio la spesa, i letti, do l'aspirapolvere, mi occupo delle faccende basilari per tenere più o meno a posto la casa. Poi preparo il pranzo, vado a prenderlo a scuola e alle 15 esco di nuovo per andare a lavoro e rientro anche verso le 19:30. Preparo la cena, mangiamo e..." ...e? "E basta. Alle dieci e mezzo la sera sono già cotta e dopo tutto questo correre finalmente mi fermo: almeno fisicamente". L'Italia ha un problema di denatalità: ogni tot qualcuno tira su un'ipotesi: i giovani non fanno più figli perché sono individualisti oppure nichilisti, perché economicamente instabili, perché il Paese non offre reali sostegni: tante teorie, ma di misure ben poche. Secondo lei qual è il motivo?  "Non lo so. Ieri a mia mamma ho detto: 'Oggigiorno non so se rifarei dei figli'. Mi sono sorpresa a pensarlo, ma è la verità e va detta. Non biasimo i giovani: essere genitori è davvero difficile. Ed essere mamme ancora di più, perché non c'è nessuno disposto a darti una mano. Gli asili nido costano tantissimo, mancano sostegni, appoggi. Io sono fortunata perché con il mio lavoro posso permettermi degli orari flessibili: in alternativa, non saprei davvero come fare".
Dalla serie "Motherhood Illustrations" di Nathalie Jomard
Dalla serie Motherhood Illustrations di Nathalie Jomard
I suoi figli non sono ancora del tutto automoni  "No, soprattutto il più piccolo perché ha un'epilessia e ha la 104. Non prende l'autobus da solo, è ancora un po' indietro rispetto ai ragazzi della sua età. Ammetto di essere molto apprensiva, ho tanta paura: è stato bullizzato nei tre anni delle medie e adesso è seguito da uno psicologo. Anche questo è un dramma per me: non riuscire mai ad avere la mente libera, a staccare, perché in continuazione mi si accavallano problemi, incertezze, paure per il suo bene e il suo futuro". La situazione con il Covid-19 è peggiorata?  "È diventata bestiale. Mio figlio per i compiti dev'essere seguito da persone esterne, che devono essere pagate, perché con noi non sarebbe altrettanto produttivo. Con il Covid tutto questo è diventato un casino. Lui sta in Dad fino alle 14 e poi inizia a fare i compiti a distanza. Conclusione? Sta sempre al telefonino. Ed è davvero faticoso" Perché?  "Devo aiutarlo io: una volta a mandare una foto, un'altra a cercare di risolvere problemi tecnici, di connessione, di coordinamento con scuola o con la ragazza che lo aiuta. Non ho neanche le competenze per aiutarlo, ma alla fine sono io che devo seguirlo e, come tutte le mamme, ho imparato a farlo, ad arrangiarmi per sopravvivere". I suoi figli sono entrambi in Dad? "Sì, perché tutti noi, tranne mio marito, siamo positivi e - ripeto - la situazione in casa è bestiale. Uno dei miei figli è chiuso nella sua camera, l'altra sta nel salotto e io non posso muovermi finché loro non hanno finito con le lezioni a scuola. Non posso fare niente: in cucina non posso andare perché ne disturbo uno, le camere non posso sistemarle perché ne disturbo un altro. La casa è piccola e io sto chiusa in una stanza e aspetto che finiscano per iniziare a pulire". Come avete gestito il contagio in casa?  "Sono stata in quarantena preventiva per tre-quattro giorni, chiusa in camera mia, poi sono uscita perché in casa eravamo tutti positivi, tranne mio marito che fortunatamente non lo ha preso". E mentre lei era chiusa in camera chi si occupava di fare la cena e delle faccende?  "Mio marito, che qualcosina ha fatto anche perché anche lui i primi giorni era in casa, in quarantena preventiva. Adesso invece è tornato a lavoro e io e i miei figli siamo sempre chiusi qui, in attesa di un tampone negativo". Quindi, seppur positiva al Covid, le faccende toccano di nuovo a lei "È proprio così: contro le faccende di casa non ci sono sintomi, reclusioni o indicazioni del medico che tengano. Oltre che della casa, mi devo occupare dei miei figli che, anche se sono grandi, rimangono sempre dei ragazzi. E non mi aiutano un granché".
La serie Motherhood Illustrations di Nathalie Jomard
La serie Motherhood Illustrations di Nathalie Jomard
Neanche quella più grande? Non gliela chiede una mano oppure si rifiutano di aiutarla? "Se chiedo qualcosa la fanno, ma non volentieri. Adesso che mi fa male la schiena, un po' mi aiutano, ma altrimenti quasi mai. E non esagero". Una mamma a lungo andare rischia di lasciare da parte il suo essere donna?  "(ride) questo è sicuro" Anna riesce a ritagliarsi degli spazi solo per lei nella frenesia della routine quotidiana?  "Farà ridere, ma è quando corro..non sulle giornate, ma sul mio tapis roulant".

Mamme di tutto il mondo, scriveteci!

Con la sua voce ferma e pacata di chi sa che per essere mamma ciò che più conta è l'organizzazione, e non il cuore e basta come vorrebbe qualcuno, Anna - contro la retorica delle eroine a tutti i costi - ci ha raccontato che essere mamma non è il massimo, ma molto più spesso è "bestiale, faticoso, un casino". Alle donne che come lei "tengono insieme tutto" senza farne un vanto, ma denunciando, non possiamo che dire grazie. Alle altre, invece, ci raccomandiamo: scriveteci a redazione@luce.news.it. Basta un vocale, qualche riga, una foto per raccontare che cosa significa essere mamma oggi.              
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