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Pietro Turano: "Il coming out con la mia famiglia è stato duro. L'omofobia? Ancora oggi mi insultano"

L'attore di "Skam" e già autore del podcast "Eclissi Talk", il 10 ottobre promuove un dibattito al Roma Europa Festival. "Esistono punti in comune che legano tutte le forme di discriminazione"

di LUDOVICA CRISCITIELLO -
8 ottobre 2022
L'attore romano Pietro Turano

L'attore romano Pietro Turano

"Non tornare a casa". È stata la frase che Riccardo si è sentito dire da sua madre dopo aver fatto coming out. Lui come Orfeo, Luce, Fabiano, Emma e Gioia sono i protagonisti di “Eclissi Talk”, ciclo di podcast (disponibile su Spotify, Apple Podcast, Google Podcast, Spreaker, Deezer) ideato nell’aprile 2021 da Pietro Turano, attore tra i protagonisti della serie su Netflix “Skam” e portavoce di Gay Center. “Passare dall’ombra alla luce per dare finalmente voce a se stessi, all’essere omosessuale, per riscattarsi andando oltre l’emarginazione. Un po’ come un’eclissi” spiega Turano che il 10 ottobre andrà oltre il podcast con un dibattito sul palco del Roma Europa Festival insieme a Michela Murgia e ad altri ospiti. Sul palco con lui ci saranno due dei sei protagonisti di “Eclissi Talk”.
 
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  Storie di autodeterminazione e rivincita di persone di età e universi apparentemente distanti, ma che allo stesso modo sono state imprigionate nel cono d’ombra soffrendo per l’intolleranza e l’incomprensione del mondo che le circonda. “Questa nuova formula del talk del 10 ottobre fa parte di un’idea del podcast che non si deve fermare a quello, ma che rappresenti uno spunto per riflettere anche offline”. Un appuntamento simbolico perché anticipa di un giorno il “Coming out day” e si svolge in contemporanea con la tre giorni di LineUp!, rassegna musicale che unisce i nomi femminili più interessanti del pop e dell’urban con uno sguardo particolare rivolto ai temi dell’inclusività e alla parità di genere.
Pietro Turano, attore e attivista della comunità Lgbt+ (Instagram)

Pietro Turano, attore e attivista della comunità Lgbt+ (Instagram)

Come ha incontrato i protagonisti del podcast? "Vengo da un’esperienza di attivismo da quando avevo 15 anni nell’associazione Gay center che mi ha permesso di conoscere tante persone. E ho avuto modo di vedere come le loro storie si siano evolute attraverso un riscatto. Il progetto d’altronde nasce proprio per il desiderio di raccontare non solo storie tragiche e fini a loro stesse, ma proprio il momento del riscatto personale. Altri però sono arrivati con una call aperta online perché volevo andare oltre i limiti geografici del mio lavoro". Cosa l’ha colpita di queste storie per scegliere proprio loro? "Il principio è stato quello di raccontare esperienze che fossero tutte diverse perché volevo restituire, con soli sei episodi, uno spettro più ampio possibile e perché l’obiettivo era quello di far capire che esistono punti in comune che legano tutte le forme di discriminazione. Non solo. Abbiamo visto che in molti casi fattori discriminatori e risolutivi si scambiano e si sovrappongono. Per esempio per alcuni la famiglia ha rappresentato una gabbia, per altri un’isola felice".
 
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  Si è ritrovato in qualcuno di loro? "Di punti in comune ne ho trovati con tutti perché quando ti riconosci o vieni riconosciuto come 'portatore di minoranza' esistono dei paradigmi che viviamo allo stesso modo e che poi sono i ruoli che siamo chiamati a performare nella società. Però poi ho avuto la fortuna di crescere in una famiglia accogliente, in una parte di Roma che mi offriva possibilità di cambiare quando ho avuto problemi. A differenza di chi per esempio vive in provincia". Un episodio che l’ha fatta soffrire? "Il coming out con la mia famiglia è stato comunque duro. I miei, pur non essendo omofobi, hanno avuto una reazione di choc totale quando gliel’ho detto. Non sapevano come comportarsi con me e quando ho visto questa reazione mi sono sentito morire. È il senso della solitudine che ti ferisce soprattutto quando sei più piccolo perché ti senti l’unico al mondo che non può parlare con nessuno".
L'attore romano Pietro Turano durante il Gay Pride a Viterbo a luglio scorso (Instagram)

L'attore romano Pietro Turano durante il Gay Pride a Viterbo a luglio scorso (Instagram)

E, quindi, così nasce il suo attivismo? "Mi è capitato dopo un episodio di omofobia. Ero già dichiarato quindi in una condizione di privilegio rispetto ad altri. Mi ero candidato come rappresentante di istituto e una mattina ho trovato una scritta sul muro che diceva 'Frocio dimettiti'. Iniziando a parlarne in giro mi sono reso conto che non c’erano altri ragazzi della mia età con cui potermi confrontare. E i pochi che c’erano ancora si nascondevano. E allora mi sono detto che dovevo iniziare io a darmi da fare. Ed ecco che ho iniziato a costruire una piccola comunità di giovani su Roma nell’ambito del Gay Center". Da allora a oggi le è mai più capitato di subire episodi di intolleranza? “Non mi sono successe cose eclatanti ma più che altri ho subito micro aggressioni e micro discriminazioni che sono quelle che vivono tutte le persone Lgbtqi+. Nella città del mio compagno per esempio mi hanno fermato dei fan per farsi scattare una foto. E quando mi sono allontanato mi hanno urlato: 'Frocio'. Oppure spesso quando andiamo in albergo, nonostante io specifichi sempre che sono in coppia, troviamo sempre nella stanza due letti singoli. È una conferma di come è pensata la società. Si parte dal presupposto che non esisti e devi sempre essere tu a ricordare che ci sono delle diversità e che il mondo sia più complesso di così”.
L'attore romano Pietro Turano sul palco del Gay Pride di Milano 2022 (Instagram)

L'attore romano Pietro Turano sul palco del Gay Pride di Milano 2022 (Instagram)

Quanto è stata d’impatto “Skam”? L’ultima in particolare poi affronta un vero e proprio tabù, di cui si parla poco, che è quello della dimensione del pene che può diventare causa di forte stress per un ragazzo. “In realtà, al di là di chi vive una condizione clinicamente importante come quella del protagonista, la maggioranza dei ragazzi passa un pezzo dell’adolescenza a sentirsi inadeguato per vari motivi perché gli standard sono così alti e performativi che possono colpire chiunque. Ma c’è un altro aspetto da tenere in considerazione. Per la prima volta il maschilismo, i ruoli di genere, il patriarcato e il suo sistema di valori viene guardato dal punto di vista di un uomo che non è riconosciuto degno di portare quel ruolo”.
 
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  Cosa c’è di diverso tra lei e Filippo e cosa c’è di lei in questo personaggio? “Più che mettermi nei panni di un personaggio, è il personaggio che deve entrare nei miei panni. In qualche maniera è sempre una comunione, uno scambio, quindi sicuramente c’è tanto di me. Ma questo grazie al fatto che quella di 'Skam' è una squadra che permette grande dialogo e grande libertà. C’è lo spazio per improvvisare. Dopodiché Filippo è meno timido, più capace di leggerezza. Invece per quanto mi riguarda, quando le mie oscurità prendono il sopravvento non reagisco proprio come lui”. Le è capitato di ricevere richieste di aiuto? “Continuamente, il bello è di essere attivista e del mio ruolo di attore è che posso fare la differenza. L’impegno e l’esistenza delle associazioni hanno trovato sui miei canali una visibilità utile. Ma le richieste di aiuto mi arrivano in ogni momento della mia vita. Pochi giorni fa ero a Bangkok e ho incontrato una coppia di ragazzi gay russi fuggiti dal loro Paese. Mi sono fatto dare i loro contatti per aiutarli ad avere un visto in Europa”.