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Home » HP Blocco Grande » Quarant’anni e di nuovo a casa dai genitori: l’inversione di rotta post-pandemia dei giovani adulti

Quarant’anni e di nuovo a casa dai genitori: l’inversione di rotta post-pandemia dei giovani adulti

Due anni di emergenza sanitaria hanno lasciato profondi segni nella società italiana, in particolare pregiudicando i percorsi di autonomia dei trenta-quarantenni, spesso costretti a un ritorno alle origini forzato

Domenico Guarino
30 Maggio 2022
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Che il coronavirus abbia messo in ginocchio le generazioni più giovani è un fatto risaputo a livello globale. Secondo la società immobiliare Zillow, negli Stati Uniti sono 2,7 milioni i giovani adulti che sono tornati a vivere con i genitori o i nonni solo tra marzo e aprile del 2020 (ultimi dati disponibili), per un totale di 32 milioni di persone. In Italia, le statistiche lasciano intuire che il trend non sia molto diverso. Secondo un recente rapporto di Nomisma, all’uscita dal lockdown del 2020, 1 trentenne su 5 denunciava il deterioramento della propria situazione occupazionale, e il 44% degli under 40 era in difficoltà ad affrontare almeno tre voci di spesa (bollette, canone di affitto, rate dei finanziamenti). In totale, rileva Nomisma, sono oltre 3 milioni gli italiani che durante il lockdown hanno gestito con tribolazione le finanze familiari. L’affitto è il tasto più dolente: a inizio maggio un terzo dei locatari, il 33%, si dichiarava in difficoltà per il pagamento del canone mensile. E il 40% ha persino dovuto ridimensionare la spesa alimentare.

giovani adulti difficoltà futuro
La pandemia e i due anni appena trascorsi hanno messo in seria difficoltà i 30/40enni e i loro percorsi di autonomia

Un futuro a rischio

Secondo i dati dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo, oltre il 55% dei trentenni ha dichiarato di sentirsi più a rischio per il lavoro rispetto a prima della crisi, e oltre il 60% dice di vedere pregiudicati i propri piani per il futuro. Considerando che già a fine 2018 ben il 70% degli under 30 erano tornati ad abitare a casa con i genitori (erano 7 milioni i giovani che in quell’anno vivevano ancora in famiglia, secondo i dati Istat), è probabile che con l’avvento del coronavirus questi numeri siano cresciuti ancora di più. E lo scarto rispetto ad altri Paesi, per esempio rispetto ai giovani tedeschi, arriva fino a 20 punti percentuali. In queste condizioni, per i giovani adulti le strade sono segnate: o si emigra all’estero, oppure, si torna a vivere nella propria cameretta, da mamma e papà.

vivere-con-i-genitori
Per molti 40enni vivere coi genitori non è una scelta bensì una necessità per far fronte a una situazione economica problematica

“La pandemia ha colpito un’Italia già in difficoltà, ma soprattutto si è abbattuta su una generazione che per larga misura dipendeva economicamente dai genitori anche prima. E questo vale non solamente per gli under 25 ma anche per i 30-34enni, la fascia in cui uno dovrebbe essere già indipendente dalla famiglia di origine e impegnato nella realizzazione dei propri progetti di vita”, spiega a Linkiesta Alessandro Rosina, demografo dell’Università Cattolica di Milano e coordinatore scientifico dell’Osservatorio Giovani. “Da quelli che non avevano una posizione solida e si sono trovati a non avere più un’autonomia economica, quelli che avevano lavoro ma non avevano ancora formato un proprio progetto di vita, a quelli che sono tornati nel luogo di origine utilizzando le forme dello smart working, tutte queste condizioni hanno avuto come risposta un annullamento rispetto all’autonomia che stavano conquistando”, puntualizza Rosina.

Ma cosa comporta il fatto di ritornare a vivere nella propria cameretta? “Psicologicamente, il fatto di tornare a casa e di rimettersi i panni del figlio, anziché in quelli di pieno cittadino, rischia di portare ad un adattamento al ribasso delle proprie ambizioni, depotenziando le energie e la voglia di conquistare determinati obiettivi. L’impatto della crisi sanitaria ha dimostrato l’incapacità del Paese di saper difendere gli strumenti che consentono ai giovani di conquistarsi un’autonomia” conclude il il demografo.

I dati

I dati non lasciano spazio a dubbi: secondo il rapporto Eurispes, che fotografa la realtà degli italiani, negli ultimi dodici mesi per il 59,1% dei nostri connazionali la situazione economica generale del Paese è peggiorata, e per il 47% continuerà a peggiorare nel prossimo anno. Quasi la metà delle famiglie (45,3%) è costretta ad usare i risparmi per arrivare a fine mese, anche perché per il 39,4% dei nuclei familiari  la condizione finanziaria è peggiorata, mentre solo in pochi hanno riscontrato miglioramenti (12,3%). Se la possibilità di risparmiare è diminuita (22,9%, con un meno 4,7%) aumenta invece anche la difficoltà a pagare la rata del mutuo (43%; +4,8%).

giovani-caro-bollette
I giovani e le nuove famiglie sono alle prese con il caro bollette, con gli affitti e con tutte le spese aumentate a causa della pandemia

Circa una famiglia su quattro affronta inoltre con fatica le spese mediche (24,5%), e il pagamento delle utenze di gas, luce ecc. (34,4%, +7,4% sul 2021). Il 35,7% (+7,2% rispetto alo scorso anno) ha chiesto un sostegno finanziario alla propria famiglia oppure si è rivolto ad amici, colleghi o altri parenti (18,2%, +3,1%); ha chiesto un prestito bancario il 18% (+2,9%), mentre è molto più diffuso il ricorso alla rateizzazione dei pagamenti per effettuare acquisti, utilizzata da circa un italiano su tre (33,6%). L’11,1% del campione, non potendo accedere a finanziamenti bancari, ha richiesto prestiti a privati (non parenti o amici), pratica che spesso si traduce in forme di usura.
Ma soprattutto, ben il 14,4% ha dovuto vendere o ha perso dei beni (casa, attività, automobile, ecc.) e il 12,9% è tornato a vivere in casa con la famiglia di origine o con i suoceri (+2,9%). Una tendenza non nuova ma che si è accentuata negli ultimi due anni. E che, per il bene di tutti ma soprattutto per garantire un futuro alle prossime generazioni, deve tornare a invertire la sua marcia.

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  • Numerosi attori e musicisti di alto profilo si sono recati in Ucraina da quando è scoppiata la guerra con la Russia nel febbraio 2022. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’attore britannico Orlando Bloom, che ieri ha visitato un centro per bambini e ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev.

“Non mi sarei mai aspettato che la guerra si sarebbe intensificata in tutto il Paese da quando sono stato lì”, ha detto Bloom su Instagram, “Ma oggi ho avuto la fortuna di ascoltare le risate dei bambini in un centro del programma Spilno sostenuto dall’Unicef, uno spazio sicuro, caldo e accogliente dove i bambini possono giocare, imparare e ricevere supporto psicosociale”.

Bloom è un ambasciatore di buona volontà per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef). Il centro di Splino, che è uno dei tanti in Ucraina, offre sostegno ai bambini sfollati e alle loro famiglie, con più di mezzo milione di bambini che ne hanno visitato uno nell’ultimo anno.

La star hollywoodiana ha poi incontrato il presidente Zelensky, con cui ha trattato temi tra cui il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, la creazione di rifugi antiatomici negli istituti scolastici e il supporto tecnico per l’apprendimento a distanza nelle aree in cui è impossibile studiare offline a causa della guerra. L’attore britannico aveva scritto ieri su Instagram, al suo arrivo a Kiev, che i «bambini in Ucraina hanno bisogno di riavere la loro infanzia».

#lucelanazione #lucenews #zelensky #orlandobloom
  • “La vita che stavo conducendo mi rendeva particolarmente infelice e se all’inizio ero entrata in terapia perché volevo accettare il fatto che mi dovessi nascondere, ho avuto poi un’evoluzione e questo percorso è diventato di accettazione di me stessa."

✨Un sorriso contagioso, la spensieratezza dei vent’anni e la bellezza di chi si piace e non può che riflettere quella luce anche al di fuori. La si potrebbe definire una Mulan nostrana Carlotta Bertotti, 23 anni, una ragazza torinese come tante, salvo che ha qualcosa di speciale. E non stiamo parlano del Nevo di Ota che occupa metà del suo volto. Ecco però spiegato un primo punto di contatto con Mulan: l’Oriente, dove è più diffusa (insieme all’Africa) quell’alterazione di natura benigna della pigmentazione della cute intorno alla zona degli occhi (spesso anche la sclera si presenta scura). Quella che appare come una chiazza grigio-bluastra su un lato del volto (rarissimi i casi bilaterali), colpisce prevalentemente persone di sesso femminile e le etnie asiatiche (1 su 200 persone in Giappone), può essere presente alla nascita o apparire durante la pubertà. E come la principessa Disney “fin da piccola ho sempre sentito la pressione di dover salvare tutto, ma forse in realtà dovevo solo salvare me stessa. Però non mi piace stare troppo alle regole, sono ribelle come lei”.

🗣Cosa diresti a una ragazza che ha una macchia come la tua e ti chiede come riuscire a conviverci?�
“Che sono profondamente fiera della persona che vedo riflessa allo specchio tutto i giorni e sono arrivata a questa fierezza dopo che ho scoperto e ho accettato tutti i miei lati, sia positivi che negativi. È molto autoreferenziale, quindi invece se dovessi dare un consiglio è quello che alla fine della fiera il giudizio altrui è momentaneo e tutto passa. L’unica persona che resta e con cui devi convivere tutta la vita sei tu, quindi le vere battaglie sono quelle con te stessa, quelle che vale la pena combattere”.

L’intervista a cura di Marianna Grazi �✍ 𝘓𝘪𝘯𝘬 𝘪𝘯 𝘣𝘪𝘰

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  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

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  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia
Che il coronavirus abbia messo in ginocchio le generazioni più giovani è un fatto risaputo a livello globale. Secondo la società immobiliare Zillow, negli Stati Uniti sono 2,7 milioni i giovani adulti che sono tornati a vivere con i genitori o i nonni solo tra marzo e aprile del 2020 (ultimi dati disponibili), per un totale di 32 milioni di persone. In Italia, le statistiche lasciano intuire che il trend non sia molto diverso. Secondo un recente rapporto di Nomisma, all’uscita dal lockdown del 2020, 1 trentenne su 5 denunciava il deterioramento della propria situazione occupazionale, e il 44% degli under 40 era in difficoltà ad affrontare almeno tre voci di spesa (bollette, canone di affitto, rate dei finanziamenti). In totale, rileva Nomisma, sono oltre 3 milioni gli italiani che durante il lockdown hanno gestito con tribolazione le finanze familiari. L’affitto è il tasto più dolente: a inizio maggio un terzo dei locatari, il 33%, si dichiarava in difficoltà per il pagamento del canone mensile. E il 40% ha persino dovuto ridimensionare la spesa alimentare.
giovani adulti difficoltà futuro
La pandemia e i due anni appena trascorsi hanno messo in seria difficoltà i 30/40enni e i loro percorsi di autonomia

Un futuro a rischio

Secondo i dati dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo, oltre il 55% dei trentenni ha dichiarato di sentirsi più a rischio per il lavoro rispetto a prima della crisi, e oltre il 60% dice di vedere pregiudicati i propri piani per il futuro. Considerando che già a fine 2018 ben il 70% degli under 30 erano tornati ad abitare a casa con i genitori (erano 7 milioni i giovani che in quell’anno vivevano ancora in famiglia, secondo i dati Istat), è probabile che con l’avvento del coronavirus questi numeri siano cresciuti ancora di più. E lo scarto rispetto ad altri Paesi, per esempio rispetto ai giovani tedeschi, arriva fino a 20 punti percentuali. In queste condizioni, per i giovani adulti le strade sono segnate: o si emigra all’estero, oppure, si torna a vivere nella propria cameretta, da mamma e papà.
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Per molti 40enni vivere coi genitori non è una scelta bensì una necessità per far fronte a una situazione economica problematica
"La pandemia ha colpito un’Italia già in difficoltà, ma soprattutto si è abbattuta su una generazione che per larga misura dipendeva economicamente dai genitori anche prima. E questo vale non solamente per gli under 25 ma anche per i 30-34enni, la fascia in cui uno dovrebbe essere già indipendente dalla famiglia di origine e impegnato nella realizzazione dei propri progetti di vita", spiega a Linkiesta Alessandro Rosina, demografo dell’Università Cattolica di Milano e coordinatore scientifico dell’Osservatorio Giovani. "Da quelli che non avevano una posizione solida e si sono trovati a non avere più un’autonomia economica, quelli che avevano lavoro ma non avevano ancora formato un proprio progetto di vita, a quelli che sono tornati nel luogo di origine utilizzando le forme dello smart working, tutte queste condizioni hanno avuto come risposta un annullamento rispetto all’autonomia che stavano conquistando", puntualizza Rosina. Ma cosa comporta il fatto di ritornare a vivere nella propria cameretta? "Psicologicamente, il fatto di tornare a casa e di rimettersi i panni del figlio, anziché in quelli di pieno cittadino, rischia di portare ad un adattamento al ribasso delle proprie ambizioni, depotenziando le energie e la voglia di conquistare determinati obiettivi. L’impatto della crisi sanitaria ha dimostrato l’incapacità del Paese di saper difendere gli strumenti che consentono ai giovani di conquistarsi un’autonomia" conclude il il demografo.

I dati

I dati non lasciano spazio a dubbi: secondo il rapporto Eurispes, che fotografa la realtà degli italiani, negli ultimi dodici mesi per il 59,1% dei nostri connazionali la situazione economica generale del Paese è peggiorata, e per il 47% continuerà a peggiorare nel prossimo anno. Quasi la metà delle famiglie (45,3%) è costretta ad usare i risparmi per arrivare a fine mese, anche perché per il 39,4% dei nuclei familiari  la condizione finanziaria è peggiorata, mentre solo in pochi hanno riscontrato miglioramenti (12,3%). Se la possibilità di risparmiare è diminuita (22,9%, con un meno 4,7%) aumenta invece anche la difficoltà a pagare la rata del mutuo (43%; +4,8%).
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I giovani e le nuove famiglie sono alle prese con il caro bollette, con gli affitti e con tutte le spese aumentate a causa della pandemia
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