Che il coronavirus abbia messo in ginocchio le generazioni più giovani è un fatto risaputo a livello globale. Secondo la società immobiliare Zillow, negli
Stati Uniti sono
2,7 milioni i giovani adulti che sono tornati a vivere con i genitori o i nonni solo tra marzo e aprile del 2020 (ultimi dati disponibili), per un totale di 32 milioni di persone. In Italia, le statistiche lasciano intuire che il trend non sia molto diverso. Secondo un recente rapporto di Nomisma, all’uscita dal lockdown del 2020,
1 trentenne su 5 denunciava il
deterioramento della propria situazione occupazionale, e il 44% degli under 40 era in difficoltà ad affrontare almeno tre voci di spesa (bollette, canone di affitto, rate dei finanziamenti). In totale, rileva Nomisma, sono oltre
3 milioni gli italiani che durante il lockdown hanno gestito con tribolazione le finanze familiari.
L’affitto è il tasto più dolente: a inizio maggio un terzo dei locatari, il 33%, si dichiarava in difficoltà per il pagamento del canone mensile. E il 40% ha persino dovuto ridimensionare la spesa alimentare.
La pandemia e i due anni appena trascorsi hanno messo in seria difficoltà i 30/40enni e i loro percorsi di autonomia
Un futuro a rischio
Secondo i dati dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo, oltre il 55% dei trentenni ha dichiarato di sentirsi più a rischio per il lavoro rispetto a prima della crisi, e oltre il
60% dice di vedere pregiudicati i propri piani per il futuro. Considerando che già a fine 2018 ben il 70% degli under 30 erano tornati ad abitare a casa con i genitori (erano 7 milioni i giovani che in quell’anno vivevano ancora in famiglia, secondo i dati Istat), è probabile che con l’avvento del coronavirus questi numeri siano cresciuti ancora di più. E lo scarto rispetto ad altri Paesi, per esempio rispetto ai giovani tedeschi, arriva fino a 20 punti percentuali. In queste condizioni, per i giovani adulti le strade sono segnate:
o si emigra all’estero, oppure,
si torna a vivere nella propria cameretta, da mamma e papà.
Per molti 40enni vivere coi genitori non è una scelta bensì una necessità per far fronte a una situazione economica problematica
"La pandemia ha colpito un’Italia già in difficoltà, ma soprattutto si è abbattuta su una
generazione che per larga misura
dipendeva economicamente dai genitori anche prima. E questo vale non solamente per gli under 25 ma anche per i 30-34enni, la fascia in cui uno dovrebbe essere già indipendente dalla famiglia di origine e impegnato nella realizzazione dei propri progetti di vita", spiega a Linkiesta
Alessandro Rosina, demografo dell’Università Cattolica di Milano e coordinatore scientifico dell’Osservatorio Giovani. "Da quelli che non avevano una posizione solida e si sono trovati a
non avere più un’autonomia economica, quelli che avevano lavoro ma non avevano ancora formato un proprio progetto di vita, a quelli che sono tornati nel luogo di origine utilizzando le forme dello
smart working, tutte queste condizioni hanno avuto come risposta un
annullamento rispetto all’autonomia che stavano conquistando", puntualizza Rosina. Ma cosa comporta il fatto di ritornare a vivere nella propria cameretta? "
Psicologicamente, il fatto di tornare a casa e di rimettersi i panni del figlio, anziché in quelli di pieno cittadino, rischia di portare ad
un adattamento al ribasso delle proprie ambizioni, depotenziando le energie e la voglia di conquistare determinati obiettivi. L’impatto della crisi sanitaria ha dimostrato l’incapacità del Paese di saper difendere gli strumenti che consentono ai giovani di conquistarsi un’autonomia" conclude il il demografo.
I dati
I dati non lasciano spazio a dubbi: secondo il rapporto
Eurispes, che fotografa la realtà degli italiani, negli ultimi dodici mesi per il
59,1% dei nostri connazionali la
situazione economica generale del Paese è
peggiorata, e per il 47% continuerà a peggiorare nel prossimo anno. Quasi la metà delle famiglie (45,3%) è costretta ad
usare i risparmi per arrivare a fine mese, anche perché per il 39,4% dei nuclei familiari la condizione finanziaria è peggiorata, mentre solo in pochi hanno riscontrato miglioramenti (12,3%). Se la possibilità di risparmiare è diminuita (22,9%, con un meno 4,7%) aumenta invece anche la difficoltà a pagare la rata del mutuo (43%; +4,8%).
I giovani e le nuove famiglie sono alle prese con il caro bollette, con gli affitti e con tutte le spese aumentate a causa della pandemia
Circa una famiglia su quattro affronta inoltre con fatica
le spese mediche (24,5%), e il pagamento delle
utenze di gas, luce ecc. (34,4%, +7,4% sul 2021). Il 35,7% (+7,2% rispetto alo scorso anno) ha
chiesto un sostegno finanziario alla propria famiglia oppure si è rivolto ad amici, colleghi o altri parenti (18,2%, +3,1%); ha chiesto un
prestito bancario il 18% (+2,9%), mentre è molto più diffuso il ricorso alla
rateizzazione dei pagamenti per effettuare acquisti, utilizzata da circa un italiano su tre (33,6%). L'11,1% del campione, non potendo accedere a finanziamenti bancari, ha richiesto prestiti a privati (non parenti o amici), pratica che spesso si traduce in forme di
usura. Ma soprattutto, ben il
14,4% ha dovuto vendere o ha perso dei beni (casa, attività, automobile, ecc.) e il
12,9% è tornato a vivere in casa con la famiglia di origine o con i suoceri (+2,9%). Una tendenza non nuova ma che si è accentuata negli ultimi due anni. E che, per il bene di tutti ma soprattutto per garantire un futuro alle prossime generazioni, deve tornare a invertire la sua marcia.