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Home » HP Trio » Aborto in Italia, Associazione Coscioni: “Tutti i ginecologi di molti ospedali sono obiettori di coscienza”

Aborto in Italia, Associazione Coscioni: “Tutti i ginecologi di molti ospedali sono obiettori di coscienza”

In una lettera aperta inviata ai ministri Speranza e Cartabia viene chiesto di "porre fine alla violazione in corso dei diritti fondamentali delle persone che necessitano di accedere all'interruzione volontaria di gravidanza"

Remy Morandi
17 Maggio 2022
ginecologi obiettori di coscienza italia

ginecologi obiettori di coscienza italia

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Mentre gli Stati Uniti fanno passi avanti (indietro) per procedere all’abolizione del diritto all’aborto, in Italia la situazione non sembra tanto più felice. Secondo un’indagine condotta dall’Associazione Luca Coscioni, tutti i ginecologi di molti ospedali italiani sono obiettori di coscienza. Per questo motivo e “per porre fine alla violazione in corso dei diritti fondamentali delle persone che necessitano di accedere all’interruzione volontaria di gravidanza“, l’associazione ha inviato una lettera aperta al ministro della Salute Roberto Speranza e alla ministra della Giustizia Marta Cartabia, resa nota oggi in occasione di una conferenza stampa promossa per fare il punto della situazione sulla legge 194 del 1978, a 44 anni dalla sua entrata in vigore.

L’Associazione Luca Coscioni ha denunciato che il 100% dei ginecologi in molti ospedali italiani è obiettore di coscienza (Foto Ansa)

Associazione Coscioni: “Il 100% dei ginecologi in molti ospedali è obiettore di coscienza”

Sono 31 (24 ospedali e 7 consultori) le strutture sanitarie in Italia con il 100% di obiettori di coscienza per medici ginecologi, anestesisti, infermieri o OSS. Quasi 50 quelli con una percentuale superiore al 90% e oltre 80 quelli con un tasso di obiezione superiore all’80%. Sono questi i dati più significativi che emergono dall’indagine ‘Mai Dati!’, condotta su oltre 180 strutture da Chiara Lalli, docente di Storia della Medicina, e Sonia Montegiove, informatica e giornalista, e presentata con l’Associazione Luca Coscioni alla conferenza stampa organizzata alla Camera dei Deputati la mattina di martedì 17 maggio, in occasione dei 44 anni dall’entrata in vigore della legge 194.

“In questi giorni la 194 sulla interruzione volontaria di gravidanza compie 44 anni. Avere un quadro chiaro dello stato di salute di questa legge purtroppo non è facile, proprio perché non abbiamo dati aggiornati e dettagliati”, ha dichiarato Filomena Gallo, avvocato e Segretario Nazionale dell’Associazione Luca Coscioni. “Una cosa è però molto chiara – ha aggiunto -: la legge 194 è ancora mal applicata o addirittura ignorata in molte aree del nostro Paese. Oggi chiediamo con urgenza al ministro della Salute Roberto Speranza e al ministro della Giustizia Marta Cartabia che i dati sull’applicazione della legge 194 siano in formato aperto, di qualità, aggiornati e non aggregati, che si sappia quanti sono i non obiettori che eseguono le interruzioni volontarie di gravidanza e gli operatori che le eseguono dopo il primo trimestre; che tutte le regioni offrano realmente la possibilità di eseguire le interruzioni volontarie di gravidanza farmacologiche in regime ambulatoriale; che venga inerito nei Lea (Livelli essenziali di assistenza, ndr) un indicatore rappresentativo della effettiva possibilità di accedere all’interruzione volontaria di gravidanza in ciascuna regione; e che la relazione ministeriale venga presentata ogni anno nel rispetto dell’articolo 16 della stessa 194″.

Le autrici della ricerca Chiara Lalli e Sonia Montegiove sottolineano che l’indagine ‘Mai Dati!’ “ci dice che la valutazione del numero degli obiettori e dei non obiettori è troppo spesso molto lontana dalla realtà. Dobbiamo infatti sapere, tra i non obiettori, chi esegue realmente le interruzioni volontarie di gravidanza: in alcuni ospedali alcuni non obiettori eseguono solo ecografie oppure ci sono non obiettori che lavorano in ospedali nei quali non esiste il servizio Ivg, e quindi non ne eseguono”.

“La percentuale nazionale di ginecologi non obiettori di coscienza, che secondo la Relazione è del 33%, deve dunque essere ulteriormente ridotta – rimarcano ancora Lalli e Montegiove – perché non tutti i non obiettori eseguono Ivg. Non basta conoscere la percentuale media degli obiettori per regione per sapere se l’accesso all’Ivg è davvero garantito in una determinata struttura sanitaria. Perché ottenere un aborto è un servizio medico e non può essere una caccia al tesoro”.

Un cartellone pro aborto montato a Milano contro i medici obiettori di coscienza (Foto Ansa)

Legge 194 sull’aborto, che cosa dice

La legge 194 del 1978 è quella che ha depenalizzato e disciplinato le modalità di accesso all’aborto in Italia. Oggi nel nostro Paese – così si legge sul sito del ministero della Salute – una donna può richiedere l’interruzione volontaria di gravidanza entro i primi 90 giorni di gestazione per motivi di salute, economici, sociali o familiari. Le procedure da seguire in caso di richiesta di interruzione di gravidanza sono: 1) esame delle possibili soluzioni dei problemi proposti; 2) aiuto alla rimozione delle cause che porterebbero all’interruzione della gravidanza; 3) certificazione; 4) invito a soprassedere per 7 giorni in assenza di urgenza, sia entro che oltre i primi 90 giorni di gravidanza.

In Italia esistono due tecniche per eseguire una interruzione volontaria di gravidanza: 1) il metodo farmacologico; 2) il metodo chirurgico. L’interruzione volontaria di gravidanza attraverso il metodo farmacologico è una procedura medica che si basa sull’assunzione di almeno due principi attivi diversi, il mifepristone e una prostaglandina. L’Ivg attraverso metodo farmacologico può essere richiesta fino a 63 giorni di età gestazionale. L’interruzione volontaria di gravidanza attraverso il metodo chirurgico, invece, può essere effettuata in anestesia generale o locale nelle strutture pubbliche del Servizio sanitario nazionale e le strutture private convenzionate e autorizzate dalle Regioni.

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  • Stando alle ultime stime, in Italia vivono almeno 88mila donne vittima di mutilazioni genitali femminili, con tutti i gravi problemi fisici, funzionali, psicologici che ne derivano. In base ai dati diffusi dal Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione (Unfpa) e dall’Unicef, nel mondo ammonterebbero ad almeno 200 milioni donne e ragazze che hanno subito mutilazioni genitali. Nel 2023, circa 4,2 milioni di bambine e ragazze nel mondo sono a rischio di subire queste pratiche.

Attraverso la testimonianza di Ayaan Hirsi Ali, autrice de “L’infedele", proviamo a spiegare con le giuste parole in tutta la sua cruda realtà cosa racchiuda veramente:

“Mi afferrò e mi bloccò la parte superiore del corpo… Altre due donne mi tennero le gambe divaricate. L’uomo che era un cinconcisore tradizionale appartenente al clan dei fabbri, prese un paio di forbici. Con l’altra mano afferrò quel punto misterioso e cominciò a tirare… Sentii il rumore, come un macellaio che rifila il grasso da un pezzo di carne.”

Nella Giornata Internazionale contro le mutilazioni genitali femminili il presidente della Società italiana di chirurgia plastica ricostruttiva-rigenerativa ed estetica Sicpre, il professor Francesco Stagno d’Alcontres, dichiara: 

“Spesso l’evento della mutilazione viene rimosso dai ricordi, mentre restano i dolori nei rapporti sessuali, le difficoltà nella minzione e durante il parto. La mutilazione genitale è un evento che modifica il corso della vita e noi lo dobbiamo contrastare sul piano della cultura e affrontare sul piano medico e scientifico”.

L’edizione 2023 del Summit Itinerante contro la mutilazioni genitali femminili, l’evento che si svolge in data odierna a Roma, presso la Sala Zuccari di Palazzo Giustininani, sede della Presidenza del Senato della Repubblica, vede il saluto di esponenti del Governo, la testimonianza di una vittima e la partecipazione di importanti personalità, tra cui gli esperti della chirurgia plastica italiana chiamati a raccolta dalla Sicpre.

Letizia Cini ✨

#lucenews #lucelanazione #giornatamutilazionigenitalifemminili #linfedele
  • "Vorrei ringraziare la comunità queer per il vostro amore e per aver inventato un genere". 👑

Con queste parole di ringraziamento, Queen Bay riscrive la storia dei Grammy Awards. Beyoncé ier sera ha battuto tutti i record: con la 32esima vittoria incassata, è la star più premiata della storia degli Oscar della musica.

Con altri quattro grammofoni d’oro, la star americana, icona mondiale e paladina dei diritti civili e della body positivity, ha così superato il primato del direttore d’orchestra Georg Solti scomparso nel ‘97 e che, fino a stanotte, era rimasto imbattuto per due decenni con 31 vittorie. Queen Bay ha voluto dedicare la vittoria alla comunità Lgbtq+.

#lucenews #lucelanazione #qn #beyoncé #grammyawards2023
  • Stava regalando libri alle ragazze quando è stato arrestato a Kabul, giovedì 3 febbraio. Ismail Mashal, un professore universitario afghano, 37 anni, in aperta critica con il bando posto dai Talebani all’istruzione femminile, andava in giro con un carretto pieno di volumi gratuiti che distribuiva a donne e bambine, quando le forze di sicurezza lo hanno accusato di “azioni provocatorie” dalle autorità che lo hanno portato in carcere. Lo riferisce la Bbc.

Alcuni testimoni hanno riferito che il professore è stato schiaffeggiato, preso a pugni e a calci dalle forze di sicurezza locali durante l’arresto. Tuttavia Abdul Haq Hammad, un funzionario del ministero dell’Informazione e della Cultura talebani, ha dichiarato che il docente è stato trattato bene mentre era in custodia. 

Mashal è salito alla ribalta dopo aver strappato i documenti accademici in diretta tv per protestare contro il divieto dei talebani all’istruzione universitaria e secondaria per le donne. Il video in diretta televisiva è diventato virale. 

Ex giornalista, il 37enne dirigeva un’università privata a Kabul, frequentata da 450 studentesse che seguivano i corsi di giornalismo, ingegneria e informatica, tutte discipline che il ministro dell’Istruzione afghano sosteneva non dovessero essere insegnate alle ragazze in quanto contrarie all’islam e la cultura afghana. Quando a dicembre i Talebani hanno annunciato che alle studentesse universitarie non sarebbe più stato permesso di tornare a studiare fino a nuovo ordine, il professor Mashal ha chiuso definitivamente la sua scuola, affermando che “l’istruzione o si offre a tutti o a nessuno“.

“L’unico potere che ho è la mia penna, anche se mi uccidono, anche se mi fanno a pezzi, non resterò in silenzio“, ha dichiarato il mese scorso il professore. Ha anche affermato che un maggior numero di uomini deve insorgere per protestare contro le restrizioni imposte alle donne. Durante il loro incontro a Kabul, Mahsal, padre di due figli, ha precisato che non temeva di essere arrestato o ucciso. Si è detto invece certo che alla fine i Talebani avrebbero cercato di metterlo a tacere, ma è rimasto convinto che fosse un prezzo onesto da pagare.

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La legge 194 del 1978 è quella che ha depenalizzato e disciplinato le modalità di accesso all'aborto in Italia. Oggi nel nostro Paese - così si legge sul sito del ministero della Salute - una donna può richiedere l'interruzione volontaria di gravidanza entro i primi 90 giorni di gestazione per motivi di salute, economici, sociali o familiari. Le procedure da seguire in caso di richiesta di interruzione di gravidanza sono: 1) esame delle possibili soluzioni dei problemi proposti; 2) aiuto alla rimozione delle cause che porterebbero all'interruzione della gravidanza; 3) certificazione; 4) invito a soprassedere per 7 giorni in assenza di urgenza, sia entro che oltre i primi 90 giorni di gravidanza. In Italia esistono due tecniche per eseguire una interruzione volontaria di gravidanza: 1) il metodo farmacologico; 2) il metodo chirurgico. L'interruzione volontaria di gravidanza attraverso il metodo farmacologico è una procedura medica che si basa sull'assunzione di almeno due principi attivi diversi, il mifepristone e una prostaglandina. L'Ivg attraverso metodo farmacologico può essere richiesta fino a 63 giorni di età gestazionale. L'interruzione volontaria di gravidanza attraverso il metodo chirurgico, invece, può essere effettuata in anestesia generale o locale nelle strutture pubbliche del Servizio sanitario nazionale e le strutture private convenzionate e autorizzate dalle Regioni.
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