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Home » HP Trio » Ai Giochi gli atleti e le atlete potranno inginocchiarsi prima delle gare. Vietate le foto sui social

Ai Giochi gli atleti e le atlete potranno inginocchiarsi prima delle gare. Vietate le foto sui social

La Carta Olimpica, all'art. 50, proibisce qualsiasi "dimostrazione o propaganda politica, religiosa o razziale", ma il Cio ha deciso di permettere il gesto di solidarietà al movimento Black Lives Matter purché nel rispetto degli altri atleti e non durante le gare o le premiazioni

Marianna Grazi
23 Luglio 2021
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Il Comitato olimpico internazionale e gli organizzatori di Tokyo 2020 hanno vietato alle squadre di pubblicare sui social media immagini di atleti che si inginocchieranno durante questi Giochi Olimpici. Tuttavia tutt* coloro che che sceglieranno di aderire al gesto simbolo della protesta contro il razzismo saranno liber* di farlo, nel rispetto degli/lle avversar*.

Un informatore del quotidiano inglese Guardian ha detto che il messaggio è stato “consegnato dall’alto” martedì sera, ora di Tokyo, con un riferimento specifico alla prima partita di calcio femminile della Gran Bretagna contro il Cile, poche ore prima che prendesse il via a Sapporo il mercoledì.

L’immagine di entrambe le squadre che si inginocchiano simbolicamente, nella protesta contro il razzismo e l’odio online, è stata vista in diretta TV e il gesto è stato poi seguito dalle giocatrici di Stati Uniti e Svezia e da quelle della Nuova Zelanda. Le giocatrici della squadra australiana hanno scelto di stare in piedi.

Un gesto che, tuttavia, non sarebbe stato possibile fare in passato. Secondo la Regola 50 della Carta Olimpica, alle atlete e agli atleti non è consentita la messa in atto “in qualsiasi sito, sede o altre aree olimpiche, di nessun tipo di dimostrazione o propaganda politica, religiosa o razziale“. Ma il Cio ha voluto chiudere un occhio, permettendo dunque agli atleti di “esprimere le proprie opinioni sul campo di gioco prima o dopo la competizione, purché lo facciano senza interruzioni e nel rispetto degli altri concorrenti”. Tutti i  gesti di solidarietà a una causa, come quella della discriminazione razziale, sono consentiti solo prima o dopo l’inizio ufficiale delle competizioni olimpiche, come conferma il presidente Thomas Bach, mentre restano vietate durante le gare, durante le cerimonie di premiazione, nel villaggio Olimpico e ne è vietata la pubblicazione sui social.

Insomma, non saranno ammesse repliche del celebre pugno alzato dei velocisti statunitensi Tommie Smith e John Carlos alle Olimpiadi di Città del Messico del 1968.

Nessuna delle immagini dei primi incontri di calcio, in effetti, è stata pubblicata sul live blog ufficiale di Tokyo 2020, sulle sue pagine Facebook e Twitter, o sul suo profilo Instagram, che ha più di mezzo milione di follower. Non sono stati visti anche su nessuno dei canali sociali del Cio. Ma in un’intervista dopo la partita contro il Cile, Steph Houghton, una delle tre capitane della squadra inglese, ha detto che la decisione di mettersi in ginocchio è stata sostenuta da tutta la squadra. “Come giocatrici della Gran Bretagna ci siamo inginocchiate nelle partite di club e internazionali, e ci siamo convinte come gruppo che volevamo mostrare il nostro sostegno a coloro che sono colpiti dalla discriminazione e dalla disuguaglianza”, ha aggiunto. “È stato un momento di orgoglio perché anche le calciatrici del Cile si sono inginocchiate per mostrare quanto siamo unite nel nostro sport“.

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  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
Il Comitato olimpico internazionale e gli organizzatori di Tokyo 2020 hanno vietato alle squadre di pubblicare sui social media immagini di atleti che si inginocchieranno durante questi Giochi Olimpici. Tuttavia tutt* coloro che che sceglieranno di aderire al gesto simbolo della protesta contro il razzismo saranno liber* di farlo, nel rispetto degli/lle avversar*. Un informatore del quotidiano inglese Guardian ha detto che il messaggio è stato "consegnato dall'alto" martedì sera, ora di Tokyo, con un riferimento specifico alla prima partita di calcio femminile della Gran Bretagna contro il Cile, poche ore prima che prendesse il via a Sapporo il mercoledì. L'immagine di entrambe le squadre che si inginocchiano simbolicamente, nella protesta contro il razzismo e l'odio online, è stata vista in diretta TV e il gesto è stato poi seguito dalle giocatrici di Stati Uniti e Svezia e da quelle della Nuova Zelanda. Le giocatrici della squadra australiana hanno scelto di stare in piedi. Un gesto che, tuttavia, non sarebbe stato possibile fare in passato. Secondo la Regola 50 della Carta Olimpica, alle atlete e agli atleti non è consentita la messa in atto "in qualsiasi sito, sede o altre aree olimpiche, di nessun tipo di dimostrazione o propaganda politica, religiosa o razziale". Ma il Cio ha voluto chiudere un occhio, permettendo dunque agli atleti di "esprimere le proprie opinioni sul campo di gioco prima o dopo la competizione, purché lo facciano senza interruzioni e nel rispetto degli altri concorrenti". Tutti i  gesti di solidarietà a una causa, come quella della discriminazione razziale, sono consentiti solo prima o dopo l’inizio ufficiale delle competizioni olimpiche, come conferma il presidente Thomas Bach, mentre restano vietate durante le gare, durante le cerimonie di premiazione, nel villaggio Olimpico e ne è vietata la pubblicazione sui social. Insomma, non saranno ammesse repliche del celebre pugno alzato dei velocisti statunitensi Tommie Smith e John Carlos alle Olimpiadi di Città del Messico del 1968. Nessuna delle immagini dei primi incontri di calcio, in effetti, è stata pubblicata sul live blog ufficiale di Tokyo 2020, sulle sue pagine Facebook e Twitter, o sul suo profilo Instagram, che ha più di mezzo milione di follower. Non sono stati visti anche su nessuno dei canali sociali del Cio. Ma in un'intervista dopo la partita contro il Cile, Steph Houghton, una delle tre capitane della squadra inglese, ha detto che la decisione di mettersi in ginocchio è stata sostenuta da tutta la squadra. "Come giocatrici della Gran Bretagna ci siamo inginocchiate nelle partite di club e internazionali, e ci siamo convinte come gruppo che volevamo mostrare il nostro sostegno a coloro che sono colpiti dalla discriminazione e dalla disuguaglianza", ha aggiunto. "È stato un momento di orgoglio perché anche le calciatrici del Cile si sono inginocchiate per mostrare quanto siamo unite nel nostro sport".
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