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Home » HP Trio » Omofobia, pubblica lo screenshot di un messaggio di insulti: “Ho fatto finta troppe volte”

Omofobia, pubblica lo screenshot di un messaggio di insulti: “Ho fatto finta troppe volte”

A Perugia un diciottenne posta e commenta l'ennesimo attacco ricevuto perché gay: “Oggi è toccato a me, domani toccherà a un altro, ma dove andremo a finire?”. La solidarietà di Omphalos Umbria

Nicolò Guelfi
14 Gennaio 2022
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La violenza non è solo un fatto fisico, spesso è un discorso verbale e un nuovo triste esempio viene dai social. Un ragazzo neomaggiorenne ha pubblicato lo screenshot di un messaggio di insulti ricevuto su Instagram. La causa: essere gay. L’omosessualità nonostante gli sforzi e i cambiamenti che si stanno operando nella società, continua ad essere schernita, se non aggredita, e casi come questo ci spiegano perché la politica dovrebbe intervenire.

Le violenze

“Non passa giorno senza una notizia di un insulto, una violenza, una discriminazione verso le persone Lgbti nel nostro paese – commenta Stefano Bucaioni, presidente di Omphalos Lgbti, l’associazione lesbica, gay, bisessuale, trans e intersex umbra – e sappiamo che le denunce che ci arrivano sono solo una piccola percentuale di chi trova la forza e il coraggio di farlo. Siamo costretti a leggere messaggi accorati di ragazze e ragazzi che semplicemente non ce la fanno più, quasi sempre nell’indifferenza delle nostre istituzioni e della politica. Nel 2022, in Paese civile come dovrebbe essere l’Italia, tutto questo semplicemente non dovrebbe accadere”.

Il messaggio

Il ragazzo ha deciso di rispondere al messaggio ricevuto con un post pubblicato su Instagram, nel quale spiega le sue ragioni (come se poi ci fosse bisogno di giustificarsi) e le sensazioni scaturite dal gesto: “Ci ho pensato un po’ su prima di fare questo post. Credevo non facesse più male, credevo di averla superata dopo anni di discriminazione, odio gratuito e di sofferenza. Credevo di essere un ragazzo che aveva trasformato quei ricordi in cicatrici e che capisce che là fuori ci sono persone crudeli, bisogna solo resistere. Invece non è così. Ho fatto finta di nulla troppe volte ed ho pianto troppe volte senza avere nessuna colpa”.

Il giovane prosegue poi motivando il gesto: “Pubblico questo screenshot (uno dei tanti), senza vergogna, non importa se così mi rendo vulnerabile o ridicolo, perché ripeto che non è una questione di forza, di lotta o resistenza. Fa male e basta. È una violenza e non è giusto. E la pubblico affinché si capisca il dolore che possono causare certe parole, perché non si fermeranno certamente solo a questo. Oggi è toccato a me, domani toccherà ad un altro, ma dove andremo a finire? Smettetela di fare del male gratuito a gente che non fa nulla di male nella vita se non amare ed essere se stessi senza dare fastidio a nessuno, vi prego”.

Omofobia

Il fenomeno dell’omofobia, come detto, è ancora tristemente presente nel nostro Paese più che in altri, anche per effetto di una nostra cultura e morale tradizionali. In Italia alcune grandi figure storiche hanno saputo parlare apertamente della propria omosessualità e farne anche oggetto del proprio lavoro, costituendo un modello e facendo da apripista. Uno su tutti: Mario Mieli, filosofo e pioniere mondiale degli studi di genere con il suo testo “Elementi di critica omosessuale”. Contemporaneamente però, a livello delle persone comuni, l’ostracismo, le vessazioni e le umiliazioni accadono giornalmente, acuite ancora di più su internet dove le persone ancora non hanno capito di essere responsabili di ciò che scrivono come nella vita reale, ma semplicemente più disinvolte perché protette dal filtro dello schermo.

E dire che un disegno di legge c’era per contrastare tutto ciò, ma probabilmente non vedremo nulla di simile al Ddl Zan fino almeno alla prossima legislatura. Il presidente Omphalos ha dichiarato all’Ansa: “Il messaggio di denuncia lanciato da questo ragazzo dimostra un coraggio esemplare, ma vorremmo non aver bisogno di coraggio, vorremmo non aver bisogno di esempi a cui dar voce per proteggere ragazzi e ragazze da bullismo e violenza. Episodi come questo, che sono purtroppo all’ordine del giorno nel nostro Paese, vanno contrastati con azioni serie da parte di tutte le nostre istituzioni. Invece di far finta che tutto questo non esista, il Parlamento, la politica, la scuola, dovrebbero impegnarsi in azioni concrete per contrastare discriminazioni e violenze”.

L’appello

Bucaioni ha concluso con un appello alla politica: “Chiediamo che il Parlamento torni subito a discutere del disegno di legge contro l’omolesbobitransfobia, affossato in Senato l’autunno scorso e chiediamo alla nostra Regione e ai nostri Comuni di riprendere in mano l’importante ricerca dell’Università degli Studi di Perugia sul bullismo omofobico nelle scuole umbre, per costruirci finalmente azioni concrete di contrasto”.

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Instagram

  • Era il 1° febbraio 1945, quando la lotta per la conquista di questo diritto, partita tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, sulla scorta dei movimenti degli altri Paesi europei, raggiunse il suo obiettivo. Con un decreto legislativo, il Consiglio dei Ministri presieduto da Ivanoe Bonomi riconobbe il voto alle donne, su proposta di Palmiro Togliatti e Alcide De Gasperi. 

Durante la prima guerra mondiale le donne avevano sostituito al lavoro gli uomini che erano al fronte. La consapevolezza di aver assunto un ruolo ancora più centrale all’interno società oltre che della famiglia, crebbe e con essa la volontà di rivendicare i propri diritti. Già nel 1922 un deputato socialista, Emanuele Modigliani aveva presentato una proposta di legge per il diritto di voto femminile, che però non arrivò a essere discussa, per la Marcia su Roma. Mussolini ammise le donne al voto amministrativo nel 1924, ma per pura propaganda, poiché in seguito all’emanazione delle cosiddette “leggi fascistissime” tra il 1925 ed il 1926, le elezioni comunali vennero, di fatto, soppresse. Bisognerà aspettare la fine della guerra perché l’Italia affronti concretamente la questione.

Costituito il governo di liberazione nazionale, le donne si attivarono per entrare a far parte del corpo elettorale: la prima richiesta dell’ottobre 1944, venne avanzata dalla Commissione per il voto alle donne dell’Unione Donne Italiane (Udi), che si mobilitò per ottenere anche il diritto di eleggibilità (sancito da un successivo decreto datato 10 marzo 1946). Si arrivò così, dopo anni di battaglie per il suffragio universale, al primo febbraio 1945, data storica per l’Italia. Il decreto prevedeva la compilazione di liste elettorali femminili distinte da quelle maschili, ed escludeva però dal diritto le prostitute schedate che esercitavano “il meretricio fuori dei locali autorizzati”.

Le elezioni dell’esordio furono le amministrative tra marzo e aprile del 1946 e l’affluenza femminile superò l’89%. 

#lucenews #lucelanazione #dirittodivoto #womenrights #1febbraio1945
  • La regina del pulito Marie Kondo ha dichiarato di aver “un po’ rinunciato” a riordinare casa dopo la nascita del suo terzo figlio. La 38enne giapponese, considerata una "Dea dell’ordine", con i suoi best seller sull’economia domestica negli ultimi anni ha incitato e sostenuto gli sforzi dei comuni mortali di rimettere in sesto case e armadi all’insegna del cosa “provoca dentro una scintilla di gioia”. Ma l’esperta di decluttering, famosa in tutto il mondo, ha ammesso che con tre figli da accudire, la sua casa è oggi “disordinata”, ma ora il riordino non è più una priorità. 

Da quando è diventata madre di tre bambini, ha dichiarato che il suo stile di vita è cambiato e che la sua attenzione si è spostata dall’organizzazione alla ricerca di modi semplici per rendere felici le abitudini di tutti i giorni: "Fino a oggi sono stata una organizzatrice di professione e ho dunque fatto il mio meglio per tenere in ordine la mia casa tutto il tempo”, e anche se adesso “ci ho rinunciato, il modo in cui trascorro il mio tempo è quello giusto per me in questo momento, in questa fase della mia vita”.

✍ Marianna Grazi 

#lucenews #lucelanazione #mariekondo
  • La second hand, ossia l’oggetto di seconda mano, è una moda che negli ultimi anni sta diventando sempre più un’abitudine dei consumatori. Accumulare roba negli armadi, nei cassetti, in cantina, non è più un disagio che riguarda soltanto chi soffre di disposofobia, ossia di chi è affetto da sindrome dell’accumulatore compulsivo. Se l’acquisto è l’unica azione che rende felice l’uomo moderno, non riuscire a liberarsene è la condanna di molti.

Secondo quanto emerge dall’Osservatorio Second-hand Economy 2021, realizzato da BVA Doxa per Subito.it, sono 23 milioni gli italiani che, nel 2021, hanno fatto ricorso alla compravendita di oggetti usati grazie alle piattaforme online. Il 52% degli italiani ha comprato e/o venduto oggetti usati, tra questi il 15% lo ha fatto per la prima volta. L’esperienza di compravendita online di second hand è quella preferita, quasi il 50% degli affari si conclude online anche perché il sistema di vendita è simile a un comune eCommerce: internet è il canale più veloce per quasi la metà dei rispondenti (49%), inoltre offre una scelta più ampia (43%) e si può gestire comodamente da casa (41%). Comprare second hand diventa una sana abitudine che attrae ogni anno nuove persone, è al terzo posto tra i comportamenti sostenibili più messi in atto dagli italiani (52%) – preceduto sempre dalla raccolta differenziata (94%) e l’acquisto di lampadine a LED (71%) –, con picchi ancora più alti di adozione nel 2021 da parte dei laureati (68%), di chi appartiene alla generazione Z (66%), di chi ha 35-44 anni (70%) e delle famiglie con bambini (68%). 

Ma perché concretamente si acquista l’usato? Nel 2021 le prime tre motivazioni che inducono a comprare beni usati sono: il risparmio (56%, in crescita di 6 punti percentuali rispetto al 2020), l’essere contrari agli sprechi e credere nel riuso (49%) e la convinzione che la second hand sia un modo intelligente di fare economia e che rende molti oggetti più accessibili (43%). 

✍E tu? Hai mai comprato accessori oppure oggetti di seconda mano? Cosa ne pensi?

#lucenews #lucelanazione #secondhand #vintage
  • È iniziata come una sorta di sfida personale, come spesso accade tra i ragazzi della sua età, per testare le proprie capacità e resistenza in modo divertente. Poi però, per Isaac Ortman, adolescente del Minnesota, dormire nel cortile della sua casa è diventata una missione. 

“Non credo che la cosa finisca presto, potrei anche continuare fino all’università – ha detto il 14enne di Duluth -. È molto divertente e non sono pronto a smettere”. 

Tanto che ormai ha trascorso oltre 1.000 notti sotto le stelle. Il giovane, che fa il boy scout, come una specie di moderno Barone Rampante ha scoperto per caso il piacere di trascorrere le ore di sonno fuori dalle mura di casa, persino quando la temperatura è scesa a quadi 40 gradi sotto lo zero. Tutto è iniziato circa tre anni fa, nella baita della sua famiglia a 30 miglia da casa, diventando ben presto una routine notturna. Il giovane Ortman ricorda bene il giorno in cui ha abbandonato la sua camera da letto per un’amaca e un sacco a pelo, il 17 aprile 2020, quando era appena in prima media: “Stavo dormendo fuori dalla nostra baita e ho pensato: ‘Wow, potrei provare a dormire all’aperto per una settimana’. Così ho fatto e ho deciso di continuare”. 

“Non si stanca mai: ogni notte è una nuova avventura“, ha detto il padre Andrew Ortman, 48 anni e capo del suo gruppo scout. 

Sua mamma Melissa era un po’ preoccupata quella notte, lei e il padre gli hanno permesso di continuare la sua routine. “Sa che deve entrare in casa se qualcosa non va bene. Dopo 1.000 notti, ha la nostra fiducia. Da quando ha iniziato a farlo, è cresciuto sotto molti aspetti, e non solo in termini di statura”, dice orgogliosa. 

“Non lo sto facendo per nessun record o per una causa, mi sto solo divertendo. Ma con il ragazzo che dorme in Inghilterra, credo si possa dire che si tratta di una gara non ufficiale”, ha detto Isaac riferendosi all’adolescente inglese Max Woosey, che ha iniziato la sua maratona di sonno all’aperto il 29 marzo 2020, con l’obiettivo di raccogliere fondi per un ospedale che cura un suo anziano amico.

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La violenza non è solo un fatto fisico, spesso è un discorso verbale e un nuovo triste esempio viene dai social. Un ragazzo neomaggiorenne ha pubblicato lo screenshot di un messaggio di insulti ricevuto su Instagram. La causa: essere gay. L’omosessualità nonostante gli sforzi e i cambiamenti che si stanno operando nella società, continua ad essere schernita, se non aggredita, e casi come questo ci spiegano perché la politica dovrebbe intervenire.

Le violenze

“Non passa giorno senza una notizia di un insulto, una violenza, una discriminazione verso le persone Lgbti nel nostro paese – commenta Stefano Bucaioni, presidente di Omphalos Lgbti, l’associazione lesbica, gay, bisessuale, trans e intersex umbra – e sappiamo che le denunce che ci arrivano sono solo una piccola percentuale di chi trova la forza e il coraggio di farlo. Siamo costretti a leggere messaggi accorati di ragazze e ragazzi che semplicemente non ce la fanno più, quasi sempre nell’indifferenza delle nostre istituzioni e della politica. Nel 2022, in Paese civile come dovrebbe essere l’Italia, tutto questo semplicemente non dovrebbe accadere”.

Il messaggio

Il ragazzo ha deciso di rispondere al messaggio ricevuto con un post pubblicato su Instagram, nel quale spiega le sue ragioni (come se poi ci fosse bisogno di giustificarsi) e le sensazioni scaturite dal gesto: “Ci ho pensato un po’ su prima di fare questo post. Credevo non facesse più male, credevo di averla superata dopo anni di discriminazione, odio gratuito e di sofferenza. Credevo di essere un ragazzo che aveva trasformato quei ricordi in cicatrici e che capisce che là fuori ci sono persone crudeli, bisogna solo resistere. Invece non è così. Ho fatto finta di nulla troppe volte ed ho pianto troppe volte senza avere nessuna colpa”. Il giovane prosegue poi motivando il gesto: “Pubblico questo screenshot (uno dei tanti), senza vergogna, non importa se così mi rendo vulnerabile o ridicolo, perché ripeto che non è una questione di forza, di lotta o resistenza. Fa male e basta. È una violenza e non è giusto. E la pubblico affinché si capisca il dolore che possono causare certe parole, perché non si fermeranno certamente solo a questo. Oggi è toccato a me, domani toccherà ad un altro, ma dove andremo a finire? Smettetela di fare del male gratuito a gente che non fa nulla di male nella vita se non amare ed essere se stessi senza dare fastidio a nessuno, vi prego”.

Omofobia

Il fenomeno dell’omofobia, come detto, è ancora tristemente presente nel nostro Paese più che in altri, anche per effetto di una nostra cultura e morale tradizionali. In Italia alcune grandi figure storiche hanno saputo parlare apertamente della propria omosessualità e farne anche oggetto del proprio lavoro, costituendo un modello e facendo da apripista. Uno su tutti: Mario Mieli, filosofo e pioniere mondiale degli studi di genere con il suo testo “Elementi di critica omosessuale”. Contemporaneamente però, a livello delle persone comuni, l’ostracismo, le vessazioni e le umiliazioni accadono giornalmente, acuite ancora di più su internet dove le persone ancora non hanno capito di essere responsabili di ciò che scrivono come nella vita reale, ma semplicemente più disinvolte perché protette dal filtro dello schermo. E dire che un disegno di legge c’era per contrastare tutto ciò, ma probabilmente non vedremo nulla di simile al Ddl Zan fino almeno alla prossima legislatura. Il presidente Omphalos ha dichiarato all’Ansa: “Il messaggio di denuncia lanciato da questo ragazzo dimostra un coraggio esemplare, ma vorremmo non aver bisogno di coraggio, vorremmo non aver bisogno di esempi a cui dar voce per proteggere ragazzi e ragazze da bullismo e violenza. Episodi come questo, che sono purtroppo all’ordine del giorno nel nostro Paese, vanno contrastati con azioni serie da parte di tutte le nostre istituzioni. Invece di far finta che tutto questo non esista, il Parlamento, la politica, la scuola, dovrebbero impegnarsi in azioni concrete per contrastare discriminazioni e violenze”.

L'appello

Bucaioni ha concluso con un appello alla politica: “Chiediamo che il Parlamento torni subito a discutere del disegno di legge contro l’omolesbobitransfobia, affossato in Senato l’autunno scorso e chiediamo alla nostra Regione e ai nostri Comuni di riprendere in mano l’importante ricerca dell’Università degli Studi di Perugia sul bullismo omofobico nelle scuole umbre, per costruirci finalmente azioni concrete di contrasto”.
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