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Home » HP Trio » Billy Porter rompe il muro del silenzio: “Ecco cosa significa essere sieropositivo oggi”

Billy Porter rompe il muro del silenzio: “Ecco cosa significa essere sieropositivo oggi”

Per la prima volta da quando gli è stato diagnosticato l'HIV la star di "Pose" si apre sulla vergogna che lo ha costretto a nascondere la sua condizione e sulla responsabilità che ora lo fa parlare: "La verità è la guarigione"

Marianna Grazi
21 Maggio 2021
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Un silenzio durato 14 anni. Billy Porter, il protagonista della serie “Pose”, ha rivelato nelle scorse ore di essere sieropositivo. L’attore e cantante di Pittsburgh, vincitore di un Emmy Awards, ha superato la vergogna della diagnosi, che lo aveva costretto a mantenere il segreto con i suoi collaboratori, con il cast della serie e perfino con sua madre.

La malattia, ancora oggi, è accompagnata dallo stigma, e il modo in cui questa avrebbe potuto influenzare la sua carriera ha fatto sì che Porter non ne abbia mai fatto parola per così tanto tempo. “Mi sembrava di avere una mano sul cuore che lo stringeva ogni giorno. La vergogna distrugge tutto”, ha confessato.

“Devo iniziare nel 2007. Nel giugno di quell’anno mi è stato diagnosticata la positività all’HIV“. Ma finora non lo ha mai confessato, temendo l’emarginazione e le ritorsioni in un’industria che non è sempre stata gentile con lui. Invece il 51enne, che negli ultimi tempi ha visto crescere i suoi fan, attirati dal suo talento e dall’autenticità, dice di aver usato Pray Tell, il suo personaggio sieropositivo nella serie di FX, come una sorta di suo procuratore. “Sono stato in grado di dire tutto quello che volevo dire attraverso un surrogato“, rivela, riconoscendo che nessuno coinvolto nello show aveva idea che stesse parlando della sua stessa vita.

“La verità è la cura“, ha detto l’attore durante un’intervista all’Hollywood Reporter. Prima della diagnosi, avvenuta grazie a un test di routine a cui si sottoponeva ogni sei mesi, aveva scoperto di essere diabetico ed era finito in bancarotta. “La vergogna di quel periodo, sovrapposta a tutte le altre vergogne che avevo accumulato nel corso della vita, mi aveva tolto la voce. Ho vissuto così per 14 anni”. Un periodo terribile per Porter, condizionato sia dalla paura di essere discriminato sul lavoro che dal timore per come la sua gente, persino la sua famiglia, avrebbe reagito alla notizia. “Essere sieropositivo, da dove vengo io, cresciuto in una chiesa pentecostale con una famiglia molto religiosa, è un castigo di Dio“. A questo si è aggiunta anche la paura che la madre andasse incontro a nuove persecuzioni, dopo quelle subite per il fatto che il figlio fosse gay.

Ma la crisi causata dalla pandemia ha indotto l’artista a ripensare il rapporto con la sua condizione. “Grazie ai progressi della medicina i livelli del virus nel mio sangue non sono più rilevabili. Oggi sono pronto a dire al mondo: ecco qual è l’aspetto di un sieropositivo. Sono sopravvissuto e posso raccontare la mia storia“.

Nel frattempo Porter sta portando avanti molti progetti per la sua carriera: un libro di memorie autobiografico che dovrebbe uscire entro l’anno, un documentario di Netflix sulla sua vita realizzato insieme a Ryan Murphy,  e una Cenerentola rivisitata in cui Billy avrà l’inedita parte della fata madrina. Un ruolo che ha sollevato non poco clamore e che rende il suo discorso personale ancora più importante: la controversia che lo circonda ci ricorda quanto lavoro deve ancora fare la società in termini di diversità, razzismo e pregiudizio su malattie come l’HIV.

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  • «Era terribile durante il fascismo essere transessuale. Mi picchiavano e mi facevano fare delle cose schifose. Mi imbrattavano con il catrame e mi hanno rasato. Ho preso le botte dai fascisti perché mi ero atteggiato a donna e per loro questo era inconcepibile».

È morta a quasi 99 anni Lucy Salani, attivista nota come l’unica persona trans italiana sopravvissuta ai campi di concentramento nazisti.

#lucenews #lucysalani #dachau
  • È morta a quasi 99 anni Lucy Salani, attivista nota come l
  • Elaheh Tavakolian, l’iraniana diventata uno dei simboli della lotta nel suo Paese, è arrivata in Italia. Nella puntata del 21 marzo de “Le Iene”, tra i servizi del programma di Italia 1, c’è anche la storia della giovane donna, ferita a un occhio dalla polizia durante le proteste in Iran. Nella puntata andata in onda la scorsa settimana, l’inviata de “Le Iene” aveva incontrato la donna in Turchia, durante la sua fuga disperata dall’Iran, dove ormai era troppo pericoloso vivere. 

“Ho molta paura. Vi prego, qui potrebbero uccidermi” raccontava l’attivista a Roberta Rei. Già in quell’occasione, Elaheh Tavakolian era apparsa con una benda sull’occhio, a causa di una grave ferita causatale da un proiettile sparato dalle forze dell’ordine iraniane durante le manifestazioni a cui ha preso parte dopo la morte di Mahsa Amini.

Elaheh Tavakolian fa parte di quelle centinaia di iraniani che hanno subito gravi ferite agli occhi dopo essere stati colpiti da pallottole, lacrimogeni, proiettili di gomma o altri proiettili usati dalle forze di sicurezza durante le dure repressioni che vanno avanti ormai da oltre sei mesi. La ragazza, che ha conseguito un master in commercio internazionale e ora lavora come contabile, ha usato la sua pagina Instagram per rivelare che le forze di sicurezza della Repubblica islamica stavano deliberatamente prendendo di mira gli occhi dei manifestanti. 

✍ Barbara Berti

#lucenews #lucelanazione #ElahehTavakolian #iran #leiene
  • Ha 19 anni e vorrebbe solo sostenere la Maturità. Eppure alla richiesta della ragazza la scuola dice di no. Nina Rosa Sorrentino è nata con la sindrome di Down, e quel diritto che per tutte le altre studentesse e studenti è inviolabile per lei è invece un’utopia.

Il liceo a indirizzo Scienze Umane di Bologna non le darà la possibilità di diplomarsi con i suoi compagni e compagne, svolgendo le prove che inizieranno il prossimo 21 giugno. La giustificazione – o la scusa ridicola, come quelle denunciate da CoorDown nella giornata mondiale sulla sindrome di Down – dell’istituto per negarle questa possibilità è stata che “per lei sarebbe troppo stressante“.

Così Nina si è ritirata da scuola a meno di tre mesi dalla fine della quinta. Malgrado la sua famiglia, fin dall’inizio del triennio, avesse chiesto agli insegnanti di cambiare il Pei (piano educativo individualizzato) della figlia, passando dal programma differenziato per gli alunni certificati a quello personalizzato per obiettivi minimi o equipollenti, che prevede l’ammissione al vero e proprio esame di Maturità. Ma il liceo Sabin non ha assecondato la loro richiesta.

Francesca e Alessandro Sorrentino avevano trovato una sponda di supporto nel Ceps di Bologna (Centro emiliano problemi sociali per la Trisomia 21), in CoorDown e nei docenti di Scienze della Formazione dell’Alma Mater, che si sono detti tutti disponibili per realizzare un progetto-pilota per la giovane studentessa e la sua classe. Poi, all’inizio di marzo, la doccia fredda: è arrivato il no definitivo da parte del consiglio di classe, preoccupato che per la ragazza la Maturità fosse un obiettivo troppo impegnativo e stressante, tanto da generare “senso di frustrazione“, come ha scritto la dirigente del liceo nella lettera che sancisce l’epilogo di questa storia tutt’altro che inclusiva.

“Il perché è quello che ci tormenta – aggiungono i genitori –. Anche la neuropsichiatra concordava: Nina poteva e voleva provarci a fare l’esame. Non abbiamo mai chiesto le venisse regalato il diploma, ma che le fosse data la possibilità di provarci”.

#lucenews #lucelanazione #disabilityinclusion #giornatamondialedellasindromedidown
Un silenzio durato 14 anni. Billy Porter, il protagonista della serie "Pose", ha rivelato nelle scorse ore di essere sieropositivo. L'attore e cantante di Pittsburgh, vincitore di un Emmy Awards, ha superato la vergogna della diagnosi, che lo aveva costretto a mantenere il segreto con i suoi collaboratori, con il cast della serie e perfino con sua madre.

La malattia, ancora oggi, è accompagnata dallo stigma, e il modo in cui questa avrebbe potuto influenzare la sua carriera ha fatto sì che Porter non ne abbia mai fatto parola per così tanto tempo. “Mi sembrava di avere una mano sul cuore che lo stringeva ogni giorno. La vergogna distrugge tutto”, ha confessato.

"Devo iniziare nel 2007. Nel giugno di quell'anno mi è stato diagnosticata la positività all'HIV". Ma finora non lo ha mai confessato, temendo l'emarginazione e le ritorsioni in un'industria che non è sempre stata gentile con lui. Invece il 51enne, che negli ultimi tempi ha visto crescere i suoi fan, attirati dal suo talento e dall'autenticità, dice di aver usato Pray Tell, il suo personaggio sieropositivo nella serie di FX, come una sorta di suo procuratore. "Sono stato in grado di dire tutto quello che volevo dire attraverso un surrogato", rivela, riconoscendo che nessuno coinvolto nello show aveva idea che stesse parlando della sua stessa vita. "La verità è la cura", ha detto l'attore durante un'intervista all'Hollywood Reporter. Prima della diagnosi, avvenuta grazie a un test di routine a cui si sottoponeva ogni sei mesi, aveva scoperto di essere diabetico ed era finito in bancarotta. "La vergogna di quel periodo, sovrapposta a tutte le altre vergogne che avevo accumulato nel corso della vita, mi aveva tolto la voce. Ho vissuto così per 14 anni". Un periodo terribile per Porter, condizionato sia dalla paura di essere discriminato sul lavoro che dal timore per come la sua gente, persino la sua famiglia, avrebbe reagito alla notizia. "Essere sieropositivo, da dove vengo io, cresciuto in una chiesa pentecostale con una famiglia molto religiosa, è un castigo di Dio". A questo si è aggiunta anche la paura che la madre andasse incontro a nuove persecuzioni, dopo quelle subite per il fatto che il figlio fosse gay. Ma la crisi causata dalla pandemia ha indotto l'artista a ripensare il rapporto con la sua condizione. "Grazie ai progressi della medicina i livelli del virus nel mio sangue non sono più rilevabili. Oggi sono pronto a dire al mondo: ecco qual è l'aspetto di un sieropositivo. Sono sopravvissuto e posso raccontare la mia storia". Nel frattempo Porter sta portando avanti molti progetti per la sua carriera: un libro di memorie autobiografico che dovrebbe uscire entro l'anno, un documentario di Netflix sulla sua vita realizzato insieme a Ryan Murphy,  e una Cenerentola rivisitata in cui Billy avrà l'inedita parte della fata madrina. Un ruolo che ha sollevato non poco clamore e che rende il suo discorso personale ancora più importante: la controversia che lo circonda ci ricorda quanto lavoro deve ancora fare la società in termini di diversità, razzismo e pregiudizio su malattie come l'HIV.
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