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Home » HP Trio » Disney rifiuta di tagliare una scena Lgbtq in Doctor Strange 2 come chiesto dall’Arabia Saudita

Disney rifiuta di tagliare una scena Lgbtq in Doctor Strange 2 come chiesto dall’Arabia Saudita

La pellicola Marvel non è stata vietata ma il regno "sta ancora cercando" di convincere l'azienda a tagliare 12 secondi che si riferiscono a un personaggio omosessuale con due madri

Marianna Grazi
26 Aprile 2022
doctor stange 2

L'Arabia Saudita ha chiesto alla Disney di tagliare una scena Lgbtq dal nuovo film Marvel ma la major rifiuta

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La censura colpisce ancora. O forse no. L’ennesimo caso di una sceneggiatura già vista: l’Arabia Saudita ha chiesto alla Disney di cancellare i “riferimenti Lgbtq” presenti in un film prima prima che questo venga proiettato nel regno. La censura richiesta è relativa a una scena di Doctor Strange nel Multiverso della follia, ultimo film della Marvel la cui uscita è prevista a maggio. Si tratta di “appena 12 secondi”, ha spiegato alla France Presse Nawaf Al-Sabhan, responsabile della classificazione dei film in Arabia Saudita, in cui la supereroina lesbica America Chavez parla delle sue “due mamme”. L’omosessualità, nel Paese, è punita potenzialmente con la pena capitale, dato che qui viene applicata un’interpretazione oltranzista della legge islamica.

BENEDICT CUMBERBATCH, DOCTOR STRANGE
Benedict Cumberbatch torna a vestire i panni del Doctor Strange nell’Universo Marvel

I precedenti

Il funzionario ha smentito i comunicati precedenti secondo cui il film è stato vietato in Arabia. Non è la prima volta, però, che un film Marvel si scontra con le autorità saudite: a novembre i Paesi del Golfo avevano chiesto alcune modifiche al film Mcu The Eternals, dove è raccontata la storia di Phastos – primo supereroe dichiaratamente gay del Marvel Universe – e della sua famiglia; modifiche che non erano state accolte dalla major e il film non era stato proiettato in nessuno di questi Stati, compresa l’Arabia Saudita. Ma tra i precedenti clamorosi – e non troppo lontani nel tempo – riguardanti in generale la Disney si contano anche il remake di Steven Spielberg del musical West Side Story, distribuito sulla piattaforma streaming Disney+, bandito dalla trasmissione negli Emirati a causa della presenza di un presunto personaggio transgender e nel 2019 il caso del finale della saga di Star Wars, L’ascesa di Skywalker, accompagnato nella Penisola dalla censura di una fugace scena di bacio gay.

La risposta della Disney

Xochitl Gomez è la supereroina lesbica -con due mamme- America Chavez nel film Doctor Strange in the Multiverse of Madness

La Disney ha finora rifiutato le modifiche richieste dal regno arabo al sequel di Doctor Strange, la cui uscita è prevista in tutto il mondo la prossima settimana. I tagli ammontano ad “appena 12 secondi” in cui una eroina lesbica, America Chavez, interpretata dall’attrice Xochitl Gomez, si riferisce alle sue “due mamme”. “È solo lei che parla delle sue mamme, perché ha due mamme”, ha detto Alsabhan. “Ed essendo in Medio Oriente, è molto difficile far accettare una cosa del genere”. Poi ha spiegato: “Lo abbiamo rimandato al distributore, e il distributore lo ha mandato alla Disney, e la Disney ci ha detto che non sono disposti ad accettare”. Ma il supervisore ha smentito le notizie secondo cui il film è stato vietato del tutto. “Non sarà mai vietato”, ha puntualizzato all’AFP. “Non c’è motivo di vietare il film. È un semplice montaggio… Finora hanno rifiutato. Ma noi non ci siamo arresi. Stiamo ancora provando”.
Venerdì scorso l’Hollywood Reporter aveva parlato di voci non confermate secondo le quali la proiezione del film sarà vietata in Kuwait. I biglietti in prevendita, intanto, sono stati ritirati dalle piattaforme di acquisto in Arabia Saudita, Kuwait e Qatar, ma non negli Emirati Arabi Uniti. Lunedì 25 aprile, interpellato sul film che ha come protagonista Benedict Cumberbatch, un impiegato di AMC Cinemas in Arabia Saudita ha detto però che era stato “ritirato”.

doctor_strange_america_chavez
In Doctor Strange l’eroina America Chavez è la protagonista di una scena che l’Arabia Saudita, dove l’omosessualità è un reato capitale, ha chiesto di tagliare

La (non) censura cinematografica

L’omosessualità è ufficialmente illegale in tutti i Paesi del Golfo e finora tutti i film in cui erano presenti contenuti Lgbtq+ venivano puntualmente eliminati. A dicembre scorso l’Ufficio di regolamentazione dei media negli Emirati Arabi ha annunciato però una nuova politica: revocata la censura ‘esplicita’ e le pellicole sarebbero nei cinema del Paese nella loro “versione internazionale” originale, ma la visione sarebbe stata consentita solo ai maggiori di 21 anni. L’Arabia Saudita invece, nello specifico, aveva eliminato un divieto decennale di censura da tutti i cinema già alla fine del 2017, come parte di una serie di riforme sociali guidate dal principe ereditario Mohammed bin Salman, volte a scuotere il regno profondamente conservatore. In effetti queste mosse avevano garantito ai Paesi arabi un aumento del 95% rispetto all’anno precedente sulle vendite di biglietti, come riferito dalla rivista Variety a gennaio, totalizzando circa 238 milioni di dollari di incassi nel 2021.

Dipendenti disney contro la legge della Florida
La Disney si è schierata contro la legge della Florida chiamata dai critici “Don’t say gay”, per questo ha perso il suo status fiscale speciale nel distretto di Orlando

Questione Lgbtq-Disney

La posizione della Disney sui diritti Lgbtq sta attirando molte polemiche nell’ultimo periodo anche negli Stati Uniti stessi. Venerdì scorso il governatore della Florida, Ron DeSantis, ha firmato una disposizione che abolisce uno statuto grazie al quale, per mezzo secolo, la compagnia ha agito come un governo locale a Orlando, la sede del parco a tema Disney World. La mossa è stata l’ultimo episodio di una disputa con i funzionari dello Stato, dopo che l’azienda, a marzo, ha aspramente criticato l’approvazione della legge che vieta l’educazione scolastica sull’orientamento sessuale e l’identità di genere.

 

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  • Addio alle distinzioni di genere all’Università di Pisa. Arrivano i bagni ‘genderless’, adottati per superare le categorizzazioni uomo-donna, che identificano il genere, e che possono far sentire a disagio o discriminato chi non si riconosce in quello assegnatogli dalla società. 

“È un atto di civiltà per dichiarare in modo fermo il nostro essere un’Università aperta, in cui la differenza è una ricchezza e le discriminazioni non hanno diritto alla cittadinanza", dichiara il rettore Paolo Mancarella.

Sono 86 quelli attivi dal 29 giugno in tutta l’Università di Pisa, la prima in Toscana e tra le prime in Italia ad adottare questa misura. 

"Mi auguro che sia solo l’inizio di una serie di cambiamenti e che possa essere di ispirazione per le altre università e scuole”, ha commentato Geremia, studente diventato in poco tempo il simbolo della battaglia per l’ottenimento della carriera alias. 

Di Gabriele Masiero e Ilaria Vallerini ✍

#lucenews #lucelanazione #universitàdipisa #unipi #bagnigenderless #genderless #geremia #genderrightsandequality
  • La decisione della Corte suprema americana di abolire il diritto all’aborto come principio costituzionale ha scatenato una vera e propria ondata di terrore anche al di fuori dei confini Usa. Una scelta che ha immediatamente sancito una sorta di condanna per milioni di donne in America ma che ha fatto indignare anche cittadini e cittadine di altri Paesi, non ultimi quelli italiani.

La sola legge 194 non basta più.

Anche se il numero di interruzioni volontarie di gravidanza in Italia continua a scendere e i tassi di abortività sono tra i più bassi al mondo, a spaventare è l’indagine “Mai Dati!” condotta su oltre 180 strutture dalla professoressa Chiara Lalli e da Sonia Montegiove, informatica e giornalista, pubblicata dall’Associazione Luca Coscioni.

Il quadro che emerge è drammatico: sono 31 (24 ospedali e 7 consultori) le strutture sanitarie nazionali con il 100% di personale sanitario obiettore, tra ginecologi, anestesisti, infermieri e OSS. Quasi 50 quelli con una percentuale superiore al 90% e oltre 80 quelli con un tasso di obiezione superiore all’80%.

A rimetterci, come sempre, sono però le persone, le donne.

L
  • “Quando tutti potranno mostrarsi per quello che sono e che sentono senza subire discriminazioni, allora solo a quel punto potremo dire di aver raggiunto l’uguaglianza“. 

A dichiararlo è Sara Lorusso che in occasione del Pride Month ha tradotto questo pensiero nella sua esposizione fotografica “Our Generation”, curata da Marcella Piccinni, in mostra negli spazi dello Student Hotel di Firenze fino a venerdì 8 luglio. 

“In occasione del Pride Month ho deciso di legare insieme diversi progetti fotografici sull’amore queer e non binary, ma anche sulla libertà di espressione del singolo, che ho realizzato nel corso del tempo. A partire da ‘Love is love’, dove ho immortalato i ritratti di coppie queer. ‘Protect love and lovers’ in cui avevo chiesto a diverse coppie di baciarsi in luoghi pubblici che stessero loro a cuore. E poi ‘Our Generation’ che ritrae persone queer e no-binary libere di esprimersi attraverso l’abbigliamento, gli accessori e il trucco”.

L’intervista completa a cura di Ilaria Vallerini è disponibile sul sito ✨

#lucenews #lucelanazione #saralorusso #ourgeneration #queerlove #pridemonth #proudtobepride #studenthotelfirenze
  • Sono tanti gli esperti e gli attivisti americani che si interrogano se la sentenza della Corte Suprema, che elimina il diritto all’aborto negli Usa, potrà avere impatti anche su altri diritti, compresi quelli alla privacy.

I procuratori possono decidere di indagare su qualsiasi donna che sia stata incinta ma non abbia portato a termine la gravidanza, anche in caso di aborti spontanei.

“La differenza tra ora e l’ultima volta che l’aborto è stato illegale negli Stati Uniti è che viviamo in un’era di sorveglianza digitale senza precedenti”.

A dirlo è la direttrice per la sicurezza informatica della Electronic Frontier Foundation Eva Galperin.

Il caso più eclatante è stato quello di Latice Fisher, la donna del Mississippi che nel 2017 era stata accusata di omicidio di secondo grado dopo aver partorito un bambino nato morto nel terzo trimestre perché, nelle settimane precedenti, aveva cercato online informazioni sulle pillole abortive. Non esisteva nessun’altra prova che Fisher avesse comprato le pillole, ma il caso è comunque durato fino al 2020, quando era stato archiviato.

Le autorità possono decidere di chiedere direttamente alle aziende di fornire i dati in loro possesso relativi a specifici utenti. Non si tratta soltanto di Google, Facebook, Instagram, TikTok o Amazon: a raccogliere dati che possono essere potenzialmente incriminanti sono anche i servizi di telefonia mobile, i provider di servizi Internet e qualsiasi app abbia accesso ai dati sulla posizione. Di solito queste informazioni vengono raccolte a fini pubblicitari, ma possono anche essere acquistate da privati o da forze dell’ordine.

Proprio per questo motivo negli ultimi giorni molte donne americane hanno cancellato le applicazioni per il monitoraggio delle mestruazioni dai loro cellulari, che secondo le stime vengono usate da un terzo delle donne statunitensi, nel timore che i dati raccolti sul proprio ciclo mestruale, o altri dettagli legati alla salute riproduttiva, dalle applicazioni possano essere usati contro di loro in future cause penali negli Stati in cui l’aborto è diventato illegale.

Di Edoardo Martini ✍

#lucenews #lucelanazione #dirittoallaborto #dirittoallaprivacy #usa #roevwade
La censura colpisce ancora. O forse no. L'ennesimo caso di una sceneggiatura già vista: l'Arabia Saudita ha chiesto alla Disney di cancellare i "riferimenti Lgbtq" presenti in un film prima prima che questo venga proiettato nel regno. La censura richiesta è relativa a una scena di Doctor Strange nel Multiverso della follia, ultimo film della Marvel la cui uscita è prevista a maggio. Si tratta di "appena 12 secondi", ha spiegato alla France Presse Nawaf Al-Sabhan, responsabile della classificazione dei film in Arabia Saudita, in cui la supereroina lesbica America Chavez parla delle sue "due mamme". L'omosessualità, nel Paese, è punita potenzialmente con la pena capitale, dato che qui viene applicata un'interpretazione oltranzista della legge islamica.
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La risposta della Disney

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L'omosessualità è ufficialmente illegale in tutti i Paesi del Golfo e finora tutti i film in cui erano presenti contenuti Lgbtq+ venivano puntualmente eliminati. A dicembre scorso l’Ufficio di regolamentazione dei media negli Emirati Arabi ha annunciato però una nuova politica: revocata la censura ‘esplicita’ e le pellicole sarebbero nei cinema del Paese nella loro “versione internazionale” originale, ma la visione sarebbe stata consentita solo ai maggiori di 21 anni. L'Arabia Saudita invece, nello specifico, aveva eliminato un divieto decennale di censura da tutti i cinema già alla fine del 2017, come parte di una serie di riforme sociali guidate dal principe ereditario Mohammed bin Salman, volte a scuotere il regno profondamente conservatore. In effetti queste mosse avevano garantito ai Paesi arabi un aumento del 95% rispetto all'anno precedente sulle vendite di biglietti, come riferito dalla rivista Variety a gennaio, totalizzando circa 238 milioni di dollari di incassi nel 2021.
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La Disney si è schierata contro la legge della Florida chiamata dai critici "Don't say gay", per questo ha perso il suo status fiscale speciale nel distretto di Orlando

Questione Lgbtq-Disney

La posizione della Disney sui diritti Lgbtq sta attirando molte polemiche nell'ultimo periodo anche negli Stati Uniti stessi. Venerdì scorso il governatore della Florida, Ron DeSantis, ha firmato una disposizione che abolisce uno statuto grazie al quale, per mezzo secolo, la compagnia ha agito come un governo locale a Orlando, la sede del parco a tema Disney World. La mossa è stata l'ultimo episodio di una disputa con i funzionari dello Stato, dopo che l'azienda, a marzo, ha aspramente criticato l'approvazione della legge che vieta l'educazione scolastica sull'orientamento sessuale e l'identità di genere.  
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