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Home » HP Trio » Francisco Vera, l’attivista colombiano di 11 anni che sfida il mondo per un presente più ‘green’

Francisco Vera, l’attivista colombiano di 11 anni che sfida il mondo per un presente più ‘green’

È ancora un bambino ma ha gi ricevuto minacce di morte sul suo profilo Twitter. Nonostante ciò il giovane naturalista, che fa parte della generazione dei "Friday for Future", continua a portare avanti la battaglia contro il cambiamento climatico

Marianna Grazi
15 Settembre 2021
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Francisco Vera, 11 anni, colombiano, ha una missione: lottare contro la crisi climatica e sensibilizzare l’opinione pubblica sulla questione. Come? Ad esempio piantando centinaia di alberi, ma anche continuando a portare avanti la sua battaglia nonostante le minacce di morte ricevute.

Fa parte della generazione dei “Friday for Future”,  i giovani di tutto il mondo che negli ultimi anni si sono mobilitati per chiedere alle istituzioni, ai governi, alle organizzazioni internazionali e alle multinazionali di prendere decisioni importanti e concrete finalizzate alla salvaguardia del Pianeta. Dalla Colombia, nonostante la giovane età, Francisco si è più volte rivolto al senato del suo Paese e ha organizzato proteste a livello nazionale.

“Possiamo essere tutti guardiani della vita – ha dichiarato il giovane in un’intervista a Reutuers – Siamo la speranza di tutta la società, di tutta l’umanità in fondo, perché nelle nostre mani non c’è solo il futuro, molti dicono che i bambini sono il futuro, noi siamo anche il presente. Oggi ci sono milioni di bambini che chiedono un ambiente sano, un ambiente dignitoso, un presente dignitoso, ed è proprio per questo che le nostre cause, la nostra agenda, ciò che facciamo è il presente, non solo il futuro”.

Un presente fatto di azioni concrete, non solo per l’ambiente – Vera e il suo gruppo di giovani attivisti per l’ambiente hanno piantato più di 200 alberi in diverse città come Bogotà, Villeta (la sua città natale), Pasto, Medellin e Cali – ma in generale per un presente e un futuro più giusti. L’11enne si è anche fatto portavoce della richiesta per un migliore accesso all’istruzione per i bambini durante la pandemia di coronavirus.

Una richiesta alla quale, all’inizio del 2021, il giovane ambientalista si è visto ‘rispondere’ con minacce di morte anonime su Twitter. La notizia ha causato una grande indignazione in Colombia e ha fatto scalpore in tutto il mondo. Ma a 9 mesi di distanza non è stato ancora individuato né fermato il colpevole. E la paura, per Francisco e la sua famiglia, rimane.

Nonostante sia solo un bambino sua madre, Ana Maria Manzanares, sa che l’attivismo di suo figlio lo mette a rischio, soprattutto rispetto a gruppi di persone che vorrebbero il suo silenzio: “Sto sempre in guardia. La minaccia potrebbe non concretizzarsi mai. Ma dal momento in cui te ne parlano, in un paese come la Colombia, ti aspetti che tutto possa accadere in qualsiasi momento”.

Nel 2020, per il secondo anno consecutivo, il paese sudamericano si è classificato al primo posto nel mondo per la mortalità dei difensori dell’ambiente, secondo Global Witness, registrando ben 65 uccisioni. Manzanares ammette che aveva previsto le minacce, ma non si aspettava che arrivassero così presto. Tuttavia non vuole ostacolare la passione del figlio per la natura. Quello che chiede è che venga fatta giustizia.

Ormai noto ambientalista e difensore della straordinaria biodiversità del suo paese, che si estende dalle alte Ande alle coste dei Caraibi e del Pacifico, Francisco Vera non si è fermato, ma continua a portare avanti le sue campagne ‘green’ sui social. E intanto  il governo colombiano gli ha affiancato una guardia del corpo. Quello che tutti si augurano è che presto chi lo ha minacciato di morte possa essere arrestato e che nessuno cerchi più di ostacolare un bambino che ha scelto di battersi per il presente e il futuro di tutti.

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  • "Ora dobbiamo fare di meno, per il futuro".

Torna anche quest’anno l
  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
Francisco Vera, 11 anni, colombiano, ha una missione: lottare contro la crisi climatica e sensibilizzare l’opinione pubblica sulla questione. Come? Ad esempio piantando centinaia di alberi, ma anche continuando a portare avanti la sua battaglia nonostante le minacce di morte ricevute. Fa parte della generazione dei "Friday for Future",  i giovani di tutto il mondo che negli ultimi anni si sono mobilitati per chiedere alle istituzioni, ai governi, alle organizzazioni internazionali e alle multinazionali di prendere decisioni importanti e concrete finalizzate alla salvaguardia del Pianeta. Dalla Colombia, nonostante la giovane età, Francisco si è più volte rivolto al senato del suo Paese e ha organizzato proteste a livello nazionale. "Possiamo essere tutti guardiani della vita – ha dichiarato il giovane in un'intervista a Reutuers – Siamo la speranza di tutta la società, di tutta l’umanità in fondo, perché nelle nostre mani non c’è solo il futuro, molti dicono che i bambini sono il futuro, noi siamo anche il presente. Oggi ci sono milioni di bambini che chiedono un ambiente sano, un ambiente dignitoso, un presente dignitoso, ed è proprio per questo che le nostre cause, la nostra agenda, ciò che facciamo è il presente, non solo il futuro". Un presente fatto di azioni concrete, non solo per l'ambiente – Vera e il suo gruppo di giovani attivisti per l'ambiente hanno piantato più di 200 alberi in diverse città come Bogotà, Villeta (la sua città natale), Pasto, Medellin e Cali – ma in generale per un presente e un futuro più giusti. L'11enne si è anche fatto portavoce della richiesta per un migliore accesso all'istruzione per i bambini durante la pandemia di coronavirus. Una richiesta alla quale, all'inizio del 2021, il giovane ambientalista si è visto 'rispondere' con minacce di morte anonime su Twitter. La notizia ha causato una grande indignazione in Colombia e ha fatto scalpore in tutto il mondo. Ma a 9 mesi di distanza non è stato ancora individuato né fermato il colpevole. E la paura, per Francisco e la sua famiglia, rimane. Nonostante sia solo un bambino sua madre, Ana Maria Manzanares, sa che l'attivismo di suo figlio lo mette a rischio, soprattutto rispetto a gruppi di persone che vorrebbero il suo silenzio: "Sto sempre in guardia. La minaccia potrebbe non concretizzarsi mai. Ma dal momento in cui te ne parlano, in un paese come la Colombia, ti aspetti che tutto possa accadere in qualsiasi momento". Nel 2020, per il secondo anno consecutivo, il paese sudamericano si è classificato al primo posto nel mondo per la mortalità dei difensori dell'ambiente, secondo Global Witness, registrando ben 65 uccisioni. Manzanares ammette che aveva previsto le minacce, ma non si aspettava che arrivassero così presto. Tuttavia non vuole ostacolare la passione del figlio per la natura. Quello che chiede è che venga fatta giustizia. Ormai noto ambientalista e difensore della straordinaria biodiversità del suo paese, che si estende dalle alte Ande alle coste dei Caraibi e del Pacifico, Francisco Vera non si è fermato, ma continua a portare avanti le sue campagne 'green' sui social. E intanto  il governo colombiano gli ha affiancato una guardia del corpo. Quello che tutti si augurano è che presto chi lo ha minacciato di morte possa essere arrestato e che nessuno cerchi più di ostacolare un bambino che ha scelto di battersi per il presente e il futuro di tutti.
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