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Home » HP Trio » Grecia: “Le radici democratiche minacciate dagli uomini in divisa. Rischio dittatura”

Grecia: “Le radici democratiche minacciate dagli uomini in divisa. Rischio dittatura”

Un nuovo rapporto di Amnesty International accusa la polizia della Grecia di fare abitualmente uso di forza eccessiva nei confronti di manifestanti, in larga parte pacifici. Una situazione che va avanti ormai da 9 anni, aggravata oggi dalla pandemia. Ma le autorità rifiutano di riconoscere la dimensione del problema e i mezzi di comunicazione non ne fanno parola

Camilla Prato
18 Maggio 2021
Greek police look on as refugees, holding asylum status, sit on the ground in protest outside the EU offices in Athens on May 27, 2020, against the government's decision for them to leave accomodation provided through EU programs with the cooperation NGO's, by the end of the month of May. - Greece announced that recognised refugees shall leave camps and UNHCR accomodation one month after receiving the asylum status. This, it is believed, will affect more than 7000 refugees. (Photo by Louisa GOULIAMAKI / AFP)

Greek police look on as refugees, holding asylum status, sit on the ground in protest outside the EU offices in Athens on May 27, 2020, against the government's decision for them to leave accomodation provided through EU programs with the cooperation NGO's, by the end of the month of May. - Greece announced that recognised refugees shall leave camps and UNHCR accomodation one month after receiving the asylum status. This, it is believed, will affect more than 7000 refugees. (Photo by Louisa GOULIAMAKI / AFP)

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“Il nuovo governo greco ha ora l’opportunità di riconoscere il livello di violenza da parte delle forze di polizia, di prendere le misure necessarie per garantire che la polizia agisca con moderazione e mostri chiari segni identificativi durante le manifestazioni, nonché di rimediare alle carenze della stessa polizia, degli inquirenti e delle autorità giudiziarie nella conduzione di indagini imparziali ed efficaci, anche procedendo all’istituzione di un meccanismo realmente indipendente per ricevere denunce sull’operato delle forze di polizia. Se non lo farà, ulteriori violazioni dei diritti umani finiranno per essere impunite”. Queste erano state le parole del vicedirettore del ‘Programma Europa e Asia Centrale’ di Amnesty International, David Diaz-Jogeix, nel 2012.

Amnesty, infatti, aveva reso noto come la Grecia, a causa della grave crisi economica (tutt’ora allarmante), avesse adottato severe misure di austerità che avevano alimentato numerose manifestazioni, in maggioranza pacifiche. Nonostante ciò, la polizia aveva soffocato le agitazioni con l’uso della forza, servendosi di sostanze chimiche irritanti e granate stordenti, in violazione degli standard internazionali. Troppo spesso questi abusi di potere sono stati considerati come ‘incidenti isolati’ piuttosto che reali violazioni dei diritti umani. In aggiunta ad arresti e detenzione per lunghi periodi, caratterizzati da ripetute percosse e dal divieto di contattare medici e avvocati. Tutto ciò ha contribuito, nel tempo, alla perdita di fiducia nel sistema giudiziario da parte delle vittime, che molte volte esitano o rinunciano a denunciare.

David Diaz-Jogeix, vicedirettore del ‘Programma Europa e Asia Centrale’ di Amnesty International

I trattamenti disumani riguardavano soprattutto persone sospettate di far parte di gruppi armati locali, ma anche appartenenti a gruppi vulnerabili, come migranti e richiedenti asilo in stato di detenzione, e comunità che vivono ai margini della società. Ancora David Diaz-Jogeix aveva sottolineato che “nessuno è al di sopra della legge, tanto meno le persone che hanno il potere di farla rispettare. Se le autorità greche non considereranno una priorità assoluta le violazioni dei diritti umani commesse dalle forze di polizia e le carenze sistemiche che le consentono, l’impunità continuerà a prevalere“.

E così è stato. Ad oggi, infatti, la situazione si può considerare immutata. A peggiorare le cose ha contribuito la pandemia, che ha costretto la popolazione ad un severo lockdown che dura ormai da oltre cinque mesi, e che prevede il coprifuoco dalle 19. Ai cittadini è richiesto di inviare un sms prima di uscire di casa, al massimo per due ore. Nonostante tutto, le misure adottate dal governo non sembrano fruttare i risultati sperati, dato che i contagi giornalieri sfiorano quota 3000.

 

Le tensioni per le strade, censurate dai media nazionali, sono sempre più frequenti. Il paese sembra stia imboccando la strada verso la dittatura: la polizia è militarizzata e gli arresti sono arbitrari. Negli ultimi mesi si sono registrate più di 40 denunce da parte di cittadini che hanno subito violenze fisiche, ma i canali televisivi e i vari giornali non ne parlano. In molti casi, invece, sono diffuse informazioni false. Uno dei motivi principali deriva dal fatto che nelle casse dei canali televisivi, e di alcuni giornali, siano entrati finanziamenti statali. I social media, di conseguenza, sono diventati l’unico mezzo di informazione libera e sono invasi da richieste di aiuto, anche se spesso anonime, per paura di subire ritorsioni.

Scontri tra la polizia e gruppi di manifestanti per le strade di Atene

Alcuni recenti eventi in cui si è manifestato un’abuso di forza da parte della polizia greca sono quelli avvenuti a Nea Smyrni (quartiere di Atene) e all’università di Salonicco. Gli studenti, che avevano occupato varie sedi universitarie per protestare contro il governo, sono stati barbaramente picchiati. Nel primo caso, invece, la polizia ha fatto irruzione nella piazza centrale multando persone e famiglie che erano sedute o passeggiavano. Due ragazzi si sono avvicinati per chiederne la motivazione e dopo pochi secondi i due poliziotti li hanno colpiti più volte con il manganello. Il tutto sotto gli occhi di adulti e bambini, che sono rimasti profondamente turbati dalla scena.

Molte volte accade che persone presenti a manifestazioni pacifiche vengano sottoposte a violenze e portate in commissariato apparentemente senza una ragione valida. Tra di loro molti minorenni e giovani ragazze, che subiscono violenze verbali e di carattere sessuale da parte dei poliziotti. Resta ora solo da domandarsi se le proteste e le sommosse popolari rappresentino un avvio tortuoso ma necessario al cambiamento oppure costituiscano il lento evolversi della culla della democrazia in un regime dittatoriale.

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Instagram

  • Numerosi attori e musicisti di alto profilo si sono recati in Ucraina da quando è scoppiata la guerra con la Russia nel febbraio 2022. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’attore britannico Orlando Bloom, che ieri ha visitato un centro per bambini e ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev.

“Non mi sarei mai aspettato che la guerra si sarebbe intensificata in tutto il Paese da quando sono stato lì”, ha detto Bloom su Instagram, “Ma oggi ho avuto la fortuna di ascoltare le risate dei bambini in un centro del programma Spilno sostenuto dall’Unicef, uno spazio sicuro, caldo e accogliente dove i bambini possono giocare, imparare e ricevere supporto psicosociale”.

Bloom è un ambasciatore di buona volontà per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef). Il centro di Splino, che è uno dei tanti in Ucraina, offre sostegno ai bambini sfollati e alle loro famiglie, con più di mezzo milione di bambini che ne hanno visitato uno nell’ultimo anno.

La star hollywoodiana ha poi incontrato il presidente Zelensky, con cui ha trattato temi tra cui il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, la creazione di rifugi antiatomici negli istituti scolastici e il supporto tecnico per l’apprendimento a distanza nelle aree in cui è impossibile studiare offline a causa della guerra. L’attore britannico aveva scritto ieri su Instagram, al suo arrivo a Kiev, che i «bambini in Ucraina hanno bisogno di riavere la loro infanzia».

#lucelanazione #lucenews #zelensky #orlandobloom
  • “La vita che stavo conducendo mi rendeva particolarmente infelice e se all’inizio ero entrata in terapia perché volevo accettare il fatto che mi dovessi nascondere, ho avuto poi un’evoluzione e questo percorso è diventato di accettazione di me stessa."

✨Un sorriso contagioso, la spensieratezza dei vent’anni e la bellezza di chi si piace e non può che riflettere quella luce anche al di fuori. La si potrebbe definire una Mulan nostrana Carlotta Bertotti, 23 anni, una ragazza torinese come tante, salvo che ha qualcosa di speciale. E non stiamo parlano del Nevo di Ota che occupa metà del suo volto. Ecco però spiegato un primo punto di contatto con Mulan: l’Oriente, dove è più diffusa (insieme all’Africa) quell’alterazione di natura benigna della pigmentazione della cute intorno alla zona degli occhi (spesso anche la sclera si presenta scura). Quella che appare come una chiazza grigio-bluastra su un lato del volto (rarissimi i casi bilaterali), colpisce prevalentemente persone di sesso femminile e le etnie asiatiche (1 su 200 persone in Giappone), può essere presente alla nascita o apparire durante la pubertà. E come la principessa Disney “fin da piccola ho sempre sentito la pressione di dover salvare tutto, ma forse in realtà dovevo solo salvare me stessa. Però non mi piace stare troppo alle regole, sono ribelle come lei”.

🗣Cosa diresti a una ragazza che ha una macchia come la tua e ti chiede come riuscire a conviverci?�
“Che sono profondamente fiera della persona che vedo riflessa allo specchio tutto i giorni e sono arrivata a questa fierezza dopo che ho scoperto e ho accettato tutti i miei lati, sia positivi che negativi. È molto autoreferenziale, quindi invece se dovessi dare un consiglio è quello che alla fine della fiera il giudizio altrui è momentaneo e tutto passa. L’unica persona che resta e con cui devi convivere tutta la vita sei tu, quindi le vere battaglie sono quelle con te stessa, quelle che vale la pena combattere”.

L’intervista a cura di Marianna Grazi �✍ 𝘓𝘪𝘯𝘬 𝘪𝘯 𝘣𝘪𝘰

#lucenews #lucelanazione #carlottabertotti #nevodiota
  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

#lucenews #lucelanazione #millepare #alessialanza #podcast
  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

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"Il nuovo governo greco ha ora l’opportunità di riconoscere il livello di violenza da parte delle forze di polizia, di prendere le misure necessarie per garantire che la polizia agisca con moderazione e mostri chiari segni identificativi durante le manifestazioni, nonché di rimediare alle carenze della stessa polizia, degli inquirenti e delle autorità giudiziarie nella conduzione di indagini imparziali ed efficaci, anche procedendo all’istituzione di un meccanismo realmente indipendente per ricevere denunce sull’operato delle forze di polizia. Se non lo farà, ulteriori violazioni dei diritti umani finiranno per essere impunite". Queste erano state le parole del vicedirettore del 'Programma Europa e Asia Centrale' di Amnesty International, David Diaz-Jogeix, nel 2012.

Amnesty, infatti, aveva reso noto come la Grecia, a causa della grave crisi economica (tutt'ora allarmante), avesse adottato severe misure di austerità che avevano alimentato numerose manifestazioni, in maggioranza pacifiche. Nonostante ciò, la polizia aveva soffocato le agitazioni con l'uso della forza, servendosi di sostanze chimiche irritanti e granate stordenti, in violazione degli standard internazionali. Troppo spesso questi abusi di potere sono stati considerati come ‘incidenti isolati’ piuttosto che reali violazioni dei diritti umani. In aggiunta ad arresti e detenzione per lunghi periodi, caratterizzati da ripetute percosse e dal divieto di contattare medici e avvocati. Tutto ciò ha contribuito, nel tempo, alla perdita di fiducia nel sistema giudiziario da parte delle vittime, che molte volte esitano o rinunciano a denunciare.

David Diaz-Jogeix, vicedirettore del 'Programma Europa e Asia Centrale' di Amnesty International

I trattamenti disumani riguardavano soprattutto persone sospettate di far parte di gruppi armati locali, ma anche appartenenti a gruppi vulnerabili, come migranti e richiedenti asilo in stato di detenzione, e comunità che vivono ai margini della società. Ancora David Diaz-Jogeix aveva sottolineato che "nessuno è al di sopra della legge, tanto meno le persone che hanno il potere di farla rispettare. Se le autorità greche non considereranno una priorità assoluta le violazioni dei diritti umani commesse dalle forze di polizia e le carenze sistemiche che le consentono, l’impunità continuerà a prevalere".

E così è stato. Ad oggi, infatti, la situazione si può considerare immutata. A peggiorare le cose ha contribuito la pandemia, che ha costretto la popolazione ad un severo lockdown che dura ormai da oltre cinque mesi, e che prevede il coprifuoco dalle 19. Ai cittadini è richiesto di inviare un sms prima di uscire di casa, al massimo per due ore. Nonostante tutto, le misure adottate dal governo non sembrano fruttare i risultati sperati, dato che i contagi giornalieri sfiorano quota 3000.

 

Le tensioni per le strade, censurate dai media nazionali, sono sempre più frequenti. Il paese sembra stia imboccando la strada verso la dittatura: la polizia è militarizzata e gli arresti sono arbitrari. Negli ultimi mesi si sono registrate più di 40 denunce da parte di cittadini che hanno subito violenze fisiche, ma i canali televisivi e i vari giornali non ne parlano. In molti casi, invece, sono diffuse informazioni false. Uno dei motivi principali deriva dal fatto che nelle casse dei canali televisivi, e di alcuni giornali, siano entrati finanziamenti statali. I social media, di conseguenza, sono diventati l’unico mezzo di informazione libera e sono invasi da richieste di aiuto, anche se spesso anonime, per paura di subire ritorsioni.

Scontri tra la polizia e gruppi di manifestanti per le strade di Atene

Alcuni recenti eventi in cui si è manifestato un'abuso di forza da parte della polizia greca sono quelli avvenuti a Nea Smyrni (quartiere di Atene) e all'università di Salonicco. Gli studenti, che avevano occupato varie sedi universitarie per protestare contro il governo, sono stati barbaramente picchiati. Nel primo caso, invece, la polizia ha fatto irruzione nella piazza centrale multando persone e famiglie che erano sedute o passeggiavano. Due ragazzi si sono avvicinati per chiederne la motivazione e dopo pochi secondi i due poliziotti li hanno colpiti più volte con il manganello. Il tutto sotto gli occhi di adulti e bambini, che sono rimasti profondamente turbati dalla scena.

Molte volte accade che persone presenti a manifestazioni pacifiche vengano sottoposte a violenze e portate in commissariato apparentemente senza una ragione valida. Tra di loro molti minorenni e giovani ragazze, che subiscono violenze verbali e di carattere sessuale da parte dei poliziotti. Resta ora solo da domandarsi se le proteste e le sommosse popolari rappresentino un avvio tortuoso ma necessario al cambiamento oppure costituiscano il lento evolversi della culla della democrazia in un regime dittatoriale.

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