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Home » HP Trio » Grenoble, il tribunale sospende l’autorizzazione a indossare il burkini nelle piscine pubbliche

Grenoble, il tribunale sospende l’autorizzazione a indossare il burkini nelle piscine pubbliche

Secondo i giudici amministrativi gli autori del nuovo regolamento hanno "seriamente minato il principio di neutralità del servizio pubblico"

Marianna Grazi
26 Maggio 2022
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È durata meno di 10 giorni l’ordinanza del consiglio cittadino di Grenoble che consentiva alle donne di indossare il burkini nelle piscine della città. Doveva entrare in vigore il prossimo primo giugno, ma non ha fatto in tempo. Il tribunale amministrativo ha deciso di sospenderla, mercoledì 25 maggio, ritenendo che gli autori di questo nuovo regolamento abbiano “seriamente minato il principio di neutralità del servizio pubblico”. Insomma la laicità dello Stato deve sempre prevalere sulla libertà delle donne musulmane di indossare il costume tradizionale per accedere ai luoghi di svago pubblici.

L’ordinanza 

Francia-burkini-polemiche
Nelle piscine di Grenoble, in Francia, le donne possono usare il burkini

Il nuovo provvedimento, che avrebbe consentito, tra le altre cose, alle donne di fede islamica di indossare negli impianti pubblici il costume intero che lascia scoperti solo il volto, le mani e i piedi, era stato sostenuto dalla maggioranza del sindaco ecologista di Grenoble, Eric Piolle, anche se era passato con una maggioranza risicata (29 voti a favore, 27 contro e due astensioni). La decisione del consiglio comunale era seguita alle proteste portate avanti tre anni prima da un’associazione di cittadine musulmane, che avevano organizzato manifestazioni e “gesti di disobbedienza civile” contro un divieto definito “discriminatorio” nei loro confronti. In molte città francesi, nel corso degli anni ma soprattutto dopo l’attentato terroristico di Nizza del 2016, ad opera di un fondamentalista islamico, erano state emesse ordinanze che vietavano alle cittadine musulmane di indossare il velo e il burkini nelle spiagge e nelle piscine cittadine, in una sorta di fobia collettiva contro tutto ciò che richiamava il credo religioso. 

Il referendum ‘laico’

Oltre alle proteste, scatenatesi in particolare sul web ma anche negli ambienti istituzionali – persino dall’ufficio del presidente Macron –, contro l’ordinanza del comune di Grenoble è stato presentato un “referendum laico” da parte del prefetto dell’Isère, su mandato del ministro dell’Interno, Gérald Darmanin che chiedeva la sospensione di questa controversa misura. Il principio della richiesta era stato annunciato già il 15 maggio, alla vigilia dell’esame da parte del consiglio comunale del nuovo regolamento per le piscine comunali che avrebbe aperto all’utilizzo del burkini, ma anche all’ingresso in topless per le donne e ai costumi da bagno anti-UV per tutti. Ed è stato proprio il numero uno del dicastero con sede a Place Beauvau ad annunciare la sentenza dall’account Twitter ufficiale: i giudici del tribunale amministrativo hanno osservato che l’articolo in questione consente “a determinate persone di derogare alla regola generale dell’obbligo di indossare indumenti aderenti per motivi religiosi”, e in questo modo l’amministrazione comunale ha quindi “gravemente compromesso il principio di neutralità del servizio pubblico“.
Il ministro Darmanin ha accolto con favore la decisione, salutandola come “un’ottima notizia”. “A seguito del nostro ricorso, il tribunale amministrativo sospende la delibera dell’ufficio del sindaco di Grenoble che autorizza il “burkini” nelle piscine comunali grazie agli strumenti della legge sul separatismo voluta da Emmanuel Macron!”, si è rallegrato.

Je me félicite que la justice ait suspendu la disposition municipale de la ville de Grenoble autorisant le burkini, habit de propagande islamiste. Nous restons vigilants et nos députés proposeront une loi pour l’interdire définitivement.

— Marine Le Pen (@MLP_officiel) May 25, 2022

Anche la leader di Rassemblement National Marine Le Pen ha accolto con favore la decisione e ha descritto il burkini come “abbigliamento di propaganda islamica“. “Restiamo vigili e i nostri deputati proporranno una legge per vietarlo in modo permanente”, ha aggiunto. Intanto il sindaco dei Verdi Eric Piolle, in un breve messaggio postato su Twitter ha annunciato poco dopo la sentenza che la città “farà ricorso al Consiglio di Stato“.

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  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
È durata meno di 10 giorni l'ordinanza del consiglio cittadino di Grenoble che consentiva alle donne di indossare il burkini nelle piscine della città. Doveva entrare in vigore il prossimo primo giugno, ma non ha fatto in tempo. Il tribunale amministrativo ha deciso di sospenderla, mercoledì 25 maggio, ritenendo che gli autori di questo nuovo regolamento abbiano "seriamente minato il principio di neutralità del servizio pubblico". Insomma la laicità dello Stato deve sempre prevalere sulla libertà delle donne musulmane di indossare il costume tradizionale per accedere ai luoghi di svago pubblici.

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Il nuovo provvedimento, che avrebbe consentito, tra le altre cose, alle donne di fede islamica di indossare negli impianti pubblici il costume intero che lascia scoperti solo il volto, le mani e i piedi, era stato sostenuto dalla maggioranza del sindaco ecologista di Grenoble, Eric Piolle, anche se era passato con una maggioranza risicata (29 voti a favore, 27 contro e due astensioni). La decisione del consiglio comunale era seguita alle proteste portate avanti tre anni prima da un’associazione di cittadine musulmane, che avevano organizzato manifestazioni e “gesti di disobbedienza civile” contro un divieto definito “discriminatorio” nei loro confronti. In molte città francesi, nel corso degli anni ma soprattutto dopo l'attentato terroristico di Nizza del 2016, ad opera di un fondamentalista islamico, erano state emesse ordinanze che vietavano alle cittadine musulmane di indossare il velo e il burkini nelle spiagge e nelle piscine cittadine, in una sorta di fobia collettiva contro tutto ciò che richiamava il credo religioso. 

Il referendum 'laico'

Oltre alle proteste, scatenatesi in particolare sul web ma anche negli ambienti istituzionali – persino dall'ufficio del presidente Macron –, contro l'ordinanza del comune di Grenoble è stato presentato un "referendum laico" da parte del prefetto dell'Isère, su mandato del ministro dell'Interno, Gérald Darmanin che chiedeva la sospensione di questa controversa misura. Il principio della richiesta era stato annunciato già il 15 maggio, alla vigilia dell'esame da parte del consiglio comunale del nuovo regolamento per le piscine comunali che avrebbe aperto all'utilizzo del burkini, ma anche all'ingresso in topless per le donne e ai costumi da bagno anti-UV per tutti. Ed è stato proprio il numero uno del dicastero con sede a Place Beauvau ad annunciare la sentenza dall’account Twitter ufficiale: i giudici del tribunale amministrativo hanno osservato che l'articolo in questione consente "a determinate persone di derogare alla regola generale dell'obbligo di indossare indumenti aderenti per motivi religiosi", e in questo modo l'amministrazione comunale ha quindi "gravemente compromesso il principio di neutralità del servizio pubblico". Il ministro Darmanin ha accolto con favore la decisione, salutandola come "un'ottima notizia". "A seguito del nostro ricorso, il tribunale amministrativo sospende la delibera dell'ufficio del sindaco di Grenoble che autorizza il "burkini" nelle piscine comunali grazie agli strumenti della legge sul separatismo voluta da Emmanuel Macron!", si è rallegrato.

Je me félicite que la justice ait suspendu la disposition municipale de la ville de Grenoble autorisant le burkini, habit de propagande islamiste. Nous restons vigilants et nos députés proposeront une loi pour l’interdire définitivement.

— Marine Le Pen (@MLP_officiel) May 25, 2022
Anche la leader di Rassemblement National Marine Le Pen ha accolto con favore la decisione e ha descritto il burkini come "abbigliamento di propaganda islamica". "Restiamo vigili e i nostri deputati proporranno una legge per vietarlo in modo permanente", ha aggiunto. Intanto il sindaco dei Verdi Eric Piolle, in un breve messaggio postato su Twitter ha annunciato poco dopo la sentenza che la città "farà ricorso al Consiglio di Stato".
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