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Guerra Ucraina: Alisa, Polina e ora anche il suo fratellino. Aumentano le vittime della strage

di MARIANNA GRAZI -
4 marzo 2022
Progetto senza titolo

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Anche il fratellino di 5 anni di Polina, la bambina di 10 anni uccisa nei giorni scorsi a Kiev durante il bombardamento della capitale ucraina, è morto dopo essere stato ricoverato in terapia intensiva per le ferite riportate. A darne notizia il britannico Telegraph, che spiega che il bimbo, Semyon, era stato trasportato d'urgenza in ospedale insieme con l'altra sorella più grande Sofia, 13 anni, che resta sempre in gravi condizioni. La guerra in Ucraina, intanto, prosegue. E a farne le spese sono sempre più bambini. Vittime innocenti di una follia adulta. Qualche giorno fa avevamo raccontato la vicenda di Alisa e, appunto, Polina, due bambine uccise nei bombardamenti e negli scontri in corso nel Paese. Ma da allora il bilancio delle vittime ha continuato ad aggravarsi, anche se non ci sono cifre certe. L'Ucraina non ha sinora fornito un bilancio per quanto riguarda le perdite tra le sue fila ma la cifra si avvicina a quella dichiarata dai servizi di emergenza: oltre 2mila i civili rimasti uccisi dall'inizio dell'invasione russa il 24 febbraio. Centinaia di strutture, fra cui case, reti dei trasporti, ospedali, asili d'infanzia sono state distrutte. Di certo, insomma, non c'è nulla, se non la morte e la distruzione. Lo si sente dire spesso. Ma altrettanto certo è che le due bambine e il piccolo, di appena 5 anni, non meritassero di morire così, in una strage silenziosa che al fragore delle bombe risponde con un giovane cuore che smette di battere per sempre.
Un bambino alza verso il cielo il disegno di un angelo con i colori della bandiera ucraina (UNICEF)

Alisa e Polina: vittime di una strage silenziosa

Polina la bambina di 8 anni uccisa in uno scontro a fuoco insieme ai suoi genitori in un attacco russo, Kiev 28 febbraio 2022 (Twitter)

Alisa Hlans, appena 7 anni, stava giocando con i suoi amici quando la sua scuola elementare è stata colpita da un raid russo venerdì 25 febbraio, nel secondo giorno dell'attacco all'Ucraina. La piccola è stata una delle sei vittime del bombardamento che ha colpito il villaggio di Okhtyrka, vicino al confine nordorientale. Uccisa mentre stava facendo quello che tutti i bimbi della sua età dovrebbero poter fare in totale sicurezza: giocare, divertirsi, vivere in maniera gioiosa quello che la vita, ogni giorno, ti presenta davanti. Anche se si tratta della guerra, trovare un modo per distrarsi comportandosi nel modo più naturale possibile. Perché i bambini non dovrebbero, non devono mai essere coinvolti un un conflitto. I medici hanno tentato in tutti i modi di salvarla, ma la bambina è morta il giorno dopo in ospedale.
Polina, 10 anni, invece frequentava l'ultimo anno della scuola primaria a Kiev. Secondo le autorità, è stata uccisa insieme ai suoi genitori, Anton Kudrin e Svetlana Zapadynskaya, in uno scontro a fuoco provocato da un attacco russo. La famiglia si sarebbe ritrovata nel mezzo di un blitz delle forze speciali russe nella capitale ucraina, con l'obiettivo di sabotare centri nevralgici e individuare obiettivi da centrare con raid aerei e missilistici, ed è stata colpita mentre si trovava in strada. Il fratello e la sorella di Polina, erano stati ricoverati all'Okhmatdyt Children's Hospital dove purtroppo il piccolo Semyon è deceduto nelle scorse ore. Ora l'ultima speranza è appesa ad un filo. Se Sofia, 13 anni, riuscirà a salvarsi, quello che scoprirà al suo risveglio sarà altrettanto tragico. Scoprirsi orfana, senza più una famiglia, nel bel mezzo di una guerra.

Bambini in fuga

Una bambina ucraina in braccio alla madre. La loro casa è stata distrutta dai bombardamenti russi (UNICEF)

Tra gli oltre 500mila profughi che, secondo l'Unhcr, stanno cercando di abbandonare l'Ucraina fin dalle prime ore del conflitto si sono contati centinaia di bambini e ragazzi, in fuga dalla guerra, dalle bombe, dai missili, in cerca di un futuro altrove, lontani dai loro cari. Iconiche ad esempio le immagini del padre che scoppia in lacrime mentre saluta la figlia piccola in partenza su un autobus verso una safety zone, o quello che, sul vetro appannato del pullman che sta per portare via la sua bambina disegna un cuore, simbolo del suo amore infinito verso la ragazza, che forse non rivedrà più. Sui social e sui media di tutto il mondo si inseguono le foto e i video delle lunghe carovane di famiglie, di donne e bambini - perché a tutti gli uomini tra i 18 e i 60 anni è proibito uscire dal Paese - che camminano trascinandosi verso i confini della Polonia e degli altri Stati vicini.

Una giovane mamma tiene in braccio il suo bambino, mentre attendono di poter fuggire in treno dall'Ucraina (UNICEF)

C'è il piccolo Mark, ad esempio, che in un video straziante, diffuso dal The Guardian, viene intervistato in auto mentre lascia Kiev. Mentre parla con il giornalista scoppia in un pianto disperato: “Abbiamo lasciato papà a Kiev - dice -. Papà ora venderà alcune cose e aiuterà i nostri eroi, il nostro esercito. Potrebbe anche combattere”. Volti, storie, parole che raccontano vicende indelebili, che li segneranno per tutta la vita. Ma c'è chi, questa storia, la sua storia, non la potrà più vivere, o raccontare. Come Alisa e Polina, come gli altri piccoli uccisi. I loro drammatici casi, riportati dalla Bbc, circolano in queste ore sui media internazionali, a testimonianza degli effetti brutali del conflitto anche per la popolazione civile. Ma la maggior parte delle vittime resta ancora senza nome.