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Home » HP Trio » Il prof diventa professoressa: Andrea Perinetti si presenta ai suoi studenti “per quella che sono”

Il prof diventa professoressa: Andrea Perinetti si presenta ai suoi studenti “per quella che sono”

Al liceo classico Botta di Ivrea è un'istituzione: ex studente, docente da un quarto di secolo di latino e greco. Nel 2008 il coming ot con la sua famiglia e l'inizio del percorso di transizione. Poi per Andrea la decisione di fare un passo ulteriore: "Da oggi mi presenterò in classe nelle vesti della persona che ho sempre sentito di essere, una donna"

Marianna Grazi
30 Settembre 2021
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“Il passato fa parte della mia storia personale, ma io volevo essere pienamente me stessa e l’ho fatto quando ho dato via tutti i vestiti da uomo, che usavo solo a scuola”. Non rinnega quello che è stata, ma il 13 settembre Andrea Perinetti è entrata in classe con gli abiti femminili, come docente al liceo classico Carlo Botta di Ivrea. “Da oggi mi presenterò in classe nelle vesti della persona che ho sempre sentito di essere: la professoressa Andrea Perinetti” ha spiegato ai suoi studenti, prima di iniziare la lezione.

Lei, tra i corridoi del liceo, è un’istituzione: “Ho 61 anni, sono un’ex allieva di questo istituto e da un quarto di secolo sono docente, qui, di latino e greco. Per tutto questo tempo ho vestito i panni maschili, ma è stata una sofferenza e ora che da un paio d’anni ho iniziato il mio percorso di transizione ho deciso di parlarne a tutti e di mostrarmi per quello che sono“. Una rivelazione sorprendente, su cui Andrea ha riflettuto a lungo prima di compiere quel grande passo, che sa di rinascita.

Alle spalle un matrimonio e due figli grandi, Perinetti ha fatto coming out nel 2008, presentandosi alla famiglia e agli amici come donna, “quando la società non era quella di adesso”. Da lì ha preso il via il suo percorso di transizione: “Sui documenti, per il momento, sono ancora Andrea, anche se è un nome sdoganato anche al femminile per mia fortuna” ha spiegato al quotidiano Repubblica la docente. Il percorso è iniziato con la divisione dei vestiti nell’armadio: quelli femminili, indossati quotidianamente nel privato, da una parte; dall’alta abiti maschili “che mettevo solo per andare a scuola”, spiega. Poi però, con le cure ormonali, il suo corpo che è cambiato, anche nella su testa è scattato qualcosa.

“Avevo pensato di affrontare questo cambiamento andando in un’altra scuola dove presentarmi subito come donna. Invece ho deciso di dare una testimonianza di autenticità ai miei studenti“. E proprio da loro ha preso la forza e l’ispirazione; una studentessa, infatti, le ha rivelato di non riuscire a parlare della propria omosessualità ai genitori. Colpita dalla sua storia anche la docente ha deciso di smettere di nascondersi. “L’ho fatto soprattutto per i ragazzi, che in questa fase della loro vita sono alla ricerca della loro identità, non per forza di genere. Devono capire chi sono e chi vogliono diventare: meritano sincerità e autenticità da parte di chi deve dare loro l’esempio”.

La dirigente scolastica dell’istituto è stata la prima a conoscere la sua volontà di presentarsi come donna e l’ha accolta mostrandosi aperta nei suoi confronti, qualunque fosse stata la sua scelta, come persona e come professionista. “Molti colleghi avevano già capito e mi hanno chiesto perché ci ho messo così tanto ad aprirmi”. Poi lo scoglio dei suoi studenti e dei genitori, forse il più grande. Ma anche in questo caso non poteva chiedere reazioni migliori: “Non mi aspettavo così tanti messaggi anche di genitori ed ex allievi: quasi tutti hanno detto che ho avuto forza e coraggio, ma è stata piuttosto una mia necessità di vita. Tutti abbiamo diritto ad essere felici e volevo essere una testimonianza”.

E anche le poche contrarie sono state subito spazzate via dall’affetto e dalla vicinanza dei suoi amati alunni: “Sono usciti dei post, pochi, e un trafiletto con espressioni transfobiche e sono stati i ragazzi ad arrabbiarsi, a me è scivolato via”. Così, come qualsiasi anno scolastico, le lezioni sono ricominciate nella normalità, tra interrogazioni, spiegazioni e anche qualche brutto voto. Come se nulla fosse cambiato, “semplicemente adesso sono molto più felice anche sul posto di lavoro”, conclude Andrea. Perché, in effetti, non è l’abito a fare il monaco, come dice il proverbio. Ma nemmeno il professore o la professoressa, potremmo aggiungere.

 

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  • Aumentano, purtroppo, gli episodi di bullismo e cyberbullismo. 

I minori vittime di prepotenze nella vita reale, o che le abbiano subite qualche volta sono il 54%, contro il 44% del 2020. Un incremento significativo, di ben 10 punti, che deve spingerci a riflettere. 

Per quanto riguarda il cyber bullismo, il 31% dei minori ne è stato vittima almeno una volta, contro il 23% del 2020. Il fenomeno sembra interessare più i ragazzi delle ragazze sia nella vita reale (il 57% dei maschi è stato vittima di prepotenze, contro il 50% delle femmine) sia in quella virtuale (32% contro 29%). Nel 42% si tratta di offese verbali, ma sono frequenti anche violenze fisiche (26%) e psicologiche (26%).

Il 52% è pienamente consapevole dei reati che commette se intraprende un’azione di bullismo usando internet o lo smartphone, il 14% lo è abbastanza, ma questo non sembra un deterrente. Un 26%, invece, dichiara di non saperne nulla della gravità del reato. Intervistati, con risposte multiple, sui motivi che spingono ad avere comportamenti di prepotenza o di bullismo nei confronti degli altri, il 54% indica il body shaming. 

Mentre tra i motivi che spingono i bulli ad agire in questo modo, il 50% afferma che così dimostra di essere più forte degli altri, il 47% si diverte a mettere in ridicolo gli altri, per il 37% il bullo si comporta in questo modo perché gli piace che gli altri lo temano.

Ma come si comportano se assistono a episodi di bullismo? Alla domanda su come si comportano i compagni quando assistono a queste situazioni, solo il 34% risponde “aiutano la vittima”, un dato che nel 2020 era il 44%. 

Un calo drastico, che forse potrebbe essere spiegato con una minore empatia sociale dovuta al distanziamento sociale e al lockdown, che ha impedito ai minori di intessere relazioni profonde. Migliora, invece, la percentuale degli insegnanti che, rendendosi conto di quanto accaduto, intervengono prontamente (46% contro il 40% del 2020). Un 7%, però, dichiara che i docenti, sebbene si rendano conto di quanto succede, non fanno nulla per fermare le prepotenze.

I giovanissimi sono sempre più iperconessi, ma sono ancora in grado di legarsi?

#lucenews #giornatacontroilbullismo
  • “Non sono giorni facilissimi, il dolore va e viene: è molto difficile non pensare a qualcosa che ti fa male”. Camihawke, al secolo Camilla Boniardi, una delle influencer più amate del web si mette ancora una volta a nudo raccontando le sue insicurezze e fragilità. In un post su Instagram parla della tricodinia. 

“Se fosse tutto ok, per questa tricodinia rimarrebbe solo lo stress come unica causa e allora dovrò modificare qualcosa nella mia vita. Forse il mio corpo mi sta parlando e devo dargli ascolto."

La tricodinia è una sensazione dolorosa al cuoio capelluto, accompagnata da un bruciore o prurito profondo che, in termini medici, si chiama disestesia. Può essere transitoria o diventare cronica, a volte perfino un gesto quotidiano come pettinarsi o toccarsi i capelli può diventare molto doloroso. Molte persone – due pazienti su tre sono donne – lamentano formicolii avvertiti alla radice, tra i follicoli e il cuoio capelluto. Tra le complicazioni, la tricodinia può portare al diradamento e perfino alla caduta dei capelli. 

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  • Dai record alle prime volte all’attualità, la 65esima edizione dei Grammy Awards non delude quanto a sorprese. 

Domenica 5 febbraio, in una serata sfavillante a Los Angeles, la cerimonia dell’Oscare della musica della Recording Academy ha fatto entusiasmare sia per i big presenti sia per i riconoscimenti assegnati. 

Intanto ad essere simbolicamente premiate sono state le donne e i manifestanti contro la dittatura della Repubblica Islamica: “Baraye“, l’inno delle proteste in Iran, ha vinto infatti il primo Grammy per la canzone che ispira cambiamenti sociali nel mondo. Ad annunciarlo dal palco è stata nientemeno che  la first lady americana Jill Biden.

L’autore, il 25enne Shervin Hajipour, era praticamente sconosciuto quando è stato eliminato dalla versione iraniana di American Idol, ma la sua canzone è diventata un simbolo delle proteste degli ultimi mesi in Iran evocando sentimenti di dolore, rabbia, speranza e desiderio di cambiamento. Hajipour vive nel Paese in rivolta ed è stato arrestato dopo che proprio questo brano, a settembre, è diventata virale generando oltre 40 milioni di click sul web in 48 ore.

#lucenews #grammyawards2023 #shervinhajipour #iran
"Il passato fa parte della mia storia personale, ma io volevo essere pienamente me stessa e l'ho fatto quando ho dato via tutti i vestiti da uomo, che usavo solo a scuola". Non rinnega quello che è stata, ma il 13 settembre Andrea Perinetti è entrata in classe con gli abiti femminili, come docente al liceo classico Carlo Botta di Ivrea. "Da oggi mi presenterò in classe nelle vesti della persona che ho sempre sentito di essere: la professoressa Andrea Perinetti" ha spiegato ai suoi studenti, prima di iniziare la lezione. Lei, tra i corridoi del liceo, è un'istituzione: "Ho 61 anni, sono un'ex allieva di questo istituto e da un quarto di secolo sono docente, qui, di latino e greco. Per tutto questo tempo ho vestito i panni maschili, ma è stata una sofferenza e ora che da un paio d'anni ho iniziato il mio percorso di transizione ho deciso di parlarne a tutti e di mostrarmi per quello che sono". Una rivelazione sorprendente, su cui Andrea ha riflettuto a lungo prima di compiere quel grande passo, che sa di rinascita. Alle spalle un matrimonio e due figli grandi, Perinetti ha fatto coming out nel 2008, presentandosi alla famiglia e agli amici come donna, "quando la società non era quella di adesso". Da lì ha preso il via il suo percorso di transizione: "Sui documenti, per il momento, sono ancora Andrea, anche se è un nome sdoganato anche al femminile per mia fortuna" ha spiegato al quotidiano Repubblica la docente. Il percorso è iniziato con la divisione dei vestiti nell'armadio: quelli femminili, indossati quotidianamente nel privato, da una parte; dall'alta abiti maschili "che mettevo solo per andare a scuola", spiega. Poi però, con le cure ormonali, il suo corpo che è cambiato, anche nella su testa è scattato qualcosa. "Avevo pensato di affrontare questo cambiamento andando in un'altra scuola dove presentarmi subito come donna. Invece ho deciso di dare una testimonianza di autenticità ai miei studenti". E proprio da loro ha preso la forza e l'ispirazione; una studentessa, infatti, le ha rivelato di non riuscire a parlare della propria omosessualità ai genitori. Colpita dalla sua storia anche la docente ha deciso di smettere di nascondersi. "L'ho fatto soprattutto per i ragazzi, che in questa fase della loro vita sono alla ricerca della loro identità, non per forza di genere. Devono capire chi sono e chi vogliono diventare: meritano sincerità e autenticità da parte di chi deve dare loro l'esempio". La dirigente scolastica dell'istituto è stata la prima a conoscere la sua volontà di presentarsi come donna e l'ha accolta mostrandosi aperta nei suoi confronti, qualunque fosse stata la sua scelta, come persona e come professionista. "Molti colleghi avevano già capito e mi hanno chiesto perché ci ho messo così tanto ad aprirmi". Poi lo scoglio dei suoi studenti e dei genitori, forse il più grande. Ma anche in questo caso non poteva chiedere reazioni migliori: "Non mi aspettavo così tanti messaggi anche di genitori ed ex allievi: quasi tutti hanno detto che ho avuto forza e coraggio, ma è stata piuttosto una mia necessità di vita. Tutti abbiamo diritto ad essere felici e volevo essere una testimonianza". E anche le poche contrarie sono state subito spazzate via dall'affetto e dalla vicinanza dei suoi amati alunni: "Sono usciti dei post, pochi, e un trafiletto con espressioni transfobiche e sono stati i ragazzi ad arrabbiarsi, a me è scivolato via". Così, come qualsiasi anno scolastico, le lezioni sono ricominciate nella normalità, tra interrogazioni, spiegazioni e anche qualche brutto voto. Come se nulla fosse cambiato, "semplicemente adesso sono molto più felice anche sul posto di lavoro", conclude Andrea. Perché, in effetti, non è l'abito a fare il monaco, come dice il proverbio. Ma nemmeno il professore o la professoressa, potremmo aggiungere.  
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