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Home » HP Trio » In Austria arriva la legge sul suicidio assistito: via libera dalla Corte Costituzionale

In Austria arriva la legge sul suicidio assistito: via libera dalla Corte Costituzionale

A potersi sottoporre alla procedura saranno solo persone adulte, malati terminali o che si trovano in una condizione di malattia irreversibile e debilitante, dopo il via libera di due medici

Marianna Grazi
3 Gennaio 2022
Man in serious condition lies on hospital bed, his hand is sympathetically held. Severe illness in hospital setting concept

Man in serious condition lies on hospital bed, his hand is sympathetically held. Severe illness in hospital setting concept

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Liberarsi dalla sofferenza, da quella che in Italia qualcuno ha definito una tortura, d’ora in poi sarà un po’ più semplice. O perlomeno legale, almeno in Austria. Nel Paese è infatti entrata in vigore una legge che permette, a specifiche condizioni e in casi ben delineati, il suicidio assistito. Si tratta, quindi, dell’opzione in cui il paziente si auto-somministra il farmaco letale: da sabato scorso, 1 gennaio 2022, i malati terminali o coloro che si trovano in una condizione di malattia irreversibile e debilitante, possono scegliere di adottare disposizioni per la cosiddetta morte assistita.

In Austria via libero al suicidio assistito per gli adulti, rimane illegale invece l’eutanasia

Già legale nella vicina Svizzera, è stata anche depenalizzata in diversi Paesi europei, tra cui Spagna, Belgio e Paesi Bassi. Il Parlamento austriaco ha approvato la nuova legge a dicembre, dopo una sentenza della Corte Costituzionale sulla questione. Un po’ come accaduto nel nostro Paese insomma, dove l’ultimo tassello sul tema dell’aiuto al suicidio era stato apposto dalla scriminante ad hoc introdotta dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 242/2019 sul cosiddetto “caso dj Fabo”. Tuttavia da allora in Italia di passi avanti ce ne sono stati ben pochi, con un disegno di legge che giace semi sepolto in Parlamento e l’incognita referendaria per la primavera prossima, vera svolta in caso di successo.

La pratica del suicidio assistito, in Austria, sarà strettamente regolata, con ogni caso valutato da due medici, uno dei quali esperto di medicina palliativa. Dai funzionari del governo arriva anche la notizia che l’esecutivo ha anche stanziato fondi per sviluppare proprio le cure palliative per assicurare che nessuno scelga di morire quando sono disponibili altre opzioni. Inoltre la legge riguarda solo questa opzione, mentre l’assistenza attiva al suicidio (l’eutanasia) rimarrà illegale, e le nuove regole escludono  esplicitamente dai soggetti che possono accedervi i minori o le persone con disturbi mentali.

Per quanto riguarda la procedura, gli adulti che vorranno porre fine alla loro vita dovranno presentare una diagnosi ad hoc e avere la conferma che siano in grado di prendere spontaneamente e con coscienza le proprie decisioni. Insomma la cosiddetta facoltà di intendere e di volere. Dopo aver ottenuto l’approvazione dei due medici, i pazienti dovranno aspettare 12 settimane per riflettere sulla loro decisione o due settimane per chi è affetto da una malattia terminale. Dopo questo periodo di ‘riflessione’ se ancora decisi a procedere potranno ottenere i farmaci letali in una farmacia, dopo averne dato notifica a un avvocato o a un notaio. Per prevenire gli abusi, i nomi delle farmacie che vendono questi farmaci saranno rivelati solo ai legali che riceveranno queste notifiche, e non saranno pubblicizzati.

Il Parlamento austriaco ha approvato la legge sul suicidio assistito

Fino ad ora, secondo la legge austriaca, chiunque abbia indotto o aiutato qualcuno a togliersi la vita rischiava fino a cinque anni di carcere. Poi, l’anno scorso, il divieto assoluto di morte assistita è stato revocato da una corte federale, in quanto –come stabilito dalla stessa– “violava il diritto all’autodeterminazione“. Tuttavia la pena rimarrà in vigore nei casi di eutanasia, per coloro che determineranno attivamente la morte di un’altra persona su sua “seria ed enfatica richiesta”. Prima che le nuove regole fossero approvate dal Parlamento, però, alcuni oppositori politici sostenevano che queste ponessero troppi ostacoli a coloro che cercavano la morte assistita, mentre altri sostenevano l’esatto opposto, che le restrizioni erano invece troppo poche e che una valutazione psichiatrica non era sufficiente per valutare la capacità decisionale dei pazienti. Comunque sia la legge è ormai entrata in vigore e per tutti coloro che ne troveranno giovamento e per i loro cari, nel rispetto ovviamente della vita stessa ma anche della persona, prima di tutto, sarà una conquista di libertà che ha un valore infinitamente più grande della discussione politica.

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  • "Ora dobbiamo fare di meno, per il futuro".

Torna anche quest’anno l
  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
Liberarsi dalla sofferenza, da quella che in Italia qualcuno ha definito una tortura, d'ora in poi sarà un po' più semplice. O perlomeno legale, almeno in Austria. Nel Paese è infatti entrata in vigore una legge che permette, a specifiche condizioni e in casi ben delineati, il suicidio assistito. Si tratta, quindi, dell'opzione in cui il paziente si auto-somministra il farmaco letale: da sabato scorso, 1 gennaio 2022, i malati terminali o coloro che si trovano in una condizione di malattia irreversibile e debilitante, possono scegliere di adottare disposizioni per la cosiddetta morte assistita.
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Il Parlamento austriaco ha approvato la legge sul suicidio assistito
Fino ad ora, secondo la legge austriaca, chiunque abbia indotto o aiutato qualcuno a togliersi la vita rischiava fino a cinque anni di carcere. Poi, l'anno scorso, il divieto assoluto di morte assistita è stato revocato da una corte federale, in quanto –come stabilito dalla stessa– "violava il diritto all'autodeterminazione". Tuttavia la pena rimarrà in vigore nei casi di eutanasia, per coloro che determineranno attivamente la morte di un'altra persona su sua "seria ed enfatica richiesta". Prima che le nuove regole fossero approvate dal Parlamento, però, alcuni oppositori politici sostenevano che queste ponessero troppi ostacoli a coloro che cercavano la morte assistita, mentre altri sostenevano l'esatto opposto, che le restrizioni erano invece troppo poche e che una valutazione psichiatrica non era sufficiente per valutare la capacità decisionale dei pazienti. Comunque sia la legge è ormai entrata in vigore e per tutti coloro che ne troveranno giovamento e per i loro cari, nel rispetto ovviamente della vita stessa ma anche della persona, prima di tutto, sarà una conquista di libertà che ha un valore infinitamente più grande della discussione politica.
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