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Home » HP Trio » Ketanji Brown Jackson è la prima giudice donna afroamericana alla Corte Suprema Usa

Ketanji Brown Jackson è la prima giudice donna afroamericana alla Corte Suprema Usa

La candidata del presidente Joe Biden supera la 'prova' del Senato e passa con 53 voti a favore e 47 contrari. La sua nomina è storica ma non cambia l'equilibrio ideologico attuale della corte

Marianna Grazi
8 Aprile 2022
Ketanji Brown Jackson

Ketanji Brown Jackson è la prima giudice donna afroamericana a far parte della corte suprema Usa

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La Corte Suprema degli stati Uniti d’America avrà la prima giudice donna afroamericana in 233 anni di storia. Nella serata (italiana) di giovedì 7 aprile è arrivata infatti la notizia che il Senato degli Stati Uniti ha confermato la nomina di Ketanji Brown Jackson, la candidata proposta dal presidente Joe Biden, come nuovo membro dei nove giudici massimi. La 51enne entrerà in carica, dopo il giuramento, questa estate, andando a sostituire il liberal Stephen Breyer, che aveva annunciato nei mesi scorsi di voler andare in pensione e per il quale in passato la stessa Brown Jackson aveva lavorato.

Il voto in Senato

Ketanji Brown Jackson-Joe Biden
Ketanji Brown Jackson con il presidente degli Stati Uniti Joe Biden (Washington Post)

La nomina della candidata democratica, che soddisfa la promessa fatta in campagna elettorale dal presidente Biden di mettere una donna nera nel massimo organo giudiziario americano, è stata tutt’altro che scontata o facile. Com’era immaginabile i senatori Repubblicani hanno cercato in tutti i modi di rallentare il processo di conferma (durato circa 6 settimane) della 51enne di Washington, attaccandola su più fronti durante le audizioni in aula. Addirittura, secondo il Washington Post, alcune domande sarebbero state pervase anche di sottile razzismo. Alla fine però, grazie anche all’appoggio dei conservatori Susan Collins, Lisa Murkowski e Mitt Romney che si sono espressi a favore come i loro colleghi Democratici, Brown Jackson è stata confermata con 53 sì contro 47 no. Il voto è stato supervisionato dalla vicepresidente Kamala Harris, la prima donna nera a ricoprire la carica, e Chuck Schumer, leader della maggioranza, ha definito quello della nomina della giudice suprema un “giorno di gioia” per gli Stati Uniti.

Una nomina storica

La nuova carica – a vita – assunta da Ketanji Brown Jackson non sposta l’equilibrio ideologico attuale della corte, che ha una maggioranza conservatrice di 6 giudici contro i 3 progressisti. Eppure la sua è una nomina storica: Brown Jackson, come detto, è la prima donna afroamericana ad entrare a far parte della Corte Suprema, la terza nera e la sesta giudice di sesso femminile ad essere scelta. Jackson ha detto di avere una propria “metodologia” per decidere i casi, ma non una filosofia generale. Ed è d’accordo con i senatori repubblicani sull’importanza di attenersi al testo della Costituzione, come è stato inteso dai fondatori.

Ketanji Brown Jackson è stata nominata giudice della Corte Suprema americana: è la prima donna afroamericana ad assumere questo ruolo e andrà a sostituire il pensionante Stephen Breyer nelle fila progressiste

Durante il processo di conferma, i senatori democratici hanno infatti sottolineato la sua esperienza di lavoro come difensore pubblico. Sarà così la prima giudice della Corte Suprema dai tempi di Thurgood Marshall – il primo giudice nero della Corte Suprema – ad avere un’esperienza di carriera nel rappresentare imputati di reati penali. La giurista, nativa di Washington DC e con un curriculum notevole, siede attualmente alla corte d’appello del circuito della Capitale. Due lauree ad Harvard, fa parte dell’organo direttivo della prestigiosa università e ha lavorato come difensore pubblico a Washington prima di entrare in uno studio privato.

La senatrice Lisa Murkowski, dell’Alaska, una dei tre repubblicani che hanno votato a favore della sua nomina nonostante l’appartenenza allo schieramento politico opposto, ha detto che questa sua decisione si basa, in parte, su un “rifiuto della politicizzazione corrosiva” che ha caratterizzato il processo di conferma. La nuova giudice invece “porterà alla Corte Suprema una gamma di esperienza che arriva dall’aula di tribunale che pochi possono eguagliare, dato il suo background nelle controversie”.

 

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  • Nino Gennaro cresce in un paese complesso, difficile, famigerato per essere stato il regno del boss Liggio, impegnandosi attivamente in politica; nel 1975 è infatti responsabile dell’organizzazione della prima Festa della Donna, figura tra gli animatori del circolo Placido Rizzotto, presto chiuso e, sempre più emarginato dalla collettività, si trova poi coinvolto direttamente nel caso di una sua amica, percossa dal padre perché lo frequentava e che sporse denuncia contro il genitore, fatto che ebbe grande risonanza sui media. Con lei si trasferì poi a Palermo e qui comincia la sua attività pubblica come scrittore; si tratta di una creatività onnivora, che si confronta in diretta con la cronaca, lasciando però spazio alla definizione di mitologie del corpo e del desiderio, in una dimensione che vuole comunque sempre essere civile, di testimonianza.

Nel 1980 a Palermo si avviano le attività del suo gruppo teatrale “Teatro Madre”, che sceglie una dimensione urbana, andando in scena nei luoghi più diversi e spesso con attori non professionisti (i testi si intitolano “Bocca viziosa”, “La faccia è erotica”, “Il tardo mafioso Impero”), all’inseguimento di un cortocircuito scena/vita. Già il logo della compagnia colpisce l’attenzione: un cuore trafitto da una svastica, che vuole alludere alla pesantezza dei legami familiari, delle tradizioni vissute come gabbia. Le sue attività si inscrivono, quindi, in uno dei periodi più complessi della storia della città siciliana, quando una sequenza di delitti efferati ne sconvolge la quotidianità e Gennaro non è mai venuto meno al suo impegno, fondando nel 1986 il Comitato Cittadino di Informazione e Partecipazione e legandosi al gruppo che gestiva il centro sociale San Saverio, dedicandosi quindi a numerosi progetti sociali fino alla morte per Aids nel 1995.

La sua drammaturgia si alimenta di una poetica del frammento, del remix, con brani che spesso vengono montati in modo diverso rispetto alla loro prima stesura.

Luca Scarlini ✍

#lucenews #lucelanazione #ninogennaro #queer
  • -6 a Sanremo 2023!

Questo Festival ha però un sapore dolceamaro per l
  • Era il 1° febbraio 1945, quando la lotta per la conquista di questo diritto, partita tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, sulla scorta dei movimenti degli altri Paesi europei, raggiunse il suo obiettivo. Con un decreto legislativo, il Consiglio dei Ministri presieduto da Ivanoe Bonomi riconobbe il voto alle donne, su proposta di Palmiro Togliatti e Alcide De Gasperi. 

Durante la prima guerra mondiale le donne avevano sostituito al lavoro gli uomini che erano al fronte. La consapevolezza di aver assunto un ruolo ancora più centrale all’interno società oltre che della famiglia, crebbe e con essa la volontà di rivendicare i propri diritti. Già nel 1922 un deputato socialista, Emanuele Modigliani aveva presentato una proposta di legge per il diritto di voto femminile, che però non arrivò a essere discussa, per la Marcia su Roma. Mussolini ammise le donne al voto amministrativo nel 1924, ma per pura propaganda, poiché in seguito all’emanazione delle cosiddette “leggi fascistissime” tra il 1925 ed il 1926, le elezioni comunali vennero, di fatto, soppresse. Bisognerà aspettare la fine della guerra perché l’Italia affronti concretamente la questione.

Costituito il governo di liberazione nazionale, le donne si attivarono per entrare a far parte del corpo elettorale: la prima richiesta dell’ottobre 1944, venne avanzata dalla Commissione per il voto alle donne dell’Unione Donne Italiane (Udi), che si mobilitò per ottenere anche il diritto di eleggibilità (sancito da un successivo decreto datato 10 marzo 1946). Si arrivò così, dopo anni di battaglie per il suffragio universale, al primo febbraio 1945, data storica per l’Italia. Il decreto prevedeva la compilazione di liste elettorali femminili distinte da quelle maschili, ed escludeva però dal diritto le prostitute schedate che esercitavano “il meretricio fuori dei locali autorizzati”.

Le elezioni dell’esordio furono le amministrative tra marzo e aprile del 1946 e l’affluenza femminile superò l’89%. 

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  • La regina del pulito Marie Kondo ha dichiarato di aver “un po’ rinunciato” a riordinare casa dopo la nascita del suo terzo figlio. La 38enne giapponese, considerata una "Dea dell’ordine", con i suoi best seller sull’economia domestica negli ultimi anni ha incitato e sostenuto gli sforzi dei comuni mortali di rimettere in sesto case e armadi all’insegna del cosa “provoca dentro una scintilla di gioia”. Ma l’esperta di decluttering, famosa in tutto il mondo, ha ammesso che con tre figli da accudire, la sua casa è oggi “disordinata”, ma ora il riordino non è più una priorità. 

Da quando è diventata madre di tre bambini, ha dichiarato che il suo stile di vita è cambiato e che la sua attenzione si è spostata dall’organizzazione alla ricerca di modi semplici per rendere felici le abitudini di tutti i giorni: "Fino a oggi sono stata una organizzatrice di professione e ho dunque fatto il mio meglio per tenere in ordine la mia casa tutto il tempo”, e anche se adesso “ci ho rinunciato, il modo in cui trascorro il mio tempo è quello giusto per me in questo momento, in questa fase della mia vita”.

✍ Marianna Grazi 

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La Corte Suprema degli stati Uniti d'America avrà la prima giudice donna afroamericana in 233 anni di storia. Nella serata (italiana) di giovedì 7 aprile è arrivata infatti la notizia che il Senato degli Stati Uniti ha confermato la nomina di Ketanji Brown Jackson, la candidata proposta dal presidente Joe Biden, come nuovo membro dei nove giudici massimi. La 51enne entrerà in carica, dopo il giuramento, questa estate, andando a sostituire il liberal Stephen Breyer, che aveva annunciato nei mesi scorsi di voler andare in pensione e per il quale in passato la stessa Brown Jackson aveva lavorato.

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Una nomina storica

La nuova carica - a vita - assunta da Ketanji Brown Jackson non sposta l'equilibrio ideologico attuale della corte, che ha una maggioranza conservatrice di 6 giudici contro i 3 progressisti. Eppure la sua è una nomina storica: Brown Jackson, come detto, è la prima donna afroamericana ad entrare a far parte della Corte Suprema, la terza nera e la sesta giudice di sesso femminile ad essere scelta. Jackson ha detto di avere una propria "metodologia" per decidere i casi, ma non una filosofia generale. Ed è d'accordo con i senatori repubblicani sull'importanza di attenersi al testo della Costituzione, come è stato inteso dai fondatori.
Ketanji Brown Jackson è stata nominata giudice della Corte Suprema americana: è la prima donna afroamericana ad assumere questo ruolo e andrà a sostituire il pensionante Stephen Breyer nelle fila progressiste
Durante il processo di conferma, i senatori democratici hanno infatti sottolineato la sua esperienza di lavoro come difensore pubblico. Sarà così la prima giudice della Corte Suprema dai tempi di Thurgood Marshall - il primo giudice nero della Corte Suprema - ad avere un'esperienza di carriera nel rappresentare imputati di reati penali. La giurista, nativa di Washington DC e con un curriculum notevole, siede attualmente alla corte d'appello del circuito della Capitale. Due lauree ad Harvard, fa parte dell’organo direttivo della prestigiosa università e ha lavorato come difensore pubblico a Washington prima di entrare in uno studio privato. La senatrice Lisa Murkowski, dell'Alaska, una dei tre repubblicani che hanno votato a favore della sua nomina nonostante l'appartenenza allo schieramento politico opposto, ha detto che questa sua decisione si basa, in parte, su un "rifiuto della politicizzazione corrosiva" che ha caratterizzato il processo di conferma. La nuova giudice invece "porterà alla Corte Suprema una gamma di esperienza che arriva dall'aula di tribunale che pochi possono eguagliare, dato il suo background nelle controversie".
 
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