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Home » Attualità » La Cina vieta i tatuaggi: per continuare a giocare i calciatori sono sono costretti alla rimozione

La Cina vieta i tatuaggi: per continuare a giocare i calciatori sono sono costretti alla rimozione

La riluttanza di Pechino ai tatuaggi non è certo una novità: nel 2018 era già stato chiesto ai calciatori di coprirli durante le partite, ma adesso il Regime decide che non li vuole neppure immaginare sotto le magliette

Sofia Francioni
1 Gennaio 2022
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Pechino ripulisce i suoi calciatori dai tatuaggi. Verbo forte, ma è quanto di più vicino alla realtà. La China Sports Administration – su input di Pechino – ha infatti fatto sapere che per i calciatori d’ora in poi sarà “severamente vietato avere nuovi tatuaggi”, invitando quelli tatuati a ricorrere al procedimento costoso e doloroso della rimozione, pena l’esclusione dalla nazionale. Caso più eclatante il difensore Zhang Linpeng,  musulmano della minoranza Hui, tatuato, che ha all’attivo 80 presenze in nazionale e che forse non ne registrerà più.

La riluttanza di Pechino ai tatuaggi non è certo una novità: nel 2018 era già stato chiesto ai calciatori di coprirli durante le partite, ma adesso il Regime decide che non li vuole neppure immaginare sotto le magliette. Perché? Nella cultura cinese i tatuaggi simboleggiano l’appartenenza alla criminalità organizzata, ma non è questo il motivo principale dell’obbligo, dal momento che le decorazioni sul corpo non sono gli unici bersagli del Regime. Nel 2019 era toccato ai capelli tinti, quando a un torneo di calcio femminile universitario fu chiesto di escludere le giocatrici che avessero in precedenza optato dal parrucchiere per altro colore rispetto a quello naturale. Il piano, ben più ampio, è infatti depurare la cultura cinese da tutti i simboli occidentali, ripulendo le sue icone e i suoi modelli dagli stessi per riportare i cittadini sulla retta via del socialismo. Non solo ai calciatori, ma in generale a tutte le altre celebrità viene chiesto di essere un “buon esempio”. Ai vip dello star system: dal cinema alla musica, passando anche per il piccolo schermo e gli influencer, viene infatti chiesto (se uomini) di tenere i capelli corti per avere un aspetto virile. Mentre sui social i gruppi Lgbtq+ vengono chiusi e l’associazionismo percepiti come una minaccia per la sicurezza del Paese.

L’ultima crociata di Xi Jinpin contro i simboli occidentali che inquinano i valori socialisti coinvolge tutte le celebrità

Xi jinping
Xi jinping

Ma al momento è contro il mondo dello sport che Pechino mostra il suo volto più feroce. Per gli atleti tatuati è già disposto il divieto di convocazione in tutte le selezioni, dagli under 20 in giù. Sui social i tifosi esprimono già forte preoccupazione: parlano di “politicizzazione dello sport” e temeno di vedere esclusa anche quest’anno la nazionale cinese dai mondiali. Anche perché l’obbligo di Pechino rischia di innescare una fuga di massa delle star straniere e degli atleti più quotati. Come scriveva Paul Valery “ciò che c’è di più profondo nell’uomo è la pelle” e proprio sulla loro pelle gli sportivi cinesi sono chiamati a provarlo.

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  • Sono tre, per il momento, gli istituti superiori che si sono candidati ad accogliere Nina Rosa Sorrentino, la studentessa disabile di 19 anni che non può sostenere la maturità al liceo Sabin di Bologna (indirizzo Scienze umane) e che i genitori hanno per questo motivo ritirato da scuola.

La storia è nota: la studentessa ha cominciato il suo percorso di studi nel liceo di via Matteotti seguendo il programma differenziato. Già al terzo anno i genitori avevano chiesto di passare al programma degli obiettivi minimi che si può concludere con l’Esame di Stato, mentre quello differenziato ha solo la "certificazione delle competenze".

Il Consiglio di classe aveva respinto la richiesta della famiglia, anche perché passare agli obiettivi minimi avrebbe implicato esami integrativi. Da qui la decisione della famiglia, avvenuta giusto una settimana fa, di ritirare Nina da scuola – esattamente un giorno prima che i giorni di frequenza potessero essere tali da farle comunque ottenere la "certificazione delle competenze" – in modo tale che possa provare a sostenere la Maturità in un altro istituto del capoluogo emiliano.

Sulla storia di Nina, ieri, è tornata anche la ministra per la Disabilità, Alessandra Locatelli, che alla Camera ha risposto, durante il question time, a una domanda sulle iniziative volte a garantire l’inclusione sociale e lavorativa delle persone con sindrome di Down presentata dal capogruppo di FdI, Tommaso Foti.

"C’è ancora un po’ di strada da fare se una ragazza con la sindrome di Down non viene ammessa all’esame di maturità – ha detto la ministra –. Se non si è stati in grado di usare tutte le strategie possibili e l’accomodamento ragionevole, come previsto dalla Convenzione Onu per i diritti delle persone disabili che in Italia è legge; se non si è stati in grado di valorizzare i punti di forza dei ragazzi che non chiedono di essere promossi automaticamente ma di avere un’occasione e un’opportunità."

#lucenews #lucelanazione #ninasorentino #disabilityinclusion #bologna
  • “Ho fatto la storia”. Con queste parole Alex Roca Campillo ha postato sul suo account Twitter il video degli ultimi, emozionanti, metri della maratona di Barcellona.

Ed effettivamente un record Alex l’ha scritto: è la prima persona al mondo con una disabilità al 76 per cento a riuscire a percorrere la distanza di 42 km e 195 metri.
Alex ha concluso la sua gara in 5 ore 50 minuti e 51 secondi, ma il cronometro in questa situazione è passato decisamente in secondo piano. “tutto questo è stato possibile grazie alle mia squadra. Grazie a tutti quelli che dal bordo della strada mi hanno spinto fino al traguardo. Non ho parole”.

#lucenews #alexrocacampillo #maratonadibarcellona #barcellona
  • In Uganda dirsi gay potrà costare l’ergastolo. Il Parlamento dell’Uganda ha appena approvato una legge che propone nuove e severe sanzioni per le relazioni tra persone dello stesso sesso. Al termine di una sessione molto movimentata e caotica, la speaker del Parlamento Annet Anita Among, dopo il voto finale ha detto: “È stata approvata a tempo record”. La legge, che passa ora nelle mani del presidente Yoweri Museveni, che potrà scegliere se porre il veto o firmarla, propone nuove e molto dure sanzioni per le relazioni omosessuali in un Paese in cui l’omosessualità è già illegale.

La versione finale non è ancora stata pubblicata ufficialmente, ma gli elementi discussi in Parlamento includono che una persona condannata per adescamento o traffico di bambini allo scopo di coinvolgerli in attività omosessuali, rischia l’ergastolo; individui o istituzioni che sostengono o finanziano attività o organizzazioni per i diritti Lgbt, oppure pubblicano, trasmettono e distribuiscono materiale mediatico e testuale a favore degli omosessuali, rischiano di essere perseguiti e incarcerati. 

“Questa proposta di legge – ha detto Asuman Basalirwa, membro del Parlamento che l’ha presentata – è stata concepita per proteggere la nostra cultura, i valori legali, religiosi e familiari tradizionali degli ugandesi e gli atti che possono promuovere la promiscuità sessuale in questo Paese”. Il parlamentare ha poi aggiunto: “Mira anche a proteggere i nostri bambini e giovani che sono resi vulnerabili agli abusi sessuali attraverso l’omosessualità e gli atti correlati”.

Secondo la legge amici, familiari e membri della comunità avrebbero il dovere di denunciare alle autorità le persone omosessuali. Nello stesso disegno di legge, tra l’altro, si introduce la pena di morte per chi abusa dei bambini o delle persone vulnerabili. 

#lucenews #lucelanazione #uganda #lgbtrights
  • Un’altra pagina di storia del calcio femminile è stata scritta. Non tanto per il risultato della partita ma per il record di spettatori presenti. All’Olimpico di Roma andava in scena il match di andata dei quarti di finale di Champions League tra Roma e Barcellona quando si è stabilito un nuovo record: sono state 39.454 infatti le persone che hanno incoraggiato le ragazze fin dal primo minuto superando il precedente di 39.027 stabilito in Juventus-Fiorentina del 24 marzo 2019.

Era l’andata dei quarti di finale che la Roma ha raggiunto alla sua prima partecipazione alla Champions League, ottenuta grazie al secondo posto nell’ultimo campionato. Il Barcellona, campione di Spagna e d’Europa due anni fa, era favorito e in campo lo ha dimostrato, soprattutto nel primo tempo, riuscendo a vincere 1-0. La squadra di casa è stata tenuta a galla dalle parate di Ceasar, migliore in campo, ma ha provato a impensierire la corazzata spagnola nella ripresa dove più a volte ha sfiorato la rete con le conclusioni di Haavi, Giacinti e Giugliano, il primo “numero 10” a giocare all’Olimpico per la Roma dopo il ritiro di Francesco Totti.

✍ Edoardo Martini

#lucenews #lucelanazione #calciofemminile #championsleague
Pechino ripulisce i suoi calciatori dai tatuaggi. Verbo forte, ma è quanto di più vicino alla realtà. La China Sports Administration - su input di Pechino - ha infatti fatto sapere che per i calciatori d’ora in poi sarà "severamente vietato avere nuovi tatuaggi", invitando quelli tatuati a ricorrere al procedimento costoso e doloroso della rimozione, pena l'esclusione dalla nazionale. Caso più eclatante il difensore Zhang Linpeng,  musulmano della minoranza Hui, tatuato, che ha all’attivo 80 presenze in nazionale e che forse non ne registrerà più. La riluttanza di Pechino ai tatuaggi non è certo una novità: nel 2018 era già stato chiesto ai calciatori di coprirli durante le partite, ma adesso il Regime decide che non li vuole neppure immaginare sotto le magliette. Perché? Nella cultura cinese i tatuaggi simboleggiano l'appartenenza alla criminalità organizzata, ma non è questo il motivo principale dell'obbligo, dal momento che le decorazioni sul corpo non sono gli unici bersagli del Regime. Nel 2019 era toccato ai capelli tinti, quando a un torneo di calcio femminile universitario fu chiesto di escludere le giocatrici che avessero in precedenza optato dal parrucchiere per altro colore rispetto a quello naturale. Il piano, ben più ampio, è infatti depurare la cultura cinese da tutti i simboli occidentali, ripulendo le sue icone e i suoi modelli dagli stessi per riportare i cittadini sulla retta via del socialismo. Non solo ai calciatori, ma in generale a tutte le altre celebrità viene chiesto di essere un "buon esempio". Ai vip dello star system: dal cinema alla musica, passando anche per il piccolo schermo e gli influencer, viene infatti chiesto (se uomini) di tenere i capelli corti per avere un aspetto virile. Mentre sui social i gruppi Lgbtq+ vengono chiusi e l'associazionismo percepiti come una minaccia per la sicurezza del Paese.

L'ultima crociata di Xi Jinpin contro i simboli occidentali che inquinano i valori socialisti coinvolge tutte le celebrità

Xi jinping
Xi jinping
Ma al momento è contro il mondo dello sport che Pechino mostra il suo volto più feroce. Per gli atleti tatuati è già disposto il divieto di convocazione in tutte le selezioni, dagli under 20 in giù. Sui social i tifosi esprimono già forte preoccupazione: parlano di "politicizzazione dello sport" e temeno di vedere esclusa anche quest'anno la nazionale cinese dai mondiali. Anche perché l'obbligo di Pechino rischia di innescare una fuga di massa delle star straniere e degli atleti più quotati. Come scriveva Paul Valery "ciò che c'è di più profondo nell'uomo è la pelle" e proprio sulla loro pelle gli sportivi cinesi sono chiamati a provarlo.
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