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La favola di Kirill, Polina e della festa in Paradiso. "Come regalo vorrei riabbracciare la mamma"

di GABRIELE CANÈ -
7 marzo 2022
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Per il diciottesimo compleanno di Kirill in Paradiso fu festa grande. Nessuna meraviglia. Lui era uno po' il 'cocchino' di tutti, la mascotte. Era arrivato a 18 mesi, e quasi nessuno ci aveva fatto caso. A quei tempi erano tanti i bambini che arrivavano. Soprattutto dall'Ucraina. Normale, c'era la guerra. Ce n'erano tanti di bambini, lassù, di tutte le guerre, di tutte le epoche. Nostro Signore aveva pensato che fosse saggio tenerli assieme: potevano giocare, farsi compagnia. Certo, mica potevano stare soli. Così si decise di mettere con loro anche tutte le mamme, quelle più giovani soprattutto. Come Marina, la mamma di Kirill, che però non era ancora venuta. Lei avrebbe voluto, in realtà aveva pregato per poter accompagnare il suo piccino. Ma non c'era stato niente da fare. Era giovane, sana, c'era bisogno di lei a Mariupol, la città dive viveva con suo marito, Fedor, il papà di Kirill.

La disperazione di mamma Marina e papà Fedor, i genitori del piccolo Kirill, 18 mesi, rimasto ucciso sotto le bombe di Vladimir Putin

Le bombe avevano distrutto tante case, un po' anche la loro. Ma a lei interessava soprattutto che la tomba di Kirill avesse sempre i fiori freschi. Così ogni giorno andava, stringendo sempre al petto le coperte in cui il suo piccolo era avvolto quando lo portarono in ospedale. C'era ancora il suo odore, diceva Marina. Forse anche l'odore del suo latte che aveva dato a Kirill fino a un paio di mesi prima. Quando arrivò in Paradiso, ne arrivavano tanti. Anche a lui fu dato un lettino di nuvole rosa, del colore del tramonto. A Kirill non dispiaceva quel posto. Quando era morto c'era tanta polvere, tanto rumore, la mamma piangeva sempre, il papà urlava per chiedere aiuto. Lassù invece era tutto pulito, tutti sorridevano, i bambini e le mamme. La sua però gli mancava. Voleva chiedere dove fosse, ma non sapeva ancora parlare. Gli mancava anche il latte, così buono, denso.

La corsa disperata in ospedale di Fedor e Marina per provare a salvare il loro bambino ferito da una bomba

Non piangeva Kirill, ma lo sguardo era triste. Se ne accorse Polina, anche lei era Ucraina, ma di un'altra parte, il Donbass. Lei sapeva parlare, eccome. Aveva 11 anni ed era molto arrabbiata prima di morire sotto la sua casa colpita da un missile. Qualche giorno prima si era fatta una mèches rosa sui suoi capelli biondi. L'aveva aiutata Alisa, una amica che stava nel palazzo, più piccola, solo 7 anni, ma aveva la mamma parrucchiera e si era procurata la tinta. Quando l'aveva vista, il papà si era molto arrabbiato. "Ma che hai fatto Polina? I tuoi capelli biondi sciupati così. Domani te li lavi". "Ma papà non guardi la Tv? È pieno di ragazze che si fanno mèches colorate". "La guardo eccome. Guardo i telegiornali con quel matto di Mosca che ci sta prendendo a cannonate".

Polina, 8 anni, uccisa in uno scontro a fuoco insieme ai suoi genitori in un attacco russo. Come lei anche la piccola Alisa, 7 anni, uccisa dal crollo della sua scuola

Quando il missile colpì la casa, Polina aveva i suoi capelli rosa e finì su tutti i giornali del mondo. Anche Alisa morì, ma non andò sui giornali. Andò però in paradiso mano nella mano con Polina dai capelli rosa. E quando Polina le disse di quel bambino triste, tutte e due decisero di prendersene cura. Così Kirill era cresciuto con loro, una specie di mammina e una sorella maggiore. Oddio, in realtà non era mai cresciuto perché in Paradiso non si invecchia, e lui aveva sempre 18 mesi. Ma con le ragazze si capivano con lo sguardo e loro gli procuravano ogni giorno il latte dalle mamme giovani che arrivavano in cielo. Fu Alisa che pensò alla festa dei diciotto anni che in realtà erano sempre diciotto mesi ma diciotto anni dopo che il piccolo era arrivato in Paradiso. Tutti i bambini portarono dei giochi e alla fine ce n'era una infinità. Anche Nostro Signore volle fargli un regalo, e chiese a Polina cosa poteva essere gradito a Kirill. Polina, che tutti conoscevano per la sua mèches rosa, non ebbe dubbi. "Fallo parlare Signore, almeno potremo fare delle chiacchiere ". L'idea piacque e Nostro Signore passò la sua mano sul capo di Kirill che stava bevendo un sorso di latte fresco. Kirill si staccò un attimo dal suo biberon di petali di rosa, e parlò: "Oddio, che succede? Bello! Grazie, che bel regalo". "Te lo sei meritato Kirill, sei un bravo bambino. Cosa vuoi dire adesso che puoi parlare?" Kirill ci pensò un attimo, poi si aprì in un grande sorriso, guardò Nostro Signore e in ucraino gli chiese: "Quando è finita la guerra, può venire qui anche la mamma?".