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Home » HP Trio » L’arte, pillola magica per la salute: la museoterapia per curare mente e corpo

L’arte, pillola magica per la salute: la museoterapia per curare mente e corpo

Da collaborazione tra i membri di Médecins francophones du Canada ed il Museo di Belle Arti di Montreal è nato un progetto di cura innovativo

Camilla Prato
19 Maggio 2021
Side view portrait of young woman looking at paintings and wearing mask at modern art gallery exhibition, copy space

Side view portrait of young woman looking at paintings and wearing mask at modern art gallery exhibition, copy space

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Sono passati due anni e mezzo da quando è decollato con grande successo il progetto che unisce la medicina all’arte. Ma ogni anno ha sempre più successo. Una collaborazione tra i medici membri di Médecins francophones du Canada ed il Museo di Belle Arti di Montreal (Montreal Museum of Fine Arts -MMFA) che ha permesso infatti ai pazienti, indipendentemente da quale fosse la loro patologia, di visitare gratuitamente il museo esibendo solo una prescrizione del medico. La struttura, che offre anche programmi di terapia artistica, partecipa a degli studi clinici che esaminano l’impatto delle visite su persone con vari problemi di salute mentale e fisica. Questo passatempo, diventato terapia medica, aiuta a migliorare il morale del visitatore malato.

Questo progetto, innovativo ed unico al mondo, fa capire quanto il contatto con l’arte abbia un impatto positivo sulla salute delle persone, facendo della cultura un modo genuino e soprattutto senza effetti collaterali per far star meglio l’organismo. L’iniziativa ha avuto talmente successo da espandersi rapidamente a livello globale tanto da arrivare, per esempio, in Danimarca e Regno Unito. Il gruppo parlamentare All-Party Parliamentary Group on Arts, Health and Wellbeing del Regno Unito afferma che “è giunto il momento di riconoscere il potente contributo che l’arte può dare alla nostra salute e al nostro benessere”.

Oltre 900 pubblicazioni e 3000 studi dimostrano come la museoterapia non sia solo una moda, ma abbia effettivamente un impatto sia sulla mente che sul fisico. La maggior parte degli studi ha provato che le visite ad un museo, una galleria d’arte od un monumento stimolino la serotonina, abbassino gli ormoni dello stress ed aumentino il “quoziente emozionale” dei visitatori. A proposito di questo Maurizio Vanni, museologo e docente internazionale, sottolinea: “I musei non sono solo luoghi sicuri, ma possono diventare vere e proprie piattaforme di benessere esperienziale. Nonostante gli effetti benefici dell’arteterapia siano noti da anni, è recente la sua applicazione ai musei, a partire dal Canada dove gli psichiatri possono prescrivere al posto dei farmaci fino a cinquanta visite gratuite all’anno ai musei, all’occorrenza alla presenza di personale sanitario. Secondo i medici canadesi, si tratta di una terapia di accompagnamento per liberarsi dallo stress, da stati di ansia e ritrovare un rapporto attivo con il proprio sistema sensoriale”.

Per la maggior parte i programmi museali, dedicati alle persone con demenza e a chi se ne prende cura, propongono esperienze che hanno l’obiettivo di favorire l’inclusione nella vita attiva della comunità e non hanno fini terapeutici. Tuttavia, mantenere le capacità cognitive dei partecipanti, rallentarne la perdita e ridurre i disturbi del comportamento possono essere effetti collaterali delle attività.

Sono numerose le ricerche che hanno cercato di valutare la portata di questi effetti, a partire dallo studio condotto dalla New York University sui partecipanti all’attività del MOMA (Museum of Modern Art di New York). Più di recente, una ricerca inglese svolta nell’arco di un decennio e pubblicata nel The British Journal of Psychiatry nel 2018 ha messo in evidenza come per persone adulte dai 50 anni in su visitare un museo più volte nel corso di un anno si associ, nel tempo, con un tasso di incidenza di demenza più basso.

In Italia i primi progetti sono stati avviati circa dieci anni fa a Napoli, Roma e Firenze, e le attività museali per le persone con demenza e per i loro carer continuano ad aumentare. 

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Questo progetto, innovativo ed unico al mondo, fa capire quanto il contatto con l’arte abbia un impatto positivo sulla salute delle persone, facendo della cultura un modo genuino e soprattutto senza effetti collaterali per far star meglio l’organismo. L’iniziativa ha avuto talmente successo da espandersi rapidamente a livello globale tanto da arrivare, per esempio, in Danimarca e Regno Unito. Il gruppo parlamentare All-Party Parliamentary Group on Arts, Health and Wellbeing del Regno Unito afferma che "è giunto il momento di riconoscere il potente contributo che l’arte può dare alla nostra salute e al nostro benessere".

Oltre 900 pubblicazioni e 3000 studi dimostrano come la museoterapia non sia solo una moda, ma abbia effettivamente un impatto sia sulla mente che sul fisico. La maggior parte degli studi ha provato che le visite ad un museo, una galleria d'arte od un monumento stimolino la serotonina, abbassino gli ormoni dello stress ed aumentino il "quoziente emozionale" dei visitatori. A proposito di questo Maurizio Vanni, museologo e docente internazionale, sottolinea: "I musei non sono solo luoghi sicuri, ma possono diventare vere e proprie piattaforme di benessere esperienziale. Nonostante gli effetti benefici dell'arteterapia siano noti da anni, è recente la sua applicazione ai musei, a partire dal Canada dove gli psichiatri possono prescrivere al posto dei farmaci fino a cinquanta visite gratuite all'anno ai musei, all'occorrenza alla presenza di personale sanitario. Secondo i medici canadesi, si tratta di una terapia di accompagnamento per liberarsi dallo stress, da stati di ansia e ritrovare un rapporto attivo con il proprio sistema sensoriale".

Per la maggior parte i programmi museali, dedicati alle persone con demenza e a chi se ne prende cura, propongono esperienze che hanno l’obiettivo di favorire l’inclusione nella vita attiva della comunità e non hanno fini terapeutici. Tuttavia, mantenere le capacità cognitive dei partecipanti, rallentarne la perdita e ridurre i disturbi del comportamento possono essere effetti collaterali delle attività.

Sono numerose le ricerche che hanno cercato di valutare la portata di questi effetti, a partire dallo studio condotto dalla New York University sui partecipanti all’attività del MOMA (Museum of Modern Art di New York). Più di recente, una ricerca inglese svolta nell’arco di un decennio e pubblicata nel The British Journal of Psychiatry nel 2018 ha messo in evidenza come per persone adulte dai 50 anni in su visitare un museo più volte nel corso di un anno si associ, nel tempo, con un tasso di incidenza di demenza più basso.

In Italia i primi progetti sono stati avviati circa dieci anni fa a Napoli, Roma e Firenze, e le attività museali per le persone con demenza e per i loro carer continuano ad aumentare. 

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