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Home » HP Trio » L’attivista transfemminista Leila Belhadj Mohamed: “L’Italia è un Paese xenofobo”

L’attivista transfemminista Leila Belhadj Mohamed: “L’Italia è un Paese xenofobo”

Nella puntata del podcast "Maschiacci", condotto da Francesca Michielin, Belmoh parla del suo impegno per la promozione della cultura dell'informazione corretta e accessibile a tuttə

Camilla Prato
4 Novembre 2022
Leila Belhadj Mohamed

Leila Belhadj Mohamed ospite a "Maschiacci", il podcast di Francesca Michielin

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Per cosa lottano le persone discriminate oggi? Da questa domanda prende spunto l’ultima uscita del podcast “Maschiacci“, ideato e condotto da Francesca Michielin e format ormai di successo indiscusso. In ogni puntata la cantautrice intervista donne e uomini con punti di vista differenti, facendosi rappresentante di una generazione contro gli stereotipi, alla ricerca di nuovi spunti di riflessione. Questa volta l’ospite d’eccezione è stata l’attivista transfemminista Leila Belhadj Mohamed. Un dialogo all’insegna della cultura dell’informazione corretta e accessibile a tuttə.


Nell’episodio pubblicato martedì 1 novembre l’esperta di geopolitica, diritti umani, sicurezza e protezione dei dati, che si fa chiamare anche Belmoh (un nickname creato ad arte dalla crasi del suo cognome formato da due parole) ha raggiunto Francesca per uno stimolante dialogo tutto al femminile ma di portata trasversale: ha cercato di sensibilizzare il pubblico su temi come l’attivismo, la libertà, il razzismo, l’islamofobia, la xenofobia, il colonialismo, i pregiudizi e il patriarcato.

Nella chiacchierata con la padrona di casa Leila Belhadj Mohamed ha sottolineato che non esiste una narrazione unica come viene spesso veicolata dai media, la fondamentale necessità dell’utilizzo delle adeguate terminologie e ha rimarcato le sue posizioni contro il patriarcato e l’islamofobia trasversale: “L’Italia è un paese xenofobo, l’Italia non ha fatto i conti con la sua storia fascista. L’antisemitismo negli anni del fascismo, gli albanesi negli anni ’90, poi siamo arrivati noi nordafricani fino agli sbarchi delle popolazioni africane negli anni ’10, c’è sempre stato qualcuno da odiare per gli italiani”.

Francesca Michielin (Ph. Andrea Bianchera)

“Ogni periodo storico viene caratterizzato per un target… – spiega ancora Leila Belmoh –. Prima dell’11 settembre la visione degli islamici da parte degli occidentali era stereotipata, l’odio è arrivato con l’attacco alle Torri Gemelle. Da allora l’arabo musulmano è terrorista, legato al jihadismo, è una donna oppressa, tutta coperta. Senza andare a pensare che la maggioranza delle vittime del jihadismo è composta dalle popolazioni islamiche. Noi musulmani siamo i primi nemici dei jihadisti, ma l’occidente ci vede uguali a loro“.

 

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Un post condiviso da Leila Belhadj Mohamed (@leila.belmoh)

Aggiungendo poi riguardo la questione dell’abbigliamento femminile: “Siamo un Paese in cui se ti metti il velo sei oppressa, se ti metti la minigonna sei andata a cercarti lo stupro. Siamo veramente libere? Secondo me nessuna mai è libera nelle scelte del suo abbigliamento. La politica si fa sul corpo delle donne. Se noi guardiamo in Francia e in Danimarca ci sono proposte di leggi sul divieto dell’hijab, il target è la donna. Non fanno una legge che imponga il divieto dell’utilizzo della tunica degli uomini musulmani. Il problema è il patriarcato”.

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  • Avete mai pensato a come fare quando siete in una foresta, in montagna o in una spiaggia solitaria, lontane da tutti, completamente immerse nella natura, ma avete il ciclo? 

🟪 A questa eventualità ha risposto una ragazza scozzese, che ha sviluppato un kit mestruale portatile da usare all’aperto quando non esistono i servizi igienici o non c’è accesso alle toilette. Erin Reid, 25 anni, ha concepito l’idea quando ha affrontato il cammino di 96 miglia (154 km) della West Highland Way da Milngavie, vicino a Glasgow, a Fort William. Ispirata dalle sue esperienze racconta: 

🗣“Ho avuto le mestruazioni per tutto il tempo ed è stata una vera seccatura Il mio obiettivo è quello di risolvere il problema e dare alle persone la possibilità di uscire all’aria aperta quando hanno le mestruazioni”. Secondo Erin, le donne che si trovano in luoghi isolati potrebbero correre il rischio di infezioni del tratto urinario, shock tossico o infertilità a causa della scarsa igiene, quando non c’è accesso a bagni, impianti per lavarsi le mani o luoghi per smaltire i prodotti sanitari usati.

La ragazza ha dichiarato che il suo kit è pensato per chi pratica l’escursionismo, il kayak e per il personale militare, ma ha spiegato che, grazie anche al design a forma di fiaschetta, potrebbe interessare persino il pubblico femminile dei festival all’aperto, preoccupati di utilizzare i bagni chimici. Il kit contiene: una coppetta mestruale riutilizzabile, salviette antibatteriche, che consentono di pulire la coppetta in viaggio e un semplice erogatore che può essere utilizzato anche senza avere le mani pulite, quindi in situazioni in cui non è possibile accedere a servizi igienici o all’acqua corrente. 

L’ex studentessa della Napier University, laureata in Design del Prodotto, spera ora di lanciare il prodotto nel 2024: appassionata escursionista e ciclista è ora alla ricerca di finanziamenti per portare sul mercato il suo kit per l’igiene mestruale LU Innovations. Che è stato sviluppato con il sostegno di Converge, società di supporto per le università e gli istituti di ricerca che lavorano su nuovi prototipi.

#lucenews #mestruazioni #kitmestruale #ciclomestruale #designdelprodotto
  • “Ho fatto un film artigianale, maldestramente ispirato a una lettera di Elsa Morante, e dedicato a tutte le ‘cattive ragazze’, che cattive non sono, e che lottano in tutto il mondo: dall’Iran all’Afghanistan, ma anche in Svezia e in Umbria”.

Il corto “Le Pupille” di Alice Rohrwcher ha ricevuto ieri, 24 gennaio, una nomination agli Oscar per il miglior Live Action Short. La cerimonia finale si terrà a Los Angeles il 12 marzo.

La reazione e la gioia delle piccole protagoniste, della troupe e della regista✨

#lucenews #lucelanazione #lepupille #oscar2023
  • C’è anche un film italiano in corsa per gli Oscar. 

È il cortometraggio "Le pupille" diretto da Alice Rohrwacher, regista quarantunenne nata in Toscana, cresciuta nella campagna umbra, regista "artigianale", autodidatta, i cui film hanno già ricevuto numerosi riconoscimenti internazionali. Le pupille è prodotto dal regista premio Oscar Alfonso Cuarón, ed è entrato nella cinquina delle pellicole in corsa per l’Oscar del Miglior cortometraggio.

"Dedico questa nomination alle “bambine cattive“, che cattive non sono affatto, e che sono in lotta ovunque nel mondo: in Iran, in Afghanistan, ma anche in Svezia e in Umbria. Mi auguro che, come nel mio cortometraggio, possano rompere la torta e condividerla fra loro". 

Si parla, infatti, nel film, di una torta. E di costrizioni, divieti, imposizioni, rigide regole da sovvertire. Il film prende spunto, dice la regista, da una lettera che nel dicembre 1971 la scrittrice Elsa Morante inviò all’amico giornalista e critico cinematografico Goffredo Fofi.

Nella lettera, la Morante racconta una storia avvenuta in un collegio di preti, negli anni del fascismo. Una decina di ragazzi si preparano al pranzo di Natale, scoprendo che a chiudere il pasto c’è un’enorme zuppa inglese. Ma il priore li invita a "fare un fioretto" a Gesù Bambino, rinunciando alla loro fetta di dolce. Qualcuno si ribellerà: un "bimbo cattivo". La lettera è pubblicata, col titolo di Pranzo di Natale, per le edizioni milanesi Henry Beyle, nel 2014.

Invitata da Cuarón a prendere parte a un progetto di corti per Disney+, Alice Rohrwacher ha scelto questa storia. Ma con un radicale cambiamento: ha trasformato i ragazzi in ragazzine, in "pupille", piccole orfane ospitate dalle suore. L’intransigente priora è interpretata dalla sorella della regista, Alba Rohrwacher. A portare la torta in convento è una eccentrica nobildonna che chiede – in cambio del dono – di pregare per l’uomo che la ha tradita e abbandonata.

È la prima volta, invece, che la regista riceve una nomination agli Oscar, e lo fa con una fiaba anarchica, un Canto di Natale "in rosa", rivoluzionario e al femminile.

L
  • Messaggi osceni, allusioni, avances in ufficio e ricatti sessuali. La forma più classica del sopruso in azienda, unita ai nuovi strumenti tecnologici nelle mani dei molestatori. Il movimento Me Too, nel 2017, squarciò il velo di silenzio sulle molestie sessuali subite dalle donne nel mondo del cinema e poi negli altri luoghi di lavoro. Cinque anni dopo, con in mezzo la pandemia che ha terremotato il mondo del lavoro, le donne continuano a subire abusi, che nella maggior parte dei casi restano nell’ombra.

«Sono pochissime le donne che denunciano – spiega Roberta Vaia, della segreteria milanese della Cisl – e nei casi più gravi preferiscono lasciare il lavoro. Il molestatore andrebbe allontanato dalla vittima ma nei contratti collettivi dei vari settori non è ancora prevista una sanzione disciplinare per chi si rende responsabile di molestie o di mobbing».

Un quadro sconfortante che emerge anche da una rilevazione realizzata dalla Cisl Lombardia, nel corso del 2022, su lavoratrici di diversi settori, attraverso un sondaggio distribuito in fabbriche, negozi e uffici della regione. Sono seimila le donne che hanno partecipato all’indagine, e il 44% ha dichiarato di aver subìto molestie o di «esserne stata testimone» nel corso della sua vita lavorativa.

A livello nazionale, secondo gli ultimi dati Istat, sono 1.404.000 le donne che nel corso della loro vita lavorativa hanno subito molestie fisiche o ricatti sessuali sul posto di lavoro. Quando una donna subisce un ricatto sessuale, nell’80,9% dei casi non ne parla con nessuno sul posto di lavoro. Quasi nessuna ha denunciato il fatto alle forze dell’ordine: appena lo 0,7% delle vittime.

✍🏻di Andrea Gianni

#lucenews #istat #donne #molestie #lavoro #diritti
Per cosa lottano le persone discriminate oggi? Da questa domanda prende spunto l'ultima uscita del podcast "Maschiacci", ideato e condotto da Francesca Michielin e format ormai di successo indiscusso. In ogni puntata la cantautrice intervista donne e uomini con punti di vista differenti, facendosi rappresentante di una generazione contro gli stereotipi, alla ricerca di nuovi spunti di riflessione. Questa volta l'ospite d'eccezione è stata l'attivista transfemminista Leila Belhadj Mohamed. Un dialogo all'insegna della cultura dell'informazione corretta e accessibile a tuttə. Nell'episodio pubblicato martedì 1 novembre l'esperta di geopolitica, diritti umani, sicurezza e protezione dei dati, che si fa chiamare anche Belmoh (un nickname creato ad arte dalla crasi del suo cognome formato da due parole) ha raggiunto Francesca per uno stimolante dialogo tutto al femminile ma di portata trasversale: ha cercato di sensibilizzare il pubblico su temi come l’attivismo, la libertà, il razzismo, l’islamofobia, la xenofobia, il colonialismo, i pregiudizi e il patriarcato. Nella chiacchierata con la padrona di casa Leila Belhadj Mohamed ha sottolineato che non esiste una narrazione unica come viene spesso veicolata dai media, la fondamentale necessità dell’utilizzo delle adeguate terminologie e ha rimarcato le sue posizioni contro il patriarcato e l’islamofobia trasversale: "L’Italia è un paese xenofobo, l’Italia non ha fatto i conti con la sua storia fascista. L’antisemitismo negli anni del fascismo, gli albanesi negli anni ’90, poi siamo arrivati noi nordafricani fino agli sbarchi delle popolazioni africane negli anni '10, c’è sempre stato qualcuno da odiare per gli italiani".
Francesca Michielin (Ph. Andrea Bianchera)
"Ogni periodo storico viene caratterizzato per un target… – spiega ancora Leila Belmoh –. Prima dell’11 settembre la visione degli islamici da parte degli occidentali era stereotipata, l’odio è arrivato con l’attacco alle Torri Gemelle. Da allora l’arabo musulmano è terrorista, legato al jihadismo, è una donna oppressa, tutta coperta. Senza andare a pensare che la maggioranza delle vittime del jihadismo è composta dalle popolazioni islamiche. Noi musulmani siamo i primi nemici dei jihadisti, ma l’occidente ci vede uguali a loro".
 
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Aggiungendo poi riguardo la questione dell’abbigliamento femminile: "Siamo un Paese in cui se ti metti il velo sei oppressa, se ti metti la minigonna sei andata a cercarti lo stupro. Siamo veramente libere? Secondo me nessuna mai è libera nelle scelte del suo abbigliamento. La politica si fa sul corpo delle donne. Se noi guardiamo in Francia e in Danimarca ci sono proposte di leggi sul divieto dell’hijab, il target è la donna. Non fanno una legge che imponga il divieto dell’utilizzo della tunica degli uomini musulmani. Il problema è il patriarcato".
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