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Home » HP Trio » “Mio figlio si è suicidato”. Il dolore di Kabir Bedi: “Era malato di schizofrenia, aveva solo 25 anni”

“Mio figlio si è suicidato”. Il dolore di Kabir Bedi: “Era malato di schizofrenia, aveva solo 25 anni”

L'attore indiano, 76 anni, ospite nella Casa del 'Grande Fratello Vip', ha confidato il dolore della perdita del secondogenito, Siddharth. L'indimenticabile interprete di 'Sandokan': "Credo che, dopo la morte, ci sia una continuazione"

Lucia Lapi
29 Gennaio 2022
Siddharth Bedi, figlio Kabir (Foto: Instagram)

Siddharth Bedi, figlio Kabir (Foto: Instagram)

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Sopravvivere ai propri figli, un fatto contro natura. Un dolore che nessun essere vivente dovrebbe conoscere. Insanabile, soprattutto quando la morte sia dovuta alla stessa mano di chi se n’è andato. È un dolore che ha conosciuto l’attore indiano Kabir Bedi, sopravvissuto alla scomparsa di il giovane Siddharth, suo figlio, quando questi aveva solo 25 anni.

Kabir Bedi, 76 anni, ospite nella Casa del ’Grande Fratello Vip’
Kabir Bedi, 76 anni, ospite nella Casa del ’Grande Fratello Vip’

L’indimenticabile protagonista della serie televisiva Sandokan oggi – a 76 anni – uno dei ‘vipponi’ di Alfonso Signorini, ospite nella Casa del Grande Fratello Vip, ha deciso di condividere questa terribile esperienza con i suoi coinquilini. “È terribile, è il più grande dolore che esista”.

La condivisione

Siddharth Bedi, figlio Kabir (Foto: Instagram)
Siddharth Bedi, figlio Kabir, con il padre (Foto: Instagram)

Nella 38esima puntata del Grande Fratello Vip Kabir Bedi ricorda il suo secondogenito Siddharth, malato di schizofrenia, che si è tolto la vita a soli 25 anni. “Ho provato a prevenire questo suicidio, ma ho fallito. Non sono riuscito a convincerlo a continuare a vivere”.
“Il grande problema della schizofrenia è che è difficile”, continua il racconto dell’attore: “Giovani di 25 anni, normalmente uomini, normalmente intelligenti, improvvisamente perdono la lucidità. E, quando perdono questa lucidità, non accettano di avere un problema”. Kabir Bedi, però, sottolinea anche che sono passati tanti anni dalla morte di Siddharth e che nel frattempo la scienza ha fatto passi da gigante. “Al tempo non c’erano le medicine che ci sono oggi. Ora c’è speranza, voglio dare speranza”. La straziante vicenda l’attore ha voluto narrarla anche in un capitolo del suo libro “Storie che vi devo raccontare”, edito da Mondadori

L’emozione in diretta

Kabir Bedi, 76 anni, ospite nella Casa del ’Grande Fratello Vip, ha raccontato il dolore della perdita del figlio Siddharth, malato di schizofrenia, che si è tolto la vita a soli 25 anni
Kabir Bedi, 76 anni, ospite nella Casa del ‘Grande Fratello Vip’, ha raccontato il dolore della perdita del figlio Siddharth, malato di schizofrenia, che si è tolto la vita a soli 25 anni

Ha fatto tremare le vene dei polsi ascoltare le parole di quest’uomo, per tutti Sandokan, l’eroe salgariano approdato sul piccolo schermo nel gennaio del 1976: la tv era ancora in bianco e nero. Ma lui era già a colori. Il turbante, i capelli lunghi, scuri, gli occhi penetranti, il trucco pesante. La Tigre della Malesia faceva la sua apparizione nei nostri schermi, nei nostri occhi, nei cuori delle ragazzine che correvano ad attaccare il suo poster nella cameretta. Sandokan, il più grande eroe romantico degli anni Settanta. E attorno a lui, un’Indonesia mitica, guerrieri dai nomi impronunciabili, soldati britannici, scimitarre, cannoni, kriss malesi dalla lama a serpentina. E Yanez che fuma, assorto, e si tiene dentro tutta la saggezza e tutto il disincanto dell’universo.

Il suo personaggio: Sandokan

Kabir Bedi è “Sandokan“, l’eroe salgariano approdato sul piccolo schermo nel gennaio del 1976
Kabir Bedi è “Sandokan“, l’eroe salgariano approdato in tv nel gennaio del 1976

Era irresistibile, quel mondo. E lui ne era il volto chiave. Ora lo ritroviamo nella Casa del Gf Vip, quasi mezzo secolo dopo. Intanto sono passate le onde della vita, anche su di lui.

L’uomo, l’attore

Tre divorzi, il dolore di un figlio morto suicida a ventisette anni, vittima di una schizofrenia depressiva: “Un dolore incolmabile, assoluto”, dice. Oggi Kabir Be vive fra Londra, Bombay e l’Italia. Anche la sua carriera attraversa tre continenti. È l’unico indiano chiamato a recitare in un film di 007: in Octopussy – operazione piovra, se la vedeva con Roger Moore. Ha interpretato oltre 70 film, per undici stagioni è stato fra i protagonisti di Beautiful, poi ha duettato con Lino Banfi in Un medico in famiglia. Il presidente Napolitano lo fece Cavaliere della Repubblica; Firenze gli ha consegnato le chiavi della città.

Il successo

Kabir Bedi e il cast di “Un medico in famiglia 5” (2007): in piedi Lino Banfi e Margot Sikabonyi; seduti (da sin.) Kabir Bedi, David Sebasti e Shivani Ghai
Kabir Bedi e il cast di “Un medico in famiglia 5” (2007): in piedi Lino Banfi e Margot Sikabonyi; seduti Kabir Bedi, David Sebasti e Shivani Ghai

Ma quando lo senti parlare, scopri un uomo di una sorprendente modestia. “Non avrei mai immaginato di avere una vita così ricca – le sue parole durante un’intervista rilasciata a Giovanni Bogani per QN, La Nazione, Il Giorno, il Resto del Carlino –. Ho raggiunto molto più di quello che sognavo quando ero ragazzo”.
“Da ragazzo facevo teatro, ma era un hobby. Una commedia ebbe un tale successo che dei produttori mi chiamarono a Bollywood. Lì si presentò il regista Sergio Sollima. Cercava ‘Sandokan’ – riprende il racconto – . Non fui scelto subito; mi chiamarono a Roma, mi fecero mille provini. Alla fine mi dissero: ‘tu sei Sandokan’. Girai la serie, tornai in India senza immaginare il successo del programma. Non sapevo nulla. Quando tornai a Roma, appena sceso dall’aereo vidi giornalisti, folla in delirio, urla. Non capivo niente: mi guardai indietro per capire chi salutassero. Ma dietro non c’era nessuno, e allora capii”.

La vita sentimentale

La sua vita sentimentale è quella di un uomo che ha molto amato. Tre matrimoni, altrettante separazioni. “Ho sofferto molto per amore – prosegue l’intervista – . Ogni separazione è stata una lacerazione, un dolore. Ho avuto tre matrimoni, uno è durato sei anni, un altro quattordici; per fortuna l’ultimo, il quarto, dura ancora… Ho lasciato donne che ho amato, ma i nostri rapporti sono sempre continuati in modo rispettoso. Il rispetto è importante durante il matrimonio, e anche dopo. Cerco sempre di fare quello che è giusto, e di rispettare la volontà altrui. Mio padre era sikh, viene da una tradizione di persone tolleranti e rispettose, mia madre buddista; io sono cresciuto con amici induisti, che credono a Vishna, Shiva e Vishnu, e con amici cristiani. Così, sono cresciuto con una macedonia di convinzioni. Credo che, dopo la morte, ci sia una continuazione, sì. Magari non nella forma di esseri umani, ma in altre forme di vita continueremo ad esistere“.

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  • Era il 1° febbraio 1945, quando la lotta per la conquista di questo diritto, partita tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, sulla scorta dei movimenti degli altri Paesi europei, raggiunse il suo obiettivo. Con un decreto legislativo, il Consiglio dei Ministri presieduto da Ivanoe Bonomi riconobbe il voto alle donne, su proposta di Palmiro Togliatti e Alcide De Gasperi. 

Durante la prima guerra mondiale le donne avevano sostituito al lavoro gli uomini che erano al fronte. La consapevolezza di aver assunto un ruolo ancora più centrale all’interno società oltre che della famiglia, crebbe e con essa la volontà di rivendicare i propri diritti. Già nel 1922 un deputato socialista, Emanuele Modigliani aveva presentato una proposta di legge per il diritto di voto femminile, che però non arrivò a essere discussa, per la Marcia su Roma. Mussolini ammise le donne al voto amministrativo nel 1924, ma per pura propaganda, poiché in seguito all’emanazione delle cosiddette “leggi fascistissime” tra il 1925 ed il 1926, le elezioni comunali vennero, di fatto, soppresse. Bisognerà aspettare la fine della guerra perché l’Italia affronti concretamente la questione.

Costituito il governo di liberazione nazionale, le donne si attivarono per entrare a far parte del corpo elettorale: la prima richiesta dell’ottobre 1944, venne avanzata dalla Commissione per il voto alle donne dell’Unione Donne Italiane (Udi), che si mobilitò per ottenere anche il diritto di eleggibilità (sancito da un successivo decreto datato 10 marzo 1946). Si arrivò così, dopo anni di battaglie per il suffragio universale, al primo febbraio 1945, data storica per l’Italia. Il decreto prevedeva la compilazione di liste elettorali femminili distinte da quelle maschili, ed escludeva però dal diritto le prostitute schedate che esercitavano “il meretricio fuori dei locali autorizzati”.

Le elezioni dell’esordio furono le amministrative tra marzo e aprile del 1946 e l’affluenza femminile superò l’89%. 

#lucenews #lucelanazione #dirittodivoto #womenrights #1febbraio1945
  • La regina del pulito Marie Kondo ha dichiarato di aver “un po’ rinunciato” a riordinare casa dopo la nascita del suo terzo figlio. La 38enne giapponese, considerata una "Dea dell’ordine", con i suoi best seller sull’economia domestica negli ultimi anni ha incitato e sostenuto gli sforzi dei comuni mortali di rimettere in sesto case e armadi all’insegna del cosa “provoca dentro una scintilla di gioia”. Ma l’esperta di decluttering, famosa in tutto il mondo, ha ammesso che con tre figli da accudire, la sua casa è oggi “disordinata”, ma ora il riordino non è più una priorità. 

Da quando è diventata madre di tre bambini, ha dichiarato che il suo stile di vita è cambiato e che la sua attenzione si è spostata dall’organizzazione alla ricerca di modi semplici per rendere felici le abitudini di tutti i giorni: "Fino a oggi sono stata una organizzatrice di professione e ho dunque fatto il mio meglio per tenere in ordine la mia casa tutto il tempo”, e anche se adesso “ci ho rinunciato, il modo in cui trascorro il mio tempo è quello giusto per me in questo momento, in questa fase della mia vita”.

✍ Marianna Grazi 

#lucenews #lucelanazione #mariekondo
  • La second hand, ossia l’oggetto di seconda mano, è una moda che negli ultimi anni sta diventando sempre più un’abitudine dei consumatori. Accumulare roba negli armadi, nei cassetti, in cantina, non è più un disagio che riguarda soltanto chi soffre di disposofobia, ossia di chi è affetto da sindrome dell’accumulatore compulsivo. Se l’acquisto è l’unica azione che rende felice l’uomo moderno, non riuscire a liberarsene è la condanna di molti.

Secondo quanto emerge dall’Osservatorio Second-hand Economy 2021, realizzato da BVA Doxa per Subito.it, sono 23 milioni gli italiani che, nel 2021, hanno fatto ricorso alla compravendita di oggetti usati grazie alle piattaforme online. Il 52% degli italiani ha comprato e/o venduto oggetti usati, tra questi il 15% lo ha fatto per la prima volta. L’esperienza di compravendita online di second hand è quella preferita, quasi il 50% degli affari si conclude online anche perché il sistema di vendita è simile a un comune eCommerce: internet è il canale più veloce per quasi la metà dei rispondenti (49%), inoltre offre una scelta più ampia (43%) e si può gestire comodamente da casa (41%). Comprare second hand diventa una sana abitudine che attrae ogni anno nuove persone, è al terzo posto tra i comportamenti sostenibili più messi in atto dagli italiani (52%) – preceduto sempre dalla raccolta differenziata (94%) e l’acquisto di lampadine a LED (71%) –, con picchi ancora più alti di adozione nel 2021 da parte dei laureati (68%), di chi appartiene alla generazione Z (66%), di chi ha 35-44 anni (70%) e delle famiglie con bambini (68%). 

Ma perché concretamente si acquista l’usato? Nel 2021 le prime tre motivazioni che inducono a comprare beni usati sono: il risparmio (56%, in crescita di 6 punti percentuali rispetto al 2020), l’essere contrari agli sprechi e credere nel riuso (49%) e la convinzione che la second hand sia un modo intelligente di fare economia e che rende molti oggetti più accessibili (43%). 

✍E tu? Hai mai comprato accessori oppure oggetti di seconda mano? Cosa ne pensi?

#lucenews #lucelanazione #secondhand #vintage
  • È iniziata come una sorta di sfida personale, come spesso accade tra i ragazzi della sua età, per testare le proprie capacità e resistenza in modo divertente. Poi però, per Isaac Ortman, adolescente del Minnesota, dormire nel cortile della sua casa è diventata una missione. 

“Non credo che la cosa finisca presto, potrei anche continuare fino all’università – ha detto il 14enne di Duluth -. È molto divertente e non sono pronto a smettere”. 

Tanto che ormai ha trascorso oltre 1.000 notti sotto le stelle. Il giovane, che fa il boy scout, come una specie di moderno Barone Rampante ha scoperto per caso il piacere di trascorrere le ore di sonno fuori dalle mura di casa, persino quando la temperatura è scesa a quadi 40 gradi sotto lo zero. Tutto è iniziato circa tre anni fa, nella baita della sua famiglia a 30 miglia da casa, diventando ben presto una routine notturna. Il giovane Ortman ricorda bene il giorno in cui ha abbandonato la sua camera da letto per un’amaca e un sacco a pelo, il 17 aprile 2020, quando era appena in prima media: “Stavo dormendo fuori dalla nostra baita e ho pensato: ‘Wow, potrei provare a dormire all’aperto per una settimana’. Così ho fatto e ho deciso di continuare”. 

“Non si stanca mai: ogni notte è una nuova avventura“, ha detto il padre Andrew Ortman, 48 anni e capo del suo gruppo scout. 

Sua mamma Melissa era un po’ preoccupata quella notte, lei e il padre gli hanno permesso di continuare la sua routine. “Sa che deve entrare in casa se qualcosa non va bene. Dopo 1.000 notti, ha la nostra fiducia. Da quando ha iniziato a farlo, è cresciuto sotto molti aspetti, e non solo in termini di statura”, dice orgogliosa. 

“Non lo sto facendo per nessun record o per una causa, mi sto solo divertendo. Ma con il ragazzo che dorme in Inghilterra, credo si possa dire che si tratta di una gara non ufficiale”, ha detto Isaac riferendosi all’adolescente inglese Max Woosey, che ha iniziato la sua maratona di sonno all’aperto il 29 marzo 2020, con l’obiettivo di raccogliere fondi per un ospedale che cura un suo anziano amico.

#lucenews #isaacortman #minnesota #boyscout
Sopravvivere ai propri figli, un fatto contro natura. Un dolore che nessun essere vivente dovrebbe conoscere. Insanabile, soprattutto quando la morte sia dovuta alla stessa mano di chi se n’è andato. È un dolore che ha conosciuto l’attore indiano Kabir Bedi, sopravvissuto alla scomparsa di il giovane Siddharth, suo figlio, quando questi aveva solo 25 anni.
Kabir Bedi, 76 anni, ospite nella Casa del ’Grande Fratello Vip’
Kabir Bedi, 76 anni, ospite nella Casa del ’Grande Fratello Vip’
L’indimenticabile protagonista della serie televisiva Sandokan oggi - a 76 anni - uno dei 'vipponi’ di Alfonso Signorini, ospite nella Casa del Grande Fratello Vip, ha deciso di condividere questa terribile esperienza con i suoi coinquilini. “È terribile, è il più grande dolore che esista”.

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Siddharth Bedi, figlio Kabir (Foto: Instagram)
Siddharth Bedi, figlio Kabir, con il padre (Foto: Instagram)
Nella 38esima puntata del Grande Fratello Vip Kabir Bedi ricorda il suo secondogenito Siddharth, malato di schizofrenia, che si è tolto la vita a soli 25 anni. “Ho provato a prevenire questo suicidio, ma ho fallito. Non sono riuscito a convincerlo a continuare a vivere”. “Il grande problema della schizofrenia è che è difficile”, continua il racconto dell'attore: “Giovani di 25 anni, normalmente uomini, normalmente intelligenti, improvvisamente perdono la lucidità. E, quando perdono questa lucidità, non accettano di avere un problema”. Kabir Bedi, però, sottolinea anche che sono passati tanti anni dalla morte di Siddharth e che nel frattempo la scienza ha fatto passi da gigante. “Al tempo non c’erano le medicine che ci sono oggi. Ora c’è speranza, voglio dare speranza”. La straziante vicenda l'attore ha voluto narrarla anche in un capitolo del suo libro “Storie che vi devo raccontare”, edito da Mondadori

L'emozione in diretta

Kabir Bedi, 76 anni, ospite nella Casa del ’Grande Fratello Vip, ha raccontato il dolore della perdita del figlio Siddharth, malato di schizofrenia, che si è tolto la vita a soli 25 anni
Kabir Bedi, 76 anni, ospite nella Casa del 'Grande Fratello Vip', ha raccontato il dolore della perdita del figlio Siddharth, malato di schizofrenia, che si è tolto la vita a soli 25 anni
Ha fatto tremare le vene dei polsi ascoltare le parole di quest’uomo, per tutti Sandokan, l’eroe salgariano approdato sul piccolo schermo nel gennaio del 1976: la tv era ancora in bianco e nero. Ma lui era già a colori. Il turbante, i capelli lunghi, scuri, gli occhi penetranti, il trucco pesante. La Tigre della Malesia faceva la sua apparizione nei nostri schermi, nei nostri occhi, nei cuori delle ragazzine che correvano ad attaccare il suo poster nella cameretta. Sandokan, il più grande eroe romantico degli anni Settanta. E attorno a lui, un’Indonesia mitica, guerrieri dai nomi impronunciabili, soldati britannici, scimitarre, cannoni, kriss malesi dalla lama a serpentina. E Yanez che fuma, assorto, e si tiene dentro tutta la saggezza e tutto il disincanto dell’universo.

Il suo personaggio: Sandokan

Kabir Bedi è “Sandokan“, l’eroe salgariano approdato sul piccolo schermo nel gennaio del 1976
Kabir Bedi è “Sandokan“, l’eroe salgariano approdato in tv nel gennaio del 1976
Era irresistibile, quel mondo. E lui ne era il volto chiave. Ora lo ritroviamo nella Casa del Gf Vip, quasi mezzo secolo dopo. Intanto sono passate le onde della vita, anche su di lui.

L'uomo, l'attore

Tre divorzi, il dolore di un figlio morto suicida a ventisette anni, vittima di una schizofrenia depressiva: “Un dolore incolmabile, assoluto", dice. Oggi Kabir Be vive fra Londra, Bombay e l’Italia. Anche la sua carriera attraversa tre continenti. È l’unico indiano chiamato a recitare in un film di 007: in Octopussy – operazione piovra, se la vedeva con Roger Moore. Ha interpretato oltre 70 film, per undici stagioni è stato fra i protagonisti di Beautiful, poi ha duettato con Lino Banfi in Un medico in famiglia. Il presidente Napolitano lo fece Cavaliere della Repubblica; Firenze gli ha consegnato le chiavi della città.

Il successo

Kabir Bedi e il cast di “Un medico in famiglia 5” (2007): in piedi Lino Banfi e Margot Sikabonyi; seduti (da sin.) Kabir Bedi, David Sebasti e Shivani Ghai
Kabir Bedi e il cast di “Un medico in famiglia 5” (2007): in piedi Lino Banfi e Margot Sikabonyi; seduti Kabir Bedi, David Sebasti e Shivani Ghai
Ma quando lo senti parlare, scopri un uomo di una sorprendente modestia. “Non avrei mai immaginato di avere una vita così ricca – le sue parole durante un’intervista rilasciata a Giovanni Bogani per QN, La Nazione, Il Giorno, il Resto del Carlino –. Ho raggiunto molto più di quello che sognavo quando ero ragazzo". “Da ragazzo facevo teatro, ma era un hobby. Una commedia ebbe un tale successo che dei produttori mi chiamarono a Bollywood. Lì si presentò il regista Sergio Sollima. Cercava 'Sandokan' - riprende il racconto - . Non fui scelto subito; mi chiamarono a Roma, mi fecero mille provini. Alla fine mi dissero: 'tu sei Sandokan'. Girai la serie, tornai in India senza immaginare il successo del programma. Non sapevo nulla. Quando tornai a Roma, appena sceso dall’aereo vidi giornalisti, folla in delirio, urla. Non capivo niente: mi guardai indietro per capire chi salutassero. Ma dietro non c’era nessuno, e allora capii".

La vita sentimentale

La sua vita sentimentale è quella di un uomo che ha molto amato. Tre matrimoni, altrettante separazioni. “Ho sofferto molto per amore - prosegue l’intervista - . Ogni separazione è stata una lacerazione, un dolore. Ho avuto tre matrimoni, uno è durato sei anni, un altro quattordici; per fortuna l’ultimo, il quarto, dura ancora… Ho lasciato donne che ho amato, ma i nostri rapporti sono sempre continuati in modo rispettoso. Il rispetto è importante durante il matrimonio, e anche dopo. Cerco sempre di fare quello che è giusto, e di rispettare la volontà altrui. Mio padre era sikh, viene da una tradizione di persone tolleranti e rispettose, mia madre buddista; io sono cresciuto con amici induisti, che credono a Vishna, Shiva e Vishnu, e con amici cristiani. Così, sono cresciuto con una macedonia di convinzioni. Credo che, dopo la morte, ci sia una continuazione, sì. Magari non nella forma di esseri umani, ma in altre forme di vita continueremo ad esistere“.
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