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Nel nome (anche) della madre: quando la parità di genere passa dal biglietto da visita

di GABRIELE CANÈ -
20 febbraio 2022
Ferragni Folliero

Ferragni Folliero

Emanuela Folliero con il figlio Andrea, 14 anni. "Ho lottato 4 anni per dargli anche il mio cognome" (Foto: Tgcom24)

Prendiamolo dall'altra faccia della medaglia: che ne sarà di quelli che resteranno con un solo cognome, e pure corto? Canè, ad esempio. Saranno dei paria in un mondo dai biglietti da visita che tra dati anagrafici, titoli di studio, onorificenze, indirizzo di casa, cellulare, telefono dell'ufficio, mail e profili social dovranno essere come dei lenzuoli. Intendiamoci. I cinque progetti di legge che stanno per essere unificati al Senato per consentire (facoltativamente) che al nome del padre si accompagni (a seguire) anche quello della madre, scriveranno una pagina positiva nella storia del nostro costume. E diciamo pure anche nella rincorsa alla parità di genere che ha bisogno di ben altro per affermarsi,  sopratutto sul lavoro, ma che anche con questi tasselli può andare a comporre un puzzle più moderno e compiuto. Del resto, una sentenza della Corte Costituzionale del 2016 prevede già questa possibilità. Ma un conto sono il percorso tortuoso di una procedura giudiziaria, o le interpretazioni contraddittorie degli enti locali, e lo sanno bene  quelli che ci hanno provato; altro è una norma semplice semplice, che consenta di presentarsi all'ufficio anagrafe e dire: "È nata mia figlia , questo è il nome, e questi sono i cognomi". Stop. E non è poco, anche se, come detto, il primo dei due sarà sempre il cognome paterno per non trasformare le famiglie in babilonie in cui tutti hanno un cognome diverso, almeno il primo.

Chiara Ferragni ha dato ad entrambi i suoi figli, Leone e Vittoria, anche il suo cognome, oltre a quello del marito Fedez, all'anagrafe Federico Lucia

Nella storia e nelle lingue esistono i patronimici e non le matronimiche: Pelide (Achille) figlio di Peleo, o Petrovic, figlio Petr. Certo, per noi sarà una bella rivoluzione. Fino a non tanti anni fa le donne, come si sposavano, perdevano di fatto il loro cognome di origine, salvo che sul posto di lavoro. Mia madre, ad esempio, era per tutti e si definiva la "signora Canè". Che in realtà si chiamasse Zappi lo ricavai dal fatto che mio zio, suo fratello, si chiamava appunto Zappi, e dunque lei non poteva chiamarsi in modo diverso. In Francia, dove adesso se la tirano tanto perché stanno varando una legge che consentirà addirittura di scegliersi i parenti, nelle famiglie più tradizionali e negli inviti alle feste della nobiltà, la signora non ha né nome né cognome suo, ma è... madame Gabriele Cané, cioè nome e cognome del marito. Certo, a legge approvata, se ne vedranno delle belle. E di tutti i colori. Il signor Rossi-Neri, la signora Bianchi-Verdi o Bianchi-Neri. Combinazioni e contrasti infiniti: Longo-Corti, Fabbri-Ferro, Bruti-Boni... Qualche difficoltà lo avranno le ragazze e i ragazzi con genitori dai cognomi lunghi e a cui, per di più, verrà dato un nome importante: Massimiliano Degli Innocenti-Pellegrini. Il che farà sembrare un po' tutti dei nobili, perché fino ad ora praticamente solo loro si portavano dietro più di un cognome. Ed è buffo che tutto questo si concretizzi in un'epoca in cui soprattutto i giovani tagliano, semplificano, come in un Tweet, in un post su Instagram. Andre invece di di Andrea, Marghe per Margherita, Lo per Lorenzo... Così avremo dei Dagoberto Arrivabene-Boncompagni che per amici e parenti sarà semplicemente Dago. Salvo quando dovrà prendere un giorno di ferie per fare due firme dal notaio.