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Home » HP Trio » Non la fanno accedere al bagno delle ragazze: per la scuola Gabriella è ancora Gabriele

Non la fanno accedere al bagno delle ragazze: per la scuola Gabriella è ancora Gabriele

"Non mi sento a mio agio, non mi trattano per quello che sono: una ragazza". Dopo il diverbio col bidello, le lamentele delle compagne e la preside che si schiera: "Dobbiamo tutelare le studentesse, sui documenti è ancora Gabriele", la ragazza transgender ha abbandonato l'istituto

Marianna Grazi
11 Dicembre 2021
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Non solo le hanno impedito di accedere a un servizio essenziale, come il bagno, ma l’hanno anche umiliata dicendole: “Tu tra le gambe hai quella cosa”. Ora Gabriella, una ragazza transgender a cui è stato sbarrato l’accesso al bagno femminile delle scuola e dopo uno scontro con il bidello, pensa di lasciare l’istituto professionale per parrucchieri di Palermo che frequenta. “Non mi sento a mio agio – ha spiegato – non mi trattano per quello che sono: una ragazza“. La 18enne ha iniziato tre anni fa il percorso di transizione, tra sedute di psicoterapia e farmaci ormonali, e oggi attende solo il via libera per sottoporsi all’operazione definitiva.

Per un periodo, all’inizio dell’iter per il cambio di genere, lungo e per nulla facile da affrontare, aveva già lasciato la scuola, supportata dall’amore dei genitori nella sua scelta. In precedenza, però, le era stato sempre permesso di accedere ai bagni delle ragazze. Si tratta, in effetti, di una forma di rispetto verso la persona, riconosciuta – o meglio, spesso non riconosciuta, come in questo caso – per il genere cui si sente di appartenere, non quello riportato sui documenti. Una battaglia che, lo abbiamo raccontato nei giorni scorsi (Leggi qui), parla di discriminazione, di vergogna, di umiliazioni subite da tantissimi studenti e studentesse in Italia e nel mondo, dai lavoratori, dai comuni cittadini e cittadine, che si trovano a far fronte con una barriera ‘pubblica’ al riconoscimento della loro identità.

Lo spiacevole episodio che riguarda Gabriella è avvenuto proprio pochi giorni dopo il suo rientro con il nuovo aspetto. Ma se in altri casi simili insegnanti e dirigenti si sono schierati dalla parte della ‘vittima’ o comunque i chi faceva richiesta di un legittimo riconoscimento, lo stesso non è avvenuto a Palermo. La dirigente dell’Istituto, infatti, non le ha mostrato la minima solidarietà: “Penso che la ragazza stia cercando visibilità e l’ho detto chiaramente anche a lei e a sua madre quando è venuta per chiarire – ha detto la preside a Repubblica –. A parte la questione dei bagni non ha mai ricevuto alcuna discriminazione”. E sull’accaduto precisa che “il bidello che l’ha fermata non intendeva offenderla ma stava solo agendo nel rispetto delle lamentele mosse dai genitori di altre studentesse, che ci hanno fatto sapere che non gradiscono che le loro figlie vadano nello stesso bagno in cui va un uomo”. “E poi allo stato dei fatti sui documenti è ancora Gabriele“, ha concluso la preside, affidandosi ad una giustificazione che, nel 2021, sembra surreale, visto quello che sta accadendo nella società per il riconoscimento dei diritti e la giusta rappresentazione delle persone transgender e della comunità Lgbtq+. Ma che, purtroppo, come dimostrato dalla politica e dall’affossamento del Ddl Zan, rispecchia una volontà radicata di non voler affrontare la questione.

Sulla carta d’identità di Gabriella infatti c’è ancora il dead name, quello che le hanno dato i suoi genitori quando è nata, Gabriele. Un nome che continuerà ad identificarla – sulla carta – fino a quando la transizione di genere sarà conclusa e potrà presentare in tribunale la domanda di riassegnazione di genere anagrafico e il giudice stabilirà che potrà cambiarlo. Nel frattempo, però, per la legge italiana e tutti i regolamenti, compreso quello scolastico, Gabriella è ancora un maschio. “La conosciamo da quando era Gabriele, speriamo di poter arrivare con lei a un compromesso e che Gabriella possa tornare a studiare. Sarebbe un peccato se non terminasse il percorso scolastico”, ha aggiunto la preside, dopo le polemiche scatenate sui social dalle sue dichiarazioni precedenti. Una parziale marcia indietro che però non cambia lo stato dei fatti e la ragazza ha deciso di continuare a non andare a scuola, un ambiente che non la accetta: “Tornerò quando verrò trattata per quella che sono. In questa fase del mio percorso è fondamentale che mi si riconosca come donna. Il mio aspetto esteriore corrisponde già a come mi sento dentro”. Lei è già Gabriella.

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Instagram

  • Numerosi attori e musicisti di alto profilo si sono recati in Ucraina da quando è scoppiata la guerra con la Russia nel febbraio 2022. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’attore britannico Orlando Bloom, che ieri ha visitato un centro per bambini e ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev.

“Non mi sarei mai aspettato che la guerra si sarebbe intensificata in tutto il Paese da quando sono stato lì”, ha detto Bloom su Instagram, “Ma oggi ho avuto la fortuna di ascoltare le risate dei bambini in un centro del programma Spilno sostenuto dall’Unicef, uno spazio sicuro, caldo e accogliente dove i bambini possono giocare, imparare e ricevere supporto psicosociale”.

Bloom è un ambasciatore di buona volontà per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef). Il centro di Splino, che è uno dei tanti in Ucraina, offre sostegno ai bambini sfollati e alle loro famiglie, con più di mezzo milione di bambini che ne hanno visitato uno nell’ultimo anno.

La star hollywoodiana ha poi incontrato il presidente Zelensky, con cui ha trattato temi tra cui il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, la creazione di rifugi antiatomici negli istituti scolastici e il supporto tecnico per l’apprendimento a distanza nelle aree in cui è impossibile studiare offline a causa della guerra. L’attore britannico aveva scritto ieri su Instagram, al suo arrivo a Kiev, che i «bambini in Ucraina hanno bisogno di riavere la loro infanzia».

#lucelanazione #lucenews #zelensky #orlandobloom
  • “La vita che stavo conducendo mi rendeva particolarmente infelice e se all’inizio ero entrata in terapia perché volevo accettare il fatto che mi dovessi nascondere, ho avuto poi un’evoluzione e questo percorso è diventato di accettazione di me stessa."

✨Un sorriso contagioso, la spensieratezza dei vent’anni e la bellezza di chi si piace e non può che riflettere quella luce anche al di fuori. La si potrebbe definire una Mulan nostrana Carlotta Bertotti, 23 anni, una ragazza torinese come tante, salvo che ha qualcosa di speciale. E non stiamo parlano del Nevo di Ota che occupa metà del suo volto. Ecco però spiegato un primo punto di contatto con Mulan: l’Oriente, dove è più diffusa (insieme all’Africa) quell’alterazione di natura benigna della pigmentazione della cute intorno alla zona degli occhi (spesso anche la sclera si presenta scura). Quella che appare come una chiazza grigio-bluastra su un lato del volto (rarissimi i casi bilaterali), colpisce prevalentemente persone di sesso femminile e le etnie asiatiche (1 su 200 persone in Giappone), può essere presente alla nascita o apparire durante la pubertà. E come la principessa Disney “fin da piccola ho sempre sentito la pressione di dover salvare tutto, ma forse in realtà dovevo solo salvare me stessa. Però non mi piace stare troppo alle regole, sono ribelle come lei”.

🗣Cosa diresti a una ragazza che ha una macchia come la tua e ti chiede come riuscire a conviverci?�
“Che sono profondamente fiera della persona che vedo riflessa allo specchio tutto i giorni e sono arrivata a questa fierezza dopo che ho scoperto e ho accettato tutti i miei lati, sia positivi che negativi. È molto autoreferenziale, quindi invece se dovessi dare un consiglio è quello che alla fine della fiera il giudizio altrui è momentaneo e tutto passa. L’unica persona che resta e con cui devi convivere tutta la vita sei tu, quindi le vere battaglie sono quelle con te stessa, quelle che vale la pena combattere”.

L’intervista a cura di Marianna Grazi �✍ 𝘓𝘪𝘯𝘬 𝘪𝘯 𝘣𝘪𝘰

#lucenews #lucelanazione #carlottabertotti #nevodiota
  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

#lucenews #lucelanazione #millepare #alessialanza #podcast
  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia
Non solo le hanno impedito di accedere a un servizio essenziale, come il bagno, ma l'hanno anche umiliata dicendole: "Tu tra le gambe hai quella cosa". Ora Gabriella, una ragazza transgender a cui è stato sbarrato l'accesso al bagno femminile delle scuola e dopo uno scontro con il bidello, pensa di lasciare l'istituto professionale per parrucchieri di Palermo che frequenta. "Non mi sento a mio agio – ha spiegato – non mi trattano per quello che sono: una ragazza". La 18enne ha iniziato tre anni fa il percorso di transizione, tra sedute di psicoterapia e farmaci ormonali, e oggi attende solo il via libera per sottoporsi all'operazione definitiva. Per un periodo, all'inizio dell'iter per il cambio di genere, lungo e per nulla facile da affrontare, aveva già lasciato la scuola, supportata dall'amore dei genitori nella sua scelta. In precedenza, però, le era stato sempre permesso di accedere ai bagni delle ragazze. Si tratta, in effetti, di una forma di rispetto verso la persona, riconosciuta – o meglio, spesso non riconosciuta, come in questo caso – per il genere cui si sente di appartenere, non quello riportato sui documenti. Una battaglia che, lo abbiamo raccontato nei giorni scorsi (Leggi qui), parla di discriminazione, di vergogna, di umiliazioni subite da tantissimi studenti e studentesse in Italia e nel mondo, dai lavoratori, dai comuni cittadini e cittadine, che si trovano a far fronte con una barriera 'pubblica' al riconoscimento della loro identità. Lo spiacevole episodio che riguarda Gabriella è avvenuto proprio pochi giorni dopo il suo rientro con il nuovo aspetto. Ma se in altri casi simili insegnanti e dirigenti si sono schierati dalla parte della 'vittima' o comunque i chi faceva richiesta di un legittimo riconoscimento, lo stesso non è avvenuto a Palermo. La dirigente dell'Istituto, infatti, non le ha mostrato la minima solidarietà: "Penso che la ragazza stia cercando visibilità e l'ho detto chiaramente anche a lei e a sua madre quando è venuta per chiarire – ha detto la preside a Repubblica –. A parte la questione dei bagni non ha mai ricevuto alcuna discriminazione". E sull'accaduto precisa che "il bidello che l’ha fermata non intendeva offenderla ma stava solo agendo nel rispetto delle lamentele mosse dai genitori di altre studentesse, che ci hanno fatto sapere che non gradiscono che le loro figlie vadano nello stesso bagno in cui va un uomo". "E poi allo stato dei fatti sui documenti è ancora Gabriele", ha concluso la preside, affidandosi ad una giustificazione che, nel 2021, sembra surreale, visto quello che sta accadendo nella società per il riconoscimento dei diritti e la giusta rappresentazione delle persone transgender e della comunità Lgbtq+. Ma che, purtroppo, come dimostrato dalla politica e dall'affossamento del Ddl Zan, rispecchia una volontà radicata di non voler affrontare la questione. Sulla carta d'identità di Gabriella infatti c'è ancora il dead name, quello che le hanno dato i suoi genitori quando è nata, Gabriele. Un nome che continuerà ad identificarla – sulla carta – fino a quando la transizione di genere sarà conclusa e potrà presentare in tribunale la domanda di riassegnazione di genere anagrafico e il giudice stabilirà che potrà cambiarlo. Nel frattempo, però, per la legge italiana e tutti i regolamenti, compreso quello scolastico, Gabriella è ancora un maschio. "La conosciamo da quando era Gabriele, speriamo di poter arrivare con lei a un compromesso e che Gabriella possa tornare a studiare. Sarebbe un peccato se non terminasse il percorso scolastico", ha aggiunto la preside, dopo le polemiche scatenate sui social dalle sue dichiarazioni precedenti. Una parziale marcia indietro che però non cambia lo stato dei fatti e la ragazza ha deciso di continuare a non andare a scuola, un ambiente che non la accetta: "Tornerò quando verrò trattata per quella che sono. In questa fase del mio percorso è fondamentale che mi si riconosca come donna. Il mio aspetto esteriore corrisponde già a come mi sento dentro". Lei è già Gabriella.
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