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Home » HP Trio » Picchiato brutalmente due settimane fa: Musa Balde, 23 anni, si è tolto la vita al Cpr di Torino

Picchiato brutalmente due settimane fa: Musa Balde, 23 anni, si è tolto la vita al Cpr di Torino

L'avvocato della vittima, Gian Luca Vitale, e la garante per i diritti dei detenuti, Mauro Palma, denunciano: "Per Musa non c'era alcun sostegno di natura psicologica"

Camilla Prato
25 Maggio 2021
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Musa Balde, 23 anni, si è suicidato nel Cpr di Torino

Un video su Facebook riprende un pestaggio con bastoni e spranghe a Ventimiglia. I protagonisti, successivamente identificati, sono un 44enne di Palmi (Reggio Calabria), e due siciliani originari di Agrigento, di 28 e 39 anni, tutti domiciliati nella città ligure. La violenza risale a 15 giorni fa e la vittima, Musa Balde, 23 anni, originario della Guinea, oggi non c’è più. Non a causa delle ferite e delle botte ricevute. O meglio, non per quelle visibili. Balde si è tolto la vita nel Centro di permanenza per i rimpatri di Torino.

Il ragazzo, già espulso dall’Italia precedentemente perché irregolare, secondo una ricostruzione fatta dagli indagati avrebbe tentato di rubare il cellulare a uno dei tre all’interno di un supermercato che si trova nella zona dell’aggressione. Altri testimoni raccontano invece di lui che chiedeva l’elemosina. La reazione degli aggressori non si è fatta attendere: prima hanno affrontato il ragazzo con parole pesanti, poi l’hanno seguito e, raccolti un paio di tubi di plastica dura, lo hanno messo con le spalle al muro e hanno cominciato a picchiarlo. La scena agghiacciante è avvenuta sotto gli occhi di molti testimoni. In tanti, sentendo le urla, si sono affacciati dai balconi e dalle finestre gridando di lasciar stare il ragazzo ma i tre, nonostante il giovane fosse già a terra e non riuscisse a reagire, hanno continuato senza che nessuno li fermasse.

La polizia di Imperia ci ha messo meno di 24 ore a raccogliere le testimonianze, guardare i filmati del circuito di sorveglianza del supermercato e della caserma della Polizia di Frontiera, e per identificare i tre che, nel video amatoriale rimbalzato su centinaia di profili social, prendevano a bastonate il ragazzo. I responsabili sono stati denunciati per lesioni aggravate, ma gli investigatori hanno escluso che abbiano agito per odio razziale. Balde era stato portato in ospedale a Bordighera e dimesso con prognosi di 10 giorni per lesioni e trauma facciale. Trascorso un periodo relativamente breve si sarebbe dovuto nuovamente procedere alla sua espulsione. Ma il ragazzo non ce l’ha fatta a superare questo trauma, che lo ha portato a togliersi la vita domenica notte, nel Cpr di corso Brunelleschi a Torino, con le sue stesse lenzuola. Rinchiuso nella struttura perché non in regola con i documenti, si trovava anche in isolamento, è stato spiegato, per motivi sanitari a tutela della salute degli altri ospiti.

Monica Gallo, garante per i detenuti del Comune di Torino e referente per il monitoraggio delle condizioni delle persone accolte nel Cpr, era consapevole della situazione precaria del giovane. Lo avrebbe incontrato domani, dopo aver già sottoposto il caso al garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personali, Mauro Palma. “Musa era estremamente vulnerabile, sono addolorata – dice Gallo –. Non ho ancora visto le carte, non so quante visite psicologiche e psichiatriche abbia ricevuto, ma quel caso doveva avere la massima attenzione, avevo sollecitato su questo la direzione del Cpr. Avevo contattato l’area migranti del garante nazionale proprio per capire gli aspetti cui porre più attenzione: da un punto di vista giuridico, Musa era la parte offesa di un procedimento penale“. Lo stesso Palma sostiene che il giovane non sia stato seguito tanto quanto la sua situazione richiedeva: “Una persona affidata alla responsabilità pubblica deve essere presa in carico e trattenuta nei modi che tengano conto della sua specifica situazione, dell’eventuale vulnerabilità e della sua fragilità. Questo non è avvenuto”. Intanto la procura di Torino ha aperto un’inchiesta per permettere gli accertamenti necessari a chiarire cosa sia accaduto.

“Io non riesco più a stare rinchiuso qui dentro: quanto manca a farmi uscire? Perché mi hanno rinchiuso? Voglio uscire: io uscirò di qui” aveva detto Musa, venerdì scorso, all’avvocato Gian Luca Vitale. Lo stesso legale racconta come le sue condizioni psicologiche apparissero preoccupanti: “L’ho incontrato due volte, giovedì e venerdì scorso – spiega – era molto provato ed era incredulo di trovarsi nel Cpr. Gli ho mostrato il video dell’aggressione, lui mi ha spiegato di essere stato picchiato mentre stava chiedendo l’elemosina. Però finora è stata divulgata solo la versione degli aggressori, che denunciano un tentato furto di un cellulare. Quello che è sicuro è che non ha avuto assistenza psicologica adeguata, era palesemente molto provato. Gli sono state fatte firmare tante carte sulla sua espulsione, ma nessun atto riguardo alla violenza di cui è stato vittima. Non si dava pace di essere chiuso nel Cpr, non sopportava la reclusione. Adesso sto cercando di contattare i familiari in Guinea, potranno istruire azioni legali e difenderlo”.

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Instagram

  • Numerosi attori e musicisti di alto profilo si sono recati in Ucraina da quando è scoppiata la guerra con la Russia nel febbraio 2022. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’attore britannico Orlando Bloom, che ieri ha visitato un centro per bambini e ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev.

“Non mi sarei mai aspettato che la guerra si sarebbe intensificata in tutto il Paese da quando sono stato lì”, ha detto Bloom su Instagram, “Ma oggi ho avuto la fortuna di ascoltare le risate dei bambini in un centro del programma Spilno sostenuto dall’Unicef, uno spazio sicuro, caldo e accogliente dove i bambini possono giocare, imparare e ricevere supporto psicosociale”.

Bloom è un ambasciatore di buona volontà per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef). Il centro di Splino, che è uno dei tanti in Ucraina, offre sostegno ai bambini sfollati e alle loro famiglie, con più di mezzo milione di bambini che ne hanno visitato uno nell’ultimo anno.

La star hollywoodiana ha poi incontrato il presidente Zelensky, con cui ha trattato temi tra cui il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, la creazione di rifugi antiatomici negli istituti scolastici e il supporto tecnico per l’apprendimento a distanza nelle aree in cui è impossibile studiare offline a causa della guerra. L’attore britannico aveva scritto ieri su Instagram, al suo arrivo a Kiev, che i «bambini in Ucraina hanno bisogno di riavere la loro infanzia».

#lucelanazione #lucenews #zelensky #orlandobloom
  • “La vita che stavo conducendo mi rendeva particolarmente infelice e se all’inizio ero entrata in terapia perché volevo accettare il fatto che mi dovessi nascondere, ho avuto poi un’evoluzione e questo percorso è diventato di accettazione di me stessa."

✨Un sorriso contagioso, la spensieratezza dei vent’anni e la bellezza di chi si piace e non può che riflettere quella luce anche al di fuori. La si potrebbe definire una Mulan nostrana Carlotta Bertotti, 23 anni, una ragazza torinese come tante, salvo che ha qualcosa di speciale. E non stiamo parlano del Nevo di Ota che occupa metà del suo volto. Ecco però spiegato un primo punto di contatto con Mulan: l’Oriente, dove è più diffusa (insieme all’Africa) quell’alterazione di natura benigna della pigmentazione della cute intorno alla zona degli occhi (spesso anche la sclera si presenta scura). Quella che appare come una chiazza grigio-bluastra su un lato del volto (rarissimi i casi bilaterali), colpisce prevalentemente persone di sesso femminile e le etnie asiatiche (1 su 200 persone in Giappone), può essere presente alla nascita o apparire durante la pubertà. E come la principessa Disney “fin da piccola ho sempre sentito la pressione di dover salvare tutto, ma forse in realtà dovevo solo salvare me stessa. Però non mi piace stare troppo alle regole, sono ribelle come lei”.

🗣Cosa diresti a una ragazza che ha una macchia come la tua e ti chiede come riuscire a conviverci?�
“Che sono profondamente fiera della persona che vedo riflessa allo specchio tutto i giorni e sono arrivata a questa fierezza dopo che ho scoperto e ho accettato tutti i miei lati, sia positivi che negativi. È molto autoreferenziale, quindi invece se dovessi dare un consiglio è quello che alla fine della fiera il giudizio altrui è momentaneo e tutto passa. L’unica persona che resta e con cui devi convivere tutta la vita sei tu, quindi le vere battaglie sono quelle con te stessa, quelle che vale la pena combattere”.

L’intervista a cura di Marianna Grazi �✍ 𝘓𝘪𝘯𝘬 𝘪𝘯 𝘣𝘪𝘰

#lucenews #lucelanazione #carlottabertotti #nevodiota
  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

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  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia
Musa Balde, 23 anni, si è suicidato nel Cpr di Torino
Un video su Facebook riprende un pestaggio con bastoni e spranghe a Ventimiglia. I protagonisti, successivamente identificati, sono un 44enne di Palmi (Reggio Calabria), e due siciliani originari di Agrigento, di 28 e 39 anni, tutti domiciliati nella città ligure. La violenza risale a 15 giorni fa e la vittima, Musa Balde, 23 anni, originario della Guinea, oggi non c'è più. Non a causa delle ferite e delle botte ricevute. O meglio, non per quelle visibili. Balde si è tolto la vita nel Centro di permanenza per i rimpatri di Torino. Il ragazzo, già espulso dall'Italia precedentemente perché irregolare, secondo una ricostruzione fatta dagli indagati avrebbe tentato di rubare il cellulare a uno dei tre all'interno di un supermercato che si trova nella zona dell'aggressione. Altri testimoni raccontano invece di lui che chiedeva l'elemosina. La reazione degli aggressori non si è fatta attendere: prima hanno affrontato il ragazzo con parole pesanti, poi l'hanno seguito e, raccolti un paio di tubi di plastica dura, lo hanno messo con le spalle al muro e hanno cominciato a picchiarlo. La scena agghiacciante è avvenuta sotto gli occhi di molti testimoni. In tanti, sentendo le urla, si sono affacciati dai balconi e dalle finestre gridando di lasciar stare il ragazzo ma i tre, nonostante il giovane fosse già a terra e non riuscisse a reagire, hanno continuato senza che nessuno li fermasse. La polizia di Imperia ci ha messo meno di 24 ore a raccogliere le testimonianze, guardare i filmati del circuito di sorveglianza del supermercato e della caserma della Polizia di Frontiera, e per identificare i tre che, nel video amatoriale rimbalzato su centinaia di profili social, prendevano a bastonate il ragazzo. I responsabili sono stati denunciati per lesioni aggravate, ma gli investigatori hanno escluso che abbiano agito per odio razziale. Balde era stato portato in ospedale a Bordighera e dimesso con prognosi di 10 giorni per lesioni e trauma facciale. Trascorso un periodo relativamente breve si sarebbe dovuto nuovamente procedere alla sua espulsione. Ma il ragazzo non ce l'ha fatta a superare questo trauma, che lo ha portato a togliersi la vita domenica notte, nel Cpr di corso Brunelleschi a Torino, con le sue stesse lenzuola. Rinchiuso nella struttura perché non in regola con i documenti, si trovava anche in isolamento, è stato spiegato, per motivi sanitari a tutela della salute degli altri ospiti. Monica Gallo, garante per i detenuti del Comune di Torino e referente per il monitoraggio delle condizioni delle persone accolte nel Cpr, era consapevole della situazione precaria del giovane. Lo avrebbe incontrato domani, dopo aver già sottoposto il caso al garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personali, Mauro Palma. "Musa era estremamente vulnerabile, sono addolorata – dice Gallo –. Non ho ancora visto le carte, non so quante visite psicologiche e psichiatriche abbia ricevuto, ma quel caso doveva avere la massima attenzione, avevo sollecitato su questo la direzione del Cpr. Avevo contattato l'area migranti del garante nazionale proprio per capire gli aspetti cui porre più attenzione: da un punto di vista giuridico, Musa era la parte offesa di un procedimento penale". Lo stesso Palma sostiene che il giovane non sia stato seguito tanto quanto la sua situazione richiedeva: "Una persona affidata alla responsabilità pubblica deve essere presa in carico e trattenuta nei modi che tengano conto della sua specifica situazione, dell'eventuale vulnerabilità e della sua fragilità. Questo non è avvenuto". Intanto la procura di Torino ha aperto un'inchiesta per permettere gli accertamenti necessari a chiarire cosa sia accaduto. "Io non riesco più a stare rinchiuso qui dentro: quanto manca a farmi uscire? Perché mi hanno rinchiuso? Voglio uscire: io uscirò di qui" aveva detto Musa, venerdì scorso, all'avvocato Gian Luca Vitale. Lo stesso legale racconta come le sue condizioni psicologiche apparissero preoccupanti: "L'ho incontrato due volte, giovedì e venerdì scorso – spiega – era molto provato ed era incredulo di trovarsi nel Cpr. Gli ho mostrato il video dell'aggressione, lui mi ha spiegato di essere stato picchiato mentre stava chiedendo l'elemosina. Però finora è stata divulgata solo la versione degli aggressori, che denunciano un tentato furto di un cellulare. Quello che è sicuro è che non ha avuto assistenza psicologica adeguata, era palesemente molto provato. Gli sono state fatte firmare tante carte sulla sua espulsione, ma nessun atto riguardo alla violenza di cui è stato vittima. Non si dava pace di essere chiuso nel Cpr, non sopportava la reclusione. Adesso sto cercando di contattare i familiari in Guinea, potranno istruire azioni legali e difenderlo".
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