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Home » HP Trio » Più istruite e doppiamente discriminate: l’allarme di Fondazione OpenPolis sulle donne straniere in Italia

Più istruite e doppiamente discriminate: l’allarme di Fondazione OpenPolis sulle donne straniere in Italia

Sono più degli uomini quelle che risiedono in Italia ma non hanno la cittadinanza, e sono doppiamente vittime di disuguaglianza. Soprattutto in ambito lavorativo: le donne disoccupate o inattive sono molte più degli uomini, ma per le ragazze straniere il dato è anche peggiore

Domenico Guarino
21 Luglio 2021
Lonely woman

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Le donne sono più della metà degli stranieri in Italia, ovvero delle persone residenti nel nostro Paese ma prive di cittadinanza. Si tratta di circa 2,6 milioni, il 51,8% di tutta la popolazione straniera che vi abita. Un trend, per altro, in crescita costante negli anni: nel 2002 infatti gli stranieri si dividevano piuttosto egualmente tra uomini e donne, ma a partire dal 2006 si è registrato un aumento nella presenza femminile fino al 2015, quando in Italia risiedevano 293mila donne in più rispetto agli uomini.

Nonostante siano la maggioranza, queste si trovano in una situazione di particolare vulnerabilità, soprattutto dal punto di vista lavorativo, per la loro condizione doppiamente fragile di donne e di straniere. A testimoniarlo è l’ultimo rapporto della Fondazione OpenPolis che si occupa di raccogliere ed elaborare dati a servizio, come si legge nello statuto, “delle comunità, delle istituzioni, di chi fa  informazione e ricerca, di chi s’impegna nell’attivismo sociale e politico”.

La situazione occupazionale

Da un lato, sono più esposte alla disoccupazione rispetto alle italiane: costituiscono infatti il 16% di tutte le disoccupate, pur rappresentando l’8,5% della popolazione femminile residente in Italia. Il dato è solo lievemente inferiore nel caso degli uomini: gli stranieri costituiscono il 14,4% dei disoccupati e l’8,3% della popolazione maschile residente. Dall’altro, a fare la differenza vera, è soprattutto il tasso di inattività. Questo è molto alto tra le donne, mentre è molto basso tra gli uomini stranieri rispetto agli uomini italiani, quindi la differenza di genere appare particolarmente marcata.

Il tasso di inattività è elevato soprattutto tra le ragazze provenienti da Paesi meno secolarizzati e più tradizionalisti nella ripartizione dei ruoli familiari: nel del Pakistan, ad esempio, tocca  il 90%, mentre va molto meglio per le donne che arrivano dai Paesi dell’Europa orientale, dove i tassi di scolarizzazione sono molto più alti. Come testimonia il rapporto “Second European union minorities and discrimination survey” della European union agency for fundamental rights (Fra), per fattori legati sia alla loro cultura che a quella del paese ospite, le giovani migranti sono quindi maggiormente inquadrate come Neet (not in employment, education, or training), una condizione di alienazione dal mondo del lavoro che ha effetti a lungo termine spesso molto severi.

A rendere difficile il loro inserimento lavorativo è innanzitutto il pregiudizio, spesso più forte nelle culture di origine ma radicato anche nel nostro Paese, che vede la donna come unica responsabile della cura dei figli. In Italia le Neet straniere nel 2020 erano circa 214mila, più del doppio dei corrispondenti maschili (104mila). Va detto che, come per la disoccupazione, anche tra i cittadini italiani il fenomeno colpisce più duramente le donne. Ma anche in questo caso la forbice è meno ampia, soprattutto per quanto riguarda l’inattività: delle 214mila neet straniere, 181mila sono inattive (33mila sono invece disoccupate), mentre tra i giovani si arriva ad appena 60mila inattivi (e 44mila disoccupati).

Nonostante ciò le donne straniere sono spesso più istruite degli uomini. Il numero delle laureate è doppio rispetto a quello dei laureati e maggiore è anche quello di diplomate, mentre i maschi “primeggiano” per quanto riguarda il possesso della licenza di scuola media o elementare o con nessun grado di istruzione.

“La situazione delle donne straniere in Italia sembra quindi rispecchiare tendenze generali a livello italiano ed europeo (le donne hanno mediamente un grado di istruzione più alto, ma sono meno incluse nel mondo del lavoro), tuttavia in modo più severo rispetto alle cittadine italiane. Questo conferma il ruolo dell’intersezionalità: essere donne e straniere crea una condizione di doppia fragilità” conclude la Fondazione Open Polis.

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  • Passa anche da un semplice tasto la possibilità per una donna, vittima di stalking, di salvarsi da chi vuole farle del male. Il tasto di uno smartwatch che, una volta premuto, lancia un’immediata richiesta di aiuto alle forze di polizia. E grazie a questo orologio, Marta (il nome è di fantasia) potrà ora vedere la sua vita cambiata in meglio. La donna aveva smesso di vivere, a causa della relazione asfissiante e malata con il suo ex marito violento che aveva promesso di sfregiarla con l’acido e poi ucciderla e seppelire il suo corpo in un terreno. Ma venerdì scorso a Marta è stato consegnato il primo di 45 smartwatch che saranno distribuiti ad altrettante vittime. L’orologio è collegato con la centrale operativa del comando provinciale dei carabinieri di Napoli: appena arriva l’Sos, la vittima viene geolocalizzata e arrivano i soccorsi.

E così Marta ha ripreso la sua vita interrotta per paura dell’ex e delle sue minacce. «Posso uscire più serena e tranquilla dopo mesi e mesi trascorsi rintanata in casa. Grazie a questo orologio mi sento protetta. È vero, devo rinunciare alla mia privacy, ma è un prezzo che sono disposta a pagare.»

Lo scorso 30 novembre i carabinieri del Comando provinciale di Napoli, la sezione fasce deboli della Procura partenopea coordinata dal procuratore aggiunto Raffaello Falcone, la Fondazione Vodafone Italia e la Soroptimist international club Napoli hanno annunciato l’avvio del progetto pilota "Mobile Angel", che prevede, appunto, la consegna di questo orologio salvavita alle vittime di maltrattamenti. Il progetto è stato esteso anche alle città di Milano e Torino. Lo smartwatch affidato a Marta è il primo nel Sud Italia. Il mobile angel, spiegano i Carabinieri, rientra in un progetto ad ampio respiro che ha come punto focale le vittime di violenza. Un contesto di tutela all’interno del quale è stata istituita anche la "stanza tutta per sé", un ambiente dove chi ha subìto vessazioni può sentirsi a suo agio nel raccontare il proprio vissuto. 

#lucenews #lucelanazione #mobileangel #napoli
  • Se nei giorni scorsi l’assessore al Welfare del Comune di Napoli, papà single di Alba, bambina affetta da Sindrome di Down, aveva ri-scritto pubblicamente alla premier Giorgia Meloni per avere un confronto sull’idea di famiglia e sul tema delle adozioni, stavolta commenta quanto sta accadendo in Italia in relazione ai diritti dei figli delle famiglie arcobaleno. 

Ricordiamo, infatti, che lo scorso 12 marzo il Governo ha ordinato, in merito ad una richiesta pervenuta al Comune di Milano di una coppia dello stesso sesso, lo stop a procedere alla registrazione del loro figlio appena nato e impedendo, di fatto, la creazione di una famiglia omogenitoriale. Il veto della destra compatta boccia il certificato europeo di filiazione che propone agli Stati membri di garantire ai genitori residenti in Unione Europea il diritto ad essere riconosciuti come madri e padri dei propri figli nello stesso modo in tutti i Paesi Ue.

“In tutta Europa i figli di coppie gay avranno il riconoscimento degli stessi diritti degli altri bambini. In Italia il Senato, trascinato da Fratelli d’Italia, fortemente contrario, ha appena bocciato la proposta – dice Trapanese in un lungo post sulla sua pagina Instagram -. Quindi, i figli delle coppie omosessuali non sono, per il nostro Paese, figli come gli altri. Questo hanno deciso e detto chiaramente”. Così facendo, “resteranno bambini privi di tutele complete, i cui genitori dovranno affrontare battaglie giudiziarie, sfiniti da tempi lunghissimi, solo perché il loro bimbo venga considerato semplicemente un figlio”. 

Trapanese attacca chiaramente questa decisione: “L’Italia è l’unico paese europeo con un governo che lavora per togliere diritti invece che per aggiungerli. Se la prende con bambini che esistono e vivono la loro quotidianità serenamente in famiglie piene d’amore, desiderati sopra ogni cosa, ma considerati in Italia figli di un dio minore”. Per Trapanese “stiamo continuando a parlare di ciò che dovrebbe essere semplicemente attuato. I diritti non si discutono, si riconoscono e basta. Ma come fate a non rendervene conto?”.

#lucenews #diritti #coppieomogenitoriali
  • Il nuovo progetto presentato dal governatore Viktor Laiskodat a Kupang, in Indonesia, prevede l’entrata degli alunni a scuola alle 5.30 del mattino. Secondo l’alto funzionario il provvedimento servirebbe per rafforzare la disciplina dei bambini.

Solitamente nelle scuole del Paese le lezioni iniziavano tra le 7 e le 8 del mattino: anticipando l’orario d’ingresso i bambini sono apparsi esausti quando tornano a casa. La madre di una 16enne, infatti, è molto preoccupata da questa nuova iniziativa: “È estremamente difficile, ora devono uscire di casa mentre è ancora buio pesto. Non posso accettarlo. La loro sicurezza non è garantita quando è ancora notte. Inoltre mia figlia, ogni volta che arriva a casa, è esausta e si addormenta immediatamente.”

Sulla vicenda è intervenuto anche Marsel Robot, esperto di istruzione dell’Università di Nusa Cendana, che ha spiegato come a lungo termine la privazione del sonno potrebbe mettere in pericolo la salute degli studenti e causare un cambiamento nei loro comportamenti: “Non c’è alcuna correlazione con lo sforzo per migliorare la qualità dell’istruzione. Gli studenti dormiranno solo per poche ore e questo è un grave rischio per la loro salute. Inoltre, questo causerà loro stress e sfogheranno la loro tensione in attività magari incontrollabili”. Anche il Ministero per l’emancipazione delle donne e la Commissione indonesiana per la protezione dei minori hanno espresso richieste di revisione della politica. Il cambiamento delle regole di Kupang è stato anche contestato dai legislatori locali, che hanno chiesto al governo di annullare quella che hanno definito una politica infondata.

Tuttavia il governo centrale ha mantenuto il suo esperimento rincarando la dose ed estendendolo anche all’agenzia di istruzione locale, dove anche i dipendenti pubblici ora inizieranno la loro giornata alle 5.30 del mattino.

#lucenews #lucelanazione #indonesia #scuola
  • Quante ore dormi? È difficile addormentarsi? Ti svegli al minimo rumore o al mattino rimandi tutte le sveglie per dormire un po’ di più? Soffri d’insonnia?

Sono circa 13,4 milioni gli italiani che soffrono di insonnia, secondo le ultime rilevazioni di Aims - l
Le donne sono più della metà degli stranieri in Italia, ovvero delle persone residenti nel nostro Paese ma prive di cittadinanza. Si tratta di circa 2,6 milioni, il 51,8% di tutta la popolazione straniera che vi abita. Un trend, per altro, in crescita costante negli anni: nel 2002 infatti gli stranieri si dividevano piuttosto egualmente tra uomini e donne, ma a partire dal 2006 si è registrato un aumento nella presenza femminile fino al 2015, quando in Italia risiedevano 293mila donne in più rispetto agli uomini. Nonostante siano la maggioranza, queste si trovano in una situazione di particolare vulnerabilità, soprattutto dal punto di vista lavorativo, per la loro condizione doppiamente fragile di donne e di straniere. A testimoniarlo è l’ultimo rapporto della Fondazione OpenPolis che si occupa di raccogliere ed elaborare dati a servizio, come si legge nello statuto, "delle comunità, delle istituzioni, di chi fa  informazione e ricerca, di chi s'impegna nell’attivismo sociale e politico".

La situazione occupazionale

Da un lato, sono più esposte alla disoccupazione rispetto alle italiane: costituiscono infatti il 16% di tutte le disoccupate, pur rappresentando l'8,5% della popolazione femminile residente in Italia. Il dato è solo lievemente inferiore nel caso degli uomini: gli stranieri costituiscono il 14,4% dei disoccupati e l'8,3% della popolazione maschile residente. Dall'altro, a fare la differenza vera, è soprattutto il tasso di inattività. Questo è molto alto tra le donne, mentre è molto basso tra gli uomini stranieri rispetto agli uomini italiani, quindi la differenza di genere appare particolarmente marcata. Il tasso di inattività è elevato soprattutto tra le ragazze provenienti da Paesi meno secolarizzati e più tradizionalisti nella ripartizione dei ruoli familiari: nel del Pakistan, ad esempio, tocca  il 90%, mentre va molto meglio per le donne che arrivano dai Paesi dell’Europa orientale, dove i tassi di scolarizzazione sono molto più alti. Come testimonia il rapporto "Second European union minorities and discrimination survey" della European union agency for fundamental rights (Fra), per fattori legati sia alla loro cultura che a quella del paese ospite, le giovani migranti sono quindi maggiormente inquadrate come Neet (not in employment, education, or training), una condizione di alienazione dal mondo del lavoro che ha effetti a lungo termine spesso molto severi. A rendere difficile il loro inserimento lavorativo è innanzitutto il pregiudizio, spesso più forte nelle culture di origine ma radicato anche nel nostro Paese, che vede la donna come unica responsabile della cura dei figli. In Italia le Neet straniere nel 2020 erano circa 214mila, più del doppio dei corrispondenti maschili (104mila). Va detto che, come per la disoccupazione, anche tra i cittadini italiani il fenomeno colpisce più duramente le donne. Ma anche in questo caso la forbice è meno ampia, soprattutto per quanto riguarda l'inattività: delle 214mila neet straniere, 181mila sono inattive (33mila sono invece disoccupate), mentre tra i giovani si arriva ad appena 60mila inattivi (e 44mila disoccupati). Nonostante ciò le donne straniere sono spesso più istruite degli uomini. Il numero delle laureate è doppio rispetto a quello dei laureati e maggiore è anche quello di diplomate, mentre i maschi "primeggiano" per quanto riguarda il possesso della licenza di scuola media o elementare o con nessun grado di istruzione. "La situazione delle donne straniere in Italia sembra quindi rispecchiare tendenze generali a livello italiano ed europeo (le donne hanno mediamente un grado di istruzione più alto, ma sono meno incluse nel mondo del lavoro), tuttavia in modo più severo rispetto alle cittadine italiane. Questo conferma il ruolo dell'intersezionalità: essere donne e straniere crea una condizione di doppia fragilità" conclude la Fondazione Open Polis.
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