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Home » HP Trio » Texas, accusata e arrestata per omicidio a causa di un aborto: il caso sarà archiviato

Texas, accusata e arrestata per omicidio a causa di un aborto: il caso sarà archiviato

L'ufficio del procuratore distrettuale che si sta occupando del caso di Lizelle Herrera ha fatto sapere che non si tratta di "una questione criminale", perché la legge non punisce chi si sottopone all'aborto ma chi lo pratica o facilita la procedura di accesso

Marianna Grazi
12 Aprile 2022
aborto-Texas-herrera

In Texas il caso di una donna che ha avuto un aborto autoindotto non sarà processato per omicidio

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Ancora Stati Uniti, ancora Texas, ancora aborto. Non passa giorno ormai che dagli Usa non arrivino novità, spesso tutt’altro che positive, in merito ai diritti riproduttivi delle donne. Un terno al lotto, una scommessa quotidiana per scoprire quale limitazione verrà introdotta e dove. In tal senso ha fatto notizia, giovedì scorso, la vicenda di una ragazza di 26 anni, Lizelle Herrera arrestata per “un aborto autoindotto” e reclusa nel penitenziario della contea di Starr (Texas) dietro cauzione di 500 mila dollari. Per le autorità del Lone Star State l’accusa era quella di omicidio, per aver causato la morte del feto che portava in grembo.

Lizelle Herrera
Lizelle Herrera, accusata di omicidio in Texas per un aborto autoindotto. Il caso però sarà archiviato e le accuse cadranno per mancata aderenza con quanto stabilito dalla legge

Il controverso caso di Lizelle Herrera

Il caso della 26enne ha sconcertato gli attivisti di entrambe le parti del dibattito sull’aborto perché, sia i pro-life che i pro-choice, perché non era chiaro quali norme legali Herrera avesse violato: la legge del Texas, infatti, esenta esplicitamente una donna dall’accusa di omicidio intenzionale per aver interrotto la sua gravidanza. Ma in una dichiarazione rilasciata all’Associated Press la scorsa settimana, l’ufficio dello sceriffo della contea di Starr ha dichiarato che Herrera è stata accusata dopo aver “intenzionalmente e consapevolmente causato la morte di un individuo con un aborto autoindotto”.
Poi però – e per fortuna – domenica 10 aprile l’ufficio del procuratore distrettuale ha dichiarato che questa non era “una questione penale”. “Esaminando la legge del Texas vigente, è chiaro che la signora Herrera non può e non deve essere perseguita per l’accusa contro di lei”, ha scritto il procuratore distrettuale Gocha Allen Ramirez.

proteste-texas-pro aborto
Le proteste delle organizzazioni pro abortiste in Texas dopo il caso di Lizelle Herrera

Cosa dice la Senate Bill 8

Dal 1° settembre in Texas è entrata in vigore la legge che vieta di abortire dopo sei settimane di gravidanza, ricorrendo a una nuova strategia legale che autorizza i privati cittadini a far rispettare la normativa attraverso una causa civile. Ma quella legge non sembra essere stata applicata in questo caso: Lizelle Herrera ha affrontato un’accusa penale, non un processo, dato che la misura non permette di intentare cause contro la persona che ha avuto un aborto, ma solo contro coloro che hanno contribuito alla sua realizzazione. “Se [i pubblici ministeri] la stanno letteralmente accusando di omicidio secondo la legge del Texas, è probabile che si siano ‘dimenticati’ della deroga per questo reato o che abbiano qualche altra teoria sul perché quest’accusa possa essere valida”, ha detto sabato Steve Vladeck, un professore della University of Texas School of Law, che ha seguito da vicino la questione del divieto di aborto nello Stato.

Le proteste

Un’illustrazione sulla legge che vieta l’aborto dopo sei settimane in Texas, la più restrittiva del Paese (Instagram/Jess Golembiewski Art)

Le organizzazioni che si battono per i diritti delle donne si sono rapidamente mobilitate per sostenere Herrera. Il Frontera Fund, un gruppo che raccoglie fondi per le pazienti texane che hanno bisogno di accedere alla procedura di Igv, ha organizzato una manifestazione sabato mattina fuori dal carcere della contea di Starr e ha fatto circolare la notizia sui social media per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla vicenda della ragazza. “Questo arresto è inumano – ha detto Rockie Gonzalez, fondatore del Frontera Fund, in una dichiarazione –. Siamo solidali con te Lizelle, se ci stai leggendo, e non ci fermeremo finché non sarai libera”.
La giovane, in seguito alla decisione del procuratore distrettuale, è stata rilasciata su cauzione e ha ottenuto anche un avvoccato che la sostenga nella causa legale. A sostegno – anche economico – l’associazione Frontera Found ha lanciato una campagna di raccolta fondi per fornirle tutto l’aiuto necessario.

L’arresto della giovane donna arriva mentre negli Stati a guida repubblicana in tutto il Paese si stanno approvando una serie di leggi antiabortiste in vista di una decisione della Corte Suprema, questa estate, che potrebbe rovesciare o indebolire significativamente la Roe v. Wade, la sentenza che ha protetto il diritto costituzionale all’aborto per quasi 50 anni. La vicenda della texana potrebbe essere un segno precoce di ciò che avverrà se la Roe sarà rovesciata, ha detto Vladeck. Nove Stati americani hanno infatti ancora divieti pre-Roe che potrebbero tornare in vigore a seconda di ciò che la Corte Suprema deciderà a giugno.

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  • "Ora dobbiamo fare di meno, per il futuro".

Torna anche quest’anno l
  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
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