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Home » HP Trio » “Togliti tutto”: una ragazza costretta a spogliarsi all’esame della patente perché islamica

“Togliti tutto”: una ragazza costretta a spogliarsi all’esame della patente perché islamica

La denuncia di Sara Qasmi Arrigoni, 25enne trentina originaria del Marocco, vittima di una perquisizione umiliante e discriminatoria nella sede della Motorizzazione civile di Trento

Marianna Grazi
9 Giugno 2021
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Sara Qasmi Arrigoni

Doveva essere solo un esame per la patente. Uno di quei ‘riti di passaggio’ dall’età adolescenziale a quella adulta che milioni di ragazze e ragazzi sognano fin da bambini. Avere la patente, diventare indipendenti negli spostamenti, non dipendere più da mamma o papà per uscire con gli amici. Ma per Sara Qasmi Arrigoni, più che rito di passaggio, si è rivelato un’esperienza dolorosa e umiliante. E razzista. “Mi sono fatta mille domande e l’unica risposta che mi sono data è che la perquisizione nei miei confronti è stata eseguita su base xenofobica ed islamofobica. Non c’è altra spiegazione. Poiché, nessuna delle altre donne è stata controllata né all’entrata né all’uscita”

La 25enne trentina, di origini marocchine, lo scorso 27 maggio si è recata a Trento per sostenere il quiz per il conseguimento della patente di guida. Ed è lì che, racconta lei stessa, è stata costretta da un’agente delle forze dell’ordine a denudarsi totalmente nel bagno della Motorizzazione civile, sotto i suoi occhi, per ragioni che ancora fatica a comprendere. Perché quel trattamento chiesto proprio a lei? Forse per il velo che indossava come sempre a coprirle i capelli?
Sara non sa darsi una risposta. Anche per questo decide di denunciare tutto alle autorità.

E poi di parlare dell’accaduto, in Questura e su alcuni giornali locali, e sceglie di rendere pubblica la sua vicenda anche sui suoi social. E racconta che, già prima della prova, al momento della registrazione, un esaminatore inizia a fare battute sul suo cognome, sbagliando a pronunciarlo e scriverlo, giustificandosi asserendo di “essere abituato a cognomi italiani”. Sara lascia correre, è agitata per l’esame. Si siede, spegne il cellulare e inizia il test. Ma si accorge ben presto che uno degli esaminatori continua a controllarla insistentemente. Solo lei.

Ma, come scrive nel post, arriviamo alla parte più seria. Dopo mezz’ora la 25enne finisce l’esame, si alza e fa per consegnare il suo badge. Le viene però intimato di non andarsene, di aspettare. Arrivano in aula due agenti, un uomo e una donna. Hanno già perquisito, in modo discreto come lei stessa ha potuto osservare, un ragazzo pakistano anche lui presente alla prova. A quel punto l’agente donna le chiede di seguirla nel bagno e, una volta lì, le chiede di spogliarsi. Confusa Sara si toglie il velo, pensando che vogliano controllare che sotto non vi siano auricolari. Ma non basta: “Con un tono arrogante e presuntuoso mi dice ‘ho detto di spogliarti’. Io ero un po’ terrorizzata se devo essere sincera, le chiedo però cosa stesse cercando. Il silenzio. Mi ha ignorata. Quel silenzio mi ha preoccupata. Le ho chiesto cosa volesse vedere di più quel che aveva già visto e la poliziotta ‘guarda signorina che quello che hai tu ce l’ho anch’io, non serve che nascondi nulla’ (ovviamente intendeva le parti intime). Io seriamente facevo fatica a comprendere la sua richiesta e le ho chiesto più volte di dirmi esplicitamente che cosa volesse scovare. E lei ‘tutto, devo vedere tutto, si tolga anche le mutande e il reggiseno’“.

La ragazza obbedisce, confusa, impietrita davanti a quelle richieste, senza avere la forza di ribellarsi. Poi, come se nulla fosse, l’hanno fatta rivestire. Ancora in stato di choc, subito dopo, Sara si è recata in Procura per denunciare il tutto. Anche il fatto che, oltre alle richieste fatte dal Carabiniere, non ha neanche ricevuto il verbale di perquisizione.

Dopo la sua denuncia, che ha suscitato enorme stupore e disapprovazione, una dirigente della Motorizzazione Civile di Trento ha provato a giustificarsi dicendo che, proprio in quei giorni, erano arrivate alcune segnalazioni di persone che si presentavano al quiz celando microfoni e auricolari. Per questo motivo erano stati intensificati i controlli.
Ma quello che ha subito Sara Qasmi va al di là di un semplice controllo. È stata umiliata. Perché? Le risposte le dovrà trovare l’autorità competente, quello che sa, però, è di essere stata discriminata.

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Il protagonista di questa vicenda è Leonardo Lotto, studente aostano, che la mattina del 23 febbraio è rimasto vittima di un incidente in mare. Il ragazzo era a Melbourne con un gruppo di amici quando dopo un tuffo tra le onde sul bagnasciuga ha picchiato violentemente la testa contro il fondale di sabbia. In quel momento è iniziato l’incubo: prima gli amici lo hanno aiutato a uscire dall’acqua, poi la corsa disperata in ospedale. Dopo l’intervento d’urgenza, è arrivato il duro responso: “Frattura delle vertebre C3 e C5, spina dorsale danneggiata". Leonardo Lotto è paralizzato dalla testa in giù e non potrà più camminare.

"Continuerò a lottare e farò tutto il necessario. A volte cadrò, ma alla fine mi rialzerò, vivendo sempre giorno per giorno, superando i momenti più bui”.

Dopo il ricovero all’Alfred Hospital di Melbourne, in Australia, “le sue condizioni sono stabili, e ora è pronto per iniziare il suo lungo percorso riabilitativo a Milano con tutte le energie e la positività che hanno sempre caratterizzato la sua personalità”. E gli amici, proprio per sostenere le cure, hanno organizzato una raccolta fondi online.

✍ Barbara Berti 

#lucenews #lucelanazione #australia #leonardolotto
  • È quanto emerge da uno studio su 1.700 ragazzi toscani realizzato dal Meyer center for health and happiness, di cui è responsabile Manila Bonciani, insieme all’Università di Firenze, e presentato in occasione della Giornata internazionale della felicità nel corso di un evento organizzato al Meyer health campus di Firenze.

Cosa gli adolescenti pensano della felicità? Come la definiscono? Cosa li rende felici? Queste alcune domande dello studio. Dai risultati emerge che i ragazzi spesso non riescono a dare neanche una definizione della felicità. Tuttavia ne sottolineano la rilevanza e la transitorietà. 

Dalla ricerca emerge così che la manifestazione della felicità si declina in sei dimensioni:
➡ La più rilevante che emerge è quella dell’interesse sociale, data dall’importanza che viene attribuita dai ragazzi alle relazioni interpersonali.
➡ La seconda è l’espressione della soddisfazione verso la propria vita, del fare le cose che piacciono loro.
➡ La terza è vivere emozioni positive, rilevanza che si riscontra anche nelle parole dei ragazzi che esprimono in maniera importante l’idea di essere felici quando sono senza preoccupazioni o pressioni che avvertono frequentemente, come anche quella scolastica.
➡ La quarta è il senso di autorealizzazione insieme a quello di padronanza delle varie situazioni che si trovano ad affrontare.
➡ Infine in misura minore la loro felicità è legata all’ottimismo, cui gli stessi adolescenti non attribuiscono grande rilevanza, sebbene rappresenti la sesta dimensione della felicità identificata.

Gli adolescenti che risultano più felici si caratterizzano per essere più empatici, esprimere un atteggiamento cooperativo, avere maggiore autoconsapevolezza, saper gestire meglio le emozioni e risolvere le situazioni problematiche, avere una buona immagine di sé. 

Ancora i maschi risultano essere più felici delle femmine a eccezione della dimensione relazionale e sociale della felicità che non si differenzia in maniera significativa tra i due gruppi, e le fasce di età più piccole, fino ai 15 anni, esprimono maggiormente di essere felici rispetto ai ragazzi di 16-17 o maggiorenni.

#felicità #ospedalemeyer #adolescenza
Sara Qasmi Arrigoni
Doveva essere solo un esame per la patente. Uno di quei 'riti di passaggio' dall'età adolescenziale a quella adulta che milioni di ragazze e ragazzi sognano fin da bambini. Avere la patente, diventare indipendenti negli spostamenti, non dipendere più da mamma o papà per uscire con gli amici. Ma per Sara Qasmi Arrigoni, più che rito di passaggio, si è rivelato un'esperienza dolorosa e umiliante. E razzista. "Mi sono fatta mille domande e l’unica risposta che mi sono data è che la perquisizione nei miei confronti è stata eseguita su base xenofobica ed islamofobica. Non c’è altra spiegazione. Poiché, nessuna delle altre donne è stata controllata né all’entrata né all’uscita" La 25enne trentina, di origini marocchine, lo scorso 27 maggio si è recata a Trento per sostenere il quiz per il conseguimento della patente di guida. Ed è lì che, racconta lei stessa, è stata costretta da un’agente delle forze dell’ordine a denudarsi totalmente nel bagno della Motorizzazione civile, sotto i suoi occhi, per ragioni che ancora fatica a comprendere. Perché quel trattamento chiesto proprio a lei? Forse per il velo che indossava come sempre a coprirle i capelli? Sara non sa darsi una risposta. Anche per questo decide di denunciare tutto alle autorità. E poi di parlare dell'accaduto, in Questura e su alcuni giornali locali, e sceglie di rendere pubblica la sua vicenda anche sui suoi social. E racconta che, già prima della prova, al momento della registrazione, un esaminatore inizia a fare battute sul suo cognome, sbagliando a pronunciarlo e scriverlo, giustificandosi asserendo di "essere abituato a cognomi italiani". Sara lascia correre, è agitata per l'esame. Si siede, spegne il cellulare e inizia il test. Ma si accorge ben presto che uno degli esaminatori continua a controllarla insistentemente. Solo lei. Ma, come scrive nel post, arriviamo alla parte più seria. Dopo mezz'ora la 25enne finisce l'esame, si alza e fa per consegnare il suo badge. Le viene però intimato di non andarsene, di aspettare. Arrivano in aula due agenti, un uomo e una donna. Hanno già perquisito, in modo discreto come lei stessa ha potuto osservare, un ragazzo pakistano anche lui presente alla prova. A quel punto l’agente donna le chiede di seguirla nel bagno e, una volta lì, le chiede di spogliarsi. Confusa Sara si toglie il velo, pensando che vogliano controllare che sotto non vi siano auricolari. Ma non basta: "Con un tono arrogante e presuntuoso mi dice 'ho detto di spogliarti'. Io ero un po' terrorizzata se devo essere sincera, le chiedo però cosa stesse cercando. Il silenzio. Mi ha ignorata. Quel silenzio mi ha preoccupata. Le ho chiesto cosa volesse vedere di più quel che aveva già visto e la poliziotta 'guarda signorina che quello che hai tu ce l'ho anch'io, non serve che nascondi nulla' (ovviamente intendeva le parti intime). Io seriamente facevo fatica a comprendere la sua richiesta e le ho chiesto più volte di dirmi esplicitamente che cosa volesse scovare. E lei 'tutto, devo vedere tutto, si tolga anche le mutande e il reggiseno'". La ragazza obbedisce, confusa, impietrita davanti a quelle richieste, senza avere la forza di ribellarsi. Poi, come se nulla fosse, l'hanno fatta rivestire. Ancora in stato di choc, subito dopo, Sara si è recata in Procura per denunciare il tutto. Anche il fatto che, oltre alle richieste fatte dal Carabiniere, non ha neanche ricevuto il verbale di perquisizione. Dopo la sua denuncia, che ha suscitato enorme stupore e disapprovazione, una dirigente della Motorizzazione Civile di Trento ha provato a giustificarsi dicendo che, proprio in quei giorni, erano arrivate alcune segnalazioni di persone che si presentavano al quiz celando microfoni e auricolari. Per questo motivo erano stati intensificati i controlli. Ma quello che ha subito Sara Qasmi va al di là di un semplice controllo. È stata umiliata. Perché? Le risposte le dovrà trovare l'autorità competente, quello che sa, però, è di essere stata discriminata.
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