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Home » HP Trio » “Usare la Var per scoprire gli autori di comportamenti razzisti e cacciarli a vita da tutti gli stadi”

“Usare la Var per scoprire gli autori di comportamenti razzisti e cacciarli a vita da tutti gli stadi”

Paolo Dal Pino, presidente della Lega di Serie A pronto a trasformare le tecnologie impegnate sui campi in strumenti di controllo degli spalti al fine di eliminare il razzismo. "In Inghilterra esiste il daspo a vita da tutti gli stadi per chi tiene comportamenti discriminatori. Mi auguro che anche in Italia si faccia presto così"

Federico Martini
18 Ottobre 2021
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Utilizzare lal Var per individuare molto più di un fuorigioco o dei vizi che rendono annullabile un gol segnato sul campo: per scoprire chi all’interno degli stadi si macchia di comportamenti di stampo razzista ed avviarlo alle giuste punizioni. E’ l’ipotesi che Paolo Dal Pino, presidente della Lega calcio di Serie A, ha annunciato intervenendo a Radio Anch’io lo sport.  “Mi piacerebbe molto – ha dichiarato –  che nel nostro nuovo centro broadcasting di Lissone ci fosse una ‘respect room’ dove la tecnologia ci aiuta a debellare tutte le discriminazioni“.

A Lissone la Lega ha realizzato la struttura in cui vengono esaminate tutte le gare di serie A intervenendo a sostegno degli arbitri impegnati sul campo. “Stiamo verificando con l’Osservatorio l’uso delle telecamere di sicurezza, senza violazione della privacy – la cui legge in Italia è molto severa – in modo che queste telecamere di sicurezza possano essere di supporto alle forze dell’ordine, come avviene in Inghilterra”, In Inghilterra – ha aggiunto  Dal Pino – “viene inflitto il Daspo a vita per chi assume comportamenti discriminatori”.

All’ipotesi di utilizzare le tecnologie presenti negli impianti al fine di contribuire a debellare il razzismo dagli stadi, Dal Pino era arrivato  dopo aver affermato che “tutto ciò che è razzismo e discriminazione è orribile, non fa parte di noi”. “È un problema che purtroppo si vede non solo negli stadi – ha aggiunto –  Negli stadi avvengono casi singoli, purtroppo ripetuti da parte di alcuni personaggi che non dovrebbero mai più entrare negli stadi“.

“Qui ci sono due aspetti – ha osservato Dal Pino –  uno comunicazionale, sul quale stiamo lavorando con una campagna di sensibilizzazione, poi ci sono le misure restrittive o sanzionatorie sulle quali stiamo lavorando. Su questo non siamo soli”.

“Abbiamo creato una commissione fra tutti i club – ha aggiunto Dal Pino – che si sono riuniti la settimana scorsa e hanno trovato il modo di vietare l’ingresso in tutti gli stadi per chi si macchia di razzismo – aggiunge – Quando uno compra un biglietto c’è un sistema di gradimento che permette alla società di escludere dal proprio stadio i colpevoli di atti discriminatori o di razzismo. Il problema è che questo soggetto può essere escluso solo da quello stadio, ma non da tutti gli stadi. Noi stiamo lavorando a un protocollo d’intesa, per far si che non possa entrare in tutti gli stadi”.

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  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
Utilizzare lal Var per individuare molto più di un fuorigioco o dei vizi che rendono annullabile un gol segnato sul campo: per scoprire chi all'interno degli stadi si macchia di comportamenti di stampo razzista ed avviarlo alle giuste punizioni. E' l'ipotesi che Paolo Dal Pino, presidente della Lega calcio di Serie A, ha annunciato intervenendo a Radio Anch’io lo sport.  "Mi piacerebbe molto - ha dichiarato -  che nel nostro nuovo centro broadcasting di Lissone ci fosse una ‘respect room’ dove la tecnologia ci aiuta a debellare tutte le discriminazioni". A Lissone la Lega ha realizzato la struttura in cui vengono esaminate tutte le gare di serie A intervenendo a sostegno degli arbitri impegnati sul campo. "Stiamo verificando con l’Osservatorio l’uso delle telecamere di sicurezza, senza violazione della privacy - la cui legge in Italia è molto severa - in modo che queste telecamere di sicurezza possano essere di supporto alle forze dell’ordine, come avviene in Inghilterra", In Inghilterra - ha aggiunto  Dal Pino - "viene inflitto il Daspo a vita per chi assume comportamenti discriminatori". All'ipotesi di utilizzare le tecnologie presenti negli impianti al fine di contribuire a debellare il razzismo dagli stadi, Dal Pino era arrivato  dopo aver affermato che "tutto ciò che è razzismo e discriminazione è orribile, non fa parte di noi". "È un problema che purtroppo si vede non solo negli stadi - ha aggiunto -  Negli stadi avvengono casi singoli, purtroppo ripetuti da parte di alcuni personaggi che non dovrebbero mai più entrare negli stadi". "Qui ci sono due aspetti - ha osservato Dal Pino -  uno comunicazionale, sul quale stiamo lavorando con una campagna di sensibilizzazione, poi ci sono le misure restrittive o sanzionatorie sulle quali stiamo lavorando. Su questo non siamo soli". "Abbiamo creato una commissione fra tutti i club - ha aggiunto Dal Pino - che si sono riuniti la settimana scorsa e hanno trovato il modo di vietare l’ingresso in tutti gli stadi per chi si macchia di razzismo - aggiunge - Quando uno compra un biglietto c’è un sistema di gradimento che permette alla società di escludere dal proprio stadio i colpevoli di atti discriminatori o di razzismo. Il problema è che questo soggetto può essere escluso solo da quello stadio, ma non da tutti gli stadi. Noi stiamo lavorando a un protocollo d’intesa, per far si che non possa entrare in tutti gli stadi".
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