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Home » HP Trio » Valentina: “Dopo aver sconfitto il tumore sogno un centro sportivo per le donne sopravvissute”

Valentina: “Dopo aver sconfitto il tumore sogno un centro sportivo per le donne sopravvissute”

Ha scoperto 'l'intruso' dopo la nascita della figlia Cara, secondogenita dopo Tomas. Ma grazie alle cure e alla sua forza d'animo la 38enne massese è riuscita ad uscire dal tunnel: "Sono rinata"

Maria Nudi
7 Febbraio 2022
Caucasian Pensive Woman in headscarf, fighting breast cancer while holding her newborn baby relaxing in cancer treatment hospital, patient standing next to hospital window. Mother and baby son. Sleepy little child with mom, eyes closed.

Caucasian Pensive Woman in headscarf, fighting breast cancer while holding her newborn baby relaxing in cancer treatment hospital, patient standing next to hospital window. Mother and baby son. Sleepy little child with mom, eyes closed.

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Il suo colore preferito è il bianco, il bianco di una tela sulla quale riscrivere la sua nuova vita, quella che sta affrontando con coraggio, entusiasmo e forza dopo aver sconfitto… l’intruso. Si tratta di una patologia oncologica che è comparsa all’improvviso nella sua vita, in un momento particolarmente significativo: era mamma di una bambina di sei mesi, Cara, che oggi ha tre anni. Valentina Montani, 38 anni, massese residente a Bonascola, è moralmente una delle testimoni sul territorio apuano della Giornata mondiale contro il cancro, che si rinnova ogni anno il 4 febbraio. Quando ha scoperto di avere un tumore non si è persa d’animo, ha affrontato la situazione a testa alta. Sul suo cammino ha incontrato medici di grande professionalità, come la dottoressa Manuela Roncella, di fama nazionale, il reparto di oncologia guidato dal primario Andrea Mambrini, con Chiara Iacconi, e tutto il personale.

Valentina nel suo percorso di cura ha incontrato medici e assistenti sanitari di grande professionalità

È stata curata al day hospital di Carrara, accolta e coccolata dal personale medico e sanitario capitanato da Roberta Crudeli, che è anche presidente dell’associazione Il Volto della Speranza. Valentina, che divide la sua vita con il compagno Francesco, e i due figli Tomas, di 19 anni e, appunto, Cara, da un anno è ‘uscita’ dalla malattia e racconta alla Nazione la sua esperienza. Con un sogno nel cassetto: la realizzazione sul territorio di un centro sportivo per le donne che hanno subito un intervento chirurgico o che sono “inciampate” in un tumore e si sono rialzate. Il messaggio di Valentina è di speranza, un messaggio che guarda al futuro.

La 38enne ha un sogno: aprire un centro sportivo per donne sopravvissute al tumore

Valentina, quando si è accorta che qualcosa non andava?
“Ero diventata mamma per la seconda volta. Stavo allattando e mi sono accorta che al seno c’era qualcosa che non andava, una presenza… estranea. Sono operatrice sociosanitaria, ho capito subito”.

Quale è stata la parola che la ha spinta a lottare?
“Resilienza. Ho avuto accanto la mia famiglia, mia sorella Veronica, il mio compagno Francesco, Tomas. E tutti insieme siamo usciti fuori dal tunnel”.

Cosa è cambiato nella sua vita?
“Tutto. È stata una rinascita: le cose che prima della malattia mi sembravano in un certo modo e alle quali davo un peso sproporzionato, oggi mi sembrano bazzecole. I valori sono diversi. Ho anche cambiato lavoro, sono assistente per persone disabili in una scuola di Viareggio dove sono entrata a settembre grazie alla cooperativa di Vittorio. Vado in palestra. E dall’esperienza dello sport è nato questo sogno di realizzare un centro sportivo per chi ha superato la malattia oncologica”.

Valentina ha raccolto insieme a Daniele Tarantino 1000 firme per il registro tumori. È una leonessa, del resto il leone è il suo segno zodiacale.

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  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
Il suo colore preferito è il bianco, il bianco di una tela sulla quale riscrivere la sua nuova vita, quella che sta affrontando con coraggio, entusiasmo e forza dopo aver sconfitto... l’intruso. Si tratta di una patologia oncologica che è comparsa all’improvviso nella sua vita, in un momento particolarmente significativo: era mamma di una bambina di sei mesi, Cara, che oggi ha tre anni. Valentina Montani, 38 anni, massese residente a Bonascola, è moralmente una delle testimoni sul territorio apuano della Giornata mondiale contro il cancro, che si rinnova ogni anno il 4 febbraio. Quando ha scoperto di avere un tumore non si è persa d’animo, ha affrontato la situazione a testa alta. Sul suo cammino ha incontrato medici di grande professionalità, come la dottoressa Manuela Roncella, di fama nazionale, il reparto di oncologia guidato dal primario Andrea Mambrini, con Chiara Iacconi, e tutto il personale.
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È stata curata al day hospital di Carrara, accolta e coccolata dal personale medico e sanitario capitanato da Roberta Crudeli, che è anche presidente dell’associazione Il Volto della Speranza. Valentina, che divide la sua vita con il compagno Francesco, e i due figli Tomas, di 19 anni e, appunto, Cara, da un anno è 'uscita' dalla malattia e racconta alla Nazione la sua esperienza. Con un sogno nel cassetto: la realizzazione sul territorio di un centro sportivo per le donne che hanno subito un intervento chirurgico o che sono "inciampate" in un tumore e si sono rialzate. Il messaggio di Valentina è di speranza, un messaggio che guarda al futuro.
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Valentina, quando si è accorta che qualcosa non andava? "Ero diventata mamma per la seconda volta. Stavo allattando e mi sono accorta che al seno c’era qualcosa che non andava, una presenza... estranea. Sono operatrice sociosanitaria, ho capito subito". Quale è stata la parola che la ha spinta a lottare? "Resilienza. Ho avuto accanto la mia famiglia, mia sorella Veronica, il mio compagno Francesco, Tomas. E tutti insieme siamo usciti fuori dal tunnel". Cosa è cambiato nella sua vita? "Tutto. È stata una rinascita: le cose che prima della malattia mi sembravano in un certo modo e alle quali davo un peso sproporzionato, oggi mi sembrano bazzecole. I valori sono diversi. Ho anche cambiato lavoro, sono assistente per persone disabili in una scuola di Viareggio dove sono entrata a settembre grazie alla cooperativa di Vittorio. Vado in palestra. E dall’esperienza dello sport è nato questo sogno di realizzare un centro sportivo per chi ha superato la malattia oncologica". Valentina ha raccolto insieme a Daniele Tarantino 1000 firme per il registro tumori. È una leonessa, del resto il leone è il suo segno zodiacale.
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