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Home » Scienze e culture » Siamo Ace, la comunità asessuale italiana in lotta per l’integrazione: “Ignorati anche dal DDL Zan”

Siamo Ace, la comunità asessuale italiana in lotta per l’integrazione: “Ignorati anche dal DDL Zan”

Una condizione, un orientamento. Non una scelta. L'asessualità si stima coinvolga l’1% della popolazione mondiale. In Italia spesso è ancora considerata una malattia o un disturbo psicologico. Alessandro e Elisabetta raccontano la loro storia tra stigma e muri 'infrangibili' fatti di pregiudizi e incomprensione. "Con il Collettivo Carrodibuoi proviamo a combattere l'afobia e creiamo un posto dove gli Ace possano confrontarsi"

Claudio Capanni
26 Maggio 2021
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Non fanno sesso perché non provano attrazione fisica. E, quando lo fanno, la storia non cambia: non ne sentono il desiderio. Zero o pochissima attrazione per i corpi. Nascono così. E vogliono affermare il proprio diritto all’esistenza. Il loro è un orientamento, spesso scambiato per malattia: sono asessuali. Facile a dirsi, difficilissimo a viversi. Ecco chi, ogni giorno, s’imbatte nell’afobia: emarginazione sociale e odio verso chi non fa sesso. “L’ultima esclusione? È arrivata proprio dal Ddl Zan“. Ecco le storie di un uomo e una donna asessuali.

 

La storia di Alessandro, asessuale e aromantico: “Ho scoperto che tira più un carro di buoi”

“Ma almeno ti masturbi?”. A ferire è soprattutto quell’almeno. Innocente come avverbio, tagliente come una lama. Eppure quella domanda in 47 anni, ad Alessandro Garzi, impiegato fiorentino, l’hanno fatta decine di volte. “E ogni volta rispondo alla stessa maniera: sono fatti miei. È anche dietro a domande così che si nasconde l’afobia”. Deriva dall’inglese, ‘acephobia’, cioè la paura e la discriminazione verso gli ‘ace’, in italiano asessuali. “L’asessualità è un orientamento caratterizzato dalla mancanza di attrazione sessuale verso tutti i generi”. Non si fa sesso perché non c’è attrazione fisica. Si nasce così. Facile a dirsi, difficilissimo a viversi quando gli altri non capiscono. E feriscono pure con un avverbio. “Non siamo etero con poca voglia di fare sesso. E nemmeno ‘con la parrucca blu’, come ci definì Giovanni Dall’Orto, attivista per i diritti delle persone gay”. Ad Alessandro, con alle spalle anni di attivismo nei Radicali, per capirlo c’è voluta quasi una vita. “Non è un atteggiamento o il segno di un trauma subito”. E nemmeno un voto di castità. “Non proviamo attrazione sessuale per altre persone. È una condizione, non una scelta“.

“Non sei abbastanza maschio”. L’afobia e quei medici che non vogliono capire

Ha provato a spiegarlo pure al suo analista. Non capiva e gli chiese: “Per lei è un problema non fare sesso?“. “Gli risposi che facevo comizi e incontri pubblici per dire che non lo facevo. Poteva essere un problema? Il punto è questo: ti viene ‘concesso’ di essere asessuale, però devi dimostrare di non aver subito traumi o non essere malato“. Quel dimostrare per sottrazione diventa una croce. “Basti pensare che il disturbo da desiderio sessuale ipoattivo è stato tolto dal Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali nel 2013. Ma quel disturbo esiste, se il paziente soffre il non far sesso. Invece molti asessuali ci hanno raccontato di come gli siano stati prescritti psicofarmaci“. Alessandro nel 2016 ha fondato il “Collettivo Asessuale Carrodibuoi“, una fra le prime associazioni italiane per la visibilità e l’informazione sulle realtà asessuali, fra gli organizzatori del Toscana Pride. L’obiettivo: combattere l’afobia. “Che non è la sorella dell’omofobia. Ma un’altra cosa. Non si tratta di odio, è qualcosa di più latente. Quando tu fai coming out e ti viene risposto che non è vero, che sei timido, devi farti aiutare e stai solo aspettando la persona giusta, viene negata la tua identità”. E allora tanti ‘scelgono’ una finta vita da etero, protetti da giudizi e pregiudizi. Tenendo sigillata dentro l’asessualità. Soffrendo quel “non sei maschio” e quel “sei frigida”.

“Se non ti muovi, scommetti che ti stupro?”

Lo fa almeno 21% degli Ace nati tra il 1990 e il 2004. E il 32% di quelli nati tra il 1975 e il 1989. Sono i numeri del sondaggio che il Collettivo Carrodibuoi ha lanciato nel 2020 intervistando 675 persone. “Non sono dati con pretesa scientifica, ma tra i pochi che ora ci sono in Italia”. L’afobia, quando di mezzo c’è il partner, ‘impregna’ pure le relazioni. “Il 27% degli intervistati tra i 30 ed i 45 anni ha avuto pressioni dal partner per fare sesso”. Fino alle minacce di stupro. “Questo nel 4% dei casi, mentre il sesso nel 18% è stato proposto come ‘cura’“. Alessandro sapeva di essere asessuale fin da piccolo. C’era l’essenza, ma non il vocabolo per esprimerla. Era come esser murati vivi. “Ad un certo punto, durante l’adolescenza, ti accorgi che i tuoi amici hanno troppe attenzioni verso qualcosa che tu non hai. Ma al tempo le categorie in cui il mondo era diviso erano due: gli etero, cioè quelli considerati ‘normali’, e i gay“. Ma a lui gli uomini non attraevano. E nemmeno le donne.  “Ma dovevo dimostrare che ero come gli amici, perché se non riuscivo ero un imbecille”. È successo dopo anche con i colleghi. “Quando eravamo in trasferta, era quasi obbligatorio ‘andare’ a donne. Mi dicevano ‘Perché non lo fai? Credi di essere superiore?’ E quando te lo dicono, ti senti mancare un pezzo“. Alessandro due relazioni le ha avute e ha conosciuto molte ragazze. “Ma ci sono diventato amico, non provo attrazione per loro. Sono aromantico. Ma ci sono asessuali romantici disposti ad avere una relazione. Ad alcune ragazze è stato difficile spiegarlo, si sono sentite respinte”.

La parola magica

Poi a 28 anni, facendo zapping, è inciampato in quel termine. “Sul Canal Jimmy, nel 2002, c’era una trasmissione dedicata al mondo Lgbt. E lì un’attivista parlò di asessualità“. A lui, dentro, s’accese una luce: ecco il vocabolo che mancava. L’essenza c’era già, ora aveva la parola per esprimerla. Non era più murato vivo. “Ho fatto coming out e sono praticamente rinato. Nel 2011 cercai informazioni sull’asessualità, l’unica comunità italiana che ne parlava era Aven, il forum internazionale sul tema”. Lì scoprì di non essere solo e conobbe altri Ace. Quella parola, in realtà qualcuno l’aveva già pronunciata. Anthony Bogart, docente della Brock University, in Ontario, lo fece nel 2004. E due anni dopo, nel 2006, sulla Review of General Psychology scrisse: “L’asessualità è la mancanza di attrazione sessuale”. Non aromanticismo, celibato o assenza di libido. Bogart differenziava l’asessualità anche dal disordine ipoattivo del desiderio sessuale. Concludendo: “È un orientamento sessuale, non un disturbo”. Quello che Alessandro sapeva già 30 anni prima. Oggi il Collettivo che dirige è impegnatissimo nel far conoscere questo orientamento sessuale. “Tentiamo anche di sensibilizzare sull’aggiornamento della classe medica che spesso lo vede come un disturbo”.

Così il DDL Zan ci ha ignorato

La storia, però, è ancora tutta da scrivere. Inclusa quella di oggi. A partire dal Ddl Zan che, proprio all’articolo 1, quello che definisce gli orientamenti sessuali, nega l’esistenza degli Ace. Il comma C recita: “Per orientamento sessuale si intende l’attrazione sessuale o affettiva nei confronti di persone di sesso opposto, dello stesso sesso, o di entrambi i sessi”. “E noi dove siamo? Bastava aggiungere ‘o di nessun genere’ e si sarebbe riconosciuta l’asessualità. Invece siamo a questo: lottare per il diritto all’esistenza“. Non è come se qualcuno gli chiedesse: “Ma almeno ti masturbi?”. È quasi peggio.

 

La vicenda di Elisabetta: “Se fossi nata nel Medioevo mi sarei fatta suora” 

“Innamorarmi? Certo che l’ho fatto. Provavo attrazione per una persona. Era attrazione mentale. Ma quando ho sentito avvicinarsi la pressione del rapporto sessuale, ho interrotto la relazione”. Elisabetta ha 26 anni, studia Psicologia all’università di Firenze. Non ha mai provato il desiderio di fare sesso. Ne parla da appena due mesi, dopo una vita passata a cercare il pezzo mancante del puzzle. Ha capito che quel tassello era la parola asessualità. Il coming out con se stessa è ancora troppo fresco: in famiglia, ancora, nessuno lo sa. Per questo preferisce restare anonima. “Non so quanti potrebbero capire o giudicarmi. Se fossi nata in un’altra epoca probabilmente mi sarei fatta suora. Sarebbe stato l’unico modo per far accettare il fatto che una donna non provi attrazione fisica per nessuno. Il desiderio non c’è, non te lo puoi inventare“. Ma la fede con lei c’entra. Capire che il suo amore è solo nelle pieghe della mente e non in quelle delle lenzuola, è un atto di fede, in qualche modo. Bisogna crederci, non c’è altro da capire. “Ma pochissimi finora lo hanno fatto. È come trovarsi di fronte a un muro“. Sul quale si è rotta la testa fin da adolescente.

L’amore è possibile, ma diventa un rompicapo

“Ho passato forti momenti di sofferenza. Quando un ragazzo mi piaceva e io piacevo a lui, prima o poi arrivava il momento in cui l’assenza del rapporto era vista come disinteresse. Per questo ho sempre interrotto ogni relazione prima dell’intimità. Mi sfilavo piano piano. Lì per lì non ci davo peso, ma poi ho capito che è per un motivo: sono fatta così”. Per arrivarci ci sono volute tante cicatrici. “Qualche altra ragazza che invece era disposta ad avere rapporti intimi, spesso si metteva nel mezzo e mi ‘rubava’ quella persona. È accaduto anche con quelle che credevo mie amiche“. Così il desiderio di avere una relazione è rimasto un germoglio. Mai sbocciato. “Ma io so che posso provare amore e attrazione mentale. L’ho fatto e succederà di nuovo. Ci sono asessuali aromantici, ma io non sono così. Immagino che se trovassi una persona come me, potrei avere una relazione”.

Un gruppo Facebook per conoscersi meglio

Due mesi fa si è iscritta al gruppo Facebook “La comunità degli asessuali italiani” gestita dal Collettivo Carrodibuoi. La policy è rigorosa: ci si iscrive, ci si presenta e si spiega perché si è lì. Altrimenti fuori. Gli iscritti sono circa 1.600. “Ho trovato documentari e materiale, ma soprattutto persone con cui confrontarmi“. Fra queste una ragazza che ha avuto lo stesso destino di Elisabetta. “La prima nella mia vita con la quale abbia mai parlato di questo argomento. Ma ho conosciuto anche persone che sono state minacciate di stupro perché non credute dai propri partner. Una cosa del genere a me non è successa, forse perché non mi sono mai spinta oltre, allontanandomi prima dalle relazioni”. A volte le sembra ancora di vivere in un Paese straniero, dove nessuno parla la sua lingua. “La paura è anche di non essere compresi dalla comunità medica. Molte persone mi hanno raccontato di psicologi e psichiatri che vedono l’asessualità come patologia. Mi ci sono rivolta anche io, per fortuna ho trovato una persona molto preparata con la quale sto facendo un percorso”.

“Sì, è possibile essere felici. Vi spiego come”

La domanda, in fondo, è sempre quella: si può essere felici? Elisabetta la risposta ce l’ha. “Sì, si può esserlo. Basta smettere di inseguire ciò che pensi renda felici gli altri. Come le amicizie. Non è che se vedi una persona che credi realizzata, allora devi fare quel che ha fatto lei. L’importante è interrogarsi su ciò che si vuole realmente e cercare di ottenerlo”. Elisabetta, oggi, vuole solo deporre le armi: smettere di lottare per fingere di essere quel che non è. E accettarsi. “Sto studiando, voglio diventare una professionista. Adoro i libri, la psicologia e la storia. So che non voglio restare sola e che esistono altre persone come me”. La stima è che circa l’1% della popolazione sulla Terra sia asessuale. Aghi dispersi nel pagliaio del mondo. Ma a vivere da esule lei c’è abituata. “A 17 anni lasciai tutto e andai in Francia a studiare e fare la ragazza alla pari. Non conoscevo una parola di francese. Ma ho imparato, è stata un’esperienza meravigliosa che mi ha cambiata e fatto apprezzare quanto il mondo sia diverso dal perimetro che ci circonda davanti casa”. Sa che fare coming out sarà come quando scese dal bus a Parigi. Sola in una terra che non ne vuol sapere di parlare la tua lingua. Ma che, un giorno, inizierà a capire il tuo accento. E, forse, a sorriderti.

 

Asessuale, Demisessuale o Aromantico? Un glossario per evitare confusione

Albert Camus lo scriveva ne “La Peste”, 74 anni fa: “Nominare male le cose, è partecipare all’infelicità del mondo”. Molti, come Alessandro ed Elisabetta, lo hanno provato sulla propria pelle. Prima di incontrare la parola asessualità, non avevano uno specchio nel quale riflettersi. E prendere coscienza di sé. Per questo, nella comunità asessuale, ogni parola ha la sua importanza. Serve a rendere reale ciò che, senza vocabolario, non esisterebbe. Ecco allora un piccolo glossario di termini, realizzato con il collettivo Carrodibuoi, dietro i quali c’è lo sforzo di riconoscersi di migliaia di persone. Leggerlo significa tentare di dar forma alle loro vite. Ignorarlo significa, forse, fargli un torto. E partecipare alla propria di infelicità. Non alla loro, che continueranno a essere quel che sono. Con o senza l’approvazione di chiunque.

ASESSUALE: persona che non prova attrazione sessuale verso alcun genere, ma può desiderare o meno una relazione romantica.

LEGAME ROMANTICO: attrazione sentimentale verso un’altra persona. Il legame non è originato da attrazione sessuale. Si parla, perciò, di persone etero-romantiche, omo-romantiche, bi-romantiche, pan-romantiche, dando al prefisso lo stesso valore che si darebbe nel caso dell’attrazione sessuale. Quindi si tratterà, per esempio, di persone, attratte rispettivamente da chi fa parte del sesso opposto, dello stesso sesso, di entrambi i sessi (o generi), o indipendentemente da sesso o genere dell’altra persona.

PERSONA AROMANTICA: una persona può essere aromantica e non desiderare, quindi, nessun legame di tipo romantico con persone di nessun sesso o genere. Quindi non tutte le persone asessuali sono anche aromantiche, e non tutte le persone aromantiche sono asessuali.

AMATONORMATIVITÀ: dall’inglese ‘amatonormativity’, termine coniato da Elizabeth Brake, insegnante di filosofia alla Rice University, in Texas, nel suo libro “Minimizing marriage”. Significa dare per scontato che una relazione sentimentale (come un matrimonio o una convivenza) debba avere per forza la precedenza su tutti gli altri tipi di relazione. E che l’obiettivo della vita debba essere il far parte di una di queste relazioni. L’amatonormatività implica che l’amore romantico debba essere considerato come un traguardo al quale tutte le persone dovrebbero ambire.

ORIENTAMENTO DEMISESSUALE: orientamento sentimentale di chi prova attrazione fisica solo nei confronti delle persone verso cui sente un legame.

ORIENTAMENTO GREY-A: definisce chi si identifica come facente parte dello spettro dell’asessualità, inclusa la demisessualità. Significa avere un’attrazione sessuale bassa, o variabile nel periodo.

“Ma al di là dei termini – tengono a precisare dal Collettivo Carrodibuoi – ci sono due cose importanti da tenere in conto. La prima è che il comportamento non fa l’orientamento. Una persona non “diventa asessuale” perché non fa più sesso. Quello che va considerato è se esiste o no un’attrazione sessuale, non altro. Molte persone asessuali hanno rapporti sessuali, frequenti, o meno. Ci possono essere milioni di ragioni per questo, esattamente come quelle di una persona, ad esempio eterosessuale, che decida di astenersi dai rapporti per un certo periodo. È bene chiarire che l’etichetta serve se ti descrive e contribuisce alla tua identità. Non deve essere una forzatura, non bisogna per forza essere ‘qualcosa’. Non c’è bisogno di somigliare a nessuna definizione”.

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  • «Era terribile durante il fascismo essere transessuale. Mi picchiavano e mi facevano fare delle cose schifose. Mi imbrattavano con il catrame e mi hanno rasato. Ho preso le botte dai fascisti perché mi ero atteggiato a donna e per loro questo era inconcepibile».

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  • Elaheh Tavakolian, l’iraniana diventata uno dei simboli della lotta nel suo Paese, è arrivata in Italia. Nella puntata del 21 marzo de “Le Iene”, tra i servizi del programma di Italia 1, c’è anche la storia della giovane donna, ferita a un occhio dalla polizia durante le proteste in Iran. Nella puntata andata in onda la scorsa settimana, l’inviata de “Le Iene” aveva incontrato la donna in Turchia, durante la sua fuga disperata dall’Iran, dove ormai era troppo pericoloso vivere. 

“Ho molta paura. Vi prego, qui potrebbero uccidermi” raccontava l’attivista a Roberta Rei. Già in quell’occasione, Elaheh Tavakolian era apparsa con una benda sull’occhio, a causa di una grave ferita causatale da un proiettile sparato dalle forze dell’ordine iraniane durante le manifestazioni a cui ha preso parte dopo la morte di Mahsa Amini.

Elaheh Tavakolian fa parte di quelle centinaia di iraniani che hanno subito gravi ferite agli occhi dopo essere stati colpiti da pallottole, lacrimogeni, proiettili di gomma o altri proiettili usati dalle forze di sicurezza durante le dure repressioni che vanno avanti ormai da oltre sei mesi. La ragazza, che ha conseguito un master in commercio internazionale e ora lavora come contabile, ha usato la sua pagina Instagram per rivelare che le forze di sicurezza della Repubblica islamica stavano deliberatamente prendendo di mira gli occhi dei manifestanti. 

✍ Barbara Berti

#lucenews #lucelanazione #ElahehTavakolian #iran #leiene
  • Ha 19 anni e vorrebbe solo sostenere la Maturità. Eppure alla richiesta della ragazza la scuola dice di no. Nina Rosa Sorrentino è nata con la sindrome di Down, e quel diritto che per tutte le altre studentesse e studenti è inviolabile per lei è invece un’utopia.

Il liceo a indirizzo Scienze Umane di Bologna non le darà la possibilità di diplomarsi con i suoi compagni e compagne, svolgendo le prove che inizieranno il prossimo 21 giugno. La giustificazione – o la scusa ridicola, come quelle denunciate da CoorDown nella giornata mondiale sulla sindrome di Down – dell’istituto per negarle questa possibilità è stata che “per lei sarebbe troppo stressante“.

Così Nina si è ritirata da scuola a meno di tre mesi dalla fine della quinta. Malgrado la sua famiglia, fin dall’inizio del triennio, avesse chiesto agli insegnanti di cambiare il Pei (piano educativo individualizzato) della figlia, passando dal programma differenziato per gli alunni certificati a quello personalizzato per obiettivi minimi o equipollenti, che prevede l’ammissione al vero e proprio esame di Maturità. Ma il liceo Sabin non ha assecondato la loro richiesta.

Francesca e Alessandro Sorrentino avevano trovato una sponda di supporto nel Ceps di Bologna (Centro emiliano problemi sociali per la Trisomia 21), in CoorDown e nei docenti di Scienze della Formazione dell’Alma Mater, che si sono detti tutti disponibili per realizzare un progetto-pilota per la giovane studentessa e la sua classe. Poi, all’inizio di marzo, la doccia fredda: è arrivato il no definitivo da parte del consiglio di classe, preoccupato che per la ragazza la Maturità fosse un obiettivo troppo impegnativo e stressante, tanto da generare “senso di frustrazione“, come ha scritto la dirigente del liceo nella lettera che sancisce l’epilogo di questa storia tutt’altro che inclusiva.

“Il perché è quello che ci tormenta – aggiungono i genitori –. Anche la neuropsichiatra concordava: Nina poteva e voleva provarci a fare l’esame. Non abbiamo mai chiesto le venisse regalato il diploma, ma che le fosse data la possibilità di provarci”.

#lucenews #lucelanazione #disabilityinclusion #giornatamondialedellasindromedidown

Non fanno sesso perché non provano attrazione fisica. E, quando lo fanno, la storia non cambia: non ne sentono il desiderio. Zero o pochissima attrazione per i corpi. Nascono così. E vogliono affermare il proprio diritto all’esistenza. Il loro è un orientamento, spesso scambiato per malattia: sono asessuali. Facile a dirsi, difficilissimo a viversi. Ecco chi, ogni giorno, s'imbatte nell'afobia: emarginazione sociale e odio verso chi non fa sesso. "L’ultima esclusione? È arrivata proprio dal Ddl Zan". Ecco le storie di un uomo e una donna asessuali.

 

La storia di Alessandro, asessuale e aromantico: "Ho scoperto che tira più un carro di buoi"

"Ma almeno ti masturbi?". A ferire è soprattutto quell'almeno. Innocente come avverbio, tagliente come una lama. Eppure quella domanda in 47 anni, ad Alessandro Garzi, impiegato fiorentino, l'hanno fatta decine di volte. "E ogni volta rispondo alla stessa maniera: sono fatti miei. È anche dietro a domande così che si nasconde l'afobia". Deriva dall’inglese, 'acephobia', cioè la paura e la discriminazione verso gli 'ace', in italiano asessuali. "L'asessualità è un orientamento caratterizzato dalla mancanza di attrazione sessuale verso tutti i generi". Non si fa sesso perché non c'è attrazione fisica. Si nasce così. Facile a dirsi, difficilissimo a viversi quando gli altri non capiscono. E feriscono pure con un avverbio. "Non siamo etero con poca voglia di fare sesso. E nemmeno 'con la parrucca blu', come ci definì Giovanni Dall’Orto, attivista per i diritti delle persone gay". Ad Alessandro, con alle spalle anni di attivismo nei Radicali, per capirlo c’è voluta quasi una vita. "Non è un atteggiamento o il segno di un trauma subito". E nemmeno un voto di castità. "Non proviamo attrazione sessuale per altre persone. È una condizione, non una scelta".

"Non sei abbastanza maschio". L'afobia e quei medici che non vogliono capire

Ha provato a spiegarlo pure al suo analista. Non capiva e gli chiese: "Per lei è un problema non fare sesso?". "Gli risposi che facevo comizi e incontri pubblici per dire che non lo facevo. Poteva essere un problema? Il punto è questo: ti viene 'concesso' di essere asessuale, però devi dimostrare di non aver subito traumi o non essere malato". Quel dimostrare per sottrazione diventa una croce. "Basti pensare che il disturbo da desiderio sessuale ipoattivo è stato tolto dal Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali nel 2013. Ma quel disturbo esiste, se il paziente soffre il non far sesso. Invece molti asessuali ci hanno raccontato di come gli siano stati prescritti psicofarmaci". Alessandro nel 2016 ha fondato il "Collettivo Asessuale Carrodibuoi", una fra le prime associazioni italiane per la visibilità e l’informazione sulle realtà asessuali, fra gli organizzatori del Toscana Pride. L'obiettivo: combattere l'afobia. "Che non è la sorella dell’omofobia. Ma un'altra cosa. Non si tratta di odio, è qualcosa di più latente. Quando tu fai coming out e ti viene risposto che non è vero, che sei timido, devi farti aiutare e stai solo aspettando la persona giusta, viene negata la tua identità". E allora tanti 'scelgono' una finta vita da etero, protetti da giudizi e pregiudizi. Tenendo sigillata dentro l’asessualità. Soffrendo quel "non sei maschio" e quel "sei frigida".

"Se non ti muovi, scommetti che ti stupro?"

Lo fa almeno 21% degli Ace nati tra il 1990 e il 2004. E il 32% di quelli nati tra il 1975 e il 1989. Sono i numeri del sondaggio che il Collettivo Carrodibuoi ha lanciato nel 2020 intervistando 675 persone. "Non sono dati con pretesa scientifica, ma tra i pochi che ora ci sono in Italia". L’afobia, quando di mezzo c'è il partner, 'impregna' pure le relazioni. "Il 27% degli intervistati tra i 30 ed i 45 anni ha avuto pressioni dal partner per fare sesso". Fino alle minacce di stupro. "Questo nel 4% dei casi, mentre il sesso nel 18% è stato proposto come 'cura'". Alessandro sapeva di essere asessuale fin da piccolo. C'era l'essenza, ma non il vocabolo per esprimerla. Era come esser murati vivi. "Ad un certo punto, durante l'adolescenza, ti accorgi che i tuoi amici hanno troppe attenzioni verso qualcosa che tu non hai. Ma al tempo le categorie in cui il mondo era diviso erano due: gli etero, cioè quelli considerati 'normali', e i gay". Ma a lui gli uomini non attraevano. E nemmeno le donne.  "Ma dovevo dimostrare che ero come gli amici, perché se non riuscivo ero un imbecille". È successo dopo anche con i colleghi. "Quando eravamo in trasferta, era quasi obbligatorio 'andare' a donne. Mi dicevano 'Perché non lo fai? Credi di essere superiore?' E quando te lo dicono, ti senti mancare un pezzo". Alessandro due relazioni le ha avute e ha conosciuto molte ragazze. "Ma ci sono diventato amico, non provo attrazione per loro. Sono aromantico. Ma ci sono asessuali romantici disposti ad avere una relazione. Ad alcune ragazze è stato difficile spiegarlo, si sono sentite respinte".

La parola magica

Poi a 28 anni, facendo zapping, è inciampato in quel termine. "Sul Canal Jimmy, nel 2002, c'era una trasmissione dedicata al mondo Lgbt. E lì un'attivista parlò di asessualità". A lui, dentro, s'accese una luce: ecco il vocabolo che mancava. L'essenza c'era già, ora aveva la parola per esprimerla. Non era più murato vivo. "Ho fatto coming out e sono praticamente rinato. Nel 2011 cercai informazioni sull'asessualità, l'unica comunità italiana che ne parlava era Aven, il forum internazionale sul tema". Lì scoprì di non essere solo e conobbe altri Ace. Quella parola, in realtà qualcuno l'aveva già pronunciata. Anthony Bogart, docente della Brock University, in Ontario, lo fece nel 2004. E due anni dopo, nel 2006, sulla Review of General Psychology scrisse: "L'asessualità è la mancanza di attrazione sessuale". Non aromanticismo, celibato o assenza di libido. Bogart differenziava l’asessualità anche dal disordine ipoattivo del desiderio sessuale. Concludendo: "È un orientamento sessuale, non un disturbo". Quello che Alessandro sapeva già 30 anni prima. Oggi il Collettivo che dirige è impegnatissimo nel far conoscere questo orientamento sessuale. "Tentiamo anche di sensibilizzare sull'aggiornamento della classe medica che spesso lo vede come un disturbo".

Così il DDL Zan ci ha ignorato

La storia, però, è ancora tutta da scrivere. Inclusa quella di oggi. A partire dal Ddl Zan che, proprio all'articolo 1, quello che definisce gli orientamenti sessuali, nega l'esistenza degli Ace. Il comma C recita: "Per orientamento sessuale si intende l’attrazione sessuale o affettiva nei confronti di persone di sesso opposto, dello stesso sesso, o di entrambi i sessi". "E noi dove siamo? Bastava aggiungere 'o di nessun genere' e si sarebbe riconosciuta l’asessualità. Invece siamo a questo: lottare per il diritto all'esistenza". Non è come se qualcuno gli chiedesse: "Ma almeno ti masturbi?". È quasi peggio.

 

La vicenda di Elisabetta: "Se fossi nata nel Medioevo mi sarei fatta suora" 

"Innamorarmi? Certo che l’ho fatto. Provavo attrazione per una persona. Era attrazione mentale. Ma quando ho sentito avvicinarsi la pressione del rapporto sessuale, ho interrotto la relazione". Elisabetta ha 26 anni, studia Psicologia all’università di Firenze. Non ha mai provato il desiderio di fare sesso. Ne parla da appena due mesi, dopo una vita passata a cercare il pezzo mancante del puzzle. Ha capito che quel tassello era la parola asessualità. Il coming out con se stessa è ancora troppo fresco: in famiglia, ancora, nessuno lo sa. Per questo preferisce restare anonima. "Non so quanti potrebbero capire o giudicarmi. Se fossi nata in un'altra epoca probabilmente mi sarei fatta suora. Sarebbe stato l'unico modo per far accettare il fatto che una donna non provi attrazione fisica per nessuno. Il desiderio non c'è, non te lo puoi inventare". Ma la fede con lei c'entra. Capire che il suo amore è solo nelle pieghe della mente e non in quelle delle lenzuola, è un atto di fede, in qualche modo. Bisogna crederci, non c'è altro da capire. "Ma pochissimi finora lo hanno fatto. È come trovarsi di fronte a un muro". Sul quale si è rotta la testa fin da adolescente.

L'amore è possibile, ma diventa un rompicapo

"Ho passato forti momenti di sofferenza. Quando un ragazzo mi piaceva e io piacevo a lui, prima o poi arrivava il momento in cui l’assenza del rapporto era vista come disinteresse. Per questo ho sempre interrotto ogni relazione prima dell'intimità. Mi sfilavo piano piano. Lì per lì non ci davo peso, ma poi ho capito che è per un motivo: sono fatta così". Per arrivarci ci sono volute tante cicatrici. "Qualche altra ragazza che invece era disposta ad avere rapporti intimi, spesso si metteva nel mezzo e mi 'rubava' quella persona. È accaduto anche con quelle che credevo mie amiche". Così il desiderio di avere una relazione è rimasto un germoglio. Mai sbocciato. "Ma io so che posso provare amore e attrazione mentale. L’ho fatto e succederà di nuovo. Ci sono asessuali aromantici, ma io non sono così. Immagino che se trovassi una persona come me, potrei avere una relazione".

Un gruppo Facebook per conoscersi meglio

Due mesi fa si è iscritta al gruppo Facebook "La comunità degli asessuali italiani" gestita dal Collettivo Carrodibuoi. La policy è rigorosa: ci si iscrive, ci si presenta e si spiega perché si è lì. Altrimenti fuori. Gli iscritti sono circa 1.600. "Ho trovato documentari e materiale, ma soprattutto persone con cui confrontarmi". Fra queste una ragazza che ha avuto lo stesso destino di Elisabetta. "La prima nella mia vita con la quale abbia mai parlato di questo argomento. Ma ho conosciuto anche persone che sono state minacciate di stupro perché non credute dai propri partner. Una cosa del genere a me non è successa, forse perché non mi sono mai spinta oltre, allontanandomi prima dalle relazioni". A volte le sembra ancora di vivere in un Paese straniero, dove nessuno parla la sua lingua. "La paura è anche di non essere compresi dalla comunità medica. Molte persone mi hanno raccontato di psicologi e psichiatri che vedono l'asessualità come patologia. Mi ci sono rivolta anche io, per fortuna ho trovato una persona molto preparata con la quale sto facendo un percorso".

"Sì, è possibile essere felici. Vi spiego come"

La domanda, in fondo, è sempre quella: si può essere felici? Elisabetta la risposta ce l'ha. "Sì, si può esserlo. Basta smettere di inseguire ciò che pensi renda felici gli altri. Come le amicizie. Non è che se vedi una persona che credi realizzata, allora devi fare quel che ha fatto lei. L’importante è interrogarsi su ciò che si vuole realmente e cercare di ottenerlo". Elisabetta, oggi, vuole solo deporre le armi: smettere di lottare per fingere di essere quel che non è. E accettarsi. "Sto studiando, voglio diventare una professionista. Adoro i libri, la psicologia e la storia. So che non voglio restare sola e che esistono altre persone come me". La stima è che circa l’1% della popolazione sulla Terra sia asessuale. Aghi dispersi nel pagliaio del mondo. Ma a vivere da esule lei c'è abituata. "A 17 anni lasciai tutto e andai in Francia a studiare e fare la ragazza alla pari. Non conoscevo una parola di francese. Ma ho imparato, è stata un'esperienza meravigliosa che mi ha cambiata e fatto apprezzare quanto il mondo sia diverso dal perimetro che ci circonda davanti casa". Sa che fare coming out sarà come quando scese dal bus a Parigi. Sola in una terra che non ne vuol sapere di parlare la tua lingua. Ma che, un giorno, inizierà a capire il tuo accento. E, forse, a sorriderti.

 

Asessuale, Demisessuale o Aromantico? Un glossario per evitare confusione

Albert Camus lo scriveva ne "La Peste", 74 anni fa: "Nominare male le cose, è partecipare all'infelicità del mondo". Molti, come Alessandro ed Elisabetta, lo hanno provato sulla propria pelle. Prima di incontrare la parola asessualità, non avevano uno specchio nel quale riflettersi. E prendere coscienza di sé. Per questo, nella comunità asessuale, ogni parola ha la sua importanza. Serve a rendere reale ciò che, senza vocabolario, non esisterebbe. Ecco allora un piccolo glossario di termini, realizzato con il collettivo Carrodibuoi, dietro i quali c'è lo sforzo di riconoscersi di migliaia di persone. Leggerlo significa tentare di dar forma alle loro vite. Ignorarlo significa, forse, fargli un torto. E partecipare alla propria di infelicità. Non alla loro, che continueranno a essere quel che sono. Con o senza l’approvazione di chiunque.

ASESSUALE: persona che non prova attrazione sessuale verso alcun genere, ma può desiderare o meno una relazione romantica.

LEGAME ROMANTICO: attrazione sentimentale verso un'altra persona. Il legame non è originato da attrazione sessuale. Si parla, perciò, di persone etero-romantiche, omo-romantiche, bi-romantiche, pan-romantiche, dando al prefisso lo stesso valore che si darebbe nel caso dell'attrazione sessuale. Quindi si tratterà, per esempio, di persone, attratte rispettivamente da chi fa parte del sesso opposto, dello stesso sesso, di entrambi i sessi (o generi), o indipendentemente da sesso o genere dell’altra persona.

PERSONA AROMANTICA: una persona può essere aromantica e non desiderare, quindi, nessun legame di tipo romantico con persone di nessun sesso o genere. Quindi non tutte le persone asessuali sono anche aromantiche, e non tutte le persone aromantiche sono asessuali.

AMATONORMATIVITÀ: dall’inglese 'amatonormativity', termine coniato da Elizabeth Brake, insegnante di filosofia alla Rice University, in Texas, nel suo libro "Minimizing marriage". Significa dare per scontato che una relazione sentimentale (come un matrimonio o una convivenza) debba avere per forza la precedenza su tutti gli altri tipi di relazione. E che l'obiettivo della vita debba essere il far parte di una di queste relazioni. L'amatonormatività implica che l’amore romantico debba essere considerato come un traguardo al quale tutte le persone dovrebbero ambire.

ORIENTAMENTO DEMISESSUALE: orientamento sentimentale di chi prova attrazione fisica solo nei confronti delle persone verso cui sente un legame.

ORIENTAMENTO GREY-A: definisce chi si identifica come facente parte dello spettro dell'asessualità, inclusa la demisessualità. Significa avere un'attrazione sessuale bassa, o variabile nel periodo.

"Ma al di là dei termini – tengono a precisare dal Collettivo Carrodibuoi – ci sono due cose importanti da tenere in conto. La prima è che il comportamento non fa l’orientamento. Una persona non "diventa asessuale" perché non fa più sesso. Quello che va considerato è se esiste o no un'attrazione sessuale, non altro. Molte persone asessuali hanno rapporti sessuali, frequenti, o meno. Ci possono essere milioni di ragioni per questo, esattamente come quelle di una persona, ad esempio eterosessuale, che decida di astenersi dai rapporti per un certo periodo. È bene chiarire che l'etichetta serve se ti descrive e contribuisce alla tua identità. Non deve essere una forzatura, non bisogna per forza essere 'qualcosa'. Non c'è bisogno di somigliare a nessuna definizione".

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