Crisi climatica, bracconaggio, conflitti con le popolazioni locali: solo negli ultimi dieci anni, il
numero degli elefanti africani è diminuito di oltre il 20%. E la situazione appare ancora più drammatica se si guarda alle
foreste africane: in quattro paesi dell'Africa centrale, le popolazioni di elefante di foresta sono diminuite di circa il
66% negli ultimi anni. Triste primato alla
Selous Game Reserve (inserita dall'Unesco tra le aree World Heritage a rischio) con oltre il 90% degli elefanti sterminati negli ultimi 40 anni a causa dell'aumento del bracconaggio. Qui, la popolazione è passata dai
110.000 agli attuali
15.200 individui.
Bracconaggio per l'avorio
In totale si stima che il
bracconaggio uccida ogni anno circa 20.000 (il 4% della popolazione mondiale) elefanti africani a causa del commercio illegale di
avorio, alimentato dalla criminalità organizzata globale, dell’ incrementato dalla grande domanda proveniente dai
paesi asiatici, ed anche della sempre più diffusa presenza di gruppi terroristici, che spesso gestiscono il commercio illegale di parti di animali selvatici, quale importante fonte di guadagno. Dati drammatici che il
Wwf rende noti oggi,
12 agosto 2021, in occasione della
Giornata Mondiale dell'Elefante. Oggi sono meno di
450mila gli elefanti che sopravvivono in
Africa. Tanto che sia l’elefante di foresta (Loxodonta africana) che quello di savana, Loxodonta cyclotis (recenti, approfondite ricerche sul genoma della famiglia Elephantidae, hanno infatti rivelato infatti l’esistenza di due specie distinte), sono stati nel 2021 per la prima volta inclusi nelle
categorie di rischio più elevato nella lista rossa della Iucn. Il secondo è definito ‘specie
in pericolo’, il primo addirittura “in
pericolo critico” di estinzione, ovvero il più alto livello di allarme.
Oltre al bracconaggio, gli elefanti soffrono anche a causa dell’invadenza degli umani: un recente studio pubblicato su Current Biology dimostra infatti che, proprio a causa dell’uomo, gli elefanti, pur avendo a disposizione almeno altri 18milioni di km2 per il proprio habitat, occupano meno di un quinto dello spazio idoneo disponibile. In totale solo 17% del territorio che potrebbe ospitare gli elefanti è effettivamente abitato dai pachidermi.
Un esemplare asiatico: anche in quel continente il numero di esemplari si è fortemente ridotto
Alghe tossiche
Infine la crisi climatica che determina problemi sempre maggiori, mettendo a rischio intere popolazioni di elefanti. Nel Delta dell’
Okavango, uno dei più grandi delta interni del mondo situato tra
Namibia e Botswana che ospita una colonia di 130mila pachidermi, nel maggio 2020 sono stati rinvenuti 169 elefanti morti intorno ad alcune aree umide, uccisi con ogni probabilità dalla quantità crescente di
alghe tossiche, i cianobatteri, comparse nelle pozze d’acqua che gli animali frequentano quotidianamente per abbeverarsi. Secondo gli esperti, la comparsa in quantità così massiccia dei microrganismi sarebbe una diretta e drammatica conseguenza del riscaldamento globale in atto. I
cianobatteri infatti, in quantità elevate, possono uccidere i mammiferi interferendo con la capacità del sistema nervoso di inviare input elettrici ai muscoli di differenti parti del corpo, portando spesso a paralisi e ad insufficienza cardiaca o respiratoria.
Cosa fare per salvare gli elefanti?
Per il Wwf la soluzione è chiara: lotta al
bracconaggio, adozione di
leggi più severe ed efficaci (anche in merito al
commercio di avorio) e una migliore gestione e protezione dei
territori in cui vivono ancora gli elefanti, con l’obiettivo prioritario di promuovere una
pacifica convivenza tra uomini e pachidermi, sono state azioni cruciali per la conservazione degli elefanti in diverse aree strategiche in Africa. “Il declino degli elefanti è evidente, ma è possibile invertire il trend, come dimostrato da alcuni esempi virtuosi” dice l’associazione ambientalista