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L'arca di Silvia per salvare gli animali selvatici: "Gli ultimi degli ultimi che hanno ancora voglia di vivere"

di MASSIMO NENCIONI -
7 marzo 2022
luce2

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Il Centro recupero fauna selvatica “La nostra arca” è il luogo che, oltre a accogliere per il recupero gli animali selvatici nella prospettiva di rimetterli in natura, ospita gli ultimi dei ultimi: coloro che altrimenti verrebbero soppressi perché non più idonei alla vita selvatica. Veramente una bella storia da raccontare. Una volta contattata signora Silvia Chiritescu, responsabile del centro, per un intervista video, la risposta è gentile ma ferma: “Preferirei non apparire personalmente”. Come fare un'intervista ad una persona che non vuole apparire, mostrando però il suo straordinario lavoro? Per fortuna è una bella giornata, il centro è in una bellissima zona montuosa (600 mt) vicino a Città di Castello (Perugia). Appare fin da subito curato e pulito. Ad accogliermi c'è una signora dai lunghi capelli e dal fare molto pacato, Silvia. È dolorante, le è gonfiato il ginocchio destro nello sforzo di spostare un capriolo che stava per affogare dentro una pozza. Le chiedo se posso fare qualcosa, mi risponde che non ci sono problemi. Mi ribadisce che preferirebbe che nel racconto i protagonisti di questa storia fossero gli animali. Le chiedo almeno di microfonarla, mi risponde: “Non voglio il microfono, vorrei che raccontasse quello che vede con i suoi occhi, descriva le sue sensazioni”.
silvia cras arca animali

Silvia nella sua tenuta ha creato un Cras "La nostra arca"

Non mi lascia il tempo di montare la camera ed è già partita col cibo per gli animali. Il primo recinto è adiacente casa

Gli animali convivono in piena armonia nell'arca creata da Silvia

“Qua ci abitano insieme caprioli, daini e una cerva. La cerva si chiama Shine, cresciuta in cattività presso una famiglia ha iniziato ad essere cattiva, pericolosa per le persone”. Mi avvicino titubante alla cerva, pare tranquilla, mi muovo lentamente, Silvia mi tranquillizza: “Non si preoccupi, da allora è cambiata, adesso è molto calma”. Shine, curiosa, si fa accarezzare. Adesso passiamo alla zona dove ci sono i piccoli e un adulto di capriolo che è stato investito “Si chiama Cecchino, gli vengono frequentemente crisi epilettiche, è ipovedente, è quello che è caduto nella pozza e stava per annegare qualche ora fa, bastava un minuto in più... Non so darmi pace, fortuna che me ne sono accorta. Passerà il resto della sua vita qui, assieme a Trippi, una tripode di capriolo dolcissima. Assieme a loro ci sono altri cuccioli che mi auguro di liberare, alcuni fin dal prossimo aprile. Abbiamo poi oca Maria e Reginaldo, vengono da Amatrice, il terremoto gli ha distrutto la casa, e hanno cercato qualcuno che non le facessero in brodo”. Ci muoviamo di poco, sento guaire, Silvia si volta, un'ombra negli occhi

Diana la volpe

“Mi si spezza il cuore a fargliela vedere in questa gabbiona. Questa è Diana, una volpe. Per lei sono sua mamma. Hanno ucciso la sua vera madre quando lei era appena nata, i fratellini non furono trovati. Adesso devo tenerla in una sorta di gabbia esterna che accede ad una parte di casa. Ho provato anche a liberarla, ma dopo quattro giorni è tornata. Credo rimarrà qua - la voce incrinata - la vede com'è, morirebbe subito fuori. Silvia si incammina, percorriamo una strada sterrata in discesa che rasenta il Centro, passiamo vicino ad un grande recinto con dei cani bianchi. Cosa sono? “Levrieri russi, quando mi sono stabilita qua pensavo a un allevamento di cani. Sono gli unici animali che ho voluto. Gli altri sono tutti arrivati qui per conto loro”. In che senso? “Sono arrivata qua per vivere con la mia famiglia, avevo due cani e cinque ettari di terreno. Facevo volontariato al canile, all'epoca non c'erano altri centri di recupero selvatici, e ogni tanto capitava di aiutare anche con selvatici. Nel 2005 mi fu affidato un piccolo di capriolo per svezzarlo (occorre dargli il latte ogni due ore). Arrivata a casa mi accorsi che era cieco, avvisai la Provincia, e loro mi dissero che andava soppresso perché senza futuro. Io risposi 'No, assolutamente'. È iniziata così”. Il cucciolo ha cambiato la vita a lei e a tanti altri animali. Forse un angelo? Un segno del destino?

Alcuni animali selvatici hanno perso gli arti a causa di gravi incidenti

“Non so, so che da quel giorno tutto è cambiato, sono arrivati sempre più animali da aiutare, da coccolare, da proteggere. Vede qua? (indica le le gabbie e i recinti), prima non c'era niente, dei campi e basta, poi ho iniziato a costruire rifugi, ma lo spazio e le dimore non bastano mai”. Arriviamo ad un grande recinto

Silvia cerca di rimettere in libertà gli animali recuperati

“Qua c'è un volpino tripode (tre zampe), lo hanno preso al laccio e si è automutilato parte della gamba per scappare. Quando lo hanno trovato era quasi morto, con una fortissima infezione - sospira - Anche lui non potrò rilasciarlo. Nella cuccia c'è un istrice grande, ha avuto un trauma cranico, quando esce gira in cerchio continuamente, senza posa, mangia, ma non sarà liberabile. E qua abbiamo Topina, un'istrice di quattro mesi. L'hanno trovata piccolissima accanto alla mamma morta. È stata in casa fino a poco tempo fa, le ho dato il latte giorno e notte per mesi, ora è arrivata allo svezzamento, e comincia a mangiare altre cose. È una chiaccherona - ride -. Adesso devo pian piano allontanarla, è determinante farlo, devo reprimere l'istinto primario di proteggerla, per il suo bene, affinché possa un giorno essere liberata. È affettuosissima, come vede mi segue come un cagnolino. Adesso la devo lasciare da sola nel recinto grande, spero tanto si inselvatichisca. Quando è arrivata aveva pochissimi aculei, tutti morbidi, guardi le orecchie, sembrano umane come le mani. Senta che buon profumo che ha. Lo sapeva che i selvatici sono profumatissimi? Pure i cinghiali. La libererò vicino a casa, se andrà via, sarà un buon segno, una vittoria”. Mi indica una gabbia rivestita al suo interno di materassi

Un cucciolo con un tutore alla zampa

“Qui c'è un ambiente protetto da materassi, imbottito. I caprioli quando arrivano feriti sbattono dappertutto, hanno bisogno di un luogo dove non farsi male. Ci continuiamo a spostare  “Vede quel cavallo è cieco, è qui da 8 mesi. Aveva vissuto tutta la sua vita in maneggio, la sua padrona lo cavalcava. Arrivata la malattia andava abbattuto, la signora mi ha chiesto se potevo tenerlo, spesso viene a trovarlo. Da piccola avevo anch'io il sogno di cavalcare, poi compreso che per il cavallo era una costrizione, me ne sono fatta una ragione. Concepisco soltanto cavalcare a pelo (senza sella), senza doma, ci chiediamo mai cosa vogliono loro?”. Continua a camminare, arriviamo all'airone “Non ha un'ala, lo hanno trovato così, probabilmente è stato investito... ho avuto anche gabbiani, uno sono riuscita a liberarlo a casa sua, al mare... ecco i gheppi, due di loro forse riuscirò a liberarli, gli altri 3 non sarà possibile perché non possono volare. Quel gheppio maschio è finito dentro un avvolgibile per un giorno intero, ora gli stanno tornando le penne”.

Un allocco addormentato

Le poiane “Valentina e Serena. A entrambe manca un'ala e un pezzo di gamba. Ecco Serena, a lei avevano sparato, quando l'hanno trovata era a terra che aspettava la morte. Quando arrivò, le larve di mosca la stavano mangiando, ho dovuto manipolarla in modo pesante”. Gli allocchi “Un cucciolo di un anno, mezzo cieco, lo hanno trovato da piccolissimo in terra è probabile che con la botta abbia avuto un trauma cranico. L'altro invece è una femmina che è qui da nove anni ha un'ala che si è calcificata male nonostante sia stata operata”. I cinghiali “Me li portarono piccolissimi le guardie zoofile, lui ormai è cinque anni che è qui.... sono intelligentissimi, più dei cani, come i maiali”. Le mucche

Il cras di Silvia ospita anche dei cinghiali

“Quando sono arrivate erano degli scheletri. Guardi come sono belle adesso. Alcune salvate dal mattatoio o sequestrate da allevamenti per maltrattamento”. Galli e galline “Per qualcuno i galli disturbano, per non ucciderli li portano qua. Qualcuno è arrivato da Amatrice. Come vede ho più galli che galline, cerco di contenere la popolazione levando le uova, ma loro lo capiscono e cambiano posto. Così qualche volta nascono i pulcini, sono sempre di più” ride. Ha dei volontari che la aiutano? “È difficile trovarli, devi sapere come comportarti con gli animali selvatici, non è che vieni una volta ed entri dentro. Ci vuole continuità ed esperienza. Ecco, sta arrivando Elio sono anni che viene, ho visto che ci tiene, viene un'ora e mezza al giorno in pausa pranzo e la domenica mattina. I gatti lo cercano perché sanno che porta del cibo speciale”. Ma tanti gatti insieme non litigano per il cibo?

A "La nostra arca" ci sono più di 100 gatti

“Metto 24 ciotole con il secco in ogni angolo e quindi loro lo sanno che ce l'hanno a disposizione. Vivono liberi, all'aperto, o nei luoghi a loro dedicati con le lampade a infrarossi”. Quanti gatti ha? “Più di cento, parecchi sono qua perché, a detta delle famiglie, erano cattivi. Altri provengono dalla tragedia di Amatrice, ho anche un gatto selvatico al cinquanta per cento, me lo hanno confermato i veterinari. Desiré si chiama così perché non è stata desiderata. Ha avuto un trauma per cui è tutta storta, ma non le manca di voglia di vivere”. In quel momento Desiré mi salta addosso giocosa. La domanda sorge spontanea: non sarebbe bello fare di questo luogo un'oasi per grandi e bambini?

Da selvatici questi animali si sono trasformati in perfetti compagni di vita

“Mi farebbe molto piacere, ma non sarebbe la cosa giusta per le mie creature: non posso far venire molte persone qua, non posso far vedere a dei bambini che prendo l'istrice in braccio, mi direbbero 'Anch'io' e non potrei farlo. Se le persone fossero attente e responsabili non ci sarebbero problemi, ma spesso tendiamo ad essere superficiali. Sa quante persone prendono selvatici da piccoli, gli danno l'imprinting e poi dicono: io l'ho salvato, ma per vari problemi tra cui il fatto che è illegale detenere un selvatico senza autorizzazione, non ce la faccio più. Così li liberano condannandoli a morte. Prendiamo i caprioli di cui si innamorano tutti. Tra agosto e settembre, nel periodo dei calori, i maschi diventano pericolosissimi e finiscono qua. È importante far girare il messaggio che i selvatici non sono animali domestici, se li trovate, portateli ai centri specializzati”. Riparte verso casa “Ora porto fuori Peni, è una capriolina incidentata, gli hanno rotto il bacino, la parte posteriore non la muove, ma ha voglia di vivere. È qui da cinque mesi, ovviamente la prassi sarebbe sopprimerla, ma io non ce la faccio. I selvatici hanno una grande dote, l'ho appreso negli anni: se non vogliono vivere, possono lasciarsi morire. E lei vuole vivere, si vede. Allora le ho fatto un carrello, spero piano piano di recuperarla, di riuscire a farla stare sulle sue gambe”.

Una delle due poiane: hanno perso entrambe un ala e sono state ferite ad una zampa

Avrà anche molte perdite... “Sì, ne perdo tanti, a volte mi arrivano in delle condizioni disperate. Prima vengono curati dal veterinario, poi gli faccio la terapia. Se non sono liberabili, ripeto, andrebbero soppressi, ma io dico: vive, mangia, sta in sicurezza, perché farlo? E consideri che io sono d'accordo sull'eutanasia in caso di sofferenza”. Una lotta quotidiana, ma come fa? Riceve dei finanziamenti? “Niente. Anche adesso che sono un Cras (Centro recupero animali selvatici) riconosciuto e autorizzato mi devo autofinanziare. Ho il supporto di un veterinario privato che dedica parte del suo tempo per noi. Ma pure lui i medicinali li deve pagare, per non parlare del tempo che non può dedicare alla sua professione, è quindi giusto pagarlo”. Ma riceverà almeno il supporto di una rete di, come dire, simpatizzanti “Sono aperta agli aiuti sotto qualsiasi forma, sia cibo, sia aiuti finanziari. Ho una pagina Facebook, queste sono le mie coordinate bancarie Silvia Chiritescu Iban: IT59N0306967684510335846436 PayPal [email protected], oppure potete supportarmi su Teaming”. L'argomento sebbene importante, non l'appassiona. Volge lo sguardo altrove “Vede quello? È un mandorlo secolare, l'altro ieri era tutto fiorito, era una palla di petali, poi il ramo più grande, quello più alto, si è spezzato. Ho raccolto i petali e li ho dati ai caprioli, ne sono ghiottissimi. Ma sono triste per l'albero”. Ci avviciniamo: api e bombi banchettano tra i fiori, Silvia li saluta ad alta voce “Spero sia stato bene, mi spiace di non averla assecondata più di tanto per l'intervista, ma volevo che parlasse di loro, degli animali, si ricordi dei loro sguardi, della loro voglia di vivere”.