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Home » Scienze e culture » Atrofia muscolare spinale, 12 favole per raccontare il male a ragazzi e genitori

Atrofia muscolare spinale, 12 favole per raccontare il male a ragazzi e genitori

La diagnosi improvvisa di questa malattia cronica degenerativa è un elemento traumatico per le famiglie. Lo psicoterapeuta Jacopo Casiraghi: "Parlare della SMA è possibile"

Andrea Mucci
31 Gennaio 2023
Lo psicologo e psicoterapeuta Jacopo Casiraghi

Lo psicologo e psicoterapeuta Jacopo Casiraghi e la copertina del suo libro di racconti

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Il libro “Lupo racconta la SMA. Favole per ragazzi e genitori sul mondo dell’Atrofia Muscolare Spinale” è una straordinaria raccolta di favole dello psicoterapeuta Jacopo Casiraghi, collaboratore dell’associazione “Famiglie SMA Onlus” e responsabile del Servizio di Psicologia del Centro Clinico NeMO di Milano. Nel diffondere la conoscenza di questa malattia e di come viene vissuta, il testo dà a ognuno la possibilità di imparare qualcosa da queste favole, indipendentemente dalla ‘forza dei propri muscoli’. Per conoscere com’è nata l’idea e aprire una finestra sul mondo di questa rara malattia genetica degenerativa abbiamo intervistato il dottor Casiraghi.

"Lupo racconta la SMA": le dodici favole dello psicologo psicoterapeuta Jacopo Casiraghi per comprendere questa malattia, indipendentemente dalla ‘forza dei propri muscoli’
“Lupo racconta la SMA”: le dodici favole dello psicologo psicoterapeuta Jacopo Casiraghi per comprendere questa malattia, indipendentemente dalla ‘forza dei propri muscoli’

Dottor Casiraghi, com’è nata l’idea di scrivere “Lupo racconta la SMA”? Di che malattia si tratta e quale il messaggio dei suoi racconti?

“L’Atrofia Muscolare Spinale è una malattia del moto-neurone, una patologia genetica rara che porta le persone dalla nascita ad avere diversi livelli di difficoltà motoria: da quelli più leggeri dal punto di vista medico – ma affatto per chi li vive sulla propria pelle – come non riuscire a camminare, alle situazioni cliniche più gravi, in cui le persone non muovono gli arti e sono costrette a utilizzare il puntatore oculare per comunicare. Chi è colpito da questa patologia vive una vita con importanti limitazioni fisiche. Io collaboro con l’associazione ‘Famiglie SMA Onlus’ che si occupa di genitori, bambini, ragazzi affetti da Atrofia Muscolare Spinale e lavoro come responsabile del Servizio di Psicologia del NeMO (NEuroMuscolar Omnicentre) di Milano – un ospedale all’interno della Cittadella della Salute Niguarda – dove ci occupiamo di patologie neurodegenerative. In questi due contesti ho incontrato molte famiglie e spesso mi domandavano come potevano andare a raccontare ai loro bambini la malattia”.

La cover di "Lupo racconta la SMA", dodici favole dello psicologo psicoterapeuta Jacopo Casiraghi per comprendere questa malattia, indipendentemente dalla ‘forza dei propri muscoli’
La cover di “Lupo racconta la SMA”, dodici favole dello psicologo psicoterapeuta Jacopo Casiraghi per comprendere questa malattia, indipendentemente dalla ‘forza dei propri muscoli’

Dunque?

“In verità però la domanda era per loro: ‘come facciamo a raccontarci questa malattia? Come facciamo a dirci che non cammineranno?’. E, allora, ho pensato di scrivere delle favole, utilizzare un linguaggio universale, facile, semplice, per parlare della SMA”.

Il dottor Casiraghi racconta che nel tempo ha condiviso sui social le varie favole come per farle conoscere, approvare perché voleva che fossero adeguate e comprensibili per tutti.

Porsi per dei genitori questi interrogativi è lacerante di fronte a difficoltà o patologie evidenti del proprio bambino…

“Si, sicuramente, anche perché dà il via a tutte quelle riflessioni seguenti che questa domanda porta: la vergogna, la paura che la società non possa accogliere la persona che non cammina, le limitazioni, le barriere architettoniche. Si apre cioè tutto un mondo di significati, preoccupazioni, paure e anche reali limiti che queste famiglie non si aspettavano perché La diagnosi è qualcosa che avviene nei primi giorni o mesi di vita e che è – ovviamente – sempre inaspettata”.

I protagonisti del suo libro sono animali “personificati”. Quale il valore della personificazione, come se fossero genitori o adolescenti?

“E’ l’opposto. Sono genitori, adolescenti, sanitari, ripresi dalla realtà, a cui sopra è stata appiccicata l’immagine dell’animale che – un po’ per stereotipo – poteva essere appropriata e che permetteva anche un po’ di divertimento, una modalità narrativa per rendere più leggera e intrigante la lettura di certi argomenti”.

Come poter leggere questo libro?

“Il libro – con l’ambiente favolistico, gli animali e le soluzioni che provano a trovare con i loro mezzi – è una metafora che permette diversi livelli di lettura: un bambino arriva a un determinato livello; può andare poi oltre, leggere un secondo livello, e chi ci si riconosce – perché i personaggi diventano persone reali – legge addirittura il terzo livello”.

Ossia?

“L’animale è una maschera, come le maschere del carnevale. Il lupo rappresenta qualcosa nell’immaginario collettivo, il cinghiale pure, come l’uccello e servono a rendere il testo più appetibile e più efficace nel suo significato”.

Lo psicologo psicoterapeuta Jacopo Casiraghi
Lo psicologo psicoterapeuta Jacopo Casiraghi, responsabile del Servizio di Psicologia del Centro Clinico NeMO di Milano

Quali le caratteristiche principali dei personaggi di “Lupo racconta la SMA”?

“Gli animali che popolano questo mondo in effetti hanno tantissime risorse e tanti limiti e – nonostante abbiano la SMA – sono a loro volta gentili, arrabbiati, rompiscatole, appropriati, non appropriati perché si cerca anche di andare oltre la malattia: questa è soltanto uno degli aspetti della vita e questo si prova a raccontarlo perché l’inclusione è questo: l’inclusione è accettare la diversità come parte della vita e quindi non preoccuparsene più, dando il giusto rispetto, ma anche senza esaltarla”.

Secondo la sua esperienza professionale, come è vissuta oggi la diagnosi e poi la malattia dai genitori e dai piccoli o adolescenti, e ancora con quali occhi viene guardata e trattata all’esterno?

“Qualsiasi diagnosi inaspettata con una notizia brutta correlata è un elemento traumatico della vita delle persone, gli ultimi articoli scientifici pubblicati dicono che grosso modo il venti, trenta per cento dei genitori a cui viene data la diagnosi di SMA (Atrofia Muscolare Spinale) sul loro bambino appena nato sviluppa un disturbo post-traumatico da stress e già questo fa capire quanto sia un colpo durissimo. Viene detto a dei genitori che il loro bambino ha una malattia cronica degenerativa – perché la SMA peggiora nel tempo – su cui ci sono dei farmaci, che aiutano, ma che non curano. E questo è inaspettato perché i genitori sono entrambi portatori sani e non lo sapevano”.

Da psicologo psicoterapeuta, quanto è importante comprendere la malattia e la vulnerabilità degli altri, oltre che la nostra?

“Sicuramente lavorare con queste malattie significa approcciarsi ad esse in ottica multidisciplinare. Quindi comprendere la malattia a diversi livelli: sia dal punto di vista medico-clinico (neuropsichiatra infantile, pneumologo, fisiatra), sia dal punto di vista riabilitativo (logopedista, il fisioterapista, il fisioterapista respiratorio, dietista nutrizionista), che dal punto di vista emotivo e quindi lo psicologo collabora sempre in equipe per gestire e cercare di aiutare le famiglie e le persone con questa malattia a masticarla, provare ad accettarla – che è un termine che non mi piace usare, ma che è quello corretto dal punto di vista del mio lavoro – e in qualche maniera aiutarli a costruire una buona qualità di vita, nonostante i limiti della patologia, valorizzando le risorse che loro hanno”.

Una scena di "Sulla stessa onda", il film Netflix sull’amore teen e la distrofia muscolare
Una scena di “Sulla stessa onda”, il film Netflix sull’amore teen e la distrofia muscolare

In una delle dodici favole, oltre ai tanti temi affrontati nel libro, vi è quello del diritto alla mobilità. Che cosa manca ancora – a suo parere – al nostro Paese nel campo dei diritti e dal punto di vista dell’accessibilità ai servizi?

“Io trovo che negli anni siano stati fatti dei grandi passi avanti rispetto alla cultura necessaria che deve stare alla base dell’inclusione”.

In che modo?

“Ci si deve porre il problema. Poi – mi raccontano le persone in carrozzina – che al di là della cultura, che per fortuna va in questa direzione e questi diritti vengono riconosciuti, non sempre le politiche o i finanziamenti sul territorio vanno in questa direzione”.

Questo perché secondo lei?

“Anche per come sono le nostre città, che spesso hanno una storia e sono complicate come viabilità e come accessibilità”.

Casiraghi richiama l’attenzione sulla manutenzione delle infrastrutture presenti nei luoghi pubblici: “Scopri che ci sono sollevatori rotti, ascensori che non funzionano, i posti disabili perennemente occupati”.

Cosa si potrebbe fare per migliorare la situazione?

“Le politiche sociali probabilmente dovrebbero spendere di più nel vero senso del termine, ma le risorse sono limitate e ovviamente è la solita vecchia storia… e così in conclusione i luoghi non sono realmente accessibili dappertutto”.

Da cosa dipende?

“Dipende dalla città, dalla regione. Dipende dai finanziamenti che il territorio realmente riserva. Ci sono realtà d’eccezione, in piccoli paesini magari che costruiscono davvero i percorsi pedonali per l’unica persona in carrozzina che hanno nel paese e poi abbiamo città più grandi dove addirittura le scuole non sono accessibili e i fondi non ci sono mai. C’è poi la questione culturale laddove la società civile riconosce i diritti all’inclusione ma poi ci ritroviamo ad avere invece i diritti di queste persone calpestati da chi mette la macchina sul parcheggio riservato alle persone disabili ‘perché tanto: devo scendere solo cinque minuti’. Questa è la grande tematica che queste famiglie devono affrontare”.

Dottore, come è possibile procurarsi il libro? “

Noi lo abbiamo distribuito proprio per una questione di cultura perché il testo aiuta a creare cultura attorno al tema delle persone con disabilità e al tema delle persone con i muscoli deboli. Distribuito gratuitamente tramite Feltrinelli – più di ventimila copie – la raccolta di favole non è più disponibile in cartaceo, (alcune copie le ha l’associazione ‘Famiglie SMA Onlus’ a cui si può richiedere), ma comunque si può scaricare gratuitamente in pdf. C’è poi la versione per tablet, per kobo, anch’essa gratis da scaricare, e i podcast: con le favole lette da Ward e Vaporidis, che ringrazio per l’eccellente lavoro fatto. E’ poi stata realizzata una riduzione in cartone animato che si trova su Amazon Prime Video”.

Il dottor Casiraghi precisa che l’azienda farmaceutica Biogen che ha permesso tutto questo, finanziando tale progetto ha creato una pagina su “Together in SMA” interamente dedicata a Lupo, il ‘narratore’ delle favole, in cui è possibile trovare vari contenuti: il libro, i pdf, i podcast, i cartoni, tutti disponibili gratuitamente. Il clinico tiene a sottolineare che il libro non deve essere venduto, ma regalato e che si trova gratis. “Il progetto – afferma – non va in alcuna maniera nella direzione neppure di raccolta fondi, ma vuole fare cultura per favorire l’inclusione.”

Il bellissimo e delicato libro parla di SMA, ma molte vicende che si leggono nelle sue pagine riguardano in verità l’esperienza di tutti coloro che vengono a contatto con la malattia o con il dolore e che si confrontano con le proprie risorse e per questo in fondo si rivolge a tutti noi. Il libro è stato utilizzato per webinar, “tuttora viene usato da colleghi psicologi come ‘tool’ dei diversi strumenti per accedere al vissuto delle famiglie”, viene distribuito in ospedali, letto in scuole che hanno fatto progetti su Lupo e le sue storie e che invitano l’autore a parlarne perché “Lupo racconta la SMA. Favole per bambini, ragazzi e genitori sul mondo dell’Atrofia Muscolare Spinale” insegna cosa sia il rispetto per l’altro e a considerare la normalità della diversità nel viaggio della vita, non tenendo presente quanto una persona sia forte nel corpo, ma quanto sia grande il proprio cuore.

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  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
Il libro "Lupo racconta la SMA. Favole per ragazzi e genitori sul mondo dell’Atrofia Muscolare Spinale" è una straordinaria raccolta di favole dello psicoterapeuta Jacopo Casiraghi, collaboratore dell’associazione "Famiglie SMA Onlus" e responsabile del Servizio di Psicologia del Centro Clinico NeMO di Milano. Nel diffondere la conoscenza di questa malattia e di come viene vissuta, il testo dà a ognuno la possibilità di imparare qualcosa da queste favole, indipendentemente dalla ‘forza dei propri muscoli’. Per conoscere com’è nata l’idea e aprire una finestra sul mondo di questa rara malattia genetica degenerativa abbiamo intervistato il dottor Casiraghi.
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Dunque?

“In verità però la domanda era per loro: ‘come facciamo a raccontarci questa malattia? Come facciamo a dirci che non cammineranno?’. E, allora, ho pensato di scrivere delle favole, utilizzare un linguaggio universale, facile, semplice, per parlare della SMA”.

Il dottor Casiraghi racconta che nel tempo ha condiviso sui social le varie favole come per farle conoscere, approvare perché voleva che fossero adeguate e comprensibili per tutti.

Porsi per dei genitori questi interrogativi è lacerante di fronte a difficoltà o patologie evidenti del proprio bambino…

“Si, sicuramente, anche perché dà il via a tutte quelle riflessioni seguenti che questa domanda porta: la vergogna, la paura che la società non possa accogliere la persona che non cammina, le limitazioni, le barriere architettoniche. Si apre cioè tutto un mondo di significati, preoccupazioni, paure e anche reali limiti che queste famiglie non si aspettavano perché La diagnosi è qualcosa che avviene nei primi giorni o mesi di vita e che è – ovviamente – sempre inaspettata".

I protagonisti del suo libro sono animali "personificati". Quale il valore della personificazione, come se fossero genitori o adolescenti?

“E’ l’opposto. Sono genitori, adolescenti, sanitari, ripresi dalla realtà, a cui sopra è stata appiccicata l’immagine dell’animale che – un po’ per stereotipo – poteva essere appropriata e che permetteva anche un po’ di divertimento, una modalità narrativa per rendere più leggera e intrigante la lettura di certi argomenti".

Come poter leggere questo libro?

“Il libro - con l’ambiente favolistico, gli animali e le soluzioni che provano a trovare con i loro mezzi - è una metafora che permette diversi livelli di lettura: un bambino arriva a un determinato livello; può andare poi oltre, leggere un secondo livello, e chi ci si riconosce – perché i personaggi diventano persone reali – legge addirittura il terzo livello".

Ossia?

“L’animale è una maschera, come le maschere del carnevale. Il lupo rappresenta qualcosa nell’immaginario collettivo, il cinghiale pure, come l’uccello e servono a rendere il testo più appetibile e più efficace nel suo significato".

Lo psicologo psicoterapeuta Jacopo Casiraghi
Lo psicologo psicoterapeuta Jacopo Casiraghi, responsabile del Servizio di Psicologia del Centro Clinico NeMO di Milano

Quali le caratteristiche principali dei personaggi di "Lupo racconta la SMA"?

“Gli animali che popolano questo mondo in effetti hanno tantissime risorse e tanti limiti e – nonostante abbiano la SMA - sono a loro volta gentili, arrabbiati, rompiscatole, appropriati, non appropriati perché si cerca anche di andare oltre la malattia: questa è soltanto uno degli aspetti della vita e questo si prova a raccontarlo perché l’inclusione è questo: l’inclusione è accettare la diversità come parte della vita e quindi non preoccuparsene più, dando il giusto rispetto, ma anche senza esaltarla".

Secondo la sua esperienza professionale, come è vissuta oggi la diagnosi e poi la malattia dai genitori e dai piccoli o adolescenti, e ancora con quali occhi viene guardata e trattata all’esterno?

“Qualsiasi diagnosi inaspettata con una notizia brutta correlata è un elemento traumatico della vita delle persone, gli ultimi articoli scientifici pubblicati dicono che grosso modo il venti, trenta per cento dei genitori a cui viene data la diagnosi di SMA (Atrofia Muscolare Spinale) sul loro bambino appena nato sviluppa un disturbo post-traumatico da stress e già questo fa capire quanto sia un colpo durissimo. Viene detto a dei genitori che il loro bambino ha una malattia cronica degenerativa – perché la SMA peggiora nel tempo – su cui ci sono dei farmaci, che aiutano, ma che non curano. E questo è inaspettato perché i genitori sono entrambi portatori sani e non lo sapevano".

Da psicologo psicoterapeuta, quanto è importante comprendere la malattia e la vulnerabilità degli altri, oltre che la nostra?

“Sicuramente lavorare con queste malattie significa approcciarsi ad esse in ottica multidisciplinare. Quindi comprendere la malattia a diversi livelli: sia dal punto di vista medico-clinico (neuropsichiatra infantile, pneumologo, fisiatra), sia dal punto di vista riabilitativo (logopedista, il fisioterapista, il fisioterapista respiratorio, dietista nutrizionista), che dal punto di vista emotivo e quindi lo psicologo collabora sempre in equipe per gestire e cercare di aiutare le famiglie e le persone con questa malattia a masticarla, provare ad accettarla – che è un termine che non mi piace usare, ma che è quello corretto dal punto di vista del mio lavoro – e in qualche maniera aiutarli a costruire una buona qualità di vita, nonostante i limiti della patologia, valorizzando le risorse che loro hanno".

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“Io trovo che negli anni siano stati fatti dei grandi passi avanti rispetto alla cultura necessaria che deve stare alla base dell’inclusione”.

In che modo?

“Ci si deve porre il problema. Poi - mi raccontano le persone in carrozzina – che al di là della cultura, che per fortuna va in questa direzione e questi diritti vengono riconosciuti, non sempre le politiche o i finanziamenti sul territorio vanno in questa direzione".

Questo perché secondo lei?

“Anche per come sono le nostre città, che spesso hanno una storia e sono complicate come viabilità e come accessibilità”.

Casiraghi richiama l’attenzione sulla manutenzione delle infrastrutture presenti nei luoghi pubblici: “Scopri che ci sono sollevatori rotti, ascensori che non funzionano, i posti disabili perennemente occupati".

Cosa si potrebbe fare per migliorare la situazione?

“Le politiche sociali probabilmente dovrebbero spendere di più nel vero senso del termine, ma le risorse sono limitate e ovviamente è la solita vecchia storia… e così in conclusione i luoghi non sono realmente accessibili dappertutto".

Da cosa dipende?

“Dipende dalla città, dalla regione. Dipende dai finanziamenti che il territorio realmente riserva. Ci sono realtà d’eccezione, in piccoli paesini magari che costruiscono davvero i percorsi pedonali per l’unica persona in carrozzina che hanno nel paese e poi abbiamo città più grandi dove addirittura le scuole non sono accessibili e i fondi non ci sono mai. C’è poi la questione culturale laddove la società civile riconosce i diritti all’inclusione ma poi ci ritroviamo ad avere invece i diritti di queste persone calpestati da chi mette la macchina sul parcheggio riservato alle persone disabili ‘perché tanto: devo scendere solo cinque minuti’. Questa è la grande tematica che queste famiglie devono affrontare".

Dottore, come è possibile procurarsi il libro? “

Noi lo abbiamo distribuito proprio per una questione di cultura perché il testo aiuta a creare cultura attorno al tema delle persone con disabilità e al tema delle persone con i muscoli deboli. Distribuito gratuitamente tramite Feltrinelli – più di ventimila copie - la raccolta di favole non è più disponibile in cartaceo, (alcune copie le ha l’associazione ‘Famiglie SMA Onlus’ a cui si può richiedere), ma comunque si può scaricare gratuitamente in pdf. C’è poi la versione per tablet, per kobo, anch’essa gratis da scaricare, e i podcast: con le favole lette da Ward e Vaporidis, che ringrazio per l’eccellente lavoro fatto. E’ poi stata realizzata una riduzione in cartone animato che si trova su Amazon Prime Video".

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Il bellissimo e delicato libro parla di SMA, ma molte vicende che si leggono nelle sue pagine riguardano in verità l'esperienza di tutti coloro che vengono a contatto con la malattia o con il dolore e che si confrontano con le proprie risorse e per questo in fondo si rivolge a tutti noi. Il libro è stato utilizzato per webinar, “tuttora viene usato da colleghi psicologi come ‘tool’ dei diversi strumenti per accedere al vissuto delle famiglie”, viene distribuito in ospedali, letto in scuole che hanno fatto progetti su Lupo e le sue storie e che invitano l’autore a parlarne perché "Lupo racconta la SMA. Favole per bambini, ragazzi e genitori sul mondo dell’Atrofia Muscolare Spinale" insegna cosa sia il rispetto per l’altro e a considerare la normalità della diversità nel viaggio della vita, non tenendo presente quanto una persona sia forte nel corpo, ma quanto sia grande il proprio cuore.

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