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Home » Scienze e culture » Autismo, uno studio dell’Università di Torino scopre un nuovo gene responsabile

Autismo, uno studio dell’Università di Torino scopre un nuovo gene responsabile

Il professor Brusco: "Studieremo i meccanismi patogenetici per capire perché il difetto di funzionamento diventa malattia"

Maurizio Costanzo
14 Gennaio 2023
Scoperto un nuovo gene responsabile dell'autismo

Scoperto un nuovo gene responsabile dell'autismo

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Il puzzle dei geni che possono causare l’autismo, con le loro mutazioni, ha un nuovo tassello. La scoperta arriva grazie a uno studio multicentrico internazionale, coordinato da Alfredo Brusco, docente di Genetica medica del Dipartimento di Scienze Mediche dell’Università di Torino. Il gene si chiama Caprin 1 ed è il risultato di una ricerca internazionale, guidata dall’università e dalla Città della Salute di Torino, con la collaborazione dell’università di Colonia.

Pubblicata sulla rivista scientifica “Brain”, la ricerca – basata sulle nuove tecnologie di sequenziamento del Dna e sullo sviluppo di modelli in vitro di cellule neuronali – ha permesso di dimostrare che mutazioni nel gene Caprin1 sono responsabili di alterazioni di specifici meccanismi neuronali, che provocano dal punto di vista clinico una forma di disturbo dello spettro autistico. L’uso di tecnologie di sequenziamento dei geni umani, in particolare l’analisi dell’esoma e l’analisi del genoma, hanno permesso attraverso una collaborazione internazionale di identificare 12 pazienti colpiti da questa forma di disordine del neurosviluppo e comprenderne i meccanismi biologici associati. Il Progetto NeuroWES lavora a questo sviluppo dal 2015, e l’importanza dello studio risiede proprio nella definizione del ruolo biologico di Caprin1, per cui è stato possibile dimostrare che regola la sintesi di molte proteine nei neuroni regolando l’espressione di molti geni nel cervello. Essendo uno snodo all’intersezione di numerosi meccanismi biologici dei neuroni, questa proteina permetterà di identificare numerosi altri geni associati a disordini del neurosviluppo.

Il dottor Alfredo Brusco
Il dottor Alfredo Brusco

“Se si prende un gruppo di pazienti con spettro autistico, si osserva – spiega il professor Alfredo Brusco – che una parte ha una forte componente genetica, dove per forte intendo che una mutazione in un singolo gene può essere considerata una causa della malattia. Accade il 20-30% delle volte e rientra in questa casistica il ‘nostro’ gene, Caprin 1, mentre pensiamo che per la restante percentuale serva il contributo di più geni. Da solo, Caprin 1 spiega ad oggi un piccolo numero di casi, 12 in tutto il mondo, ma è uno che aggiunge un tassello a un puzzle complesso”. “È semplicemente un passo in più nella ricerca di questa malattia, un dato che ci serve per le ricerche, come genetisti che fanno diagnostica. Non è il gene dell’autismo, perché non è uno solo – precisa -. Caprin 1 è uno tra il migliaio di geni che si stanno cercando: finora ne sono stati scoperti un centinaio tra quelli che, con mutazioni, possono dare la malattia”.

Funziona così, come spiega Brusco: “Se si osserva un paziente con una malattia del neurosviluppo, i laboratori di genetica fanno un esame che sequenzia i geni e ci si chiede se geni mutati possono spiegare la malattia. Se si individua, si manda ai colleghi a livello internazionale, in una sorta di database per genetisti: è così che ci scambiamo le informazioni”. Identificato Caprin 1, il lavoro su questo specifico gene non è comunque finito: “Studieremo i meccanismi patogenetici, ovvero la funzione della sua proteina con modelli cellulari, per capire perché il difetto di funzionamento diventa malattia. Altro obiettivo di laboratorio – conclude – è identificarne altri e ci stiamo lavorando, abbiamo alcuni candidati”. Il lavoro di Torino è dunque basato sulle nuove tecnologie di sequenziamento del Dna e sullo sviluppo di modelli in vitro di cellule neuronali e il passo avanti avviene nell’ambito del Progetto NeuroWes dell’ateneo di Torino, che dal 2015 studia la genetica dei disturbi dello spettro autistico, collaborando con molti gruppi italiani e col Mount Sinai di New York. L’analisi di centinaia di pazienti ha consentito di individuare un caso piemontese in cui era persa un’ampia regione di un cromosoma che comprendeva il gene Caprin1. Questa iniziale osservazione ha permesso di ipotizzarne il ruolo nella patogenesi dell’autismo.

Il gruppo di ricerca del Progetto NeuroWes si è dedicato dal 2015 allo studio della genetica dei disturbi dello spettro autistico
Il gruppo di ricerca del Progetto NeuroWes si è dedicato dal 2015 allo studio della genetica dei disturbi dello spettro autistico

Il risultato ha ricevuto il plauso del sottosegretario al Ministero dell’Università e della Ricerca, Augusta Montaruli: “È di indubbia rilevanza la notizia relativa alla scoperta di un nuovo gene responsabile di alcune forme di autismo. Siamo di fronte a una novità che, ci auguriamo, nel tempo potrà portare a ulteriori sviluppi e conoscenze. Questo risultato è stato reso possibile grazie al lavoro realizzato dal Progetto NeuroWes, dell’università di Torino: uno studio internazionale, coordinato da Alfredo Brusco, docente dell’UniTo e della Città della Salute di Torino. A lui e tutta l’equipe di medici e ricercatori che in questi anni hanno lavorato al conseguimento di questo importante risultato vanno le mie congratulazioni e un sincero ringraziamento. Infine, è doveroso segnalare come, sotto il profilo universitario e della ricerca, Torino continui a confermarsi una realtà di eccellenza”.

 

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  • Avete mai pensato a come fare quando siete in una foresta, in montagna o in una spiaggia solitaria, lontane da tutti, completamente immerse nella natura, ma avete il ciclo? 

🟪 A questa eventualità ha risposto una ragazza scozzese, che ha sviluppato un kit mestruale portatile da usare all’aperto quando non esistono i servizi igienici o non c’è accesso alle toilette. Erin Reid, 25 anni, ha concepito l’idea quando ha affrontato il cammino di 96 miglia (154 km) della West Highland Way da Milngavie, vicino a Glasgow, a Fort William. Ispirata dalle sue esperienze racconta: 

🗣“Ho avuto le mestruazioni per tutto il tempo ed è stata una vera seccatura Il mio obiettivo è quello di risolvere il problema e dare alle persone la possibilità di uscire all’aria aperta quando hanno le mestruazioni”. Secondo Erin, le donne che si trovano in luoghi isolati potrebbero correre il rischio di infezioni del tratto urinario, shock tossico o infertilità a causa della scarsa igiene, quando non c’è accesso a bagni, impianti per lavarsi le mani o luoghi per smaltire i prodotti sanitari usati.

La ragazza ha dichiarato che il suo kit è pensato per chi pratica l’escursionismo, il kayak e per il personale militare, ma ha spiegato che, grazie anche al design a forma di fiaschetta, potrebbe interessare persino il pubblico femminile dei festival all’aperto, preoccupati di utilizzare i bagni chimici. Il kit contiene: una coppetta mestruale riutilizzabile, salviette antibatteriche, che consentono di pulire la coppetta in viaggio e un semplice erogatore che può essere utilizzato anche senza avere le mani pulite, quindi in situazioni in cui non è possibile accedere a servizi igienici o all’acqua corrente. 

L’ex studentessa della Napier University, laureata in Design del Prodotto, spera ora di lanciare il prodotto nel 2024: appassionata escursionista e ciclista è ora alla ricerca di finanziamenti per portare sul mercato il suo kit per l’igiene mestruale LU Innovations. Che è stato sviluppato con il sostegno di Converge, società di supporto per le università e gli istituti di ricerca che lavorano su nuovi prototipi.

#lucenews #mestruazioni #kitmestruale #ciclomestruale #designdelprodotto
  • “Ho fatto un film artigianale, maldestramente ispirato a una lettera di Elsa Morante, e dedicato a tutte le ‘cattive ragazze’, che cattive non sono, e che lottano in tutto il mondo: dall’Iran all’Afghanistan, ma anche in Svezia e in Umbria”.

Il corto “Le Pupille” di Alice Rohrwcher ha ricevuto ieri, 24 gennaio, una nomination agli Oscar per il miglior Live Action Short. La cerimonia finale si terrà a Los Angeles il 12 marzo.

La reazione e la gioia delle piccole protagoniste, della troupe e della regista✨

#lucenews #lucelanazione #lepupille #oscar2023
  • C’è anche un film italiano in corsa per gli Oscar. 

È il cortometraggio "Le pupille" diretto da Alice Rohrwacher, regista quarantunenne nata in Toscana, cresciuta nella campagna umbra, regista "artigianale", autodidatta, i cui film hanno già ricevuto numerosi riconoscimenti internazionali. Le pupille è prodotto dal regista premio Oscar Alfonso Cuarón, ed è entrato nella cinquina delle pellicole in corsa per l’Oscar del Miglior cortometraggio.

"Dedico questa nomination alle “bambine cattive“, che cattive non sono affatto, e che sono in lotta ovunque nel mondo: in Iran, in Afghanistan, ma anche in Svezia e in Umbria. Mi auguro che, come nel mio cortometraggio, possano rompere la torta e condividerla fra loro". 

Si parla, infatti, nel film, di una torta. E di costrizioni, divieti, imposizioni, rigide regole da sovvertire. Il film prende spunto, dice la regista, da una lettera che nel dicembre 1971 la scrittrice Elsa Morante inviò all’amico giornalista e critico cinematografico Goffredo Fofi.

Nella lettera, la Morante racconta una storia avvenuta in un collegio di preti, negli anni del fascismo. Una decina di ragazzi si preparano al pranzo di Natale, scoprendo che a chiudere il pasto c’è un’enorme zuppa inglese. Ma il priore li invita a "fare un fioretto" a Gesù Bambino, rinunciando alla loro fetta di dolce. Qualcuno si ribellerà: un "bimbo cattivo". La lettera è pubblicata, col titolo di Pranzo di Natale, per le edizioni milanesi Henry Beyle, nel 2014.

Invitata da Cuarón a prendere parte a un progetto di corti per Disney+, Alice Rohrwacher ha scelto questa storia. Ma con un radicale cambiamento: ha trasformato i ragazzi in ragazzine, in "pupille", piccole orfane ospitate dalle suore. L’intransigente priora è interpretata dalla sorella della regista, Alba Rohrwacher. A portare la torta in convento è una eccentrica nobildonna che chiede – in cambio del dono – di pregare per l’uomo che la ha tradita e abbandonata.

È la prima volta, invece, che la regista riceve una nomination agli Oscar, e lo fa con una fiaba anarchica, un Canto di Natale "in rosa", rivoluzionario e al femminile.

L
  • Messaggi osceni, allusioni, avances in ufficio e ricatti sessuali. La forma più classica del sopruso in azienda, unita ai nuovi strumenti tecnologici nelle mani dei molestatori. Il movimento Me Too, nel 2017, squarciò il velo di silenzio sulle molestie sessuali subite dalle donne nel mondo del cinema e poi negli altri luoghi di lavoro. Cinque anni dopo, con in mezzo la pandemia che ha terremotato il mondo del lavoro, le donne continuano a subire abusi, che nella maggior parte dei casi restano nell’ombra.

«Sono pochissime le donne che denunciano – spiega Roberta Vaia, della segreteria milanese della Cisl – e nei casi più gravi preferiscono lasciare il lavoro. Il molestatore andrebbe allontanato dalla vittima ma nei contratti collettivi dei vari settori non è ancora prevista una sanzione disciplinare per chi si rende responsabile di molestie o di mobbing».

Un quadro sconfortante che emerge anche da una rilevazione realizzata dalla Cisl Lombardia, nel corso del 2022, su lavoratrici di diversi settori, attraverso un sondaggio distribuito in fabbriche, negozi e uffici della regione. Sono seimila le donne che hanno partecipato all’indagine, e il 44% ha dichiarato di aver subìto molestie o di «esserne stata testimone» nel corso della sua vita lavorativa.

A livello nazionale, secondo gli ultimi dati Istat, sono 1.404.000 le donne che nel corso della loro vita lavorativa hanno subito molestie fisiche o ricatti sessuali sul posto di lavoro. Quando una donna subisce un ricatto sessuale, nell’80,9% dei casi non ne parla con nessuno sul posto di lavoro. Quasi nessuna ha denunciato il fatto alle forze dell’ordine: appena lo 0,7% delle vittime.

✍🏻di Andrea Gianni

#lucenews #istat #donne #molestie #lavoro #diritti
Il puzzle dei geni che possono causare l'autismo, con le loro mutazioni, ha un nuovo tassello. La scoperta arriva grazie a uno studio multicentrico internazionale, coordinato da Alfredo Brusco, docente di Genetica medica del Dipartimento di Scienze Mediche dell'Università di Torino. Il gene si chiama Caprin 1 ed è il risultato di una ricerca internazionale, guidata dall'università e dalla Città della Salute di Torino, con la collaborazione dell’università di Colonia. Pubblicata sulla rivista scientifica "Brain", la ricerca - basata sulle nuove tecnologie di sequenziamento del Dna e sullo sviluppo di modelli in vitro di cellule neuronali - ha permesso di dimostrare che mutazioni nel gene Caprin1 sono responsabili di alterazioni di specifici meccanismi neuronali, che provocano dal punto di vista clinico una forma di disturbo dello spettro autistico. L'uso di tecnologie di sequenziamento dei geni umani, in particolare l’analisi dell'esoma e l’analisi del genoma, hanno permesso attraverso una collaborazione internazionale di identificare 12 pazienti colpiti da questa forma di disordine del neurosviluppo e comprenderne i meccanismi biologici associati. Il Progetto NeuroWES lavora a questo sviluppo dal 2015, e l'importanza dello studio risiede proprio nella definizione del ruolo biologico di Caprin1, per cui è stato possibile dimostrare che regola la sintesi di molte proteine nei neuroni regolando l'espressione di molti geni nel cervello. Essendo uno snodo all'intersezione di numerosi meccanismi biologici dei neuroni, questa proteina permetterà di identificare numerosi altri geni associati a disordini del neurosviluppo.
Il dottor Alfredo Brusco
Il dottor Alfredo Brusco
“Se si prende un gruppo di pazienti con spettro autistico, si osserva - spiega il professor Alfredo Brusco - che una parte ha una forte componente genetica, dove per forte intendo che una mutazione in un singolo gene può essere considerata una causa della malattia. Accade il 20-30% delle volte e rientra in questa casistica il ‘nostro’ gene, Caprin 1, mentre pensiamo che per la restante percentuale serva il contributo di più geni. Da solo, Caprin 1 spiega ad oggi un piccolo numero di casi, 12 in tutto il mondo, ma è uno che aggiunge un tassello a un puzzle complesso”. “È semplicemente un passo in più nella ricerca di questa malattia, un dato che ci serve per le ricerche, come genetisti che fanno diagnostica. Non è il gene dell'autismo, perché non è uno solo - precisa -. Caprin 1 è uno tra il migliaio di geni che si stanno cercando: finora ne sono stati scoperti un centinaio tra quelli che, con mutazioni, possono dare la malattia”. Funziona così, come spiega Brusco: “Se si osserva un paziente con una malattia del neurosviluppo, i laboratori di genetica fanno un esame che sequenzia i geni e ci si chiede se geni mutati possono spiegare la malattia. Se si individua, si manda ai colleghi a livello internazionale, in una sorta di database per genetisti: è così che ci scambiamo le informazioni”. Identificato Caprin 1, il lavoro su questo specifico gene non è comunque finito: “Studieremo i meccanismi patogenetici, ovvero la funzione della sua proteina con modelli cellulari, per capire perché il difetto di funzionamento diventa malattia. Altro obiettivo di laboratorio - conclude - è identificarne altri e ci stiamo lavorando, abbiamo alcuni candidati”. Il lavoro di Torino è dunque basato sulle nuove tecnologie di sequenziamento del Dna e sullo sviluppo di modelli in vitro di cellule neuronali e il passo avanti avviene nell'ambito del Progetto NeuroWes dell'ateneo di Torino, che dal 2015 studia la genetica dei disturbi dello spettro autistico, collaborando con molti gruppi italiani e col Mount Sinai di New York. L'analisi di centinaia di pazienti ha consentito di individuare un caso piemontese in cui era persa un'ampia regione di un cromosoma che comprendeva il gene Caprin1. Questa iniziale osservazione ha permesso di ipotizzarne il ruolo nella patogenesi dell'autismo.
Il gruppo di ricerca del Progetto NeuroWes si è dedicato dal 2015 allo studio della genetica dei disturbi dello spettro autistico
Il gruppo di ricerca del Progetto NeuroWes si è dedicato dal 2015 allo studio della genetica dei disturbi dello spettro autistico
Il risultato ha ricevuto il plauso del sottosegretario al Ministero dell'Università e della Ricerca, Augusta Montaruli: “È di indubbia rilevanza la notizia relativa alla scoperta di un nuovo gene responsabile di alcune forme di autismo. Siamo di fronte a una novità che, ci auguriamo, nel tempo potrà portare a ulteriori sviluppi e conoscenze. Questo risultato è stato reso possibile grazie al lavoro realizzato dal Progetto NeuroWes, dell'università di Torino: uno studio internazionale, coordinato da Alfredo Brusco, docente dell'UniTo e della Città della Salute di Torino. A lui e tutta l'equipe di medici e ricercatori che in questi anni hanno lavorato al conseguimento di questo importante risultato vanno le mie congratulazioni e un sincero ringraziamento. Infine, è doveroso segnalare come, sotto il profilo universitario e della ricerca, Torino continui a confermarsi una realtà di eccellenza”.  
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