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Home » Scienze e culture » Lascia l’auto in garage: tutti in bici per combattere lo stress, lo smog e far bene all’ambiente

Lascia l’auto in garage: tutti in bici per combattere lo stress, lo smog e far bene all’ambiente

Dalla Federazione italiana ambiente e bicicletta arrivano dati che fanno riflettere, mentre l'Associazione FIAB Firenze Ciclabile presenta “La mappa A scuola in bici” aggiornata

Caterina Ceccuti
27 Ottobre 2022
A scuola e al lavoro in bici

A scuola e al lavoro in bici

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Pedala che ti passa. Secondo i ciclisti urbani, che hanno parcheggiato la propria auto in garage scegliendo di arrivare a lavoro o a scuola in sella alla propria bicicletta o e-bike, pedalare rilascia endorfine, combatte lo stress da traffico e, nel lungo termine, migliora il sistema cardio circolatorio del nostro organismo, senza dimenticare, ovviamente, che spegnere il motore dell’auto fa bene all’ambiente e può rappresentare un’importante fonte di risparmio economico per ciascun nucleo familiare.
In questi giorni l’associazione FIAB Firenze Ciclabile sta infatti rilanciando una campagna che promuove l’uso della bicicletta come alternativa all’auto privata, anche per risparmiare i tempi del traffico urbano e scansare gli ingorghi. “La mappa ‘A scuola in bici‘ – ha spiegato a Luce! il presidente Tiziano Carducci, 34enne fiorentino, – è stata aggiornata dai nostri attivisti con il completamento delle piste in prossimità delle scuole”. Dunque anche i più giovani potrebbero optare per un veicolo a trazione muscolare che, grazie agli opportuni interventi in termini di viabilità stradale, rappresenta un’alterativa sicura alle auto dei genitori.

A scuola e al lavoro in bici
A scuola e al lavoro in bici: la campagna dell’associazione FIAB Firenze ciclabile

“La mappa (scaricabile QUI) vuole essere uno strumento per aiutare studenti e famiglie a provare un cambio di abitudini – continua Carducci –, con effetti positivi per la salute e per l’autonomia dei ragazzi. C’è ancora però tanto da fare: i comuni di tutta Italia dovrebbero estendere le piste e le zone 30 (ossia strade in cui il limite di velocità delle auto è abbassato a 30 km orari) anche con un occhio alla posizione delle scuole”.
La proposta dell’associazione fiorentina è conosciuta e condivisa anche in altre città d’Italia, grazie alla rete cooperativa promossa dalla Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta di cui Firenze Ciclabile è parte. Nel corso di un Webinar promosso dalla Federazione e da FIAB MONTAinBIKE Sicilia, l’architetto Raffaele Di Marcello ha spiegato che “Nel nostro Paese lo spazio pubblico è spesso pensato in funzione del transito e della sosta degli autoveicoli, lasciando agli altri utenti della strada gli spazi residuali, e spesso neanche quelli. La progettazione dello spazio per la mobilità vede ancora come elemento predominante il veicolo privato, non considerando adeguatamente le altre modalità di spostamento. Ma una mobilità solo a misura di auto, che esclude tutti gli altri utenti della strada alimenta il principio del “traffico che produce traffico“. Dati ISTAT dimostrano che il 75% dei cittadini ha uno stile di vita totalmente sedentario o non raggiunge lo standard minimo di movimento consigliato dall’Organizzazione Mondiale dalla Sanità (ossia 150 minuti di attività aerobica a settimana) – puntualizza Di Marcello -. Il tempo libero passato a muoversi per i ragazzi sotto gli 11 anni è pari al 5% del totale e il tasso di abbandono scolastico e di obesità infantile è massimo intorno agli 11 anni. L’automobile è diventato sempre più un mezzo ‘simbolo’, che non serve solo a spostarsi. Eppure, in realtà, la macchina non è il mezzo più efficiente per spostarsi, se si pensa che in media ogni auto trasporta solo 1,5 persone e che per il 92% del tempo di utilizzo rimane parcheggiata, per l’1,5% si trova imbottigliata nel traffico, mentre l’1,5% del tempo lo si passa a cercare parcheggio. Alla fine, solo il 5% del tempo di utilizzo viene realmente impiegato in movimento. Senza parlare dei costi! Ogni auto ha un costo medio annuo di 2.995 euro, suddiviso in carburante, manutenzione, bollo, assicurazione, tagliando, revisione, cambio gomme”.

Ma cosa potremmo fare per rendere le nostre città a misura di pedone e di ciclista? “Un Comune ‘ciclabile’ è un comune a misura di cittadino, anche per chi non va in bicicletta – sottolinea Di Marcello -, perché garantisce meno traffico, più rispetto dell’ambiente e un netto risparmio per lo Stato, visto che le piste ciclabili sono molto meno costose da costruire e da manutenere”.
Abbiamo incontrato il presidente di FIAB Firenze Ciclabile, associazione particolarmente attiva nel settore, per analizzare le possibilità di un reale cambiamento nella viabilità delle nostre città e comprendere i reali effetti benefici che ne deriverebbero.

A scuola e al lavoro in bici
A scuola e al lavoro in bici: la campagna dell’associazione FIAB Firenze ciclabile

Ingegner Carducci, perché conviene usare la bici?
“I motivi sono tanti. In ambiente urbano, dove c’è spesso molto traffico, scegliendo di usare la bicicletta si hanno comunque tempi certi. Anche una distanza di 7 o 8 km, che imbottigliati nel traffico possono sembrare interminabili, in bici si percorrono in massimo 30 minuti. Nelle ore di punta il risparmio del tempo è addirittura stimabile nel 50%. Secondo punto: la salute. Spesso conduciamo vite molto sedentarie, divise tra l’ufficio e il sedile delle nostre auto; andando in bici potremmo fare attività fisica mentre il nostro corpo rilascia endorfine che ci aiutano a stare meglio. Una sola ora di bicicletta permette di consumare 500 calorie e una persona che sceglie di andare a lavoro in bici perde in media 6 kg nel corso del primo anno. Molti dei nostri soci e non solo, confermano che dopo aver cambiato abitudini si sentono più in forma, non soltanto fisicamente ma anche psicologicamente. Perché il cervello è più attivo e possiamo godere di una sensazione di rilassatezza, sia mentale che fisica. Punto tre: nel lungo termine si potrà beneficiare anche di un effetto benefico sul sistema cardio-circolatorio. Non ultimo, un effetto indiretto di particolare importanza, che ci riguarda tutti quanti: il rispetto per l’ambiente e la possibilità di contribuire fattivamente alla riduzione della CO2 e delle polveri sottili nelle città dove viviamo e lavoriamo tutti i giorni, dove studiano e giocano i nostri figli. Basti pensare che nella Pianura Padana – così come in molti altri luoghi del nostro Paese – l’incidenza degli effetti dell’inquinamento sulla salute delle persone è molto alta”.

Qual è lo scopo del vostro progetto “A scuola in bici”?
“A scuola in bici è una campagna lanciata un anno e mezzo fa, quando dopo il lockdown cominciavano a riprendere le lezioni in presenza. Il nostro sogno sarebbe non assistere più alle scene di assiepamento delle auto sotto le scuole, all’entrata e all’uscita dei nostri ragazzi, con forti emissioni di particolato sottile proprio sotto al naso degli studenti. Quest’anno abbiamo anche aggiornato la mappa dei percorsi ciclabili ‘Bicipolitana’ con le nuove ciclovie recentemente inaugurate, ossia percorsi protetti e continui, sicuri anche per i nostri ragazzi, che attraversano trasversalmente tutta la città di Firenze. La mappa per noi è uno strumento di programmazione, nonché una guida condivisa anche con l’amministrazione comunale, per individuare possibili zone dove realizzare nuovi percorsi. La nostra associazione li pensa e li riadatta anche in funzione delle scuole, di modo da dare alle famiglie la possibilità di capire se e come mandare i figli a scuola in bicicletta in tutta sicurezza”.

A quanti sottolineano che non tutti hanno le possibilità logistiche per andare a lavoro o a scuola in bici cosa risponde?
“Che hanno ragione, ci sono situazioni in cui la bicicletta non può essere usata. Motivo in più, questo, per responsabilizzare e spronare chi invece ha la possibilità di fare almeno un tentativo. Ciò permetterebbe, oltretutto, di lasciare le strade libere a quanti non possono fare a meno di prendere l’auto. Anche se, bisogna comunque dire, di alternative ne esistono tante, persino se si portano con noi in bici i bambini e la spesa, per esempio. Alcuni dei nostri soci hanno montato sulle proprie biciclette sellini capaci di sostenere il peso di bambini di sette o otto anni. Esistono inoltre le “cargo bike” (particolari biciclette che possiedono un carrello omologato per il trasporto di bambini, animali e merci, dotate di un manubrio non direttamente collegato alla ruota davanti e capaci di ospitare un contenitore di circa 50-70 cm di lunghezza). Le cargo bike, per esempio, vengono utilizzate da azienda di ciclo logistica che quotidianamente fanno consegne di merci di piccole dimensioni. Insomma, soluzioni possibili ce ne sarebbero, il problema però è che in molte delle città italiane non esistono parcheggi attrezzati. In questo senso servirebbe che l’amministrazione pubblica intervenisse, investendo maggiormente nelle infrastrutture dedicate ai ciclisti”.

La bicicletta elettrica potrebbe essere una soluzione per chi abita in collina?
“Sicuramente le e-bike hanno dato notevole impulso a chi affronta percorsi più lunghi e in pendenza, convincendo anche quanti hanno paura di sudare. Bisogna però tenere conto del fatto che, usando la bicicletta con regolarità, i tempi e la percezione corporea della fatica si riducono. Io per esempio, quando ho iniziato ad usare la bicicletta abitavo a 7 km dal mio posto di lavoro. In un primo momento impiegavo 40 minuti per completare il percorso, dopo un mese circa appena 20, e senza sudare. In estate, comunque, sulle lunghe distanza le e-bike possono alleggerire lo sforzo, inoltre il costo delle ricariche elettriche è trascurabile. Piuttosto, è la e-bike in sé a costare abbastanza (per modelli di base occorrono circa 800-900 euro)”.

A scuola e al lavoro in bici
A scuola e al lavoro in bici: la campagna dell’associazione FIAB Firenze ciclabile

Incentivi in essere attualmente?
“Dopo quelli proposti dal Governo durante il primo lockdown, sono seguite solo iniziative a macchia di leopardo da parte dei vari Comuni d’Italia. Sarebbe utile, già a livello comunale, provare a stimolare nuovi incentivi per l’acquisto di biciclette elettriche, ma prima di tutto l’amministrazione dovrebbe impegnarsi a fornire ai ciclisti nuove piste ciclabili sulle strade principali, e istituire zone di moderazione del traffico nella aree di residenza con limiti di velocità a 30 km orari. In questo modo le strade sarebbero più sicure anche per i ciclisti, e non di pertinenza esclusiva degli automobilisti. Altra mossa utile sarebbe fornire rastrelliere, parcheggi coperti e bike box (che occupano lo spazio di un parcheggio auto ma che possono contenere fino a 8 bici). Nelle aziende potrebbero essere creati ricoveri sicuri per biciclette, perché i furti sono ancora molto frequenti purtroppo”.

Quanto costa la manutenzione annua di una city-bike?
“Io spendo circa 50 euro l’anno, che paragonate alle diverse centinaia/migliaia di euro che costa annualmente un’auto tra bollo, assicurazione, revisione ecc, è davvero pochissimo. Se le famiglie riuscissero a passare da due auto ad una sola, il risparmio in termini economici sarebbe notevole”.

La vostra associazione fa parte di una federazione nazionale…
“Esatto. Firenze ciclabile fa parte della Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta, che comprende associazioni presenti sull’intero territorio nazionale. I progetti di pratiche locali vengono condivisi, perciò la nostra forza è proprio quella di mettere in comune le idee e portarle avanti in una cornice nazionale. Durante il lockdown nel 2020 lo Stato introdusse importanti modifiche al Codice della Strada (con l’introduzione di corsie per il doppio senso ciclabile, case avanzate, strade scolastiche) e la nostra Federazione ha potuto contribuire in maniera fattiva sull’organizzazione del cicloturismo e sull’utilizzo urbano delle biciclette”.

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  • Nicoletta Sipos, giornalista e scrittrice, ha vissuto in Ungheria, in Germania e negli Stati Uniti, prima di raggiungere Milano e lì restare. Il suo romanzo “La guerra di H”, un romanzo fortemente ispirato a fatti realmente accaduti.

L’autrice indaga in maniera del tutto nuova e appassionante un momento drammatico, decisivo della storia del nostro continente: la Seconda guerra mondiale. A raccontare l’ascesa e la disfatta del Nazismo è stavolta la voce di un bambino tedesco, che riporta con semplicità e veracità le molte sofferenze patite dal suo popolo durante il conflitto scatenato da Hitler, focalizzando l’attenzione del lettore sul drammatico paradigma che accomuna chiunque si trovi a vivere sulla propria pelle una guerra: la sofferenza. Pagine toccanti, le sue, tanto più intense perché impregnate di fatti reali, emozioni provate e sentite dai protagonisti e condivise da quanti, tuttora, si trovano coinvolti in un conflitto armato. La memoria collettiva è uno strumento potente per non commettere gli stessi errori. 

"Imparai poco alla volta – scrive il piccolo Heinrich Stein, protagonista del romanzo – che nel nostro strano Paese la verità aveva più volti con infinite sfumature”.

👉Perché una storia così e perché ora?
“Ho incontrato il protagonista di questa mia storia molto tempo fa, addirittura negli anni ’50, ossia in un’epoca che portava ancora gli strascichi della guerra. Diventammo amici, parlammo di Hitler e della miseria della Germania. Poco per volta, via via che ci incontravamo, lui aggiungeva ricordi, dettagli, confessioni. Per anni ho portato dentro di me la testimonianza di questa storia che si arricchiva sempre più di dettagli. Molte volte avrei voluto scriverla, magari a quattro mani con il mio amico, ma lui non se la sentiva. Io stessa esitavo ad affrontare questa storia che racconta una famiglia tedesca in forte sofferenza in una Germania ferita e umiliata. La gente ha etichettato tutto il popolo tedesco durante il nazismo come crudele per antonomasia. Non si pensa mai a quanto la gente comune abbia sofferto, alla fame e al freddo che anche il popolo tedesco ha patito”.

✍ Caterina Ceccuti

#lucenews #giornodellamemoria #27gennaio
  • È dalla sua camera con vista affacciata sull’Arno che Ornella Vanoni accetta di raccontare un po’ di sé ai lettori di Luce!, in attesa di esibirsi, sabato 28 gennaio sul palco della Tuscany Hall di Firenze, dov’è in programma una nuova tappa della nuova tournée Le Donne e la Musica. Un ritorno atteso per Ornella Vanoni, che in questo tour è accompagnata da un quintetto di sole donne.

Innanzitutto come sta, signora Vanoni?
“Stanca, sono partita due mesi dopo l’intervento al femore che mi sono rotto cadendo per una buca proprio davanti a casa mia. Ma l’incidente non mi ha impedito di intraprendere un progetto inaspettato che, sin da subito, mi è stato molto a cuore. Non ho perso la volontà di andare avanti. Anche se il tempo per prepararlo e provare è stato pochissimo. E poi sono molto dispiaciuta“.

Per cosa?
“La morte dell’orso Juan Carrito, travolto e ucciso da un’auto cercava bacche e miele: la mia carissima amica Dacia (Maraini, ndr) l’altro giorno ha scritto una cosa molto bella dedicata a lui. Dovrò scrollarmi di dosso la malinconia e ricaricarmi in vista del concerto“.

Con lei sul palco ci sarà una jazz band al femminile con Sade Mangiaracina al pianoforte, Eleonora Strino alla chitarra, Federica Michisanti al contrabbasso, Laura Klain alla batteria e Leila Shirvani. Perché questa scelta?
“Perché sono tutte bravissime, professioniste davvero eccezionali. Non è una decisione presa sulla spinta di tematiche legate al genere o alle quote rosa, ma nata grazie a Paolo Fresu, amico e trombettista fantastico del quale sono innamorata da sempre. Tempo fa, durante una chiacchierata, Paolo mi raccontò che al festival jazz di Berchidda erano andate in scena tante musiciste bravissime. E allora ho pensato: ’Se sono così brave perché non fare un gruppo di donne? Certo, non l’ha fatto mai nessuno. Bene, ora lo faccio io“.

Il fatto che siano tutte donne è un valore aggiunto?
“In realtà per me conta il talento, ma sono felice della scelta: è bellissimo sentire suonare queste artiste, vederle sul palco intorno a me mi emoziona“.

L
  • Devanshi Sanghvi è una bambina di otto anni che sarebbe potuta crescere e studiare per gestire l’attività di diamanti multimilionaria appartenente alla sua facoltosissima famiglia, con un patrimonio stimato di 60 milioni di dollari.

Ma la piccola ha scelto di farsi suora, vivendo così una vita spartana, vestita con sari bianchi, a piedi nudi e andando di porta in porta a chiedere l’elemosina. Si è unita ai “diksha” alla presenza di anziani monaci giainisti. La bimba è arrivata alla cerimonia ingioiellata e vestita di sete pregiate. Sulla sua testa poggiava una corona tempestata di diamanti. Dopo la cerimonia, a cui hanno partecipato migliaia di persone, è rimasta in piedi con altre suore, vestita con un sari bianco che le copriva anche la testa rasata. Nelle fotografie, la si vede con in mano una scopa che ora dovrà usare per spazzare via gli insetti dal suo cammino per evitare di calpestarli accidentalmente.

Di Barbara Berti ✍

#lucenews #lucelanazione #india #DevanshiSanghvi
  • Settanta giorni trascorsi in un mondo completamente bianco, la capitana dell’esercito britannico Harpreet Chandi, che già lo scorso anno si era distinta per un’impresa tra i ghiacci, è una fisioterapista che lavora in un’unità di riabilitazione regionale nel Buckinghamshire, fornendo supporto a soldati e ufficiali feriti. 

Ha dimostrato che i record sono fatti per essere battuti e, soprattutto, i limiti personali superabili grazie alla forza di volontà e alla preparazione. E ora è diventata una vera leggenda vivente, battendo il record del mondo femminile per la più lunga spedizione polare – sola e senza assistenza – della storia.

Il 9 gennaio scorso, 57esimo giorno del viaggio che era cominciato lo scorso 14 novembre, la 34enne inglese ha raggiunto il centro del Polo Sud dopo aver percorso circa 1100 chilometri. Quando è arrivata a destinazione nel bel mezzo della calotta polare era felice, pura e semplice gioia di aver raggiunto l’agognato traguardo: “Il Polo Sud è davvero un posto incredibile dove stare. Non mi sono fermata molto a lungo perché ho ancora un lungo viaggio da fare. È stato davvero difficile arrivare qui, sciando tra le 13 e le 15 ore al giorno con una media di 5 ore di sonno”.

Di Irene Carlotta Cicora ✍

#lucenews #lucelanazione #polosud #HarpreetChandi #polarpreet
Pedala che ti passa. Secondo i ciclisti urbani, che hanno parcheggiato la propria auto in garage scegliendo di arrivare a lavoro o a scuola in sella alla propria bicicletta o e-bike, pedalare rilascia endorfine, combatte lo stress da traffico e, nel lungo termine, migliora il sistema cardio circolatorio del nostro organismo, senza dimenticare, ovviamente, che spegnere il motore dell'auto fa bene all'ambiente e può rappresentare un'importante fonte di risparmio economico per ciascun nucleo familiare. In questi giorni l'associazione FIAB Firenze Ciclabile sta infatti rilanciando una campagna che promuove l'uso della bicicletta come alternativa all'auto privata, anche per risparmiare i tempi del traffico urbano e scansare gli ingorghi. "La mappa 'A scuola in bici' – ha spiegato a Luce! il presidente Tiziano Carducci, 34enne fiorentino, – è stata aggiornata dai nostri attivisti con il completamento delle piste in prossimità delle scuole". Dunque anche i più giovani potrebbero optare per un veicolo a trazione muscolare che, grazie agli opportuni interventi in termini di viabilità stradale, rappresenta un'alterativa sicura alle auto dei genitori.
A scuola e al lavoro in bici
A scuola e al lavoro in bici: la campagna dell'associazione FIAB Firenze ciclabile
"La mappa (scaricabile QUI) vuole essere uno strumento per aiutare studenti e famiglie a provare un cambio di abitudini – continua Carducci –, con effetti positivi per la salute e per l'autonomia dei ragazzi. C'è ancora però tanto da fare: i comuni di tutta Italia dovrebbero estendere le piste e le zone 30 (ossia strade in cui il limite di velocità delle auto è abbassato a 30 km orari) anche con un occhio alla posizione delle scuole". La proposta dell'associazione fiorentina è conosciuta e condivisa anche in altre città d'Italia, grazie alla rete cooperativa promossa dalla Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta di cui Firenze Ciclabile è parte. Nel corso di un Webinar promosso dalla Federazione e da FIAB MONTAinBIKE Sicilia, l'architetto Raffaele Di Marcello ha spiegato che "Nel nostro Paese lo spazio pubblico è spesso pensato in funzione del transito e della sosta degli autoveicoli, lasciando agli altri utenti della strada gli spazi residuali, e spesso neanche quelli. La progettazione dello spazio per la mobilità vede ancora come elemento predominante il veicolo privato, non considerando adeguatamente le altre modalità di spostamento. Ma una mobilità solo a misura di auto, che esclude tutti gli altri utenti della strada alimenta il principio del "traffico che produce traffico". Dati ISTAT dimostrano che il 75% dei cittadini ha uno stile di vita totalmente sedentario o non raggiunge lo standard minimo di movimento consigliato dall’Organizzazione Mondiale dalla Sanità (ossia 150 minuti di attività aerobica a settimana) - puntualizza Di Marcello -. Il tempo libero passato a muoversi per i ragazzi sotto gli 11 anni è pari al 5% del totale e il tasso di abbandono scolastico e di obesità infantile è massimo intorno agli 11 anni. L’automobile è diventato sempre più un mezzo 'simbolo', che non serve solo a spostarsi. Eppure, in realtà, la macchina non è il mezzo più efficiente per spostarsi, se si pensa che in media ogni auto trasporta solo 1,5 persone e che per il 92% del tempo di utilizzo rimane parcheggiata, per l'1,5% si trova imbottigliata nel traffico, mentre l'1,5% del tempo lo si passa a cercare parcheggio. Alla fine, solo il 5% del tempo di utilizzo viene realmente impiegato in movimento. Senza parlare dei costi! Ogni auto ha un costo medio annuo di 2.995 euro, suddiviso in carburante, manutenzione, bollo, assicurazione, tagliando, revisione, cambio gomme". Ma cosa potremmo fare per rendere le nostre città a misura di pedone e di ciclista? "Un Comune 'ciclabile' è un comune a misura di cittadino, anche per chi non va in bicicletta - sottolinea Di Marcello -, perché garantisce meno traffico, più rispetto dell'ambiente e un netto risparmio per lo Stato, visto che le piste ciclabili sono molto meno costose da costruire e da manutenere". Abbiamo incontrato il presidente di FIAB Firenze Ciclabile, associazione particolarmente attiva nel settore, per analizzare le possibilità di un reale cambiamento nella viabilità delle nostre città e comprendere i reali effetti benefici che ne deriverebbero.
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Ingegner Carducci, perché conviene usare la bici? "I motivi sono tanti. In ambiente urbano, dove c'è spesso molto traffico, scegliendo di usare la bicicletta si hanno comunque tempi certi. Anche una distanza di 7 o 8 km, che imbottigliati nel traffico possono sembrare interminabili, in bici si percorrono in massimo 30 minuti. Nelle ore di punta il risparmio del tempo è addirittura stimabile nel 50%. Secondo punto: la salute. Spesso conduciamo vite molto sedentarie, divise tra l'ufficio e il sedile delle nostre auto; andando in bici potremmo fare attività fisica mentre il nostro corpo rilascia endorfine che ci aiutano a stare meglio. Una sola ora di bicicletta permette di consumare 500 calorie e una persona che sceglie di andare a lavoro in bici perde in media 6 kg nel corso del primo anno. Molti dei nostri soci e non solo, confermano che dopo aver cambiato abitudini si sentono più in forma, non soltanto fisicamente ma anche psicologicamente. Perché il cervello è più attivo e possiamo godere di una sensazione di rilassatezza, sia mentale che fisica. Punto tre: nel lungo termine si potrà beneficiare anche di un effetto benefico sul sistema cardio-circolatorio. Non ultimo, un effetto indiretto di particolare importanza, che ci riguarda tutti quanti: il rispetto per l'ambiente e la possibilità di contribuire fattivamente alla riduzione della CO2 e delle polveri sottili nelle città dove viviamo e lavoriamo tutti i giorni, dove studiano e giocano i nostri figli. Basti pensare che nella Pianura Padana - così come in molti altri luoghi del nostro Paese - l'incidenza degli effetti dell'inquinamento sulla salute delle persone è molto alta". Qual è lo scopo del vostro progetto "A scuola in bici"? "A scuola in bici è una campagna lanciata un anno e mezzo fa, quando dopo il lockdown cominciavano a riprendere le lezioni in presenza. Il nostro sogno sarebbe non assistere più alle scene di assiepamento delle auto sotto le scuole, all'entrata e all'uscita dei nostri ragazzi, con forti emissioni di particolato sottile proprio sotto al naso degli studenti. Quest'anno abbiamo anche aggiornato la mappa dei percorsi ciclabili 'Bicipolitana' con le nuove ciclovie recentemente inaugurate, ossia percorsi protetti e continui, sicuri anche per i nostri ragazzi, che attraversano trasversalmente tutta la città di Firenze. La mappa per noi è uno strumento di programmazione, nonché una guida condivisa anche con l'amministrazione comunale, per individuare possibili zone dove realizzare nuovi percorsi. La nostra associazione li pensa e li riadatta anche in funzione delle scuole, di modo da dare alle famiglie la possibilità di capire se e come mandare i figli a scuola in bicicletta in tutta sicurezza". A quanti sottolineano che non tutti hanno le possibilità logistiche per andare a lavoro o a scuola in bici cosa risponde? "Che hanno ragione, ci sono situazioni in cui la bicicletta non può essere usata. Motivo in più, questo, per responsabilizzare e spronare chi invece ha la possibilità di fare almeno un tentativo. Ciò permetterebbe, oltretutto, di lasciare le strade libere a quanti non possono fare a meno di prendere l'auto. Anche se, bisogna comunque dire, di alternative ne esistono tante, persino se si portano con noi in bici i bambini e la spesa, per esempio. Alcuni dei nostri soci hanno montato sulle proprie biciclette sellini capaci di sostenere il peso di bambini di sette o otto anni. Esistono inoltre le “cargo bike” (particolari biciclette che possiedono un carrello omologato per il trasporto di bambini, animali e merci, dotate di un manubrio non direttamente collegato alla ruota davanti e capaci di ospitare un contenitore di circa 50-70 cm di lunghezza). Le cargo bike, per esempio, vengono utilizzate da azienda di ciclo logistica che quotidianamente fanno consegne di merci di piccole dimensioni. Insomma, soluzioni possibili ce ne sarebbero, il problema però è che in molte delle città italiane non esistono parcheggi attrezzati. In questo senso servirebbe che l'amministrazione pubblica intervenisse, investendo maggiormente nelle infrastrutture dedicate ai ciclisti". La bicicletta elettrica potrebbe essere una soluzione per chi abita in collina? "Sicuramente le e-bike hanno dato notevole impulso a chi affronta percorsi più lunghi e in pendenza, convincendo anche quanti hanno paura di sudare. Bisogna però tenere conto del fatto che, usando la bicicletta con regolarità, i tempi e la percezione corporea della fatica si riducono. Io per esempio, quando ho iniziato ad usare la bicicletta abitavo a 7 km dal mio posto di lavoro. In un primo momento impiegavo 40 minuti per completare il percorso, dopo un mese circa appena 20, e senza sudare. In estate, comunque, sulle lunghe distanza le e-bike possono alleggerire lo sforzo, inoltre il costo delle ricariche elettriche è trascurabile. Piuttosto, è la e-bike in sé a costare abbastanza (per modelli di base occorrono circa 800-900 euro)".
A scuola e al lavoro in bici
A scuola e al lavoro in bici: la campagna dell'associazione FIAB Firenze ciclabile
Incentivi in essere attualmente? "Dopo quelli proposti dal Governo durante il primo lockdown, sono seguite solo iniziative a macchia di leopardo da parte dei vari Comuni d'Italia. Sarebbe utile, già a livello comunale, provare a stimolare nuovi incentivi per l'acquisto di biciclette elettriche, ma prima di tutto l'amministrazione dovrebbe impegnarsi a fornire ai ciclisti nuove piste ciclabili sulle strade principali, e istituire zone di moderazione del traffico nella aree di residenza con limiti di velocità a 30 km orari. In questo modo le strade sarebbero più sicure anche per i ciclisti, e non di pertinenza esclusiva degli automobilisti. Altra mossa utile sarebbe fornire rastrelliere, parcheggi coperti e bike box (che occupano lo spazio di un parcheggio auto ma che possono contenere fino a 8 bici). Nelle aziende potrebbero essere creati ricoveri sicuri per biciclette, perché i furti sono ancora molto frequenti purtroppo". Quanto costa la manutenzione annua di una city-bike? "Io spendo circa 50 euro l'anno, che paragonate alle diverse centinaia/migliaia di euro che costa annualmente un'auto tra bollo, assicurazione, revisione ecc, è davvero pochissimo. Se le famiglie riuscissero a passare da due auto ad una sola, il risparmio in termini economici sarebbe notevole". La vostra associazione fa parte di una federazione nazionale... "Esatto. Firenze ciclabile fa parte della Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta, che comprende associazioni presenti sull'intero territorio nazionale. I progetti di pratiche locali vengono condivisi, perciò la nostra forza è proprio quella di mettere in comune le idee e portarle avanti in una cornice nazionale. Durante il lockdown nel 2020 lo Stato introdusse importanti modifiche al Codice della Strada (con l'introduzione di corsie per il doppio senso ciclabile, case avanzate, strade scolastiche) e la nostra Federazione ha potuto contribuire in maniera fattiva sull'organizzazione del cicloturismo e sull'utilizzo urbano delle biciclette".
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