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Home » Scienze e culture » Cambiamento climatico, aumentano i divorzi tra gli albatros

Cambiamento climatico, aumentano i divorzi tra gli albatros

Tra gli uccelli marini, noti per il loro fortissimo legame di coppia, negli ultimi tempi sta crescendo il tasso di separazioni

Domenico Guarino
19 Marzo 2023
Una coppia di albatros

Una coppia di albatros

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Che il cambiamento climatico generi un sacco di problemi lo sapevamo. Che aumenti i divorzi, un po’ meno. Soprattutto se non parliamo della fine delle unioni tra esseri umani, ma di quella tra… albatros. Avete letto bene: mentre anche nel nostro paese il fenomeno è ormai all’ordine del giorno (in Italia nel 2019 – e quindi prima degli effetti della pandemia sulle coppie – si erano contate in tutto 97.474 separazioni totali tra coniugi nonché 85.349 divorzi) un’indagine ha dimostrato che il cambiamento climatico sta aumentando la fine delle relazioni tra albatros, un fenomeno che a lungo andare potrebbe mettere in pericolo la sopravvivenza stessa della specie.

I legami monogamici infatti sono cosa abbastanza rara nel mondo animale, ma non nel regno degli uccelli, dove si arriva a circa l’80% del totale delle unioni. Ebbene è stato notato che, nelle isole Falkland, dove ci sono circa 500mila coppie di albatros dal sopracciglio nero impegnate nella nidificazione, la percentuale di divorzi tra esemplari che hanno portato a termine una covata con successo è aumentata dell’8%. Per quale motivo?

L'albatro urlatore (Wikipedia)
L’albatro urlatore (Wikipedia)

Per prima cosa è bene spiegare che le femmine della specie depongono un solo uovo a covata. Solitamente i divorzi sono legati alla circostanza sfavorevole della mancata schiusura, quando la probabilità di rottura della coppia aumenta in media di 5 volte. Un comportamento per altri abbastanza diffuso tra gli uccelli: questi animali si riproducono, infatti, per mezzo della cova delle uova, attività che in molti casi può richiedere la presenza di due esemplari adulti, rendendo così particolarmente vantaggiosa la formazione di una coppia stabile. Ed è proprio l’eventuale insuccesso riproduttivo, nella maggior parte dei casi, a determinare un “divorzio”. In questo caso siamo invece di fronte a un comportamento che non ha nulla a che fare con l’insuccesso nella proliferazione. Anzi. Perché? Francesco Ventura, ricercatore della Woods Hole Oceanographic Institution, ha calcolato che per via dell’aumento delle temperature medie, cercare cibo diventa più difficile, portando gli uccelli a dover volare per distanze molto maggiori, facendo così aumentare la fatica, lo stress e la fame. E proprio per questo la femmina di albatros sarebbe maggiormente portata a cambiare partner, sperando di ridurre tali gap. Qualcosa di simile è stato riscontrato anche nel monitoraggio dei pinguini.

Ma se è vero che a livello individuale la scelta dell’albatros di rompere la monogamia può risultare vantaggiosa, guardando alla comunità e alla sopravvivenza delle colonie, questo comportamento può rappresentare un’ulteriore minaccia: una nuova coppia non può vantare l’esperienza maturata da una coppia al contrario esperta e consolidata, riducendo il tasso riproduttivo complessivo. Una situazione tanto più pericolosa se si pensa che tutte e 22 le specie di albatros sono inserite nell’elenco degli animali minacciati, messe a rischio dalla pesca con i palamiti, dalla presenza di rifiuti di plastica in mare e dal basso tasso di riproduzione. Il pericolo è che in breve tempo dovremo dire addio all’albatro urlatore, che con sua apertura alare fino a 3,5 metri fa impallidire anche l’aquila reale, ferma, si fa per dire a circa i 2,3 metri.

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  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
Che il cambiamento climatico generi un sacco di problemi lo sapevamo. Che aumenti i divorzi, un po’ meno. Soprattutto se non parliamo della fine delle unioni tra esseri umani, ma di quella tra… albatros. Avete letto bene: mentre anche nel nostro paese il fenomeno è ormai all’ordine del giorno (in Italia nel 2019 – e quindi prima degli effetti della pandemia sulle coppie – si erano contate in tutto 97.474 separazioni totali tra coniugi nonché 85.349 divorzi) un’indagine ha dimostrato che il cambiamento climatico sta aumentando la fine delle relazioni tra albatros, un fenomeno che a lungo andare potrebbe mettere in pericolo la sopravvivenza stessa della specie. I legami monogamici infatti sono cosa abbastanza rara nel mondo animale, ma non nel regno degli uccelli, dove si arriva a circa l’80% del totale delle unioni. Ebbene è stato notato che, nelle isole Falkland, dove ci sono circa 500mila coppie di albatros dal sopracciglio nero impegnate nella nidificazione, la percentuale di divorzi tra esemplari che hanno portato a termine una covata con successo è aumentata dell’8%. Per quale motivo?
L'albatro urlatore (Wikipedia)
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Per prima cosa è bene spiegare che le femmine della specie depongono un solo uovo a covata. Solitamente i divorzi sono legati alla circostanza sfavorevole della mancata schiusura, quando la probabilità di rottura della coppia aumenta in media di 5 volte. Un comportamento per altri abbastanza diffuso tra gli uccelli: questi animali si riproducono, infatti, per mezzo della cova delle uova, attività che in molti casi può richiedere la presenza di due esemplari adulti, rendendo così particolarmente vantaggiosa la formazione di una coppia stabile. Ed è proprio l’eventuale insuccesso riproduttivo, nella maggior parte dei casi, a determinare un “divorzio”. In questo caso siamo invece di fronte a un comportamento che non ha nulla a che fare con l’insuccesso nella proliferazione. Anzi. Perché? Francesco Ventura, ricercatore della Woods Hole Oceanographic Institution, ha calcolato che per via dell’aumento delle temperature medie, cercare cibo diventa più difficile, portando gli uccelli a dover volare per distanze molto maggiori, facendo così aumentare la fatica, lo stress e la fame. E proprio per questo la femmina di albatros sarebbe maggiormente portata a cambiare partner, sperando di ridurre tali gap. Qualcosa di simile è stato riscontrato anche nel monitoraggio dei pinguini. Ma se è vero che a livello individuale la scelta dell’albatros di rompere la monogamia può risultare vantaggiosa, guardando alla comunità e alla sopravvivenza delle colonie, questo comportamento può rappresentare un’ulteriore minaccia: una nuova coppia non può vantare l’esperienza maturata da una coppia al contrario esperta e consolidata, riducendo il tasso riproduttivo complessivo. Una situazione tanto più pericolosa se si pensa che tutte e 22 le specie di albatros sono inserite nell’elenco degli animali minacciati, messe a rischio dalla pesca con i palamiti, dalla presenza di rifiuti di plastica in mare e dal basso tasso di riproduzione. Il pericolo è che in breve tempo dovremo dire addio all’albatro urlatore, che con sua apertura alare fino a 3,5 metri fa impallidire anche l’aquila reale, ferma, si fa per dire a circa i 2,3 metri.
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