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Home » Scienze e culture » Campus Pride: “I college più omofobi degli Usa hanno tutti un’affiliazione religiosa”

Campus Pride: “I college più omofobi degli Usa hanno tutti un’affiliazione religiosa”

L’organizzazione no-profit che dal 2015 mappa l’omotransfobia all’interno dei college americani, quest’anno ha inserito nella lista 180 istituti. "Il numero più alto registrato finora", passando in rassegna violazioni di ogni tipo: dal divieto per i dipendenti di avere una relazione omosessuale alla richiesta di essere esentati dal titolo IX

Sofia Francioni
28 Ottobre 2021
One student stands out from the rest of the graduation crowd in their solid black cap and gowns except for one brave lesbian woman who wears her gay pride colors proudly on her cap.

One student stands out from the rest of the graduation crowd in their solid black cap and gowns except for one brave lesbian woman who wears her gay pride colors proudly on her cap.

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Campus Pride, un’organizzazione americana no-profit Lgbtq+, ha redatto la “Worst List” dei college più omofobi e transfobici degli Stati Uniti. Una carrellata che ha incluso 180 istituti, il numero più alto da quando l’organizzazione, nel 2015, ha iniziato a mappare la cultura omofobica nel mondo dell’istruzione. Ma come ha scovato e selezionato i Peggiori? Come riporta Campus Pride sul suo sito, per arrivare alla lunga lista di trasgressori l’organizzazione ha seguito essenzialmente due criteri. Il primo “si basa sulla storia di ogni singolo college e sul tracciamento di azioni, pratiche e programmi anti-Lgbtq+”. Il secondo, invece, tiene in considerazione “se e quando l’università ha ricevuto o richiesto un’esenzione dal Titolo IX“.

Per chi non lo sapesse, il Titolo IX ha una storia complessa e intricata. Approvato per la prima volta sotto gli emendamenti sull’istruzione del 1972, da allora negli Usa ha specificamente vietato la discriminazione nelle istituzioni educative “sulla base del sesso“. L’amministrazione Obama ha interpretato la scriminante del sesso per includere non solo il genere assegnato alla nascita, ma anche l’orientamento sessuale e l’identità di genere. Ma, nel 2017, l’amministrazione Trump ha automaticamente esentato le istituzioni religiose dal Titolo IX, aprendo la strada ai conservatori, che stanno spingendo per escludere gli atleti trans dalla partecipazione agli sport universitari. Ironia della sorte, quindi, “un emendamento che avrebbe dovuto promuovere l’uguaglianza è diventato un’arma per i politici anti-Lgbtq+ e i gruppi religiosi che sperano di escludere legalmente gli studenti queer dall’università”, dichiara l’organizzazione.

Sfogliando la lista di Campus Pride (clicca qui) si passano in rassegna violazioni di ogni tipo: dai divieti assoluti per coppie visibilmente queer di accedere a posti di lavoro all’interno di college, ai simboli queer vandalizzati nel campus. Fino alle richieste, da parte dei college accomunati dall’avere un’affiliazione religiosa, di essere esentati dal Titolo IX per consentire agli istituti di discriminare i suoi studenti sulla base dell’orientamento sessuale, dell’identità di genere, dello stato civile, della gravidanza o della ricezione dell’aborto, pur ricevendo fondi federali. Sul sito si scopre che l’ex presidente della Brigham Young University (BYU), ad esempio, ha denunciato pubblicamente gli studenti appartenenti alla comunità Lgbtq+ presenti nel suo istituto + all’inizio del 2021 e che l’amministrazione dell’università ha anche coperto casi di violenza sessuale tra persone dello stesso sesso. Per l’organizzazione che l’ha redatta, questa lista serve come promemoria per mostrare quali sono i progressi che il mondo dell’istruzione deve ancora fare nella direzione dell’inclusione. Ma anche uno strumento per quegli studenti queer che abbiano voglia di candidarsi in questo momento come rappresentanti dei college, perché potrebbe “prepararli e salvarli da danni indebiti“.

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  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
Campus Pride, un'organizzazione americana no-profit Lgbtq+, ha redatto la "Worst List" dei college più omofobi e transfobici degli Stati Uniti. Una carrellata che ha incluso 180 istituti, il numero più alto da quando l'organizzazione, nel 2015, ha iniziato a mappare la cultura omofobica nel mondo dell'istruzione. Ma come ha scovato e selezionato i Peggiori? Come riporta Campus Pride sul suo sito, per arrivare alla lunga lista di trasgressori l'organizzazione ha seguito essenzialmente due criteri. Il primo "si basa sulla storia di ogni singolo college e sul tracciamento di azioni, pratiche e programmi anti-Lgbtq+". Il secondo, invece, tiene in considerazione "se e quando l'università ha ricevuto o richiesto un'esenzione dal Titolo IX". Per chi non lo sapesse, il Titolo IX ha una storia complessa e intricata. Approvato per la prima volta sotto gli emendamenti sull'istruzione del 1972, da allora negli Usa ha specificamente vietato la discriminazione nelle istituzioni educative "sulla base del sesso". L'amministrazione Obama ha interpretato la scriminante del sesso per includere non solo il genere assegnato alla nascita, ma anche l'orientamento sessuale e l'identità di genere. Ma, nel 2017, l'amministrazione Trump ha automaticamente esentato le istituzioni religiose dal Titolo IX, aprendo la strada ai conservatori, che stanno spingendo per escludere gli atleti trans dalla partecipazione agli sport universitari. Ironia della sorte, quindi, "un emendamento che avrebbe dovuto promuovere l'uguaglianza è diventato un'arma per i politici anti-Lgbtq+ e i gruppi religiosi che sperano di escludere legalmente gli studenti queer dall’università", dichiara l’organizzazione. Sfogliando la lista di Campus Pride (clicca qui) si passano in rassegna violazioni di ogni tipo: dai divieti assoluti per coppie visibilmente queer di accedere a posti di lavoro all’interno di college, ai simboli queer vandalizzati nel campus. Fino alle richieste, da parte dei college accomunati dall'avere un'affiliazione religiosa, di essere esentati dal Titolo IX per consentire agli istituti di discriminare i suoi studenti sulla base dell'orientamento sessuale, dell'identità di genere, dello stato civile, della gravidanza o della ricezione dell'aborto, pur ricevendo fondi federali. Sul sito si scopre che l'ex presidente della Brigham Young University (BYU), ad esempio, ha denunciato pubblicamente gli studenti appartenenti alla comunità Lgbtq+ presenti nel suo istituto + all'inizio del 2021 e che l'amministrazione dell'università ha anche coperto casi di violenza sessuale tra persone dello stesso sesso. Per l'organizzazione che l'ha redatta, questa lista serve come promemoria per mostrare quali sono i progressi che il mondo dell’istruzione deve ancora fare nella direzione dell'inclusione. Ma anche uno strumento per quegli studenti queer che abbiano voglia di candidarsi in questo momento come rappresentanti dei college, perché potrebbe "prepararli e salvarli da danni indebiti".
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