Centrali nucleari: c’è chi le chiude e chi, invece, decide di costruirne di nuove. Da sempre al centro di polemiche tra coloro che ne osannano gli aspetti rivoluzionari dal punto di vista della sicurezza energetica, e chi ne demonizza gli effetti dal punto di vista della insicurezza ambientale, mai come in questi giorni le centrali nucleari sono al centro di quelle sliding doors che alcune volte la storia mette di fronte al destino dell’umanità. Il tutto concentrato in poche centinaia di chilometri, tanti quanti separano la costa settentrionale della Germania a quella meridionale della Gran Bretagna.
E sì, perché, mentre appunto i tedeschi, per bocca della ministra dell’ambiente Steffi Lemke conferma che il Paese tedesco ha imboccato la strada irreversibile dell’abbandono della prodizione di energia da nucleare, i sudditi di Sua Maestà percorrono la strada opposta e la classificano come “fonte sostenibile per l’ambiente” concedendo incentivi e finanziamenti come per le rinnovabili.
Per Lemke “i rischi dell’energia nucleare sono in definitiva ingestibili”, motivo per cui la Germania “la eliminerà gradualmente a partire da metà aprile” sottolineando che “anche senza energia nucleare, l’approvvigionamento energetico è sicuro”. Nell’attesissima Finanziaria di primavera, il Cancelliere dello scacchiere Jeremy Hunt, invece, da parte sua, ha rilanciato il cosiddetto “Great British Nuclear”, il programma con cui Downing Street conta di arrivare alla produzione di un quarto dell’elettricità del Regno Unito da nucleare entro il 2050.
Nulla però sarà come prima. La Gran Bretagna infatti, scommettendo sulle nuove frontiere della tecnologia nucleare che promettono di essere più sicure e meno impattanti, chiuderà le vecchie centrali nucleari, che attualmente generano il 13% dell’elettricità del paese, entro il 2030, e lancerà la prima competizione per la costruzione di piccoli reattori modulari (come quelli sviluppati da Rolls Royce), come centrali dimostrative per testare la praticabilità della tecnologia energetica a fissione con cui sostituire le centrali in disuso. Poco più di un anno fa fu prodotta energia pari a 59 megajoule per cinque secondi da parte del reattore sperimentale europeo Jet (Joint European Torus), in Gran Bretagna. E lo scorso dicembre un annuncio storico era arrivato anche dagli Stati Uniti.
Intanto si progetta un micro reattore nucleare per alimentare una base umana sulla Luna. Sembra fantascienza, ma l’investimento è reale: 2,9 milioni di sterline (circa 3,3 milioni di euro), finanziate dall’Agenzia Spaziale Britannica (UK Space Agency) alla Rolls Royce, il colosso britannico aerospaziale e della difesa, che usa già il nucleare per fornire energia a sottomarini nei fondali degli oceani. L’obiettivo del nuovo reattore sarà produrre l’elettricità necessaria a sostenere la vita degli astronauti e i sistemi di comunicazione sulla Luna, in modo da poter allungare le missioni umane sul nostro unico satellite naturale e facilitare ricerca scientifica e programmi spaziali che potrebbero segnare il nostro futuro sulla Terra, o magari nello spazio.
“I fondi della Uk Space Agency, e la collaborazione con le migliori istituzioni britanniche specializzate in innovazione e conoscenza spaziale, sono molto importanti perché ci fanno avanzare sulla strada per rendere il Micro Reattore a fissione (SNR) una realtà” commenta Abi Clayton, direttrice di Future Programmes di Rolls Royce, aggiungendo che “questo porterà immensi benefici sia nello spazio che sulla Terra”.