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Home » Scienze e culture » Cozze, vongole e ostriche. Le nuove amiche dell’ambiente contro l’eccesso di anidride carbonica

Cozze, vongole e ostriche. Le nuove amiche dell’ambiente contro l’eccesso di anidride carbonica

La ricerca è stata condotta dal gruppo di Ecologia del Dipartimento di Scienze dell'Ambiente e della Prevenzione dell'Università di Ferrara.

Domenico Guarino
29 Ottobre 2022
Le cozze, preziosissime alleate contro l’eccesso di Co2

Le cozze, preziosissime alleate contro l’eccesso di Co2

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Datemi una cozza (o una vongola, o un’ostrica) e vi salverò il mondo! Chi l’avrebbe mai detto? Eppure sembrerebbe proprio che i mitili possano essere tra i nostri migliori alleati contro l’eccesso di Co2, e dunque contro il riscaldamento globale che tante conseguenze negative genera, e tante preoccupazioni solleva. La conferma arriva da uno studio del gruppo di Ecologia del Dipartimento di Scienze dell’Ambiente e della Prevenzione dell’Università di Ferrara, pubblicato sulla rivista Science of The Total Environment. In particolare, la ricerca ha indagato le capacità di cattura di carbonio da parte di vongole veraci e mitili allevati nel comparto produttivo della Sacca di Goro, primo sito di produzione in Europa .

Le vongole sono utilissime contro il riscaldamento globale

“Per entrambe le specie si tratta di impatto ambientale quasi zero”

Il segreto che sta dietro la valenza ‘ecologica’ dei molluschi è custodito, nemmeno tanto gelosamente, nei loro gusci, che sono dei veri e propri serbatoi di anidride carbonica, in grado di immagazzinarne fino a 254 grammi per chilo, sottraendola all’ambiente.

Il processo che determina il flusso della CO2 nei molluschi è molto semplice da spiegare: questa specie si è evoluta con i flussi mareali, riuscendo a conservare nelle valve chiuse la parte vera e propria del mollusco, quella molle e invertebrata. È essa che filtra dal battente d’acqua il fitoplancton riuscendo a tenersi da una parte la componente organica come fonte di energia e fissando dall’altra parte la componente minerale sotto forma di carbonati di vario tipo. Un meccanismo che porta il nome di biosequestro: l’anidride carbonica viene sottratta dall’acqua e trasformata in carbonato di calcio, elemento fondamentale per la costruzione delle conchiglie di tutti i molluschi. In questo modo una cozza adulta marina è capace di filtrare annualmente 13 mila litri di acqua trattenendo all’interno del suo guscio CO2 e microelementi. Ecco perché il ruolo degli allevamenti è molto importante: un vero e proprio meccanismo naturale a favore della lotta contro l’inquinamento del pianeta.

“La molecola di Co2 biocalcificata nel guscio – spiega Elena Tamburini responsabile della ricerca – è intrappolata in forma insolubile e rimossa dall’ecosistema marino al momento della raccolta dei molluschi. In tutta la fase di accrescimento, le vongole risultano ad impatto zero”. Come precisa Tamburini, sono infatti in grado di catturare molta più Co2 di quella che serve per essere prodotte: tra mezzi utilizzati e consumo di energia e carburanti i grammi sono appena 22 per ogni chilo, con una differenza di 232 grammi. I gusci delle cozze, invece ‘mangiano’ 146 i grammi di CO2 a fronte dei 55 grammi emessi per l’allevamento, con una differenza di 91 grammi per ogni chilo. Per entrambe le specie si tratta di impatto ambientale quasi zero, con un bilancio del carbonio negativo, ovvero l’anidride carbonica sottratta all’ambiente è molto superiore a quella prodotta nel corso dell’allevamento.

Grazie alla produzione di vongole, nel 2020 sono state abbattute 3mila tonnellate di CO2

Nel 2020 grazie alle vongole sono state abbattute circa 3mila tonnellate di anidride carbonica

La ricerca ha messo in evidenza che grazie alla produzione di vongole negli ultimi 35 anni – sottolinea il vicepresidente Fedagripesca-Confcooperative Emilia Romagna, Vadis PaesantI – “i nostri produttori hanno sottratto all’ambiente quasi un terzo di tutte le emissioni di gas serra prodotte localmente”. E visto che in Italia, spiega Fedagripesca, vengono prodotte 27 mila tonnellate di vongole e 72 mila tonnellate di cozze, dall’ambiente vengono eliminate in modo permanente quasi 13 mila tonnellate di anidride carbonica ogni anno.

Nel 2020, solo le 12.800 tonnellate di vongole veraci prodotte nella Sacca di Goro hanno abbattuto 3 mila tonnellate di anidride carbonica, neutralizzando le emissioni degli impianti di riscaldamento residenziale nel comune. E se la produzione fosse inserita nel sistema dei carbon credit, un certificato negoziabile equivalente ad una tonnellata di Co2 non emessa o assorbita, quella eliminata dall’ambiente varrebbe circa 160 mila euro.

Per far sì che anche i molluschi possano fare la loro parte al meglio, è tuttavia necessario fare la nostra parte. In primis, cercando di tenere le acque pulite dai combustibili fossili in quanto sono proprio i fiumi di combustione e le perdite di oli minerali a compromettere la naturale matrice organica dei molluschi.

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  • Era il 1° febbraio 1945, quando la lotta per la conquista di questo diritto, partita tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, sulla scorta dei movimenti degli altri Paesi europei, raggiunse il suo obiettivo. Con un decreto legislativo, il Consiglio dei Ministri presieduto da Ivanoe Bonomi riconobbe il voto alle donne, su proposta di Palmiro Togliatti e Alcide De Gasperi. 

Durante la prima guerra mondiale le donne avevano sostituito al lavoro gli uomini che erano al fronte. La consapevolezza di aver assunto un ruolo ancora più centrale all’interno società oltre che della famiglia, crebbe e con essa la volontà di rivendicare i propri diritti. Già nel 1922 un deputato socialista, Emanuele Modigliani aveva presentato una proposta di legge per il diritto di voto femminile, che però non arrivò a essere discussa, per la Marcia su Roma. Mussolini ammise le donne al voto amministrativo nel 1924, ma per pura propaganda, poiché in seguito all’emanazione delle cosiddette “leggi fascistissime” tra il 1925 ed il 1926, le elezioni comunali vennero, di fatto, soppresse. Bisognerà aspettare la fine della guerra perché l’Italia affronti concretamente la questione.

Costituito il governo di liberazione nazionale, le donne si attivarono per entrare a far parte del corpo elettorale: la prima richiesta dell’ottobre 1944, venne avanzata dalla Commissione per il voto alle donne dell’Unione Donne Italiane (Udi), che si mobilitò per ottenere anche il diritto di eleggibilità (sancito da un successivo decreto datato 10 marzo 1946). Si arrivò così, dopo anni di battaglie per il suffragio universale, al primo febbraio 1945, data storica per l’Italia. Il decreto prevedeva la compilazione di liste elettorali femminili distinte da quelle maschili, ed escludeva però dal diritto le prostitute schedate che esercitavano “il meretricio fuori dei locali autorizzati”.

Le elezioni dell’esordio furono le amministrative tra marzo e aprile del 1946 e l’affluenza femminile superò l’89%. 

#lucenews #lucelanazione #dirittodivoto #womenrights #1febbraio1945
  • La regina del pulito Marie Kondo ha dichiarato di aver “un po’ rinunciato” a riordinare casa dopo la nascita del suo terzo figlio. La 38enne giapponese, considerata una "Dea dell’ordine", con i suoi best seller sull’economia domestica negli ultimi anni ha incitato e sostenuto gli sforzi dei comuni mortali di rimettere in sesto case e armadi all’insegna del cosa “provoca dentro una scintilla di gioia”. Ma l’esperta di decluttering, famosa in tutto il mondo, ha ammesso che con tre figli da accudire, la sua casa è oggi “disordinata”, ma ora il riordino non è più una priorità. 

Da quando è diventata madre di tre bambini, ha dichiarato che il suo stile di vita è cambiato e che la sua attenzione si è spostata dall’organizzazione alla ricerca di modi semplici per rendere felici le abitudini di tutti i giorni: "Fino a oggi sono stata una organizzatrice di professione e ho dunque fatto il mio meglio per tenere in ordine la mia casa tutto il tempo”, e anche se adesso “ci ho rinunciato, il modo in cui trascorro il mio tempo è quello giusto per me in questo momento, in questa fase della mia vita”.

✍ Marianna Grazi 

#lucenews #lucelanazione #mariekondo
  • La second hand, ossia l’oggetto di seconda mano, è una moda che negli ultimi anni sta diventando sempre più un’abitudine dei consumatori. Accumulare roba negli armadi, nei cassetti, in cantina, non è più un disagio che riguarda soltanto chi soffre di disposofobia, ossia di chi è affetto da sindrome dell’accumulatore compulsivo. Se l’acquisto è l’unica azione che rende felice l’uomo moderno, non riuscire a liberarsene è la condanna di molti.

Secondo quanto emerge dall’Osservatorio Second-hand Economy 2021, realizzato da BVA Doxa per Subito.it, sono 23 milioni gli italiani che, nel 2021, hanno fatto ricorso alla compravendita di oggetti usati grazie alle piattaforme online. Il 52% degli italiani ha comprato e/o venduto oggetti usati, tra questi il 15% lo ha fatto per la prima volta. L’esperienza di compravendita online di second hand è quella preferita, quasi il 50% degli affari si conclude online anche perché il sistema di vendita è simile a un comune eCommerce: internet è il canale più veloce per quasi la metà dei rispondenti (49%), inoltre offre una scelta più ampia (43%) e si può gestire comodamente da casa (41%). Comprare second hand diventa una sana abitudine che attrae ogni anno nuove persone, è al terzo posto tra i comportamenti sostenibili più messi in atto dagli italiani (52%) – preceduto sempre dalla raccolta differenziata (94%) e l’acquisto di lampadine a LED (71%) –, con picchi ancora più alti di adozione nel 2021 da parte dei laureati (68%), di chi appartiene alla generazione Z (66%), di chi ha 35-44 anni (70%) e delle famiglie con bambini (68%). 

Ma perché concretamente si acquista l’usato? Nel 2021 le prime tre motivazioni che inducono a comprare beni usati sono: il risparmio (56%, in crescita di 6 punti percentuali rispetto al 2020), l’essere contrari agli sprechi e credere nel riuso (49%) e la convinzione che la second hand sia un modo intelligente di fare economia e che rende molti oggetti più accessibili (43%). 

✍E tu? Hai mai comprato accessori oppure oggetti di seconda mano? Cosa ne pensi?

#lucenews #lucelanazione #secondhand #vintage
  • È iniziata come una sorta di sfida personale, come spesso accade tra i ragazzi della sua età, per testare le proprie capacità e resistenza in modo divertente. Poi però, per Isaac Ortman, adolescente del Minnesota, dormire nel cortile della sua casa è diventata una missione. 

“Non credo che la cosa finisca presto, potrei anche continuare fino all’università – ha detto il 14enne di Duluth -. È molto divertente e non sono pronto a smettere”. 

Tanto che ormai ha trascorso oltre 1.000 notti sotto le stelle. Il giovane, che fa il boy scout, come una specie di moderno Barone Rampante ha scoperto per caso il piacere di trascorrere le ore di sonno fuori dalle mura di casa, persino quando la temperatura è scesa a quadi 40 gradi sotto lo zero. Tutto è iniziato circa tre anni fa, nella baita della sua famiglia a 30 miglia da casa, diventando ben presto una routine notturna. Il giovane Ortman ricorda bene il giorno in cui ha abbandonato la sua camera da letto per un’amaca e un sacco a pelo, il 17 aprile 2020, quando era appena in prima media: “Stavo dormendo fuori dalla nostra baita e ho pensato: ‘Wow, potrei provare a dormire all’aperto per una settimana’. Così ho fatto e ho deciso di continuare”. 

“Non si stanca mai: ogni notte è una nuova avventura“, ha detto il padre Andrew Ortman, 48 anni e capo del suo gruppo scout. 

Sua mamma Melissa era un po’ preoccupata quella notte, lei e il padre gli hanno permesso di continuare la sua routine. “Sa che deve entrare in casa se qualcosa non va bene. Dopo 1.000 notti, ha la nostra fiducia. Da quando ha iniziato a farlo, è cresciuto sotto molti aspetti, e non solo in termini di statura”, dice orgogliosa. 

“Non lo sto facendo per nessun record o per una causa, mi sto solo divertendo. Ma con il ragazzo che dorme in Inghilterra, credo si possa dire che si tratta di una gara non ufficiale”, ha detto Isaac riferendosi all’adolescente inglese Max Woosey, che ha iniziato la sua maratona di sonno all’aperto il 29 marzo 2020, con l’obiettivo di raccogliere fondi per un ospedale che cura un suo anziano amico.

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Datemi una cozza (o una vongola, o un’ostrica) e vi salverò il mondo! Chi l’avrebbe mai detto? Eppure sembrerebbe proprio che i mitili possano essere tra i nostri migliori alleati contro l’eccesso di Co2, e dunque contro il riscaldamento globale che tante conseguenze negative genera, e tante preoccupazioni solleva. La conferma arriva da uno studio del gruppo di Ecologia del Dipartimento di Scienze dell'Ambiente e della Prevenzione dell'Università di Ferrara, pubblicato sulla rivista Science of The Total Environment. In particolare, la ricerca ha indagato le capacità di cattura di carbonio da parte di vongole veraci e mitili allevati nel comparto produttivo della Sacca di Goro, primo sito di produzione in Europa .
Le vongole sono utilissime contro il riscaldamento globale

"Per entrambe le specie si tratta di impatto ambientale quasi zero"

Il segreto che sta dietro la valenza ‘ecologica’ dei molluschi è custodito, nemmeno tanto gelosamente, nei loro gusci, che sono dei veri e propri serbatoi di anidride carbonica, in grado di immagazzinarne fino a 254 grammi per chilo, sottraendola all'ambiente. Il processo che determina il flusso della CO2 nei molluschi è molto semplice da spiegare: questa specie si è evoluta con i flussi mareali, riuscendo a conservare nelle valve chiuse la parte vera e propria del mollusco, quella molle e invertebrata. È essa che filtra dal battente d’acqua il fitoplancton riuscendo a tenersi da una parte la componente organica come fonte di energia e fissando dall’altra parte la componente minerale sotto forma di carbonati di vario tipo. Un meccanismo che porta il nome di biosequestro: l’anidride carbonica viene sottratta dall’acqua e trasformata in carbonato di calcio, elemento fondamentale per la costruzione delle conchiglie di tutti i molluschi. In questo modo una cozza adulta marina è capace di filtrare annualmente 13 mila litri di acqua trattenendo all’interno del suo guscio CO2 e microelementi. Ecco perché il ruolo degli allevamenti è molto importante: un vero e proprio meccanismo naturale a favore della lotta contro l’inquinamento del pianeta. "La molecola di Co2 biocalcificata nel guscio - spiega Elena Tamburini responsabile della ricerca - è intrappolata in forma insolubile e rimossa dall'ecosistema marino al momento della raccolta dei molluschi. In tutta la fase di accrescimento, le vongole risultano ad impatto zero". Come precisa Tamburini, sono infatti in grado di catturare molta più Co2 di quella che serve per essere prodotte: tra mezzi utilizzati e consumo di energia e carburanti i grammi sono appena 22 per ogni chilo, con una differenza di 232 grammi. I gusci delle cozze, invece 'mangiano' 146 i grammi di CO2 a fronte dei 55 grammi emessi per l'allevamento, con una differenza di 91 grammi per ogni chilo. Per entrambe le specie si tratta di impatto ambientale quasi zero, con un bilancio del carbonio negativo, ovvero l'anidride carbonica sottratta all'ambiente è molto superiore a quella prodotta nel corso dell'allevamento.
Grazie alla produzione di vongole, nel 2020 sono state abbattute 3mila tonnellate di CO2

Nel 2020 grazie alle vongole sono state abbattute circa 3mila tonnellate di anidride carbonica

La ricerca ha messo in evidenza che grazie alla produzione di vongole negli ultimi 35 anni - sottolinea il vicepresidente Fedagripesca-Confcooperative Emilia Romagna, Vadis PaesantI - "i nostri produttori hanno sottratto all'ambiente quasi un terzo di tutte le emissioni di gas serra prodotte localmente". E visto che in Italia, spiega Fedagripesca, vengono prodotte 27 mila tonnellate di vongole e 72 mila tonnellate di cozze, dall'ambiente vengono eliminate in modo permanente quasi 13 mila tonnellate di anidride carbonica ogni anno. Nel 2020, solo le 12.800 tonnellate di vongole veraci prodotte nella Sacca di Goro hanno abbattuto 3 mila tonnellate di anidride carbonica, neutralizzando le emissioni degli impianti di riscaldamento residenziale nel comune. E se la produzione fosse inserita nel sistema dei carbon credit, un certificato negoziabile equivalente ad una tonnellata di Co2 non emessa o assorbita, quella eliminata dall'ambiente varrebbe circa 160 mila euro. Per far sì che anche i molluschi possano fare la loro parte al meglio, è tuttavia necessario fare la nostra parte. In primis, cercando di tenere le acque pulite dai combustibili fossili in quanto sono proprio i fiumi di combustione e le perdite di oli minerali a compromettere la naturale matrice organica dei molluschi.
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