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Home » Scienze e culture » Dalle aragoste a buon mercato all’esultanza per un delfino spiaggiato: i mille modi con cui l’uomo sta uccidendo il mare

Dalle aragoste a buon mercato all’esultanza per un delfino spiaggiato: i mille modi con cui l’uomo sta uccidendo il mare

Ugo Bardi, autore con Ilaria Perissi de "Il mare svuotato" lancia l'allarme e spiega le ragioni politiche ed economiche di uno sfruttamento senza criteri. Il pesce finirà? "L'allevamento intensivo modifica l'equilibrio del mare. E i tentativi di alimentare con cereali al momento non danno risultati"

Domenico Guarino
30 Agosto 2021
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Cosa sta succedendo ai nostri mari, ai nostri oceani? Tra isole di plastica, scarsità di pesce, riscaldamento delle acque, eventi estremi, sfruttamento massivo di risorse, turismo subacqueo e crocieristico, navi sempre più numerose e con tonnellaggi sempre più mostruosi, il regno delle acque è sotto attacco. Eppure dell’inquinamento marino si parla poco. E male.

Ne parla molto bene, invece, in maniera estremamente godibile pur nella solidità degli argomenti, e con dovizia di dati ed analisi, il libro Il Mare Svuotato di Ilaria Perissi (PhD in Scienza dei Materiali), e Ugo Bardi (docente di chimica-fisica all’università di Firenze) che abbiamo intervistato.

 

Professor Bardi, da dove nasce l’idea del libro?

“La storia è un po’ strana, ma l’idea nasce dagli attacchi dell’11 Settembre 2001 a New York. E’ stato allora che ci siamo accorti che c’era qualche grosso problema con il modo in cui la nostra società gestiva le risorse naturali. Ho cominciato con il petrolio, poi mi sono accorto che l’approccio era lo stesso per tutte le risorse. Così come il petrolio si esaurisce piano piano, si possono esaurire anche le balene portandole all’estinzione. Da lì, con la mia collaboratrice Ilaria Perissi, abbiamo cominciato a occuparci dell’economia della pesca. Un argomento fonte di infinite sorprese”.

 

Cosa sta succedendo ai ‘nostri’ pesci’?

“Ce ne sono sempre di meno. Avete fatto caso al fatto che una volta i crostacei tipo granchi e aragoste erano un cibo costoso, riservato a chi se lo poteva permettere? Ora non più. Sono diventati un piatto abbastanza comune. La ragione è che il numero di crostacei era tenuto sotto controllo dai pesci che li mangiavano. Ma con la pesca eccessiva, i pesci sono diminuiti di numero e questo ha portato a una vera esplosione nella popolazione dei crostacei. Lo stesso è successo con altre specie, tipo le meduse. Anche quelle erano tenute sotto controllo dai pesci che le mangiavano, ma ora sono diventate una piaga nel mare di fronte alle nostre spiagge. In Asia, le mangiano, e aspettatevi prima o poi che anche da noi venga di moda qualche cosa tipo un sandwich di meduse, o un sugo per spaghetti alle meduse. C’è una storia a fumetti molto bella dello scrittore americano Mark Kurlansky, grande esperto di risorse marine, che segue tutta la storia del declino delle popolazioni marine e che si conclude con una vignetta bella e malinconica dove una bambina del futuro chiede al babbo “ma cosa sono i pesci?” Potrebbe succedere veramente se continuiamo a pescare troppo”.

 

Il mare  è il grande malato ma se ne parla poco, come mai?

“Quando ti metti a studiare certe cose, ti accorgi che il mare è un mondo un po’ a se stante. Sia l’industria ittica che gli istituti di ricerca che hanno a che fare con il mare non hanno molti contatti con il mondo parallelo delle risorse terrestri. Tuttavia, il mare è importantissimo. Pensate che circa la metà dell’ossigeno che respiriamo è prodotto dal fitoplankton marino. Se dovessimo fare dei danni veramente seri all’ecosistema marino, faremmo dei gravi danni anche a noi stessi. Purtroppo, però, la cultura del mare è poco diffusa. Nonostante l’Italia sia un paese con una costa lunga ed estesa, per la maggior parte della gente, quello che sanno del mare sono i pesci che comprano al supermercato e poco più. E pochi si sono accorti che i pesci che si trovano in commercio non sono più gli stessi pesci di una volta. Adesso sono pesci di allevamento, di qualità molto peggiore, e spesso inquinati”.

 

Quali sono le attività, i comportamenti umani, che stanno ‘svuotando’ il mare?

“La storia è un po’ triste: diciamo che i decisori politici e i pescatori non sono riusciti a parlarsi e non ci riescono tuttora. E’ un problema planetario, ma lo si vede anche in Italia. I pescatori professionisti italiani sono poco finanziati e hanno attrezzature obsolete, non riescono a reggere la concorrenza con i Francesi e gli Spagnoli, ben più attrezzati. Il risultato è che i nostri pescatori sono in perenne affanno danno la colpa alla politica. L’Europa è un bersaglio favorito, accusata di mettere quote di pesca troppo basse per pura malvagità”.

 

E non è vero?

“In realtà i pescatori non si rendono conto che è la loro inefficienza a costringerli a pescare troppo per avere un minimo di profitto. Ed è anche una questione culturale. Basta vedere come i pescatori, sui loro siti, commentano con gioia quando leggono la notizia di un delfino spiaggiato. E’ perché pensano che il delfino, che mangia pesce, sia un concorrente. Ma non si rendono conto che tutto l’ecosistema marino funziona anche perché ci sono i delfini che fertilizzano la superficie del mare favorendo la crescita del plankton, che poi è quello che nutre i pesci. Ma non c’è niente da fare, siamo rimasti alla favola del lupo cattivo in tanti campi, non solo quello della pesca”.

 

Cosa possiamo fare per invertire la tendenza?

“Poco. Il sistema sta evolvendo da solo. Con la graduale calo degli stock ittici, si pesca sempre meno. Ne consegue che, prima o poi, bisognerà smettere di pescare troppo. Purtroppo, quando si arriverà a questo punto i danni potrebbero essere irreparabili. Ma non disperiamo. L’ecosistema marino è molto resiliente, e può ancora riprendersi se smettiamo di maltrattarlo”.

 

Quale dovrebbe essere il ruolo dei decisori politici?

“In tutto il mondo, i decisori sono presi fra due fuochi: le agenzie che si occupano di conservazione dell’ecosistema marino e i pescatori. I primi vogliono che si peschi poco, i secondi che si peschi tanto. I politici sono esseri umani e sono sensibili alla loro immagine, per cui succede che cerchino di farsi belli come paladini dei pescatori. Ma succede di rado, come spieghiamo nel libro, i pescatori sono sempre stati una categoria con scarso peso politico, maltrattata un po’ da tutti. E’ quello che chiamiamo la ‘maledizione del pescatore’ che ha origini storiche remote e che deriva dalla difficoltà che avevano i pescatori di accumulare capitale in forma di pesce che, notoriamente, dopo tre giorni puzza (questo non succede al capitale finanziario)”.

 

C’è il rischio che il pesce finisca?

“Sulla possibilità che il pesce finisca ho già risposto. Incidentalmente, c’è chi ha detto che l’acquacoltura (l’allevamento del pesce) ha risolto il problema dell’esaurimento degli stock ittici. Questo non è vero perché i pesci di allevamento vengono nutriti con pesce di minor valore commerciale. Si parla di poterli nutrire con mangimi ottenuti con cereali, ma per il momento questa non è una possibilità pratica”.

 

E più in generale, c’è il rischio che il cibo finisca? 

“Il pesce rappresenta una piccola frazione del cibo dagli esseri umani, in media. La parte principale viene dall’agricoltura in forma di vari tipi di cereali. Ma ancora oggi il pesce rappresenta una sorgente di proteine fondamentale per le popolazioni costiere dei paesi poveri – incidentalmente, questa era la situazione dell’Italia fino a non moltissimi anni fa. Se vedessimo un collasso della pesca, questo non significherebbe che non avremmo più da mangiare. Ma una dieta di soli cereali non è certamente raccomandabile e, in ogni case, i danni fatti dal sovrasfruttamento si vedono ovunque, non solo nella pesca e nel caso di un collasso economico, o peggio ecosistemico, il problema del cibo potrebbe farsi importante (per non dire di peggio!)”.

 

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  • Sono tre, per il momento, gli istituti superiori che si sono candidati ad accogliere Nina Rosa Sorrentino, la studentessa disabile di 19 anni che non può sostenere la maturità al liceo Sabin di Bologna (indirizzo Scienze umane) e che i genitori hanno per questo motivo ritirato da scuola.

La storia è nota: la studentessa ha cominciato il suo percorso di studi nel liceo di via Matteotti seguendo il programma differenziato. Già al terzo anno i genitori avevano chiesto di passare al programma degli obiettivi minimi che si può concludere con l’Esame di Stato, mentre quello differenziato ha solo la "certificazione delle competenze".

Il Consiglio di classe aveva respinto la richiesta della famiglia, anche perché passare agli obiettivi minimi avrebbe implicato esami integrativi. Da qui la decisione della famiglia, avvenuta giusto una settimana fa, di ritirare Nina da scuola – esattamente un giorno prima che i giorni di frequenza potessero essere tali da farle comunque ottenere la "certificazione delle competenze" – in modo tale che possa provare a sostenere la Maturità in un altro istituto del capoluogo emiliano.

Sulla storia di Nina, ieri, è tornata anche la ministra per la Disabilità, Alessandra Locatelli, che alla Camera ha risposto, durante il question time, a una domanda sulle iniziative volte a garantire l’inclusione sociale e lavorativa delle persone con sindrome di Down presentata dal capogruppo di FdI, Tommaso Foti.

"C’è ancora un po’ di strada da fare se una ragazza con la sindrome di Down non viene ammessa all’esame di maturità – ha detto la ministra –. Se non si è stati in grado di usare tutte le strategie possibili e l’accomodamento ragionevole, come previsto dalla Convenzione Onu per i diritti delle persone disabili che in Italia è legge; se non si è stati in grado di valorizzare i punti di forza dei ragazzi che non chiedono di essere promossi automaticamente ma di avere un’occasione e un’opportunità."

#lucenews #lucelanazione #ninasorentino #disabilityinclusion #bologna
  • “Ho fatto la storia”. Con queste parole Alex Roca Campillo ha postato sul suo account Twitter il video degli ultimi, emozionanti, metri della maratona di Barcellona.

Ed effettivamente un record Alex l’ha scritto: è la prima persona al mondo con una disabilità al 76 per cento a riuscire a percorrere la distanza di 42 km e 195 metri.
Alex ha concluso la sua gara in 5 ore 50 minuti e 51 secondi, ma il cronometro in questa situazione è passato decisamente in secondo piano. “tutto questo è stato possibile grazie alle mia squadra. Grazie a tutti quelli che dal bordo della strada mi hanno spinto fino al traguardo. Non ho parole”.

#lucenews #alexrocacampillo #maratonadibarcellona #barcellona
  • In Uganda dirsi gay potrà costare l’ergastolo. Il Parlamento dell’Uganda ha appena approvato una legge che propone nuove e severe sanzioni per le relazioni tra persone dello stesso sesso. Al termine di una sessione molto movimentata e caotica, la speaker del Parlamento Annet Anita Among, dopo il voto finale ha detto: “È stata approvata a tempo record”. La legge, che passa ora nelle mani del presidente Yoweri Museveni, che potrà scegliere se porre il veto o firmarla, propone nuove e molto dure sanzioni per le relazioni omosessuali in un Paese in cui l’omosessualità è già illegale.

La versione finale non è ancora stata pubblicata ufficialmente, ma gli elementi discussi in Parlamento includono che una persona condannata per adescamento o traffico di bambini allo scopo di coinvolgerli in attività omosessuali, rischia l’ergastolo; individui o istituzioni che sostengono o finanziano attività o organizzazioni per i diritti Lgbt, oppure pubblicano, trasmettono e distribuiscono materiale mediatico e testuale a favore degli omosessuali, rischiano di essere perseguiti e incarcerati. 

“Questa proposta di legge – ha detto Asuman Basalirwa, membro del Parlamento che l’ha presentata – è stata concepita per proteggere la nostra cultura, i valori legali, religiosi e familiari tradizionali degli ugandesi e gli atti che possono promuovere la promiscuità sessuale in questo Paese”. Il parlamentare ha poi aggiunto: “Mira anche a proteggere i nostri bambini e giovani che sono resi vulnerabili agli abusi sessuali attraverso l’omosessualità e gli atti correlati”.

Secondo la legge amici, familiari e membri della comunità avrebbero il dovere di denunciare alle autorità le persone omosessuali. Nello stesso disegno di legge, tra l’altro, si introduce la pena di morte per chi abusa dei bambini o delle persone vulnerabili. 

#lucenews #lucelanazione #uganda #lgbtrights
  • Un’altra pagina di storia del calcio femminile è stata scritta. Non tanto per il risultato della partita ma per il record di spettatori presenti. All’Olimpico di Roma andava in scena il match di andata dei quarti di finale di Champions League tra Roma e Barcellona quando si è stabilito un nuovo record: sono state 39.454 infatti le persone che hanno incoraggiato le ragazze fin dal primo minuto superando il precedente di 39.027 stabilito in Juventus-Fiorentina del 24 marzo 2019.

Era l’andata dei quarti di finale che la Roma ha raggiunto alla sua prima partecipazione alla Champions League, ottenuta grazie al secondo posto nell’ultimo campionato. Il Barcellona, campione di Spagna e d’Europa due anni fa, era favorito e in campo lo ha dimostrato, soprattutto nel primo tempo, riuscendo a vincere 1-0. La squadra di casa è stata tenuta a galla dalle parate di Ceasar, migliore in campo, ma ha provato a impensierire la corazzata spagnola nella ripresa dove più a volte ha sfiorato la rete con le conclusioni di Haavi, Giacinti e Giugliano, il primo “numero 10” a giocare all’Olimpico per la Roma dopo il ritiro di Francesco Totti.

✍ Edoardo Martini

#lucenews #lucelanazione #calciofemminile #championsleague
Cosa sta succedendo ai nostri mari, ai nostri oceani? Tra isole di plastica, scarsità di pesce, riscaldamento delle acque, eventi estremi, sfruttamento massivo di risorse, turismo subacqueo e crocieristico, navi sempre più numerose e con tonnellaggi sempre più mostruosi, il regno delle acque è sotto attacco. Eppure dell’inquinamento marino si parla poco. E male. Ne parla molto bene, invece, in maniera estremamente godibile pur nella solidità degli argomenti, e con dovizia di dati ed analisi, il libro Il Mare Svuotato di Ilaria Perissi (PhD in Scienza dei Materiali), e Ugo Bardi (docente di chimica-fisica all’università di Firenze) che abbiamo intervistato.   Professor Bardi, da dove nasce l'idea del libro? "La storia è un po’ strana, ma l’idea nasce dagli attacchi dell’11 Settembre 2001 a New York. E’ stato allora che ci siamo accorti che c’era qualche grosso problema con il modo in cui la nostra società gestiva le risorse naturali. Ho cominciato con il petrolio, poi mi sono accorto che l’approccio era lo stesso per tutte le risorse. Così come il petrolio si esaurisce piano piano, si possono esaurire anche le balene portandole all’estinzione. Da lì, con la mia collaboratrice Ilaria Perissi, abbiamo cominciato a occuparci dell’economia della pesca. Un argomento fonte di infinite sorprese".   Cosa sta succedendo ai 'nostri' pesci'? "Ce ne sono sempre di meno. Avete fatto caso al fatto che una volta i crostacei tipo granchi e aragoste erano un cibo costoso, riservato a chi se lo poteva permettere? Ora non più. Sono diventati un piatto abbastanza comune. La ragione è che il numero di crostacei era tenuto sotto controllo dai pesci che li mangiavano. Ma con la pesca eccessiva, i pesci sono diminuiti di numero e questo ha portato a una vera esplosione nella popolazione dei crostacei. Lo stesso è successo con altre specie, tipo le meduse. Anche quelle erano tenute sotto controllo dai pesci che le mangiavano, ma ora sono diventate una piaga nel mare di fronte alle nostre spiagge. In Asia, le mangiano, e aspettatevi prima o poi che anche da noi venga di moda qualche cosa tipo un sandwich di meduse, o un sugo per spaghetti alle meduse. C’è una storia a fumetti molto bella dello scrittore americano Mark Kurlansky, grande esperto di risorse marine, che segue tutta la storia del declino delle popolazioni marine e che si conclude con una vignetta bella e malinconica dove una bambina del futuro chiede al babbo “ma cosa sono i pesci?” Potrebbe succedere veramente se continuiamo a pescare troppo".   Il mare  è il grande malato ma se ne parla poco, come mai? "Quando ti metti a studiare certe cose, ti accorgi che il mare è un mondo un po’ a se stante. Sia l’industria ittica che gli istituti di ricerca che hanno a che fare con il mare non hanno molti contatti con il mondo parallelo delle risorse terrestri. Tuttavia, il mare è importantissimo. Pensate che circa la metà dell’ossigeno che respiriamo è prodotto dal fitoplankton marino. Se dovessimo fare dei danni veramente seri all’ecosistema marino, faremmo dei gravi danni anche a noi stessi. Purtroppo, però, la cultura del mare è poco diffusa. Nonostante l’Italia sia un paese con una costa lunga ed estesa, per la maggior parte della gente, quello che sanno del mare sono i pesci che comprano al supermercato e poco più. E pochi si sono accorti che i pesci che si trovano in commercio non sono più gli stessi pesci di una volta. Adesso sono pesci di allevamento, di qualità molto peggiore, e spesso inquinati".   Quali sono le attività, i comportamenti umani, che stanno 'svuotando' il mare? "La storia è un po’ triste: diciamo che i decisori politici e i pescatori non sono riusciti a parlarsi e non ci riescono tuttora. E’ un problema planetario, ma lo si vede anche in Italia. I pescatori professionisti italiani sono poco finanziati e hanno attrezzature obsolete, non riescono a reggere la concorrenza con i Francesi e gli Spagnoli, ben più attrezzati. Il risultato è che i nostri pescatori sono in perenne affanno danno la colpa alla politica. L’Europa è un bersaglio favorito, accusata di mettere quote di pesca troppo basse per pura malvagità".   E non è vero? "In realtà i pescatori non si rendono conto che è la loro inefficienza a costringerli a pescare troppo per avere un minimo di profitto. Ed è anche una questione culturale. Basta vedere come i pescatori, sui loro siti, commentano con gioia quando leggono la notizia di un delfino spiaggiato. E’ perché pensano che il delfino, che mangia pesce, sia un concorrente. Ma non si rendono conto che tutto l’ecosistema marino funziona anche perché ci sono i delfini che fertilizzano la superficie del mare favorendo la crescita del plankton, che poi è quello che nutre i pesci. Ma non c’è niente da fare, siamo rimasti alla favola del lupo cattivo in tanti campi, non solo quello della pesca".   Cosa possiamo fare per invertire la tendenza? "Poco. Il sistema sta evolvendo da solo. Con la graduale calo degli stock ittici, si pesca sempre meno. Ne consegue che, prima o poi, bisognerà smettere di pescare troppo. Purtroppo, quando si arriverà a questo punto i danni potrebbero essere irreparabili. Ma non disperiamo. L’ecosistema marino è molto resiliente, e può ancora riprendersi se smettiamo di maltrattarlo".   Quale dovrebbe essere il ruolo dei decisori politici? "In tutto il mondo, i decisori sono presi fra due fuochi: le agenzie che si occupano di conservazione dell’ecosistema marino e i pescatori. I primi vogliono che si peschi poco, i secondi che si peschi tanto. I politici sono esseri umani e sono sensibili alla loro immagine, per cui succede che cerchino di farsi belli come paladini dei pescatori. Ma succede di rado, come spieghiamo nel libro, i pescatori sono sempre stati una categoria con scarso peso politico, maltrattata un po’ da tutti. E’ quello che chiamiamo la 'maledizione del pescatore' che ha origini storiche remote e che deriva dalla difficoltà che avevano i pescatori di accumulare capitale in forma di pesce che, notoriamente, dopo tre giorni puzza (questo non succede al capitale finanziario)".   C'è il rischio che il pesce finisca? "Sulla possibilità che il pesce finisca ho già risposto. Incidentalmente, c’è chi ha detto che l’acquacoltura (l’allevamento del pesce) ha risolto il problema dell’esaurimento degli stock ittici. Questo non è vero perché i pesci di allevamento vengono nutriti con pesce di minor valore commerciale. Si parla di poterli nutrire con mangimi ottenuti con cereali, ma per il momento questa non è una possibilità pratica".   E più in generale, c'è il rischio che il cibo finisca?  "Il pesce rappresenta una piccola frazione del cibo dagli esseri umani, in media. La parte principale viene dall’agricoltura in forma di vari tipi di cereali. Ma ancora oggi il pesce rappresenta una sorgente di proteine fondamentale per le popolazioni costiere dei paesi poveri – incidentalmente, questa era la situazione dell’Italia fino a non moltissimi anni fa. Se vedessimo un collasso della pesca, questo non significherebbe che non avremmo più da mangiare. Ma una dieta di soli cereali non è certamente raccomandabile e, in ogni case, i danni fatti dal sovrasfruttamento si vedono ovunque, non solo nella pesca e nel caso di un collasso economico, o peggio ecosistemico, il problema del cibo potrebbe farsi importante (per non dire di peggio!)".  
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