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Home » Scienze e culture » Dalle “teste di moro” alle “teste di queer”: lo strappo alla tradizione dell’artista trans Cori Aminta

Dalle “teste di moro” alle “teste di queer”: lo strappo alla tradizione dell’artista trans Cori Aminta

L'artista siciliana, nella mostra aperta al pubblico fino al 30 settembre allo SpazioNoto di Noto, ha deciso di reinterpretare un grande classico della cultura della sua terra.

Francesco Lommi
21 Settembre 2021
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L’arte è fatta per sconvolgere, ammaliare, ispirare e anche educare. In questo senso, l’artista e stylist transgender siciliana, Cori Amenta, ha deciso di rivisitare un grande classico della sua terra: la testa di moro. Queste opere sono diventate negli anni un marchio di fabbrica dell’isola, tanto che è molto comune aggirarsi tra Palermo e Catania e vedere questi particolari oggetti sui terrazzi dei siciliani.

Dietro alle teste del moro però, c’è una storia di “rivalsa femminile”. Intorno al 1100, in un antico quartiere di Palermo, viveva una bellissima ragazza. La fanciulla passava gran parte delle sue giornate a curare le piante sul suo balcone con un’attenzione pari a quella che si dedicherebbe a un figlio. E proprio da quel balcone, la fanciulla stregò un giovane moro di passaggio. Il ragazzo, folle d’amore, si precipitò dalla ragazza per dichiararsi. La fanciulla, colpita da un tale impeto, si concesse al giovane appena conosciuto. Il ragazzo però, dopo poco, confessò di dover tornare in breve tempo in oriente, dove ad aspettarlo c’erano moglie e figli. La fanciulla, sentendosi tradita, presa dalla rabbia e dalla gelosia, approfittò della notte per decapitare il giovane spasimante e utilizzò la sua testa per piantare un basilico che avrebbe arricchito il suo terrazzo. Il particolare “vaso” destò subito grande invidia in tutti i vicini di casa che, in tuta risposta, chiesero che venissero realizzati dei vasi in terracotta uguali a quello della ragazza.

Da oggetto di uso quotidiano della cultura siciliana a un’opera d’arte. Questo è il salto creativo di Cori Amenta che nella galleria “SpazioNoto”, proprio nella sua Noto, ha lanciato la sua mostra “teste di queer”, una rivisitazione delle classiche teste di moro che, come ha dichiarato l’artista, sono: “volutamente un’interpretazione del mio viso”. Cori è partita dal suo volto per raccontare le sue diverse anime: c’è la versione Frida Kahlo, o quella “Maleficent”, strega del nuovo corso Disney, la testa ispirata a Keith Haring e alla street culture gay degli anni ottanta. “Un grido sulla libertà d’espressione, l’essere cento persone in una. Il moro per me è stato solamente un presto per raccontare la mia vita”. Un taglio nella tela che rompe la tradizione per mostrarci un altro lato della Sicilia e, più in generale, dell’Italia perché, come dice Cori Amenta: “Io sono me stessa in qualsiasi parte del mondo” com’è giusto che sia.

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  • «Era terribile durante il fascismo essere transessuale. Mi picchiavano e mi facevano fare delle cose schifose. Mi imbrattavano con il catrame e mi hanno rasato. Ho preso le botte dai fascisti perché mi ero atteggiato a donna e per loro questo era inconcepibile».

È morta a quasi 99 anni Lucy Salani, attivista nota come l’unica persona trans italiana sopravvissuta ai campi di concentramento nazisti.

#lucenews #lucysalani #dachau
  • È morta a quasi 99 anni Lucy Salani, attivista nota come l
  • Elaheh Tavakolian, l’iraniana diventata uno dei simboli della lotta nel suo Paese, è arrivata in Italia. Nella puntata del 21 marzo de “Le Iene”, tra i servizi del programma di Italia 1, c’è anche la storia della giovane donna, ferita a un occhio dalla polizia durante le proteste in Iran. Nella puntata andata in onda la scorsa settimana, l’inviata de “Le Iene” aveva incontrato la donna in Turchia, durante la sua fuga disperata dall’Iran, dove ormai era troppo pericoloso vivere. 

“Ho molta paura. Vi prego, qui potrebbero uccidermi” raccontava l’attivista a Roberta Rei. Già in quell’occasione, Elaheh Tavakolian era apparsa con una benda sull’occhio, a causa di una grave ferita causatale da un proiettile sparato dalle forze dell’ordine iraniane durante le manifestazioni a cui ha preso parte dopo la morte di Mahsa Amini.

Elaheh Tavakolian fa parte di quelle centinaia di iraniani che hanno subito gravi ferite agli occhi dopo essere stati colpiti da pallottole, lacrimogeni, proiettili di gomma o altri proiettili usati dalle forze di sicurezza durante le dure repressioni che vanno avanti ormai da oltre sei mesi. La ragazza, che ha conseguito un master in commercio internazionale e ora lavora come contabile, ha usato la sua pagina Instagram per rivelare che le forze di sicurezza della Repubblica islamica stavano deliberatamente prendendo di mira gli occhi dei manifestanti. 

✍ Barbara Berti

#lucenews #lucelanazione #ElahehTavakolian #iran #leiene
  • Ha 19 anni e vorrebbe solo sostenere la Maturità. Eppure alla richiesta della ragazza la scuola dice di no. Nina Rosa Sorrentino è nata con la sindrome di Down, e quel diritto che per tutte le altre studentesse e studenti è inviolabile per lei è invece un’utopia.

Il liceo a indirizzo Scienze Umane di Bologna non le darà la possibilità di diplomarsi con i suoi compagni e compagne, svolgendo le prove che inizieranno il prossimo 21 giugno. La giustificazione – o la scusa ridicola, come quelle denunciate da CoorDown nella giornata mondiale sulla sindrome di Down – dell’istituto per negarle questa possibilità è stata che “per lei sarebbe troppo stressante“.

Così Nina si è ritirata da scuola a meno di tre mesi dalla fine della quinta. Malgrado la sua famiglia, fin dall’inizio del triennio, avesse chiesto agli insegnanti di cambiare il Pei (piano educativo individualizzato) della figlia, passando dal programma differenziato per gli alunni certificati a quello personalizzato per obiettivi minimi o equipollenti, che prevede l’ammissione al vero e proprio esame di Maturità. Ma il liceo Sabin non ha assecondato la loro richiesta.

Francesca e Alessandro Sorrentino avevano trovato una sponda di supporto nel Ceps di Bologna (Centro emiliano problemi sociali per la Trisomia 21), in CoorDown e nei docenti di Scienze della Formazione dell’Alma Mater, che si sono detti tutti disponibili per realizzare un progetto-pilota per la giovane studentessa e la sua classe. Poi, all’inizio di marzo, la doccia fredda: è arrivato il no definitivo da parte del consiglio di classe, preoccupato che per la ragazza la Maturità fosse un obiettivo troppo impegnativo e stressante, tanto da generare “senso di frustrazione“, come ha scritto la dirigente del liceo nella lettera che sancisce l’epilogo di questa storia tutt’altro che inclusiva.

“Il perché è quello che ci tormenta – aggiungono i genitori –. Anche la neuropsichiatra concordava: Nina poteva e voleva provarci a fare l’esame. Non abbiamo mai chiesto le venisse regalato il diploma, ma che le fosse data la possibilità di provarci”.

#lucenews #lucelanazione #disabilityinclusion #giornatamondialedellasindromedidown
L’arte è fatta per sconvolgere, ammaliare, ispirare e anche educare. In questo senso, l’artista e stylist transgender siciliana, Cori Amenta, ha deciso di rivisitare un grande classico della sua terra: la testa di moro. Queste opere sono diventate negli anni un marchio di fabbrica dell’isola, tanto che è molto comune aggirarsi tra Palermo e Catania e vedere questi particolari oggetti sui terrazzi dei siciliani. Dietro alle teste del moro però, c’è una storia di "rivalsa femminile”. Intorno al 1100, in un antico quartiere di Palermo, viveva una bellissima ragazza. La fanciulla passava gran parte delle sue giornate a curare le piante sul suo balcone con un’attenzione pari a quella che si dedicherebbe a un figlio. E proprio da quel balcone, la fanciulla stregò un giovane moro di passaggio. Il ragazzo, folle d’amore, si precipitò dalla ragazza per dichiararsi. La fanciulla, colpita da un tale impeto, si concesse al giovane appena conosciuto. Il ragazzo però, dopo poco, confessò di dover tornare in breve tempo in oriente, dove ad aspettarlo c’erano moglie e figli. La fanciulla, sentendosi tradita, presa dalla rabbia e dalla gelosia, approfittò della notte per decapitare il giovane spasimante e utilizzò la sua testa per piantare un basilico che avrebbe arricchito il suo terrazzo. Il particolare “vaso” destò subito grande invidia in tutti i vicini di casa che, in tuta risposta, chiesero che venissero realizzati dei vasi in terracotta uguali a quello della ragazza. Da oggetto di uso quotidiano della cultura siciliana a un’opera d’arte. Questo è il salto creativo di Cori Amenta che nella galleria “SpazioNoto”, proprio nella sua Noto, ha lanciato la sua mostra “teste di queer”, una rivisitazione delle classiche teste di moro che, come ha dichiarato l’artista, sono: “volutamente un’interpretazione del mio viso”. Cori è partita dal suo volto per raccontare le sue diverse anime: c’è la versione Frida Kahlo, o quella “Maleficent”, strega del nuovo corso Disney, la testa ispirata a Keith Haring e alla street culture gay degli anni ottanta. “Un grido sulla libertà d’espressione, l’essere cento persone in una. Il moro per me è stato solamente un presto per raccontare la mia vita”. Un taglio nella tela che rompe la tradizione per mostrarci un altro lato della Sicilia e, più in generale, dell’Italia perché, come dice Cori Amenta: “Io sono me stessa in qualsiasi parte del mondo” com’è giusto che sia.
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