Main Partner

main partnermain partnermain partner

Partner

main partner

Deforestazione e pandemia minacciano gli indigeni e l'Amazzonia. Cospe: "Fermiamo la caccia al tesoro delle compagnie"

di DOMENICO GUARINO -
24 novembre 2021
luce2dx

luce2dx

Oltre 4mila campi da calcio, più di 1.220 km², equivalenti all’intera superficie di Roma: è questa l’area boscata persa quotidianamente nel solo mese di settembre dall’Amazzonia a causa di incendi e deforestazioni che vengono agìti per far posto a coltivazioni di soia e allevamenti di bestiame, ma anche  per l’estrazione di idrocarburi e metalli preziosi. Si tratta del dato peggiore degli ultimi dieci anni: in totale,  da gennaio a settembre, quasi 9mila km² di foresta sono andati in fumo, il 39% in più rispetto al 2021. Questa devastazione ambientale è dovuta ad una vera e propria caccia al tesoro è organizzata da compagnie potentissime che si occupano di  agrobusiness, industria mineraria, compagnie energetiche, commercio di legnami pregiati contendendosi lo sfruttamento delle risorse.  Non a caso il  Brasile – dove si trova il 60% della foresta amazzonica - è il primo esportatore di soia e  il secondo produttore di carne bovina al mondo.  Mentre, dopo la Cina, è proprio l’Europa  il principale mercato di destinazione, Italia inclusa.

"L'accordo stilato alla Cop26 non dev'essere solo greenwashing. Ma per salvare la foresta dobbiamo cambiare stile di vita"

Riserva inestimabile di biodiversità e carbonio (assorbe fino a 200 miliardi di tonnellate di Co2), l’Amazzonia gioca un ruolo fondamentale nell’equilibrio climatico del Pianeta. È dunque una buona notizia il  fatto che ci sia anche il Brasile tra i Paesi che, riuniti a Glasgow per la Cop26, hanno siglato l’intesa per lo stop alla deforestazione entro il 2030.  Tuttavia, come denuncia il presidente di Cospe Giorgio Menchini "se l’accordo rappresenta un passo in avanti perché impegna per la prima volta i governi su questo obiettivo, dispone risorse a favore di economie sostenibili  e popolazioni indigene" rimane il fatto che, come al solito "si tratta di promesse  non vincolanti e il rischio che tutto si riduca a un’operazione di greenwashing è altissimo". "C’è molto che, ognuno di noi, può  fare per invertire la rotta. A cominciare dagli stili di vita" aggiunge Menchini. Ed infatti la campagna mira anche a promuovere cambiamenti nei nostri stili di vita. A cominciare dalle abitudini alimentari: diminuire il consumo complessivo di carne, acquistare prodotti da filiere sostenibili, limitare gli sprechi sono solo alcune delle azioni che possiamo intraprendere per contribuire alla riduzione della nostra impronta ecologica, oltreché prenderci cura della nostra salute. Assolutamente indispensabile è poi aiutare le popolazioni indigene, sulle cui spalle ricade il peso di questa enorme opera di depauperamento, e che, come documenta la Fao, sono i migliori custodi della foresta. Tant’è vero che  il tasso di deforestazione è nettamente inferiore nei territori dove le autorità pubbliche hanno riconosciuto loro il diritto di proprietà. Non è un caso che ogni anno si moltiplichino le aggressioni nei confronti degli attivisti ambientali: il 2019 ha registrato 212 omicidi, il numero più alto in assoluto. La Colombia con 64 vittime è in testa alla macabra classifica, seguita da Filippine (43) e Brasile (24).

La campagna di Cospe per aiutare gli unici custodi dell'Amazzonia: gli indigeni che la abitano

Proprio per sostenere i "custodi" della foresta, il Cospe ha perciò lanciato la campagna di sensibilizzazione e raccolta fondi AMAzzonia con l’obiettivo di dare voce a chi non ne ha e realizzare progetti concreti di tutela e difesa ambientale, aiutando così concretamente i popoli amazzonici che, durante la pandemia, hanno anche  dovuto affrontare il drammatico dilagare del  contagio che si è diffuso a macchia d’olio, minacciandone la sopravvivenza stessa, con 3,8 milioni di casi confermati e le 107mila morti accertate. Tre in particolare i Paesi dove realizzerà progetti di tutela ambientale a favore di popolazioni indigene e comunità locali. In Brasile, nella Riserva Estrattivista Chico Mendes, dove circa 3.500 famiglie vivono dell’estrazione tradizionale di castagna, caucciù e açai e lottano contro la deforestazione, la contaminazione da pesticidi e i continui tentativi di riduzione dell’area protetta. In Colombia, nel dipartimento di Putumayo, dove la comunità Ukumari Khanke è proprietaria di una riserva naturale di cui si prende cura. Infine in Bolivia, nel municipio di Riberalta, l’organizzazione umanitaria sosterrà l’Associazione Giovani Riforestatori in Azione (AJORA) in progetti di riforestazione e produzioni locali (miele, noci, cacao). Per sostenere la campagna si può donare accedendo alla pagina dedicata sul sito di Cospe oppure partecipando alla lotteria di Natale Dreaming of Green Christmass. L’estrazione è in calendario il prossimo 8 gennaio.