Mentre la COP26 di Glasgow volge al termine non si fermano invece le iniziative (anche di protesta) contro il cambiamento climatico. I cui effetti si fanno sentire e anzi, di giorno in giorno diventano sempre più devastanti. Se poi è la stessa mano dell'uomo a infierire il disastro ambientale è assicurato. Nel solo mese di settembre, ad esempio, l'Amazzonia ha perso ogni giorno un'area pari a più di 1.220 km², equivalenti all'intera superficie di Roma. È il dato peggiore degli ultimi dieci anni: a causa di incendi e deforestazione, ogni anno il Pianeta cede un pezzo del proprio polmone verde per far posto a coltivazioni di soia e allevamenti di bestiame, ma anche siti per l’estrazione di metalli preziosi e idrocarburi.
Una caccia al tesoro che non si è fermata neanche difronte alla pandemia. Per sostenere i "custodi" della foresta, ovvero le popolazioni indigene duramente colpite dal virus e dalla deforestazione indiscriminata, l'associazione Cospe lancia la campagna di sensibilizzazione e raccolta fondi "AMAzzonia" (clicca qui) con l'obiettivo di dare voce a chi non ne ha e realizzare progetti concreti di tutela e difesa ambientale. Con l'arrivo al governo brasiliano del presidente Jair Bolsonaro, dal 2019 ha preso slancio una corsa sfrenata all'accaparramento di terre fertili, con tagli su vasta scala e incendi che hanno spianato la strada ai predatori: agrobusiness, industria mineraria, compagnie energetiche, commercio di legnami pregiati. Nonostante questo il Brasile è comunque tra gli oltre cento Paesi che, a Glasgow, hanno siglato l’intesa per lo stop alla deforestazione entro il 2030. Tutto sta nel capire se rimarranno solo parole o le promesse si tradurranno in fatti. "L’accordo rappresenta un passo in avanti rispetto ad analoghe iniziative del passato (come la Dichiarazione di Parigi del 2014) perché impegna per la prima volta i governi su questo obiettivo, dispone risorse per lo sviluppo di economie sostenibili della foresta viva e per il sostegno ai popoli indigeni – commenta il presidente di Cospe Giorgio Menchini –. Ma sono come al solito promesse non vincolanti, che ogni governo può oggi sottoscrivere e domani aggirare senza subire sanzioni, in primo luogo chi ha bisogno di rifarsi un’immagine dopo anni di politiche scellerate – puntualizza –. Il rischio che tutto si riduca a un’operazione di greenwashing utile per sedare le proteste degli attivisti nelle strade è dunque molto alto, ma deve fare i conti con una opinione pubblica sempre più consapevole, che non si accontenta più delle promesse, ma pretende azioni concrete, impegni vincolanti, obiettivi all’altezza delle sfide che abbiamo di fronte".
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