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Home » Scienze e culture » Diversity Brand Summit 2021, premiate Rai e Google. Parapini: “Nessuno deve sentirsi escluso”

Diversity Brand Summit 2021, premiate Rai e Google. Parapini: “Nessuno deve sentirsi escluso”

Vincono il Virtual Lis per le persone sorde e il progetto di inclusione che si basa su gender, orientamento sessuale e affettivo e disabilità. Venti aziende presentate nella ricerca perché promuovono e comunicano progetti concreti di D&I. Tra queste ci sono Amazon, Coca Cola, Netflix e Ikea. E cresce l'attenzione su questi temi: l'88% della popolazione sceglie brand inclusivi

Redazione
14 Aprile 2021
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Google e la piattaforma “Virtual Lis” di Rai sono i vincitori dei Diversity Brand Awards 2021, i premi riconosciuti alle aziende più virtuose sul fronte della diversità e inclusione. I riconoscimenti sono stati assegnati durante la quarta edizione del Diversity Brand Summit, la seconda in streaming a causa della pandemia.

Il tema di quest’anno era “Diversity Factor: born to build trust”. Il vincitore “overall” è Google per il suo lavoro diffuso sulla D&I, soprattutto su gender, orientamento sessuale e affettivo e disabilità, mentre il primo nella classifica Digital è il progetto “Virtual Lis” di Rai, una piattaforma capace di erogare servizi e contenuti nella lingua italiana dei segni mediante un avatar virtuale, che verrà utilizzata anche in ambito educativo.

Questi risultati sono il frutto di un sondaggio web e delle valutazioni del Comitato Scientifico. Nel summit sono stati presentati tutti i brand più inclusivi emersi dal Diversity Brand Index 2021, il progetto di ricerca che misura la capacità di sviluppare con efficacia e concretezza una cultura aziendale orientata alla D&I. Oltre ai vincitori sono stati nominati Amazon, Coca-Cola, Durex, Freeda, H&M, Ikea, Intesa Sanpaolo, L’Oréal, Leroy Merlin, Netflix, Pantene, Spotify, Tim e Vodafone. Questi potranno utilizzare nelle proprie attività di marketing il “bollino” che Diversity e Focus MGMT hanno ideato per certificare il posizionamento tra le migliori aziende in termini di impegno e di comunicazione di politiche inclusive.u

Guardando ai numeri i risultati della ricerca sono di forte impatto, se comparati a quelli dell’anno precedente: l’88% della popolazione è maggiormente propensa verso i brand più inclusivi (era il 63% nel 2019, il 51% nel 2018 e il 52% nel 2017).

L’evento è organizzato e promosso dalla no profit Diversity, fondata da Francesca Vecchioni, e dalla società di consulenza Focus MGMT e realizzato con il patrocinio della Commissione Europea e del Comune di Milano.

Soddisfatti i rappresentanti dei brand premiati: “È con estremo piacere che accolgo questo riconoscimento che, attraversando diverse iniziative, coglie a pieno il concetto di alleanza espresso ogni giorno dalla comunità dei Googler” dichiara Fabio Vaccarono, Vice President – Managing Director Italy di Google. “Fin dalle sue origini, Google è impegnata a rendere la diversità, l’equità e l’inclusione parte di tutto ciò che facciamo: dal modo in cui costruiamo i nostri prodotti, al modo in cui interagiamo con le persone nel posto di lavoro” continua.

“La vittoria nel Digital Diversity Brand Award è per il servizio pubblico motivo di particolare orgoglio.  Arriva dopo che la Rai è stata inserita per il terzo anno consecutivo nella lista delle aziende più inclusive, per di più in un periodo drammaticamente segnato dalla pandemia” ha detto invece Giovanni Parapini, Direttore Rai per il Sociale. “Il servizio pubblico sa essere fattore di coesione. Lo fa stavolta con un progetto che mette insieme un forte valore sociale e una tecnologia d’avanguardia, come è tipico delle realizzazioni del CRITS Rai, il Centro Ricerche, Innovazione tecnologica e Sperimentazione della Rai a Torino. Il Virtual LIS è rivolto alle persone sorde, con un Avatar che si esprime nella Lingua Italiana dei Segni: una piattaforma che si è ulteriormente arricchita con un’applicazione pensata per la didattica, che permette di imparare la LIS via web e generare nuovi contenuti. È un modo molto concreto attraverso il quale il servizio pubblico ribadisce che nessuno deve sentirsi escluso”.

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  • Nicoletta Sipos, giornalista e scrittrice, ha vissuto in Ungheria, in Germania e negli Stati Uniti, prima di raggiungere Milano e lì restare. Il suo romanzo “La guerra di H”, un romanzo fortemente ispirato a fatti realmente accaduti.

L’autrice indaga in maniera del tutto nuova e appassionante un momento drammatico, decisivo della storia del nostro continente: la Seconda guerra mondiale. A raccontare l’ascesa e la disfatta del Nazismo è stavolta la voce di un bambino tedesco, che riporta con semplicità e veracità le molte sofferenze patite dal suo popolo durante il conflitto scatenato da Hitler, focalizzando l’attenzione del lettore sul drammatico paradigma che accomuna chiunque si trovi a vivere sulla propria pelle una guerra: la sofferenza. Pagine toccanti, le sue, tanto più intense perché impregnate di fatti reali, emozioni provate e sentite dai protagonisti e condivise da quanti, tuttora, si trovano coinvolti in un conflitto armato. La memoria collettiva è uno strumento potente per non commettere gli stessi errori. 

"Imparai poco alla volta – scrive il piccolo Heinrich Stein, protagonista del romanzo – che nel nostro strano Paese la verità aveva più volti con infinite sfumature”.

👉Perché una storia così e perché ora?
“Ho incontrato il protagonista di questa mia storia molto tempo fa, addirittura negli anni ’50, ossia in un’epoca che portava ancora gli strascichi della guerra. Diventammo amici, parlammo di Hitler e della miseria della Germania. Poco per volta, via via che ci incontravamo, lui aggiungeva ricordi, dettagli, confessioni. Per anni ho portato dentro di me la testimonianza di questa storia che si arricchiva sempre più di dettagli. Molte volte avrei voluto scriverla, magari a quattro mani con il mio amico, ma lui non se la sentiva. Io stessa esitavo ad affrontare questa storia che racconta una famiglia tedesca in forte sofferenza in una Germania ferita e umiliata. La gente ha etichettato tutto il popolo tedesco durante il nazismo come crudele per antonomasia. Non si pensa mai a quanto la gente comune abbia sofferto, alla fame e al freddo che anche il popolo tedesco ha patito”.

✍ Caterina Ceccuti

#lucenews #giornodellamemoria #27gennaio
  • È dalla sua camera con vista affacciata sull’Arno che Ornella Vanoni accetta di raccontare un po’ di sé ai lettori di Luce!, in attesa di esibirsi, sabato 28 gennaio sul palco della Tuscany Hall di Firenze, dov’è in programma una nuova tappa della nuova tournée Le Donne e la Musica. Un ritorno atteso per Ornella Vanoni, che in questo tour è accompagnata da un quintetto di sole donne.

Innanzitutto come sta, signora Vanoni?
“Stanca, sono partita due mesi dopo l’intervento al femore che mi sono rotto cadendo per una buca proprio davanti a casa mia. Ma l’incidente non mi ha impedito di intraprendere un progetto inaspettato che, sin da subito, mi è stato molto a cuore. Non ho perso la volontà di andare avanti. Anche se il tempo per prepararlo e provare è stato pochissimo. E poi sono molto dispiaciuta“.

Per cosa?
“La morte dell’orso Juan Carrito, travolto e ucciso da un’auto cercava bacche e miele: la mia carissima amica Dacia (Maraini, ndr) l’altro giorno ha scritto una cosa molto bella dedicata a lui. Dovrò scrollarmi di dosso la malinconia e ricaricarmi in vista del concerto“.

Con lei sul palco ci sarà una jazz band al femminile con Sade Mangiaracina al pianoforte, Eleonora Strino alla chitarra, Federica Michisanti al contrabbasso, Laura Klain alla batteria e Leila Shirvani. Perché questa scelta?
“Perché sono tutte bravissime, professioniste davvero eccezionali. Non è una decisione presa sulla spinta di tematiche legate al genere o alle quote rosa, ma nata grazie a Paolo Fresu, amico e trombettista fantastico del quale sono innamorata da sempre. Tempo fa, durante una chiacchierata, Paolo mi raccontò che al festival jazz di Berchidda erano andate in scena tante musiciste bravissime. E allora ho pensato: ’Se sono così brave perché non fare un gruppo di donne? Certo, non l’ha fatto mai nessuno. Bene, ora lo faccio io“.

Il fatto che siano tutte donne è un valore aggiunto?
“In realtà per me conta il talento, ma sono felice della scelta: è bellissimo sentire suonare queste artiste, vederle sul palco intorno a me mi emoziona“.

L
  • Devanshi Sanghvi è una bambina di otto anni che sarebbe potuta crescere e studiare per gestire l’attività di diamanti multimilionaria appartenente alla sua facoltosissima famiglia, con un patrimonio stimato di 60 milioni di dollari.

Ma la piccola ha scelto di farsi suora, vivendo così una vita spartana, vestita con sari bianchi, a piedi nudi e andando di porta in porta a chiedere l’elemosina. Si è unita ai “diksha” alla presenza di anziani monaci giainisti. La bimba è arrivata alla cerimonia ingioiellata e vestita di sete pregiate. Sulla sua testa poggiava una corona tempestata di diamanti. Dopo la cerimonia, a cui hanno partecipato migliaia di persone, è rimasta in piedi con altre suore, vestita con un sari bianco che le copriva anche la testa rasata. Nelle fotografie, la si vede con in mano una scopa che ora dovrà usare per spazzare via gli insetti dal suo cammino per evitare di calpestarli accidentalmente.

Di Barbara Berti ✍

#lucenews #lucelanazione #india #DevanshiSanghvi
  • Settanta giorni trascorsi in un mondo completamente bianco, la capitana dell’esercito britannico Harpreet Chandi, che già lo scorso anno si era distinta per un’impresa tra i ghiacci, è una fisioterapista che lavora in un’unità di riabilitazione regionale nel Buckinghamshire, fornendo supporto a soldati e ufficiali feriti. 

Ha dimostrato che i record sono fatti per essere battuti e, soprattutto, i limiti personali superabili grazie alla forza di volontà e alla preparazione. E ora è diventata una vera leggenda vivente, battendo il record del mondo femminile per la più lunga spedizione polare – sola e senza assistenza – della storia.

Il 9 gennaio scorso, 57esimo giorno del viaggio che era cominciato lo scorso 14 novembre, la 34enne inglese ha raggiunto il centro del Polo Sud dopo aver percorso circa 1100 chilometri. Quando è arrivata a destinazione nel bel mezzo della calotta polare era felice, pura e semplice gioia di aver raggiunto l’agognato traguardo: “Il Polo Sud è davvero un posto incredibile dove stare. Non mi sono fermata molto a lungo perché ho ancora un lungo viaggio da fare. È stato davvero difficile arrivare qui, sciando tra le 13 e le 15 ore al giorno con una media di 5 ore di sonno”.

Di Irene Carlotta Cicora ✍

#lucenews #lucelanazione #polosud #HarpreetChandi #polarpreet
Google e la piattaforma “Virtual Lis” di Rai sono i vincitori dei Diversity Brand Awards 2021, i premi riconosciuti alle aziende più virtuose sul fronte della diversità e inclusione. I riconoscimenti sono stati assegnati durante la quarta edizione del Diversity Brand Summit, la seconda in streaming a causa della pandemia. Il tema di quest’anno era “Diversity Factor: born to build trust”. Il vincitore “overall” è Google per il suo lavoro diffuso sulla D&I, soprattutto su gender, orientamento sessuale e affettivo e disabilità, mentre il primo nella classifica Digital è il progetto “Virtual Lis” di Rai, una piattaforma capace di erogare servizi e contenuti nella lingua italiana dei segni mediante un avatar virtuale, che verrà utilizzata anche in ambito educativo. Questi risultati sono il frutto di un sondaggio web e delle valutazioni del Comitato Scientifico. Nel summit sono stati presentati tutti i brand più inclusivi emersi dal Diversity Brand Index 2021, il progetto di ricerca che misura la capacità di sviluppare con efficacia e concretezza una cultura aziendale orientata alla D&I. Oltre ai vincitori sono stati nominati Amazon, Coca-Cola, Durex, Freeda, H&M, Ikea, Intesa Sanpaolo, L'Oréal, Leroy Merlin, Netflix, Pantene, Spotify, Tim e Vodafone. Questi potranno utilizzare nelle proprie attività di marketing il “bollino” che Diversity e Focus MGMT hanno ideato per certificare il posizionamento tra le migliori aziende in termini di impegno e di comunicazione di politiche inclusive.u Guardando ai numeri i risultati della ricerca sono di forte impatto, se comparati a quelli dell’anno precedente: l’88% della popolazione è maggiormente propensa verso i brand più inclusivi (era il 63% nel 2019, il 51% nel 2018 e il 52% nel 2017). L’evento è organizzato e promosso dalla no profit Diversity, fondata da Francesca Vecchioni, e dalla società di consulenza Focus MGMT e realizzato con il patrocinio della Commissione Europea e del Comune di Milano. Soddisfatti i rappresentanti dei brand premiati: “È con estremo piacere che accolgo questo riconoscimento che, attraversando diverse iniziative, coglie a pieno il concetto di alleanza espresso ogni giorno dalla comunità dei Googler” dichiara Fabio Vaccarono, Vice President – Managing Director Italy di Google. “Fin dalle sue origini, Google è impegnata a rendere la diversità, l’equità e l’inclusione parte di tutto ciò che facciamo: dal modo in cui costruiamo i nostri prodotti, al modo in cui interagiamo con le persone nel posto di lavoro” continua. “La vittoria nel Digital Diversity Brand Award è per il servizio pubblico motivo di particolare orgoglio.  Arriva dopo che la Rai è stata inserita per il terzo anno consecutivo nella lista delle aziende più inclusive, per di più in un periodo drammaticamente segnato dalla pandemia” ha detto invece Giovanni Parapini, Direttore Rai per il Sociale. “Il servizio pubblico sa essere fattore di coesione. Lo fa stavolta con un progetto che mette insieme un forte valore sociale e una tecnologia d’avanguardia, come è tipico delle realizzazioni del CRITS Rai, il Centro Ricerche, Innovazione tecnologica e Sperimentazione della Rai a Torino. Il Virtual LIS è rivolto alle persone sorde, con un Avatar che si esprime nella Lingua Italiana dei Segni: una piattaforma che si è ulteriormente arricchita con un’applicazione pensata per la didattica, che permette di imparare la LIS via web e generare nuovi contenuti. È un modo molto concreto attraverso il quale il servizio pubblico ribadisce che nessuno deve sentirsi escluso”.
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