Main Partner

main partnermain partnermain partner

Partner

main partner

Educazione sessuale a scuola: Italia fanalino di coda in Europa, troppi timori sul "gender"

Un sondaggio nazionale della rivista specializzata La Tecnica della Scuola evidenzia timori e remore verso la trattazione di questi temi sia da parte di genitori che di alunni e insegnanti

di MAURIZIO COSTANZO -
26 dicembre 2022
locandina educazione

locandina educazione

La classica lezione sull’uso del preservativo non passa mai di moda e resta un privilegio che non viene concesso a tutti. L’educazione sessuale è cosa a molti sconosciuta ma che, nonostante i tabù, necessita di continui aggiornamenti per poter rimanere al passo con una società che si rivela ogni giorno più aperta e pronta ad accogliere la diversità. Poligamia, sessualità alternative e generi: i giovani devono essere informati sul vero volto della sessualità? "Il paradigma è cambiato: avere accesso a scuola alle conoscenze utili in tema di educazione sessuale e affettiva non è più una 'concessione' opinabile, ma un diritto vero e proprio degli studenti: basta leggere le linee guida più aggiornate dell’Oms e dell’Unesco per rendersene conto, ma se non bastasse c’è a rincalzo l’Obiettivo 3 dell’Agenda delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile, che chiede di "garantire l’accesso universale ai servizi di assistenza sanitaria sessuale e riproduttiva, inclusa la pianificazione familiare". Così il presidente Aied, Mario Puiatti, che ricorda come tutte le iniziative promosse in Italia per sostenere l’accesso a conoscenze di educazione sessuale e affettiva a scuola siano rimaste carta morta. “L'Italia – osserva ancora Puiatti al convegno nazionale a Roma, alla Casa internazionale della Donna - è una delle pochissime nazioni in Europa, insieme a Cipro, Bulgaria, Polonia, Romania e Lituania, prive di programmi curricolari nel merito". E sono 16 le iniziative parlamentari nel tempo inutilmente avviate per normare l’introduzione dell’educazione sessuale nelle scuole, dal 1977 al 2019. "L’educazione all’affettività, alla sessualità e alla salute riproduttiva nella scuola" è il tema su cui si sono confrontati le voci di esperti e rappresentanti delle istituzioni di riferimento. Dell’esperienza Aied nelle scuole di Genova e Roma hanno riferito la psicoterapeuta Giovanna Santeramo e l’endocrinologo e andrologo Antongiulio Faggiano, dell’Ospedale Sant'Andrea - Università Sapienza di Roma. Tra gli altri sono interventi la Senior Lead IPPF European Network Irene Donadio, la sessuologa Anna Sampaolo, i Consiglieri della Regione Lazio Alessandro Capriccioli e Marta Bonafoni, che hanno riferito delle azioni a livello regionale come stimolo per le politiche nazionali. "Oggi 8 studenti medi e universitari su 10 cercano le informazioni in ambito sessuale e riproduttivo su internet (solo 1 su 4 chiede in famiglia), ma la stragrande maggioranza (94%) ritiene sia la scuola a dover garantire l’informazione su sessualità e riproduzione: questi i dati dello Studio Nazionale Fertilità presentato dal Ministero della Salute (2019). Il convegno - spiega ancora il presidente Aied Mario Puiatti - ha l'obiettivo di riprendere la proposta messa a punto dal gruppo di lavoro del Ministero della Salute nel 2015. Il diritto all’educazione affettiva e sessuale è in sé diritto alla salute, 'per sviluppare relazioni sociali e sessuali basate sul rispetto (UNESCO)'".

Educazione sessuale ai bambini, genitori contrari. Ma anche studenti e insegnanti

educazione sessuale scuola

Educazione sessuale nelle scuole: tra i contrari, oltre ai genitori, anche docenti e alcuni alunni

Sette genitori su dieci non gradiscono le indicazioni nazionali del ministero dell'Istruzione sulla trattazione dei temi legati alla sessualità già con gli alunni della scuola primaria; anche da parte degli stessi ragazzi e, seppure in modo meno evidente, degli insegnanti vengono espressi dubbi e contrarietà. Lo si evince da un sondaggio nazionale, realizzato dalla rivista specializzata La Tecnica della Scuola, al quale hanno partecipato 1.313, i cui risultati fanno emergere timori e remore verso la trattazione di temi trattati di norma a partire dalla scuola media. Tra coloro che hanno espresso perplessità sulle iniziative che alcune scuole primarie stanno portando avanti per introdurre conoscenze di base su sessualità e riproduzione in particolare al quinto anno della scuola primaria, con il coinvolgimento di esperti e psicologi, figurano diversi nonni, un sacerdote e una catechista. Rispetto all'educazione sessuale nella scuola primaria, si è detto contrario il 57,6% dei docenti che ha partecipato al sondaggio: solo il 40.2% ha espresso il proprio consenso alla trattazione di questo genere di contenuti, confermando i dubbi pure da parte di chi è esperto di pedagogia e didattica. Le perplessità di chi ha partecipato al sondaggio sono di vario genere, anche se c'è una ricorrente conditio sine qua non: di sessualità si può parlare a scuola "solo con informazione preventiva ai genitori su docenti e contenuti e consenso scritto dei genitori". C'è chi ha specificato che si può fare ma "al massimo al quinto anno" della primaria e comunque sarebbe "meglio trattarla nella secondaria di primo grado": chi ha chiesto di parlarne "solo in caso di necessità" e "sicuramente da concordare con la famiglia", perché "altrimenti è pericoloso inculcare nei bambini il gender". La materia è ad oggi regolata dalle Indicazioni nazionali per il curricolo del 2012, in tema di traguardi per lo sviluppo delle competenze alla fine della scuola primaria, in ambito scientifico: l'alunno ha consapevolezza della struttura e dello sviluppo del proprio corpo, nei suoi diversi organi e apparati, ne riconosce e descrive il funzionamento, utilizzando modelli intuitivi ed ha cura della sua salute. In particolare, alla fine della classe quinta l'alunno dovrà: acquisire le prime informazioni sulla riproduzione e la sessualità. Al sondaggio hanno partecipato in prevalenza docenti (46,3%) e genitori (37,8%), con un interesse proveniente in misura maggiore dal Nord Italia (53% di risposte).

Usa, calo del 3% di gravidanze nelle scuole dove si sono adottati i programmi

I programmi di educazione sessuale negli Usa hanno avuto un grande impatto nella riduzione di gravidanze tra adolescenti

I programmi di educazione sessuale introdotto nelle scuole Usa dalla presidenza Obama ha avuto un notevole impatto nella riduzione delle gravidanze tra adolescenti. Lo rivela uno studio dell'università di New York. Gli Stati Uniti sono il Paese del G7 con il più alto numero di teenager incinta ogni anno e il tema dell'educazione sessuale ha sempre infiammato il dibattito tra politici, accademici e gente comune. Prima che l'allora presidente Barack Obama nel 2010 introducesse i suoi programmi che parlavano di contraccezione, sesso e salute, nelle scuole americane si insegnava l'astinenza come unico metodo per prevenire gravidanze indesiderate tra le ragazze. Una strategia che si è rivelata totalmente inefficace. Secondo i ricercatori Nicholas Mark e Lawrence Wu, autori dello studio, nelle 55 contee che hanno adottato i programmi i tassi di natalità tra i 14 e i 19 anni sono diminuiti del 3%. Il problema, sottolineano, è che sono ancora molto poco diffusi. L'amministrazione Trump ha anche tentato di tornare indietro e reintrodurre finanziamenti a programmi di educazione sessuale basati sull'astinenza ma alla fine ha dovuto cedere in tribunale al gruppo per la salute riproduttiva Planned Parenthood.