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Home » Scienze e culture » Emissioni di CO2 dai ruscelli di montagna. Colpa dei ‘salti’ che favoriscono la schiuma e le bolle d’aria

Emissioni di CO2 dai ruscelli di montagna. Colpa dei ‘salti’ che favoriscono la schiuma e le bolle d’aria

Lo studio pubblicato sulla rivista "Nature Communications" evidenza che i corsi d'acqua rilasciano grandi quantità di gas serra in atmosfera

Domenico Guarino
30 Gennaio 2023
I corsi d’acqua delle montagne rilasciano grosse quantità di gas serra (Ansa)

I corsi d’acqua delle montagne rilasciano grosse quantità di gas serra (Ansa)

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Non solo auto, camini, vulcani, allevamenti intensivi: tra le fonti di emissione di C02 in atmosfera ci sono anche… i ruscelli di montagna. Avete letto bene: gli insospettabili e poetici rigagnoli di alta quota, che tanto stupito rapimento emotivo ci procurano vedendoli, in realtà sono delle ‘macchine climalteranti’. È quanto ha rilevato un gruppo di ricercatori nello studio pubblicato sulla rivista “Nature Communications”, intitolato “Steps dominate gas evasion from a mountain headwater stream”, che evidenzia come i corsi d’acqua montani rilascino una quantità sorprendente di CO2.

I torrenti montani risultano spesso sovrasaturi di CO2
I torrenti montani risultano spesso sovrasaturi di CO2

Per la prima volta gli scienziati hanno misurato la quantità totale di emissioni di anidride carbonica dei torrenti in tutto il mondo, mostrando quanto sia importante includere i flussi di montagna nelle valutazioni del ciclo globale del carbonio. Si tratta del primo studio del genere: il ruolo svolto dai torrenti montani nei flussi globali di carbonio non era mai stato valutato, infatti. Le emissioni di carbonio da parte dei sorsi d’acqua era già nota ed era stata già oggetto di analisi ma finora gli scienziati si erano concentrati principalmente su corsi d’acqua e su fiumi nelle regioni tropicali e boreali a bassa quota. Ora Åsa Horgby, dottoranda presso il Stream Biofilm e l’Ecosystem Research Laboratory (SBER) dell’EPFL, insieme a un team di scienziati internazionali (compresi gli italiani Pier Luigi Segatto dell’Epfl ed Enrico Bertuzzo, idrologo dell’Università di Venezia Ca’ Foscari), ha condotto il primo studio su larga scala delle emissioni di CO2 dei torrenti montani e del loro ruolo nei flussi globali di carbonio.

La ricerca è stata svolta nell’ambito del progetto europeo “DyNET: Dynamical River Networks” ed è stata coordinata dal professor Gianluca Botter del dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Ambientale (ICEA). Nello specifico, i ricercatori hanno analizzato i ruscelli di montagna della Svizzera, perché sono stati oggetto di studi precedenti, quindi un facile oggetto di confronto.

Le emissioni gassose in corrispondenza dei salti di fondo sono in genere maggiori delle emissioni che avvengono in tutte le restanti parti del corso d’acqua
Le emissioni gassose in corrispondenza dei salti di fondo sono in genere maggiori delle emissioni che avvengono in tutte le restanti parti del corso d’acqua

Il risultato mette in discussione le stime esistenti a livello globale riguardanti le emissioni di CO2 dai corpi d’acqua dolce. In termini assoluti infatti parliamo del 10 % sul complesso delle emissioni di Co2. Non bazzecole dunque. Le montagne coprono il 25% della superficie terrestre e i corsi d’acqua che le drenano rappresentano complessivamente oltre un terzo del deflusso globale. Ma come mai dai ruscelli emana così tanta anidride? I torrenti montani risultano spesso sovrasaturi di CO2 e hanno una significativa capacità di scambio con l’atmosfera, grazie proprio alla loro elevata turbolenza, in particolare in presenza di salti di fondo. “Abbiamo osservato che il frangimento del getto indotto dalle brusche discontinuità nella quota dell’alveo induce un significativo rilascio localizzato di gas in atmosfera, favorito dalle bolle d’aria e dalla schiuma, le cosiddette ‘white waters’ che si formano a valle di ciascun salto” afferma Gianluca Botter, primo autore dello studio. Le analisi svolte hanno evidenziato che le emissioni gassose in corrispondenza dei salti di fondo sono in genere maggiori delle emissioni che avvengono in tutte le restanti parti del corso d’acqua.

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  • "Ora dobbiamo fare di meno, per il futuro".

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  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
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Le emissioni gassose in corrispondenza dei salti di fondo sono in genere maggiori delle emissioni che avvengono in tutte le restanti parti del corso d’acqua
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Il risultato mette in discussione le stime esistenti a livello globale riguardanti le emissioni di CO2 dai corpi d’acqua dolce. In termini assoluti infatti parliamo del 10 % sul complesso delle emissioni di Co2. Non bazzecole dunque. Le montagne coprono il 25% della superficie terrestre e i corsi d’acqua che le drenano rappresentano complessivamente oltre un terzo del deflusso globale. Ma come mai dai ruscelli emana così tanta anidride? I torrenti montani risultano spesso sovrasaturi di CO2 e hanno una significativa capacità di scambio con l’atmosfera, grazie proprio alla loro elevata turbolenza, in particolare in presenza di salti di fondo. "Abbiamo osservato che il frangimento del getto indotto dalle brusche discontinuità nella quota dell’alveo induce un significativo rilascio localizzato di gas in atmosfera, favorito dalle bolle d’aria e dalla schiuma, le cosiddette 'white waters' che si formano a valle di ciascun salto" afferma Gianluca Botter, primo autore dello studio. Le analisi svolte hanno evidenziato che le emissioni gassose in corrispondenza dei salti di fondo sono in genere maggiori delle emissioni che avvengono in tutte le restanti parti del corso d’acqua.
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