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Home » Scienze e culture » Energie rinnovabili: la rivoluzione gentile che fa bene all’ambiente e all’occupazione

Energie rinnovabili: la rivoluzione gentile che fa bene all’ambiente e all’occupazione

Negli ultimi 7 anni è stata prodotta più energia rinnovabile rispetto ai combustibili fossili e al nucleare combinati. Questo ha ricadute anche in termini di lavoro: le persone impiegate nel settore sono passate da 7,3 milioni nel 2012 a 11,5 milioni nel 2019

Domenico Guarino
29 Dicembre 2021
Man during intallation of alternative energy photovoltaic solar panels on roof

Man during intallation of alternative energy photovoltaic solar panels on roof

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La penuria di gas sul mercato mondiale, dovuta a fattori prodottivi e geopolitici, sta facendo schizzare alle stelle la bolletta energetica di privati cittadini ed aziende, con non poche preoccupazioni sul fronte del rialzo dei prezzi anche dei generi di primissimo consumo. Uno scenario allarmante che però va messo in parallelo con le buone notizie che stanno arrivando sul fronte delle energie rinnovabili. Secondo i dati pubblicati nel World Energy Transitions Outlook dall’Agenzia internazionale per le energie rinnovabili (Irena) appare infatti evidente come, anche nelle difficoltà e negli scompensi generati dalla pandemia, i sistemi basati sulle energie rinnovabili hanno dimostrato una grande capacità di tenuta, anche grazie alle nuove tecnologie che stanno aumentando l’efficienza e la conservazione dell’energia prodotta.

Il risultato è che negli ultimi sette anni è stata prodotta ogni anno più energia rinnovabile rispetto ai combustibili fossili e al nucleare combinati, tanto che un livello record di 260 gigawatt (GW) di capacità di generazione basata sulle energie rinnovabili è stato aggiunto globalmente nel 2020, più di quattro volte la capacità aggiunta da altre fonti. Una rivoluzione gentile che procede a ritmi maggiori di quelli preventivati e sta creando ricadute interessanti anche sul terreno dell’occupazione: dei 58 milioni di posti di lavoro nel settore energetico in tutto il mondo nel 2019, circa il 20% era infatti nel settore delle rinnovabili.

Più nello specifico, l’occupazione è cresciuta da 7,3 milioni nel 2012, quando Irena ha iniziato a monitorare i posti di lavoro nelle rinnovabili, a 11,5 milioni nel 2019. Posti di lavoro utili a contenere le perdite generali dovute alla crescente automazione, alla mancanza di competitività di alcuni combustibili e al cambiamento del mercato. Non è secondario inoltre notare come le donne che rappresentino il 32% dei posti di lavoro nelle energie rinnovabili, rispetto al 22% nel petrolio e nel gas. Segno che il progresso, anche in termini di gender gap, passa attraverso l’adizione di una maggiore sostenibilità ambientale. Ma la scommessa sulle energie rinnovabili è fondamentale anche in chiave strategica.

Non meno dell’80% della popolazione mondiale vive infatti in Paesi che sono importatori di combustibili fossili, mentre ogni nazione possiede un potenziale rinnovabile che può essere sfruttato per una maggiore sicurezza e indipendenza energetica, sempre più ad un costo minore. Ovviamente serve che queste opportunità non rimangano relegate ad un ristretto numero di Paesi ma siano condivise su scala globale. Al momento, ad esempio, l’Africa rappresenta solo l’1% del totale globale delle nuove capacità rinnovabili. Un paradosso in un continente dove le risorse naturali per produrre energia sono enormi, e che ha un enorme bisogno di un più ampio accesso all’energia per sostenere lo sviluppo economico e sociale. Contribuendo all’obiettivo di contenere il riscaldamento globale a 1,5° C entro il 2050.

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Instagram

  • «Era terribile durante il fascismo essere transessuale. Mi picchiavano e mi facevano fare delle cose schifose. Mi imbrattavano con il catrame e mi hanno rasato. Ho preso le botte dai fascisti perché mi ero atteggiato a donna e per loro questo era inconcepibile».

È morta a quasi 99 anni Lucy Salani, attivista nota come l’unica persona trans italiana sopravvissuta ai campi di concentramento nazisti.

#lucenews #lucysalani #dachau
  • È morta a quasi 99 anni Lucy Salani, attivista nota come l
  • Elaheh Tavakolian, l’iraniana diventata uno dei simboli della lotta nel suo Paese, è arrivata in Italia. Nella puntata del 21 marzo de “Le Iene”, tra i servizi del programma di Italia 1, c’è anche la storia della giovane donna, ferita a un occhio dalla polizia durante le proteste in Iran. Nella puntata andata in onda la scorsa settimana, l’inviata de “Le Iene” aveva incontrato la donna in Turchia, durante la sua fuga disperata dall’Iran, dove ormai era troppo pericoloso vivere. 

“Ho molta paura. Vi prego, qui potrebbero uccidermi” raccontava l’attivista a Roberta Rei. Già in quell’occasione, Elaheh Tavakolian era apparsa con una benda sull’occhio, a causa di una grave ferita causatale da un proiettile sparato dalle forze dell’ordine iraniane durante le manifestazioni a cui ha preso parte dopo la morte di Mahsa Amini.

Elaheh Tavakolian fa parte di quelle centinaia di iraniani che hanno subito gravi ferite agli occhi dopo essere stati colpiti da pallottole, lacrimogeni, proiettili di gomma o altri proiettili usati dalle forze di sicurezza durante le dure repressioni che vanno avanti ormai da oltre sei mesi. La ragazza, che ha conseguito un master in commercio internazionale e ora lavora come contabile, ha usato la sua pagina Instagram per rivelare che le forze di sicurezza della Repubblica islamica stavano deliberatamente prendendo di mira gli occhi dei manifestanti. 

✍ Barbara Berti

#lucenews #lucelanazione #ElahehTavakolian #iran #leiene
  • Ha 19 anni e vorrebbe solo sostenere la Maturità. Eppure alla richiesta della ragazza la scuola dice di no. Nina Rosa Sorrentino è nata con la sindrome di Down, e quel diritto che per tutte le altre studentesse e studenti è inviolabile per lei è invece un’utopia.

Il liceo a indirizzo Scienze Umane di Bologna non le darà la possibilità di diplomarsi con i suoi compagni e compagne, svolgendo le prove che inizieranno il prossimo 21 giugno. La giustificazione – o la scusa ridicola, come quelle denunciate da CoorDown nella giornata mondiale sulla sindrome di Down – dell’istituto per negarle questa possibilità è stata che “per lei sarebbe troppo stressante“.

Così Nina si è ritirata da scuola a meno di tre mesi dalla fine della quinta. Malgrado la sua famiglia, fin dall’inizio del triennio, avesse chiesto agli insegnanti di cambiare il Pei (piano educativo individualizzato) della figlia, passando dal programma differenziato per gli alunni certificati a quello personalizzato per obiettivi minimi o equipollenti, che prevede l’ammissione al vero e proprio esame di Maturità. Ma il liceo Sabin non ha assecondato la loro richiesta.

Francesca e Alessandro Sorrentino avevano trovato una sponda di supporto nel Ceps di Bologna (Centro emiliano problemi sociali per la Trisomia 21), in CoorDown e nei docenti di Scienze della Formazione dell’Alma Mater, che si sono detti tutti disponibili per realizzare un progetto-pilota per la giovane studentessa e la sua classe. Poi, all’inizio di marzo, la doccia fredda: è arrivato il no definitivo da parte del consiglio di classe, preoccupato che per la ragazza la Maturità fosse un obiettivo troppo impegnativo e stressante, tanto da generare “senso di frustrazione“, come ha scritto la dirigente del liceo nella lettera che sancisce l’epilogo di questa storia tutt’altro che inclusiva.

“Il perché è quello che ci tormenta – aggiungono i genitori –. Anche la neuropsichiatra concordava: Nina poteva e voleva provarci a fare l’esame. Non abbiamo mai chiesto le venisse regalato il diploma, ma che le fosse data la possibilità di provarci”.

#lucenews #lucelanazione #disabilityinclusion #giornatamondialedellasindromedidown
La penuria di gas sul mercato mondiale, dovuta a fattori prodottivi e geopolitici, sta facendo schizzare alle stelle la bolletta energetica di privati cittadini ed aziende, con non poche preoccupazioni sul fronte del rialzo dei prezzi anche dei generi di primissimo consumo. Uno scenario allarmante che però va messo in parallelo con le buone notizie che stanno arrivando sul fronte delle energie rinnovabili. Secondo i dati pubblicati nel World Energy Transitions Outlook dall’Agenzia internazionale per le energie rinnovabili (Irena) appare infatti evidente come, anche nelle difficoltà e negli scompensi generati dalla pandemia, i sistemi basati sulle energie rinnovabili hanno dimostrato una grande capacità di tenuta, anche grazie alle nuove tecnologie che stanno aumentando l’efficienza e la conservazione dell’energia prodotta. Il risultato è che negli ultimi sette anni è stata prodotta ogni anno più energia rinnovabile rispetto ai combustibili fossili e al nucleare combinati, tanto che un livello record di 260 gigawatt (GW) di capacità di generazione basata sulle energie rinnovabili è stato aggiunto globalmente nel 2020, più di quattro volte la capacità aggiunta da altre fonti. Una rivoluzione gentile che procede a ritmi maggiori di quelli preventivati e sta creando ricadute interessanti anche sul terreno dell’occupazione: dei 58 milioni di posti di lavoro nel settore energetico in tutto il mondo nel 2019, circa il 20% era infatti nel settore delle rinnovabili. Più nello specifico, l’occupazione è cresciuta da 7,3 milioni nel 2012, quando Irena ha iniziato a monitorare i posti di lavoro nelle rinnovabili, a 11,5 milioni nel 2019. Posti di lavoro utili a contenere le perdite generali dovute alla crescente automazione, alla mancanza di competitività di alcuni combustibili e al cambiamento del mercato. Non è secondario inoltre notare come le donne che rappresentino il 32% dei posti di lavoro nelle energie rinnovabili, rispetto al 22% nel petrolio e nel gas. Segno che il progresso, anche in termini di gender gap, passa attraverso l’adizione di una maggiore sostenibilità ambientale. Ma la scommessa sulle energie rinnovabili è fondamentale anche in chiave strategica. Non meno dell’80% della popolazione mondiale vive infatti in Paesi che sono importatori di combustibili fossili, mentre ogni nazione possiede un potenziale rinnovabile che può essere sfruttato per una maggiore sicurezza e indipendenza energetica, sempre più ad un costo minore. Ovviamente serve che queste opportunità non rimangano relegate ad un ristretto numero di Paesi ma siano condivise su scala globale. Al momento, ad esempio, l’Africa rappresenta solo l’1% del totale globale delle nuove capacità rinnovabili. Un paradosso in un continente dove le risorse naturali per produrre energia sono enormi, e che ha un enorme bisogno di un più ampio accesso all’energia per sostenere lo sviluppo economico e sociale. Contribuendo all’obiettivo di contenere il riscaldamento globale a 1,5° C entro il 2050.
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